Lavoro e Religione
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o in conflitto con la libertà religiosa, classicamente viene
ricompreso anche il rapporto di lavoro. Ciò può trovare una prima spiegazione nella elementare
constatazione che, non rimanendo le convinzioni religiose chiuse nella
sola sfera della coscienza ma traducendosi in comportamenti quotidiani,
esse non possono arrestarsi davanti ai luoghi di lavoro, che risultano
così investiti a pieno titolo da quelle rivendicazioni e da quelle
tensioni che inevitabilmente si accompagnano alla frammentazione della
società multiculturale. Negli ultimi anni, poi, i punti di contatto
o di conflitto sono aumentati, sia a causa dell’emergere di nuovi profili
problematici, sia a causa di un diverso atteggiarsi dei suoi aspetti
più tradizionali.
che rientrano in questa area tematica, possiamo individuare cinque categorie,
a seconda che l’elemento religioso connoti il soggetto che svolge una
prestazione lavorativa, o il datore di lavoro, o l’attività oggetto
della prestazione o, infine, le modalità di svolgimento del rapporto
lavorativo.
Nel primo campo rientrano i profili classici
delle attività svolte dai ministri di culto in favore delle comunità
di appartenenza, del lavoro dei religiosi, del sostentamento del clero,
della previdenza dei ministri di culto. In tale ambito a lungo si sono
dovuti affrontare i problemi emergenti dalle peculiarità connesse
allo status canonico di consacrati ed ordinati, con i riflessi che tale
status ha sul particolare “animus” che caratterizza l’attività
di tali soggetti. Quest’area, oggi forse causa di minore conflittualità
che nel passato, non è priva di elementi di interesse se solo
si pensa ai recenti mutamenti che hanno coinvolto la disciplina previdenziale,
o all’attenzione che le fonti bilaterali rivolgono al
tema del sostentamento dei ministri di culto.
Una seconda categoria è costituita
dalla disciplina relativa alle cosiddette organizzazioni di tendenza:
tema assai delicato data la difficoltà di raggiungere un equilibrio
soddisfacente per tutti gli interessi in gioco, di recente oggetto di
importanti interventi legislativi. Così problemi complessi ha
suscitato il rapporto tra le organizzazioni di tendenza, la libertà
religiosa dei lavoratori e il principio di non discriminazione degli
stessi in base alle proprie convinzioni morali o religiose (ciò
a partire almeno dalla famosa sentenza
14 dicembre 1972, n. 195 della Corte costituzionale, fino
alle implicazioni connesse all’entrata in vigore del Decreto legislativo
9 luglio 2003, n. 216, attuativo della direttiva
2000/78/CE sulla parità di trattamento in materia di occupazione
e di condizioni di lavoro.
Ulteriori interferenze tra diritto del
lavoro e fenomeno religioso emergono in tutti quei casi in cui il rapporto
di pubblico impiego ha ad oggetto prestazioni in qualche modo connesse
con il fenomeno religioso. Vengono qui in rilievo principalmente le
figure degli insegnanti di religione nelle scuole statali e degli assistenti
religiosi nelle cosiddette comunità separate.
Un quarto gruppo di problematiche nelle
quali l’elemento spirituale viene preso in considerazione dall’ordinamento
statale è quello relativo alla regolamentazione dello svolgimento
del rapporto di lavoro. Qui, più che altrove, è possibile
scorgere il ruolo giocato dai processi che hanno contribuito a modificare
la struttura della società italiana. Se fino a qualche anno addietro
l’unica preoccupazione del legislatore era quella di garantire una tutela
negativa, evitando ogni forma di discriminazione (si pensi all’art.
15 dello Statuto dei lavoratori), ora diventa necessario confrontarsi
con la richiesta di differenziazione che proviene dai gruppi religiosi
anche a seguito dell’affluenza di immigrati appartenenti a confessioni
religiose non tradizionalmente presenti nella società italiana. In
tale quadro vanno lette tanto le norme emanate su base d’intesa che
riguardano il riposo del lavoratore, chiaramente protese ad introdurre
quelle deroghe alla disciplina generale necessarie a permettere una
più adeguata protezione del diritto di libertà religiosa,
quanto le proposte finalizzate a conseguire una modulazione dell’orario
di lavoro che tenga conto delle singole esigenze spirituali e a consentire,
anche nei luoghi di lavoro, di indossare un abbigliamento religiosamente
orientato.
Una quinta, e peculiare, categoria nella
quale si incontrano lavoro e fenomeno religioso può essere poi
rinvenuta nell’insieme di problematiche connesse con i rapporti di lavoro
con la Santa Sede, rapporti di lavoro caratterizzati dalla partecipazione
alla particolare funzione svolta dalla Santa Sede stessa mediante la
collaborazione con Enti di vario genere afferenti all’Ordinamento canonico
o all’ordinamento dello Stato della Città del Vaticano. (S. Carmignani Caridi)
Le sotto-aree:
analisi e approfondimenti
- Pacillo Vincenzo, Il divieto di discriminazione religiosa nel rapporto di lavoro subordinato (dicembre 2004) (pdf)
- Stanisz Piotr, Il divieto di discriminazione per motivi religiosi nel Codice polacco del lavoro (agosto 2005) (pdf)
APPROFONDIMENTI
Indicazioni bibliografiche:
1. Sul lavoro dei religiosi:
- R. BOTTA, Il lavoro dei religiosi, Cedam, Padova 1984
- G. PERA, L’attività lavorativa dei religiosi, in AA.VV., Rapporti di lavoro e fattore religioso, Napoli,1988, pp. 121-136
- L. FICARI, voce Lavoro dei religiosi, in Enc. Giur. Treccani, Roma 1990, vol. XVIII
- R. BOTTA, Chiese e diritto del lavoro in Italia, in “Il diritto ecclesiastico”, 1992, I, pp. 498-531
- L. FRUGIUELE, Lavoro nella Chiesa e diritto dello Stato, Milano 1994
- Indicazioni bibliografiche sulla previdenza dei ministri di culto, a cura di N. Fiorita
2. Sulle organizzazioni di tendenza:
- A. DE SANCTIS RICCIARDONE, L’ideologia nei rapporti privati, Jovene, Napoli 1980
- M.G. MATTAROLO, Il rapporto di lavoro subordinato nelle organizzazioni di tendenza: profili generali, Cedam, Padova 1983
- F. SANTONI FRANCESCO, Le organizzazioni di tendenza e i rapporti di lavoro, Milano, Giuffrè, 1983
- A. BOMPREZZI, Due sentenze a confronto in tema di organizzazioni di tendenza confessionali, in “Il diritto ecclesiastico”, 1998, I, pp. 119-139
- M. PEDRAZZOLI, voce Aziende di tendenza, in Digesto delle discipline privatistiche, sezione commerciale, II, Torino, Utet, 1987, pp. 107-122
- F. SANTONI, I rapporti di lavoro nelle organizzazioni di tendenza a carattere religioso e confessionale, in “Il diritto del lavoro”, 1988, I, pp. 562-575.
- A. MANTINEO, Le Università cattoliche nel diritto della Chiesa e dello Stato, Milano, Giuffrè, 1995
- F. ONIDA, Il problema delle organizzazioni di tendenza nella direttiva 2000/78/EC attuativa dell’art. 13 del Trattato sull’Unione europea, in “Il diritto ecclesiastico”, 2001, I, pp. 905-918
- A. VISCOMI, Osservazioni critiche su lavoro e “tendenza” nelle fonti internazionali e comunitarie, in “Lavoro e diritto”, (17), 2003, IV, pp. 581-597
- A.G. CHIZZONITI (a cura di), Organizzazioni di tendenza e formazione universitaria. Esperienze europee e mediterranee a confronto, Il Mulino, Bologna 2006
3. Sulla libertà religiosa nel rapporto di lavoro:
- EUROPEAN CONSORTIUM FOR CHURCH AND STATE RESEARCH, Churches and labour law in the EC countries. Proceedings of the meeting, Madrid, nov. 27-28, 1992, Giuffrè, Milano 1993
- R. BOTTA, voce Rapporti di lavoro in diritto ecclesiastico, in Digesto delle discipline privatistiche, sezione civile, XVI, Torino, Utet, 1997, pp. 257-272
- A. VISCOMI, Diritto del lavoro e “fattore” religioso: una rassegna delle principali disposizioni legislative, in “Quaderni di diritto e politica ecclesiastica”, 2001, II, pp. 375-384
- P. BELLOCCHI, Pluralismo religioso, discriminazioni ideologiche e diritto del lavoro, in “Argomenti di Diritto del Lavoro”, 1, 2003, pp. 157-217
- V. PACILLO, Contributo allo studio del diritto di libertà religiosa nel rapporto di lavoro subordinato, Giuffrè, Milano 2003
Dossier in OLIR.it:
Lotta alla discriminazione
Insegnanti di religione
Legge 25 febbraio 2015, n.152
Contratto collettivo 21 gennaio 2015
Nota 11 dicembre 2014, n.18851
Decreto rettorale 22 ottobre 2014
Nota 09 settembre 2014, n.476710
Accordo 09 maggio 2014
Con questo accordo transattivo (“settlement agreement”) il
Dipartimento della Giustizia statunitense ed il Distretto Scolastico
di Filadelfia hanno risolto il procedimento, avanti alla District
Court for the Eastern District of Pennsylvania, col quale il Governo
aveva contestato la violazione del titolo VII del Civil Rights Act del
1964, lamentando che il Distretto Scolastico non aveva provveduto a
trovare un accomodamento con il credo e le osservanze religiose di
alcuni suoi dipendenti. Nel 2010 il Distretto Scolastico di Filadelfia
ha adottato un regolamento relativo all’igiene personale che
vieta ai funzionari di polizia addetti alla scuola – quali sono
i dipendenti in questione – di portare la barba più lunga
di un quarto di pollice (6,35 millimetri) ed aveva rifiutato di
trovare un accomodamento tra questa prescrizione e le esigenze
religiose espresse dai dipendenti, di fede musulmana, i quali
portavano una barba più lunga di quanto prescritto, senza che
ciò avesse dato luogo ad una diminuzione della prestazione
lavorativa.Con l’accordo transattivo il Distretto Scolastico di
Filadelfia si è impegnato a rivedere il proprio regolamento,
includendo una procedura con la quale sia possibile richiedere un
accomodamento delle esigenze religiose, nonché a comunicare a
tutti i funzionari di polizia addetti alla scuola che le domande di
accomodamento saranno valutate su base individuale e personalizzata e
che in relazione a ciascuna di esse sarà avviato un processo
interattivo. Il Distretto Scolastico, inoltre, sottoporrà tutti
i dirigenti e funzionari addetti alla risorse umane, chiamati a
valutare tali domande di accomodamento, ad una specifica formazione e
si è obbligato a corrispondere un risarcimento ai dipendenti
cui era stato negato l’accomodamento e non considerare la
vicenda ai fini disciplinari [Si ringrazia per la segnalazione del
documento ed il relativo Abstract Mattia F. Ferrero, Università
Cattolica del Sacro Cuore di Milano].
Sentenza 23 settembre 2013, n.T-658/13
Se interpone la acción de tutela en contra del Monasterio Santa
Clara de Copacabana para solicitar la protección de los
derechos fundamentales de la actora a la vida digna y al mínimo
vital, los que se consideran vulnerados por la comunidad religiosa al
decidir no reintegrarla al monasterio, luego de haber transcurrido
cuatro años de retiro, bajo el argumento de haber desatendido
sus votos de obediencia y pobreza. La actora es una persona de 65
años de edad, que padece diversos quebrantos de salud,
atraviesa por una difícil situación económica y
no tiene esperanzas de acceder a una pensión de vejez, toda vez
que al haber dedicado 42 años de su vida a la actividad
religiosa, omitió efectuar cotizaciones al sistema de seguridad
social. Se analiza la siguiente temática: 1º. Fundamentos
constitucionales para el reconocimiento de la autonomía de las
iglesias y confesiones religiosas para regir sus asuntos internos y
definir las relaciones con sus miembros. 2º. Los límites
constitucionales de dicha autonomía. 3º. El principio de
solidaridad como fundamento del deber de protección y
asistencia de las personas de la tercera edad y, 4º. El deber de
asistencia de las comunidades religiosas para con sus miembros. Se
concede el amparo solicitado y se imparte la orden de reintegro de la
accionante al monasterio accionado, quien deberá garantizarle
la asistencia y cuidado necesario para llevar una vida digna en
atención a su condición de adulto mayor.
[Fonte:http://www.corteconstitucional.gov.co].
Sentenza 27 novembre 2003
France, Cour administrative d'appel de Lyon: décision 27 Novembre 2003, n° 03LY01392 "Nadjet ben Abdallah". lecture du giovedì 27 novembre 2003 REPUBLIQUE FRANCAISE AU NOM DU PEUPLE FRANCAIS Vu la requête, enregistrée au greffe de la cour administrative d'appel de Lyon le 4 août 2003, présentée pour Y… Nadjet X, demeurant …, par Me Gilles […]
Sentenza 19 marzo 2013, n.536
Nel settore privato, e in particolare in ambienti che non offrono un
servizio pubblico (un asilo privato, nel caso di specie) il principio
di laicità non può essere invocato per giustificare una restrizione
dei diritti fondamentali dei lavoratori, garantiti dal Code du
Travail. In base alle norme del Codice, è possibile stabilire alcune
limitazioni ai diritti dei lavoratori dipendenti, e quindi anche al
diritto di libertà religiosa, quando necessario per la natura e il
contesto del lavoro e per una finalità legittima. Nel caso dell’asilo
privato “Baby Loup”, il regolamento interno vietava di indossare
simboli e capi d’abbigliamento religiosi, ma tale clausola generale
risulta essere illegittima perché non giustificata dal lavoro svolto
dalla ricorrente. In particolare, il principio di laicità – che
giustifica il divieto di portare il velo islamico o altri simboli
religiosi – impone la neutralità a chi svolge un servizio pubblico ma
non a chi lavora in uno stabilimento privato con mansioni diverse dal
servizio pubblico (v. in questo senso anche la sentenza, emessa lo
stesso giorno, Mme X. c. Caisse primaire d’assurance maladie de
Seine-Saint-Denis
[https://www.olir.it/documenti/index.php?documento=6076]). Il
licenziamento della ricorrente, che aveva rifiutato di togliere il
velo, è perciò discriminatorio sulla base della religione e
illegittimo (Stella Coglievina).