Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 07 novembre 2003, n.16774

L’attività didattica o sanitaria svolta dal religioso, nell’ambito
della propria Congregazione e quale componente di essa, secondo i voti
pronunciati, non costituisce prestazione di attività di lavoro
subordinato ai sensi dell’art. 2094 c.c., soggetta alle leggi dello
Stato italiano, bensì opera di evangelizzazione “religionis causa”
in adempimento dei fini della Congregazione stessa, regolata
esclusivamente dal diritto canonico; detta attività non legittima,
quindi, il religioso alla proposizione di domande dirette ad ottenere
emolumenti, che trovano la loro causa in un rapporto di lavoro
subordinato; né incide, al fine della ammissibilità di tali
richieste, che l’opera prestata abbia avuto luogo presso enti
gestiti direttamente dalla congregazione di appartenenza, svolgenti
attività imprenditoriali, rilevando unicamente la conformità delle
mansioni svolte ai compiti di pertinenza in forza dei voti
pronunciati. La fattispecie tipica del rapporto di lavoro subordinato
è infatti caratterizzata non solo dagli elementi della collaborazione
e della subordinazione, ma anche dell’onerosità e, pertanto, non
ricorre nel caso in cui una determinata attività, ancorché
oggettivamente configurabile quale prestazione di lavoro subordinato,
non sia eseguita con spirito di subordinazione né in vista di
adeguata retribuzione, ma “affectionis vel benevolentiae causa” o
in omaggio a principi di ordine morale o religioso. L’accertamento
della sussistenza o meno di cause oggettive e soggettive
giustificative della gratuità di prestazioni obiettivamente
lavorative – alla cui ammissibilità, rientrando nella sfera
dell’autonomia privata, non si oppone alcun principio di diritto
costituzionale o comune – è rimesso al giudice di merito.

Sentenza 16 maggio 2002, n.13666

In relazione alla natura giuridica degli enti di assistenza e
beneficenza, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n.
396 del 1988 – dichiarativa dell’illegittimità costituzionale
dell’art. 1 della legge 17 luglio 1890, n. 6972, nella parte in cui
non prevede che le Ipab regionali e infraregionali possano continuare
a sussistere assumendo la personalità giuridica di diritto privato,
qualora abbiano tuttora i requisiti di una istituzione privata – la
natura pubblica o privata di tali istituzioni deve essere accertata di
volta in volta, dall’autorità giudiziaria ordinaria,
indipendentemente dall’esito delle procedure amministrative
eventualmente esperite, facendo ricorso ai criteri indicati dal
D.P.C.M. 16 febbraio 1990; peraltro, affinchè possa essere
riconosciuta l’ispirazione religiosa di un ente di assistenza, che
costituisce – secondo quanto indicato dalla lettera c), dell’art. 1
terzo comma, di detto D.P.C.M. – una delle condizioni alternativamente
necessarie (accanto al carattere associativo e al carattere di
istituzione promossa ed amministrata da privati) perchè possa
riconoscersi natura di ente privato alla detta istituzione, occorre
che ricorrano l’elemento teleologico dell’azione amministrativa
dell’ente e il collegamento di esso con organismi confessionali,
mentre non hanno rilievo ostativo nè la circostanza che
l’istituzione operi con risorse prevalentemente comunali (essendo
l’origine laica dei finanziamenti pienamente compatibile con una
utilizzazione dei medesimi in modo corente con l’ispirazione
religiosa), nè il fatto che il consiglio di amministrazione
dell’Ente sia designato dal Consiglio comunale, nulla impedendo che
un organismo amministrativo non formato da religiosi obbedisca, nelle
sue determinazioni, ad un indirizzo religioso. (In applicazione di
tali principi, le Sezioni unite, all’esito dell’esame del relativo
statuto e delle circostanze valorizzate al riguardo dal giudice di
merito, hanno riconosciuto natura di ente privato alla Casa di
ospitalità per indigenti di San Cataldo, operante nella Regione
siciliana, ed hanno perciò dichiarato la giurisdizione del giudice
ordinario in ordine alle controversie concernenti rapporti di lavoro
con detto Ente).

Sentenza 29 aprile 2003, n.12739

In tema di contribuzione alla Cassa Unica per gli assegni familiari,
il beneficio dall’esonero dal pagamento dei contributi è previsto in
favore dei datori di lavoro esercenti istituzionalmente le attività
di erogazione di prestazioni del Servizio Sanitario Nazionale e di
assistenza sociale che – a prescindere dalla natura imprenditoriale –
non abbiano fini di lucro, purché assicurino ai propri dipendenti un
trattamento per carichi di famiglia non inferiore agli assegni
familiari. Ne consegue che, ove una casa di cura gestita da una
congregazione religiosa produca utili di esercizio, viene meno il
presupposto dell’assenza di fini di lucro, senza che rilevi in
contrario la destinazione degli stessi utili al raggiungimento delle
finalità religiose e di culto perseguite dalla Congregazione.

Sentenza 20 maggio 2003, n.13380

Le parrocchie – ai sensi dell’articolo 4 della legge 20 maggio 1985 n.
222 – sono enti ecclesiastici riconosciuti con decreto del Ministro
dell’Interno, con effetto anche ai fini civilistici, a differenza
delle Chiese che – quali comunità ecclesiali – hanno invece rilievo
esclusivamente per il diritto canonico. L’elemento distintivo del
rapporto di lavoro subordinato è costituito dall’assoggettamento del
lavoratore al potere direttivo e disciplinare del datore di lavoro,
con la conseguente limitazione della sua autonomia. Il relativo
accertamento, che spetta al giudice di merito ed è incensurabile in
Cassazione se congruamente e logicamente motivato, deve tener conto
della particolare natura del rapporto. (Nella specie, la S.C. ha
confermato la decisione di merito che aveva qualificato in termini di
lavoro subordinato di sacrista la prestazione svolta da una donna che
per anni aveva provveduto alla preparazione delle funzioni sacre
presso una parrocchia, alla custodia della chiesa e dei relativi
arredi, nonché alla sorveglianza della casa parrocchiale ed alla
vendita di libri nella libreria parrocchiale).

Decreto legislativo 08 aprile 2004, n.110

Decreto Legislativo 8 aprile 2004, n. 110: “Modifiche ed integrazioni alla legge 23 luglio 1991, n, 223, in materia di licenziamenti collettivi”. (da “Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana” n. 102 del 3 maggio 2004) IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione; Vista la legge 3 febbraio 2003, n. 14, ed […]

Raccomandazione 24 giugno 1963

Organizzazione internazionale del Lavoro. Raccomandazione sull’estinzione del rapporto di lavoro. Ginevra, 24 giugno 1963. II – Norme di applicazione generale Non dovrebbero rappresentare motivi validi di licenziamento: (omissis) d) la razza, il colore, il sesso, la situazione matrimoniale, la religione, l’opinione politica, la nazionalità o l’origine sociale. (omissis)

Convenzione 28 giugno 1958

Organizzazione delle nazioni Unite. Convenzione sulla discriminazione in materia di impiego e nelle professioni. Ginevra, 28 giugno 1958. (resa esecutiva in Italia con L. 6 febbraio 1963, n. 405) 1. – Ai fini della presente convenzione, il termine “discriminazione” comprende: a) ogni distinzione, esclusione o preferenza fondata sulla razza, il colore, il sesso, la religione, […]

Convenzione 26 giugno 1957, n.106

Organizzazione Internazionale del Lavoro. Convenzione n. 106 sul riposo settimanale nel commercio e negli uffici. Ginevra, 26 giugno 1957. (resa esecutiva in Italia con D.P.R. 23 ottobre 1961, n. 1660) (omissis) Articolo 6. 1) Tutti coloro ai quali si applica la presente convenzione avranno diritto, salvo le deroghe previste dagli articoli seguenti, a un periodo […]

Sentenza 14 luglio 1999, n.343

Alla luce della giurisprudenza amministrativa più liberale (aperta
all’ammissione alla sessione riservata, per l’immissione in ruolo,
anche di personale già precario su posti di classe di concorso
diversa da quella per cui si partecipa), la condizione dei docenti di
religione rispetto a quella di altri insegnanti, è diversa perché la
relativa prestazione è avvenuta sulla base di profili di
qualificazione professionale non costituenti titolo di accesso ad
altri insegnamenti; pertanto, non contrastano con gli art. 3 comma 1 e
97 comma 1 cost. gli art. 2 e 11 d.l. 6 novembre 1989 n. 357,
convertito con modificazioni dalla l. 27 dicembre 1989 n. 417, nella
parte in cui, ai fini del reclutamento in ruolo, con concorso per
titoli, dei professori precari, non assimilano al restante personale
gli insegnanti di religione.

Legge 11 maggio 1990, n.108

Legge 11 maggio 1990, n. 108. (omissis) Art. 3. Licenziamento discriminatorio. Il licenziamento determinato da ragioni discriminatorie ai sensi dell’articolo 4 della legge 15 luglio 1966, n. 604 e dell’articolo 15 della legge 20 maggio 1970, n. 300, come modificato dall’articolo 13 della legge 9 dicembre 1977, n. 903, è nullo indipendentemente dalla motivazione addotta […]