Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 26 novembre 2009, n.792

Le norme in materia di concessioni edilizie in deroga devono essere
interpretate restrittivamente, e cioè nel senso che le deroghe al
piano regolatore comunale non possono travolgere le esigenze di ordine
urbanistico a suo tempo recepite nel piano, e che non possono
costituire oggetto di deroga le destinazioni di zona che attengono
all’impostazione stessa del piano regolatore generale e ne
costituiscono le norme direttrici. Ne consegue che secondo la legge
regionale Emilia Romanga n. 31 del 2002 la deroga è consentita
unicamente nel novero delle diversificate destinazioni d’uso ammesse
dal piano regolatore all’interno delle singole destinazioni
urbanistiche previste dalla legge, così osservandosi il corretto
rapporto tra destinazioni d’uso dei singoli beni e destinazioni di
zona (art. 15). (Nel caso di specie, indipendentemente dall’assenza di
un’espressa autorizzazione a destinare l’immobile ad edificio di
culto, il permesso di costruire in deroga non risultava pertanto
titolo legittimante una destinazione d’uso non rientrante tra quelle
ammesse dalla normativa di piano).
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In OLIR.it
Consiglio Stato, sez. IV, sentenza 28 gennaio 2011, n. 683
[https://www.olir.it/documenti/index.php?argomento=&documento=5636]:
“Edifici di culto e pianificazione urbanistica” (II grado)

Sentenza 28 gennaio 2011, n.683

L’art. 15 della legge regionale Emilia Romagna 25 novembre 2002 n. 31
(“Disciplina generale dell’edilizia”) prevede espressamente che il
permesso di costruire in deroga agli strumenti urbanistici venga
rilasciato esclusivamente per edifici ed impianti pubblici o di
interesse pubblico, previa deliberazione del Consiglio comunale. In
particolare, la deroga – nel rispetto delle norme igieniche, sanitarie
e di sicurezza e dei limiti inderogabili stabiliti dalle disposizioni
statali e regionali – può riguardare esclusivamente “le destinazioni
d’uso ammissibili, la densità edilizia, l’altezza e la distanza tra i
fabbricati e dai confini, stabilite dalle norme di attuazione del
P.O.C. e del P.U.A. ovvero previste dal P.R.G. e dai relativi
strumenti attuativi”. Le deroghe al piano regolatore comunale,
pertanto, non possono essere di tale entità da elidere le esigenze di
ordine urbanistico sottese al piano ed, in particolare, non possono
legittimare eccezioni alle destinazioni di zona, sulle quali si fonda
la struttura concettuale stessa del piano regolatore generale nelle
scelte fondanti sull’uso del territorio ( Nel caso in esame il
permesso di costruire in deroga – e la correlata autorizzazione unica
per l’intervento di “cambio destinazione d’uso da “produttivo” a “sede
comunità islamica” – non poteva costituire titolo abilitativo per una
destinazione d’uso non compresa in quelle indicate dalla normativa di
piano).
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In OLIR.it
T.A.R. Parma Emilia Romagna sez. I, Sentenza 26 novembre 2009 n. 792
[https://www.olir.it/documenti/index.php?documento=5637&prvw=1]:
“Edifici di culto e mutamenti di destinazione d’uso” (I grado).

Circolare 02 marzo 2011

Circulaire du 2 mars 2011 relative à la mise en œuvre de la loi n° 2010-1192 du 11 octobre 2010 interdisant la dissimulation du visage dans l'espace public. NOR: PRMC1106214C Le Premier ministre à Monsieur le ministre d'Etat, Mesdames et Messieurs les ministres, Mesdames et Messieurs les secrétaires d'Etat, Monsieur le préfet de police, Mesdames […]

Sentenza 01 marzo 2010, n.4868

Cass. civ., Sez. I. Sentenza 1 Marzo 2010, n. 4868: "Diniego del visto per ricongiungimento familiare ed istituto della Kafalah". LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE- SEZIONE PRIMA Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ADAMO Mario – Presidente – Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere – Dott. MACIOCE Luigi – rel. Consigliere – Dott. BERNABAI Renato – […]

Decreto 09 febbraio 2011

Il Marocco ha regolato l’istituto della Kafalah con procedura
giudiziaria ovvero un sistema di omologazioni e autorizzazioni
giudiziarie idonee ad assicurarne la funzione istituzionale di
protezione del fanciullo, riconosciuta anche dalla Convenzione di New
York del 1989 (art. 20). Ne consegue che – nel raffronto tra tale
istituto di diritto islamico e il modello dell’affidamento dei minori
previsto dal diritto italiano – prevalgono le analogie, perchè
entrambi gli istituti non hanno effetti legittimanti e non incidono
sullo stato civile del minore.
Nel caso in specie, dunque, la Corte di Appello ritiene dunque
applicabile l’art. 3 c. 2 lett. a ) del d.lgs. n. 30/2007,
nell’interpretazione secondo cui il diritto all’agevolazione
all’ingresso e soggiorno di talune categorie di familiari del
cittadino dell’Unione europea o italiano, diversi dal coniuge, dai
discendenti e ascendenti diretti, cioè quelli a carico o conviventi o
che soffrano di gravi condizioni di salute che rendano indispensabile
l’assistenza da parte del cittadino dell’Unione o italiano, non
può che tradursi nel rilascio del visto di ingresso per motivi di
riunificazione familiare (cfr. Corte di Appello di Venezia, decreto
3.2.2009
[/areetematiche/documenti/documents/corte_appello_venezia_decreto19012009.pdf]).

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In senso difforme: Tribunale di Verona, decreto 9 luglio 2010,
depositato il 12 luglio 2010 (I Grado)
[/areetematiche/documenti/documents/tribunale_verona_decreto_09072010.pdf]

Sentenza 07 gennaio 2011

Rientra nel legittimo esercizio del diritto di critica
l’espressione da parte dell’autore di uno scritto di opinioni e
giudizi anche in termini graffianti con un linguaggio colorito e
pungente, purché vi sia pertinenza della critica, cioè essa avvenga
nell’interesse dell’opinione pubblica alla conoscenza non del fatto
oggetto di critica, ma dell’interpretazione di quel fatto. Nel caso in
esame, stante l’indiscutibile rilevanza sociale dell’argomento
trattato nel libro oggetto di causa (l’indagine, attraverso la
narrazione della vita personale dell’autore, dei complessi rapporti
tra mondo occidentale e mondo islamico), la notorietà in Italia
dell’autore del libro, nonché il progressivo aumento della presenza
di persone di fede islamica nel territorio italiano, è palese
l’esistenza di un concreto interesse dell’opinione pubblica ad avere
elementi di conoscenza e giudizio su tali argomenti. Né, in tale
fattispecie, può ritenersi travalicato il limite della continenza,
tenuto conto dei contenuti espressivi con i quali la critica è stata
esercitata e del rispetto del parametro della proporzione tra le
modalità di esposizione dei giudizi e la rilevanza sociale dei temi
trattati nel libro.
 

Varie 27 gennaio 2011

Parere tratto dalla sezione “Notizie” del sito web del Ministero
dell’Interno:
http://www1.interno.it/mininterno/site/it/sezioni/sala_stampa/notizie/2011/index.html

Sentenza 27 novembre 2010, n.8298

Rientra tra i compiti degli enti territoriali provvedere a che sia
consentito a tutte le confessioni religiose di poter liberamente
esplicare la loro attività, anche individuando aree idonee ad
accogliere i rispettivi fedeli. I Comuni pertanto non possono
sottrarsi dal dare ascolto alle eventuali richieste in questo senso
che mirino a dare un contenuto sostanziale effettivo al diritto del
libero esercizio garantito a livello costituzionale, non solo nel
momento attuativo, ma anche nella precedente fase di pianificazione
delle modalità di utilizzo del territorio. Ciò rilevato, tuttavia,
il diritto di culto, come tutti i diritti, è collegato altresì alla
tutela delle altre situazioni giuridiche che l’ordinamento riconosce
e garantisce. Esso deve pertanto venire esercitato nel rispetto
delle regole predisposte e, dunque, nel caso di specie della
normativa urbanistica che, nel suo contenuto essenziale, mira
esplicitamente a contemperare i diversi possibili usi del territorio.

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In OLIR.it
T.A.R. Milano Lombardia sez. II, sentenza 28 dicembre 2009, n. 6226
[https://www.olir.it/documenti/index.php?documento=5639]: “Edifici di
culto: mutamento di destinazione d’uso e permesso di costuire” (I
grado)

Sentenza 23 settembre 2010, n.6415

Il fatto che i servizi prestati da una associazione siano rivolti ad
una comunità appartenente ad una determinata confessione religiosa,
ma dichiaratamente erogati al solo scopo di promuoverne l’integrazione
e l’inserimento nella società, non rivela la volontà di destinare i
locali in cui essa ha la propria sede a luogo di culto o comunque ad
attività connesse all’esercizio del ministero pastorale. La volontà
di attuare una particolare destinazione d’uso – nel caso di
specie, quale “attrezzatura di interesse comune per servizi
religiosi” – deve, infatti, trovare una corrispondenza nella natura e
nella tipologia di opere realizzate e non può essere inferita
dall’uso di fatto che possa, in precedenza, essere stato posto in
essere, tanto più quando l’istanza di sanatoria non faccia
riferimento alcuno ad una destinazione di tipo religioso.

Norme 1997

FAO – Food and Agriculture Organization of the United Nations GENERAL GUIDELINES FOR USE OF THE TERM “HALAL” CAC/GL 24-1997[*] The Codex Alimentarius Commission accepts that there may be minor differences in opinion in the interpretation of lawful and unlawful animals and in the slaughter act, according to the different Islamic Schools of Thought. As […]