Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 30 settembre 2016, n.19599

Il riconoscimento e la trascrizione nel registro dello stato civile
italiano di un atto di nascita straniero (nel caso di specie formato
in Spagna), nel quale risulti la nascita di un figlio da due donne,
non contrastano con l'ordine pubblico, dovendosi avere riguardo al
principio, di rilevanza costituzionale primaria, del superiore
interesse del minore, che si sostanzia nel suo diritto alla
continuità dello Status filiationis, validamente acquisito
all'estero.

Sentenza 23 settembre 2016, n.123

Corte costituzionale, sentenza 23 settembre 2016, n. 123: "Illegittimità della norma che non include il convivente more uxorio tra i soggetti legittimati a fruire del permesso mensile retribuito per l'assistenza alla persona con handicap". LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: Paolo GROSSI; Giudici : Alessandro CRISCUOLO, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario […]

Sentenza 05 ottobre 2016, n.225

E' infondata la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 337-ter del codice civile sollevata –
in riferimento agli articoli 2, 3, 30 e 31 della Costituzione, ed
all’art. 117, primo comma, Cost., in relazione all’art.
8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti
dell’uomo e delle libertà fondamentali – nella parte in
cui non consente al giudice di valutare, nel caso concreto, se
risponda all'interesse del minore conservare rapporti
significativi con l'ex partner del genitore biologico.
 Secondo la Corte adita l'interruzione in contrasto con
l'interesse del minore di un rapporo significativo da
quest'ultimo instaurato ed intrattenuto con soggetti che non siano
parenti, è altresì riconducibile all'ipotesi di
condotta del genitore "comunque pregiudizievole al
figlio", in relazione alla quale l'art. 333 dello stesso
codice già consente al giudice di adottare i provvedimenti
convenienti nel caso concreto.

Sentenza 23 settembre 2016, n.213

E' illegittimo l’art. 33, comma 3, della legge 5
febbraio 1992, n. 104 (Legge-quadro per l’assistenza,
l’integrazione sociale e i diritti delle persone
handicappate), come modificato dall’art. 24, comma 1, lettera
a), della legge 4 novembre 2010, n. 183 (Deleghe al Governo in
materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di
congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di
 servizi per l’impiego, di incentivi all’occupazione,
di apprendistato, di occupazione femminile, nonché misure
contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di
lavoro pubblico e di controversie di lavoro) nella parte in cui
non include il convivente more uxorio tra i soggetti legittimati
a fruire del permesso mensile retribuito per l’assistenza
alla persona con handicap in situazione di gravità,
in alternativa al coniuge, parente o affine entro il secondo
grado. 

Sentenza 04 ottobre 2016, n.19811

Secondo l'orientamento inaugurato da Cass., Sez. Un., 17 luglio
2014, n. 16379, la convivenza triennale "come coniugi",
quale situazione giuridica di ordine pubblico ostativa alla
delibazione della sentenza canonica di nullità del matrimonio,
essendo caratterizzata da una complessità fattuale strettamente
connessa all'esercizio di diritti, adempimento di doveri e
assunzione di responsabilità di natura personalissima, è
oggetto di un'eccezione in senso stretto, non rilevabile
d'ufficio, né opponibile dal coniuge, per la prima volta,
nel giudizio di legittimità.Ciò posto e tenuto conto
dell'applicabilità nel procedimento de quo delle norme sul
rito ordinario di cognizione (Cass. 7 giugno 2007, n. 13363), appare
evidente che l'eccezione, proposta con comparsa di risposta
depositata alla prima udienza e non nei termini previsti dell'art.
166 cod. proc. civ., deve ritenersi tardiva.

Ordinanza 19 luglio 2016

Il mutamento di fede religiosa da parte di uno dei coniugi e la
conseguente partecipazione dello stesso alle pratiche collettive del
nuovo culto, configurandosi come esercizio dei diritti garantiti
dall’articolo 19 Cost., non possono rappresentare, in quanto
tali, ragioni sufficienti a giustificare la pronuncia di addebito
della separazione, a meno che l’adesione al nuovo credo
religioso non si traduca in comportamenti incompatibili con i
concorrenti doveri di coniuge e di genitore previsti dagli articoli
143 e 147 cod. civ., in tal modo determinando una situazione di
improseguibilita’ della convivenza o di grave pregiudizio per
l’interesse della prole (cfr. Cass., Sez. 1, 6 agosto 2004, n
15241; 6 dicembre 1989, n. 5397; 23 agosto 1985, n. 4498).