Educazione dei figli
Sentenza 02 novembre 2012
Con questa sentenza di appello (ma non definitiva) l’_Upper
Tribunal_ ha confermato la legittimità del provvedimento con cui la
_Charity Commission_ per l’Inghilterra ed il Galles aveva rifiutato
alla _charity Catholic Care_ il permesso di modificare lo statuto in
modo da poter proseguire nella pratica di non erogare i propri servizi
adottivi a coppie omosessuali.
L’appellante _Catholic Care_ è una _charity_ della Diocesi
cattolica di Leeds che presta diversi servizi sociali, tra i quali
l’individuazione e selezione di potenziali genitori adottivi, il
collocamento di bambini adottivi ed il supporto post-adottivo in
favore dei genitori. Nel passato _Catholic Care_ aveva erogato tali
servizi esclusivamente in favore di genitori eterosessuali, anche se
di religione diversa dalla cattolica, motivando tale pratica con
l’osservanza del magistero della Chiesa cattolica.
Prima gli _Equality Act (Sexual Orientation) Regulations 2007_ e,
successivamente, l’_Equality Act 2010_ hanno introdotto, dopo un
periodo transitorio, un divieto di discriminazione nella prestazione
dei servizi, anche in capo alle _charities_.
In particolare, il vigente _Equality Act 2010_ – su cui si fonda la
sentenza – dispone che qualunque soggetto (pubblico o privato)
erogatore di un servizio pubblico non possa discriminare una persona
che richiede tale servizio (_Section_ 29) e che si ha discriminazione
ogniqualvolta sia accordato un trattamento meno favorevole in ragione
di una “caratteristica protetta” (_Section_ 13), tra le quali
rientra l’orientamento sessuale (_Section_ 4, dove sono indicate
tutte le “categorie protette”).
La _Section_ 193(2)(a) dell’_Equality Act 2010_, con specifico
riferimento alle _charities_, prevede la possibilità di limitare
l’erogazione di servizi a persone che condividono una certa
“caratteristica protetta”, ma solo ove ciò costituisca un mezzo
proporzionato per raggiungere un fine legittimo.
_Catholic Care_ ha, dunque, sostenuto che la modifica statutaria
proposta era finalizzata a garantire proprio l’erogazione dei
servizi adottivi poiché, ove non le fosse stato permesso di limitarli
alle coppie eterosessuali, i suoi sostenitori (motivati da determinate
convinzioni religiose) non l’avrebbero finanziata e, pertanto, essa
ne avrebbe cessato l’erogazione. Ad avviso della medesima appellante
il requisito della proporzionalità sarebbe stato, poi, assicurato
dalla possibilità per le coppie omosessuali di rivolgersi ad altri
operatori.
La sentenza ha, però, negato che nel caso specifico vi sarebbe un
danno per l’erogazione dei servizi adottivi nel caso di cessazione
dell’attività di _Catholic Care_ poiché gli altri operatori
sarebbero comunque in grado di soddisfare la domanda di servizi
adottivi.
Inoltre, richiamando alcune pronunce della Corte di Strasburgo
relative all’art. 14 della CEDU, l’_Upper Tribunal_ ha evidenziato
come un trattamento differenziato sulla base dell’orientamento
sessuale sia legittimo ove discenda da una decisione del legislatore
nazionale mentre in presenza di una legislazione che lo vieta
difficilmente può essere giustificato, quantunque motivato dal
perseguimento di un fine legittimo.
[La Redazione di OLIR.it ringrazia per la segnalazione del documento
e per la stesura del relativo Abstract il dr. Mattia F. Ferrero –
Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano]
Sentenza 12 giugno 2012, n.9546
L’art. 155 c.c., in tema di provvedimenti riguardo ai figli nella
separazione personale dei coniugi, consente al giudice di fissare le
modalità della loro presenza presso ciascun genitore e di adottare
ogni altro provvedimento ad essi relativo, attenendosi al criterio
fondamentale rappresentato dal superiore interesse della prole, che
assume rilievo sistematico centrale nell’ordinamento dei rapporti di
filiazione, fondato sull’art. 30 Cost.. L’esercizio in concreto di
tale potere, dunque, deve costituire espressione di conveniente
protezione (art. 31 Cost., comma 2) del preminente diritto dei figli
alla salute e ad una crescita serena ed equilibrata e può assumere
anche profili contenitivi dei rubricati diritti e libertà
fondamentali individuali (nel caso di specie, il diritto di libertà
religiosa), ove le relative esteriorizzazioni determinino conseguenze
pregiudizievoli per la prole che vi presenzi, compromettendone la
salute psico-fisica e lo sviluppo; tali conseguenze, infatti, oltre a
legittimare le previste limitazioni ai richiamati diritti e libertà
fondamentali contemplati in testi sovranazionali, implicano in ambito
nazionale il non consentito superamento dei limiti di compatibilità
con i pari diritti e libertà altrui e con i concorrenti doveri di
genitore fissati nell’art. 30 Cost., comma 1, e nell’art. 147 c.c.
Deliberazione della Giunta regionale 04 maggio 2012, n.400
Regione Marche. Deliberazione della Giunta regionale 26 marzo 2012, n. 400, L.R. 31/08 – Criteri per la concessione dei contributi agli enti ecclesiastici della Chiesa cattolica e delle associazioni cattoliche nazionali degli oratori presenti nelle Diocesi marchigiane. (B.U.R. 20/04/2012 , n. 38) La Giuta regionale DELIBERA Art. 1. • che le risorse relative all’esercizio finanziario […]
Sentenza 30 marzo 2012, n.12089
Anche per i cosiddetti reati culturalmente orientati vige il principio
dell’irrilevanza della ignorantia juris, pur letta nell’ambito
interpretativo della Corte delle leggi, quando le condotte oggetto di
valutazione si caratterizzino per la palese violazione dei diritti
essenziali ed inviolabili della persona, quali riconosciuti ed
affermati dalla Costituzione, costituendo la base indefettibile
dell’ordinamento giuridico italiano e il cardine della
regolamentazione concreta dei rapporti interpersonali (Nel caso di
specie, la Corte ha affermato l’irrilevanza della supposta finalità
educativa, fondata sul codice etico-religioso del padre di religione
musulmana, in ordine alla sussistenza dell’elemento soggettivo del
reato di maltrattamenti in famiglia).
Decreto 21 febbraio 2011
Nel caso di affidamento condiviso del minore, la
sospensione/interruzione della catechesi finalizzata al battesimo non
può rappresentare una automatica conseguenza del contrasto esistente
sul punto tra i genitori, dovendo tale decisione essere adottata
tenendo conto unicamente del preminente interesse del minore.
Interesse che si misura anche con la rilevanza che nella vita del
bambino potrebbe assumere una interruzione del percorso iniziato (Nel
caso di specie, la Corte ha ritenuto che, allo stato, si profilasse
come maggiormente lesiva dell’interesse del minore – anche sotto il
profilo della sua serenità e stabilità e dell’equilibrio delle
relazioni – l’interruzione del percorso avviato, di quanto potesse
esserlo il suo compimento, per quanto esso contrastante col progetto,
inizialmente condiviso da entrambi i genitori e poi perseguito solo
dal padre).
Comunicato 27 agosto 2010
Comunicato 27 agosto 2010: "Fac-simile di modulo per l’iscrizione dei minorenni alle attività di Oratorio (anno 2010-2011)". [dal sito www.chiesadimilano.it, sezione Avvvocatura] Per organizzare l’attività ordinaria di Oratorio le parrocchie chiedono ai genitori dei minorenni una serie di dati attraverso la predisposizione del modulo di iscrizione. A tal proposito è opportuno richiamare l’attenzione a quanto […]
Sentenza 30 luglio 2010
Gli insegnamenti alternativi a quello di religione cattolica devono
essere offerti obbligatoriamente dalla Pubblica Amministrazione, ciò
al fine di rendere effettiva la scelta compiuta dallo studente, ma
tale scelta non incide, comunque, sul carattere facoltativo dei
suddetti insegnamenti.
La Pubblica Amministrazione non dispone di discrezionalità in base
all’argomento per cui l’attivazione dei corsi alternativi sarebbe
subordinato alla disponibilità di mezzi economici; la disponibilità
economica dell’amministrazione, infatti, non influisce sulla
posizione giuridica soggettiva della persona, che rimane tale pur a
fronte dell’inesistenza di mezzi economici.
Stante la nozione di discriminazione data dalle Direttive 2000/43/CE
del 29 giugno 2000 e 2000/78/CE del 27 novembre 2000, recepite
nell’ordinamento italiano rispettivamente con D. Lgs. nn. 215 e 216
del 2003 è da considerarsi comportamento indirettamente
discriminatorio la condotta di un istituto scolastico che non avendo
attivato gli insegnamenti alternativi a quello di religione cattolica
ha costretto una alunna non avvalentesi per una parte dell’anno ad
assistere all’ora di religione cattolica (condotta che integra
sicuramente una lesione della libertà di religione della stessa
essendo incisa la libera scelta di non seguire l’insegnamento
religioso) e per altro periodo ad essere collocata presso una classe
parallela durante l’orario nel quale nella sua classe si teneva
l’ora di religione (integrando in questo caso una discriminazione
rispetto ai propri colleghi che hanno potuto fruire di un apporto
conoscitivo di tipo confessionale, rispondente alle proprie
convinzioni religiose). Tale condotta della p.a., essendo stata
accertata la lesione di due valori costituzionale della persona (la
libertà di religione ed il diritto all’istruzione), genera un
“danno non patrimoniale” risarcibile (danno esistenziale): nella
fattiscpecie l’istituto scolastico è stato condanato a un
risarcimento di euro 1500 in favore dei genitori dell’alunna.
Legge regionale 01 marzo 2010, n.26
Legge regionale 16 febbraio 2010, n.13
L.R. 16 febbraio 2010 n. 1: "Disciplina dei servizi e degli interventi a favore della famiglia". TITOLO I Principi, finalità, strumenti Art. 1 Principi. 1. La Regione Umbria riconosce la famiglia quale nucleo fondante della società, secondo quanto previsto dalla Dichiarazione dei diritti dell'uomo, dai Trattati internazionali in materia, dalla Costituzione, dallo Statuto regionale. 2. […]