Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 24 maggio 2016

La mancanza di un luogo di culto per esercitare regolarmente il
proprio credo si riflette direttamente sulla libertà religiosa,
per la cui piena realizzazione ha un grande rilievo la
possibilità di svolgere cerimonie in luoghi in cui i fedeli
possano riunirsi collettivamente. La normativa urbanistica in esame e
la sua applicazione – secondo la Corte adita – di fatto impediscono a
piccole comunità di potere rispettare le condizioni per
costruire un luogo di culto. Di qui la constatazione
dell'ingerenza che, pur perseguendo un fine in sè
legittimo, tra cui la sicurezza nazionale, è sproporzionata e
non necessaria in una società democratica e pluralista.

Legge regionale 12 aprile 2016, n.12

L.R. Veneto 12 aprile 2016, n. 12: "Modifica della legge regionale 23 aprile 2004, n. 11 – Norme per il governo del territorio e in materia di paesaggio (e successive modificazioni)". (BUR Veneto n. 35 del 15 aprile 2016) Art. 1 Modifica dell’articolo 31 della legge regionale 23 aprile 2004, n. 11 “Norme per il governo […]

Sentenza 24 marzo 2016, n.63

Sono fondate le questioni di legittimità costituzionale aventi
ad oggetto i commi 2, 2-bis, lettere a) e b), e 2-quater,
dell’art. 70 della legge regionale Lombardia n. 12 del 2005,
come modificati dall’art. 1, comma 1, lettera b), della legge
regionale n. 2 del 2015, per violazione degli artt. 3, 8, 19 e 117,
secondo comma, lettera c), della Costituzione.
In virtù
delle modifiche apportate dalla legge regionale n. 2 del 2015, la
legge regionale n. 12 del 2005, sul governo del territorio, nel capo
dedicato alla realizzazione di edifici di culto e di attrezzature
destinate a servizi religiosi (artt. 70-73), distingue tre ordini di
destinatari: gli enti della Chiesa cattolica (art. 70, comma 1); gli
enti delle altre confessioni religiose con le quali lo Stato abbia
già approvato con legge un’intesa (art. 70, comma 2); gli
enti di tutte le altre confessioni religiose (art. 70, comma 2-bis). A
questa terza categoria di enti, collegati alle confessioni
“senza intesa”, i citati artt. 70-73 sono applicabili solo
a condizione che sussistano i seguenti requisiti: «a) presenza
diffusa, organizzata e consistente a livello territoriale e un
significativo insediamento nell’ambito del comune nel quale
vengono effettuati gli interventi disciplinati dal presente capo; b) i
relativi statuti esprim[a]no il carattere religioso delle loro
finalità istituzionali e il rispetto dei principi e dei valori
della Costituzione» (art. 70, comma 2 bis). In virtù del
comma 2-quater dell’art. 70, la valutazione di tali requisiti
è obbligatoriamente rimessa al vaglio preventivo,
ancorché non vincolante, di una consulta regionale, da
istituirsi e nominarsi con provvedimento della Giunta regionale della
Lombardia.
Ciò rilevato, la Regione è titolata,
nel governare la composizione dei diversi interessi che insistono sul
territorio, a dedicare specifiche disposizioni per la programmazione e
realizzazione di luoghi di culto;  viceversa, essa esorbita dalle
sue competenze, entrando in un ambito nel quale sussistono forti e
qualificate esigenze di eguaglianza, se, ai fini
dell’applicabilità di tali disposizioni, impone requisiti
differenziati, e più stringenti, per le sole confessioni per le
quali non sia stata stipulata e approvata con legge un’intesa ai
sensi dell’art. 8, terzo comma, della Costituzione. Del resto la
giurisprudenza della Corte adita è costante
nell’affermare che il legislatore non può operare
discriminazioni tra confessioni religiose in base alla sola
circostanza che esse abbiano o non abbiano regolato i loro rapporti
con lo Stato tramite accordi o intese (sentenze n. 346 del 2002 e n.
195 del 1993), posto che Il libero esercizio del culto è un
aspetto essenziale della libertà di religione (art. 19) ed
è, pertanto, riconosciuto egualmente a tutti e a tutte le
confessioni religiose (art. 8, primo e secondo comma).
Per
queste ragioni, deve essere dichiarata l’illegittimità
costituzionale dell’art. 70, commi 2-bis, sia nelle lettere a) e
b), sia nella parte dell’alinea che le introduce (vale a dire,
nelle parole «che presentano i seguenti requisiti:»), e
2-quater, della legge reg. Lombardia n. 12 del 2005.

Ordinanza 13 novembre 2015, n.1483

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione
Quarta), accoglie la domanda cautelare, e per l’effetto sospende
l’efficacia dei provvedimenti aventi ad oggetto
l'assegnazione provvisoria in uso di immobili di proprietà
comunale per il loro utilizzo per finalità religiose e
ulteriori attività sociali e culturali, posto che le
clausole della lex specialis che precludono la partecipazione ai
concorrenti che hanno contenziosi in atto con l'amministrazione
comunale, oltre a violare il principio di tassatività delle
cause di esclusione dettato in materia di appalti pubblici, si pongono
altresì in aperto contrasto con i principi di non
discriminazione, parità di trattamento, e
proporzionalità, atteso che la semplice esistenza di un
contenzioso in atto non è di per sé indice di
inaffidabilità, potendosi peraltro la lite chiudersi in favore
del concorrente (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. I, 15.1.2013 n. 313)

Sentenza 03 novembre 2015, n.32419/04

The case concerned an action to recover possession of property which
had been confiscated from the Parish when the communist regime
was established in 1948. Prior to 1948 the Greek-Catholic
parishes had possessed a range of properties, lands and
buildings. The Uniate denomination was dissolved in 1948 and the
property of the Greek-Catholic Church was transferred to the
State, apart from parish property, which was transferred to the
Orthodox Church. The Uniate denomination was officially
recognised after the fall of the communist regime in December
1989. As regards the legal situation of the former property of the
Uniate parishes, a section of the Legislative Decree laid down
that it should be adjudicated by joint commissions
of representatives of the clergy of both denominations, and that
in reaching their decisions the commissions should take account
of “the wishes of the adherents of the communities to whom
the properties belong”. In the event of disagreement
between the clerical representatives, the party interested in
taking legal action could bring proceedings under ordinary domestic
law. Between 1998 and 2002 several unproductive meetings were
held by representatives of the Siseşti Parish Eastern-Rite
Catholic Church and Orthodox Church representatives. On 24 February
2004 the applicant’s action was initially dismissed under a
final judgment of the Supreme Court of Justice on the ground that
the commission had not yet assessed the legal situation of the
property in issue and that, moreover, part of that property came
under special legislation. In April 2005 the applicant parish
lodged a fresh claim with the Regional Court to recover possession of
the property, over which it claimed rightful ownership. That
Court dismissed that claim. The Court of Appeal referred the case
back. The court adjourned its examination of the case from 2 June 2008
to 27 February 2009 on the ground that an objection as regards
constitutionality had been transmitted to the Constitutional
Court. On 21 September 2011 the court ordered the restitution of the
church and the land at issue. The appeals lodged by both parties
were dismissed. By judgment of 21 November 2012 the High Court
upheld the decisions given. Relying in particular on Article 6
§ 1 (right to a fair hearing within a reasonable time) the
applicant notably complained about the length of the proceedings
concerning their action to recover possession of their places of
worship. [Press Release]

Sentenza 21 maggio 2015, n.10481

L'attribuzione della personalità giuridica alle chiese ex
conventuali comportava, ai sensi del Concordato del 1929, il diretto
trasferimento della proprietà del complesso degli edifici sacri
dal Fondo Edifici di Culto, successore dell'originario Fondo per
il Culto, al riconosciuto ente – chiesa. Tutto ciò con
conseguente irrilevanza della stessa successione, nel tempo, dei
suddetti Fondi e con conseguente identificazione del complesso dei
beni in questione fra quelli aventi specifica destinazione vincolata
all'esercizio del culto (e, quindi, come tali assegnati a quei
Fondi). Va, in proposito, rammentato come solo le chiese ex
conventuali, già appartenenti alle case religiose a suo tempo
soppresse con le leggi eversive e – si badi – chiuse al culto,
potevano essere attribuite al demanio dello Stato e, quindi,
considerate demaniali e diversamente utilizzate; pertanto nella
fattispecie in esame non si verte in ipotesi di tal genere attesa la
vincolante e continuativa destinazione della chiesa all'esercizio
delle funzioni religiose.