Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Circolare 17 ottobre 2005, n.40424

Circolare 17 ottobre 2005, n. 40424: “Crocifisso esposto nelle aule scolastiche. Motivo di rifiuto da parte personale docente a svolgere le lezioni. Illegittimità”. UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE PER LA LOMBARDIA. CENTRO SERVIZI AMMINISTRATIVI DI MILANO Area D – Affari Generali Ai Dirigenti Scolastici delle Istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado Statali e non statali – […]

Ordinanza 26 maggio 2005

La presenza del crocifisso nei locali adibiti a seggi elettorali non
integra alcuna concreta lesione o pregiudizio che valga a condizionare
la convinzione politica degli elettori e l’esercizio del relativo
diritto di voto. Non è ipotizzabile, infatti, che un “non simbolo”,
come il crocifisso per i non credenti o per i non cristiani, possa
interferire negativamente in modo incisivo sulla formazione
dell’orientamento politico e sulla conseguente espressione del voto
elettorale o referendario. Nè la presenza di crocifissi nei locali
scolastici da adibire a seggi può essere considerata come
l’espressione di una vincolante o, comunque, condizionante scelta
turbatrice della libertà religiosa o di pensiero degli elettori.
Infatti, in mancanza nell’attuale ordinamento di disposizioni di legge
che prevedano l’esibizione obbligatoria del crocifisso, salvo alcune
previsioni aventi carattere regolamentare ed in ogni caso non relative
ai seggi, la presenza sporadica e solo casuale di tale simbolo
“passivo” nelle suddette sedi elettorali non comporta l’imposizione di
alcuna condivisione religiosa, nè vincola ad atti o comportamenti che
siano anche solo indirettamente espressione di una sintonia o di una
convinzione di implicita aderenza ad una fede o culto diversi da
quelli propri. Il crocifisso risulta, dunque, una presenza
assolutamente trascurabile per chi non vi si riconosca,
impossibilitata in quanto tale a sollecitare o condizionare scelte e
comportamenti personali.

Sentenza 07 giugno 2004, n.03-55032

E’ legittimo l’ordine di rimuovere una croce da un parco nazionale, in
quanto la sua presenza su luogo pubblico viola la establishment
clause. Gli interventi legislativi e del Governo per mantenere la
presenza della croce nel parco, anche se motivati da uno scopo
secolare come la conservazione di monumenti nazionali, violano il
principio di separazione e il divieto di intervenire a favore di una
determinata religione.
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In 1934, the Veterans of Foreign Wars (VFW), a private organization,
honored World War I veterans by placing a Christian cross on top of a
large outcropping known as Sunrise Rock, on public land in what is now
the Mojave National Preserve. Over the years, other private groups and
individuals have replaced the cross several times; then in 1998 Henry
Sandoz, a private citizen who lives in the area, erected the current
cross. In 1999, a Utah resident asked the National Park Service for
permission to erect a stupa, a type of Buddhist memorial, near the
cross. The Park Service rejected the request, saying that federal law
prohibits private parties from installing memorials and other
permanent displays on federal property without authorization. In
rejecting the Buddhist memorial, the Park Service also declared that
it intended to remove the cross from Sunrise Rock because the bureau
had never authorized its installation. In December 2000, in response
to this announcement, the U.S. Congress passed a law prohibiting the
use of government funds to remove the cross. Following the passage of
this law, the Park Service did not remove the cross from Sunrise
Rock. 
In March 2001 Frank Buono, the former Assistant Superintendent, filed
a lawsuit in the U.S. District Court for the Central District of
California claiming that the National Park Service had to remove the
cross because its display violated the Establishment Clause. In
January 2002, while Buono’s lawsuit was still in the district court,
Congress designated the cross as a national memorial, putting it in a
select group with just 45 other national memorials, including famous
structures such as the Washington Monument and the Jefferson Memorial.
In addition, Congress allocated federal funding to the Park Service
for the purpose of installing a memorial plaque at the site and
obtaining a replica of the original VFW cross. Shortly after, in July
2002, the district court held that the display of the cross on federal
property violated the Establishment Clause and ordered the Park
Service to remove it. Three months later, to ensure that the district
court’s order was not carried out, Congress passed another law that
banned the use of federal dollars to remove the cross.
The National Park Service then appealed the district court’s order to
the 9th U.S. Circuit Court of Appeals. In September 2003, while this
appeal was still in the 9th Circuit, Congress passed yet another law,
this time instructing the secretary of the interior to transfer
ownership of Sunrise Rock and a surrounding acre to the VFW. In
exchange, Sandoz, who had erected the current cross, voluntarily gave
the federal government approximately five acres of land that he owned
near Sunrise Rock. The 2003 law also stated that if the VFW used the
property as anything other than a memorial, the federal government
would regain ownership of the land. In June 2004, before the
secretary of the interior completed the property transfer to the VFW,
the 9th Circuit, in a unanimous opinion written by U.S. Circuit Judge
Alex Kozinski, affirmed the district court’s ruling that the Park
Service had to remove the cross because its display violated the
Establishment Clause. (fonte: pewforum.org)

Sentenza 03 febbraio 2003, n.881

Il ricorso, volto ad ottenere la rimozione dei simboli religiosi dalle
scuole pubbliche, è inamissibile per nullità della
notificazione,laddove quest’ultima sia stata effettuta presso la sede
del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca
anziché, come previsto dall’art. 144 c.p.c. e dalle relative leggi
speciali, presso l’Avvocatura Generale dello Stato.

Ordinanza 26 marzo 2005

La rimozione del crocifisso dalle aule sedi dei seggi elettorali non
rientra nella giurisdizione del giudice ordinario, posto che le
controversie sulla vigenza delle norme che prevedono, tra le altre
disposizioni di carattere generale ed organizzativo, la presenza del
crocifisso nelle aule scolastiche e, quindi, spiegano i loro effetti
verso una platea indifferenziata di soggetti, non attengono ad un
rapporto esclusivamente “individuale” di utenza, ai sensi dell’art.
33, 2° comma, lett. e), D. L.vo n. 80/98. Ciò premesso, anche a
volere ritenere configurabile la giurisdizione del giudice adito,
mancano in ogni caso le condizioni per accogliere tale domanda
cautelare, considerato che la mera esposizione di tale simbolo, nel
quale si identifica ancora oggi, sotto il profilo spirituale, la larga
maggioranza dei cittadini italiani, in assenza di qualsivoglia divieto
normativo, costituisce la testimonianza di tale diffuso sentimento,
senza alcuna valenza discriminatoria nei confronti delle altre
religioni, la cui libera professione è senza alcun dubbio consentita
e garantita dallo Stato. Né da tale presenza pare derivare alcuna
violazione e/o condizionamento quanto al libero esercizio del diritto
di voto, dovendosi in primo luogo ricondurre tale simbolo alla
radicata tradizione religiosa e culturale del Paese, senza
necessariamente dedurne un’interferenza, anche solo indiretta,
rispetto alle varie consultazioni (politiche, amministrative o
referendarie).

Ordinanza 31 marzo 2005

Il crocifisso non può essere considerato come simbolo esclusivamente
religioso. In una società come quella italiana, definita di “antica
cristianità”, non può infatti escludersi il carattere anche
culturale di quest’ultimo, in quanto espressione del patrimonio
storico di un popolo, alla cui identità tale simbolo va riferito. La
croce, dunque, oltre ad essere dotata di un particolare significato
per i credenti, rappresenta l’espressione della civiltà e della
cultura cristiana nella sua radice storica, come simbolo dotato di
valore universale. Pertanto, sotto tale profilo, e cioè considerando
il carattere culturale del crocifisso, è da escludere un contrasto
tra la sua mera presenza ed il principio di laicità dello Stato. Né
tale presenza contrasta comunque con il diritto, costituzionalmente
garantito, di libertà religiosa, posto che la stessa non appare
circostanza idonea a costringere ad atti di fede e ad atti contrari
alle proprie convinzioni religiose, e tale da essere, quindi, in
contrasto con il principio di libertà religiosa.

Ordinanza 24 marzo 2005

La presenza del crocifisso nelle aule scolastiche destinate a sedi di
seggio non rappresenta di per sé imposizione di un credo religioso o
di una forma di venerazione, né obbliga alcuno a tenere una
determinata condotta di adorazione o a dichiarare la propria posizione
in materia religiosa. Né, per il solo fatto di permanere durante lo
svolgimento delle operazioni di voto nelle consultazioni elettorali o
referendarie, tale presenza è idonea ad assumere una connotazione
particolare che in qualche modo condizioni, subordini o influenzi la
formazione dell’opinione politica o l’espressione del voto da parte
degli elettori. E’ inoltre dubitabile che sussista in astratto il
diritto soggettivo del privato di conseguire giudizialmente
l’adeguamento dell’ordinamento ad un principio costituzionale
(quale il principio di laicità dello Stato), in quanto ciò
significherebbe attribuire al singolo la possibilità di indirizzare
concretamente l’azione della P.A. al di fuori della normativa
(costituzionale, primaria, secondaria e regolamentare) che presiede
alla formazione ed alla attuazione della volontà della P.A., ed – in
secondo luogo – presupporrebbe che, a semplice richiesta di chiunque e
mancando lo specifico pregiudizio di cui appena sopra, l’Autorità
giudiziaria possa surrogarsi allo Stato nell’emanazione di
disposizioni normative dirette ad attuare nell’ordinamento i principi
costituzionali aventi carattere non precettivo, ma programmatico.

Varie 03 febbraio 2005

C.E.I. Memoria conclusiva 3 febbraio 2005: “Il crocefisso e gli altri simboli della cristianità, fra tradizioni religiose e spazio pubblico” Il 3 febbraio, presso la sede della Conferenza episcopale italiana, si è svolto un incontro tra delegazioni della CEI, della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, della Sacra Arcidiocesi ortodossa d’Italia. L’incontro, centrato sul tema […]

Sentenza 17 marzo 2005, n.1110

Nella attuale realtà sociale, si può sostenere che il crocifisso
debba essere considerato, oltre che come simbolo di un’evoluzione
storica e culturale, e quindi dell’identità del nostro popolo,
anche quale segno altresì di un sistema di valori di libertà,
eguaglianza, dignità umana, tolleranza religiosa e quindi anche
laicità dello Stato, che caratterizza la nostra Carta costituzionale.
In altri termini, i valori di libertà hanno molte radici; una di
queste è indubbiamente costituita dal cristianesimo. Sarebbe pertanto
sottilmente paradossale escludere un segno cristiano da una struttura
pubblica in nome di una laicità, che ha sicuramente una delle sue
fonti lontane proprio nella religione cattolica. Il segno della croce
quindi va considerato – nella sua collocazione scolastica – anche come
simbolo religioso del cristianesimo, non certo inteso nella sua
totalità, ma nella misura in cui i suoi valori fondanti di
accettazione e rispetto del prossimo – che ne costituiscono le
fondamenta e l’architrave – sono stati trasfusi nei principi
costituzionali di libertà dello Stato, sancendo la condivisione di
alcuni principi fondamentali della Repubblica con il patrimonio
cristiano. Pertanto, il crocifisso inteso sia come simbolo di una
particolare storia, cultura e identità nazionale – elemento questo
immediatamente percepibile – oltre che, per i motivi sopra esposti,
quale espressione di alcuni principi laici della comunità, può
essere legittimamente collocato nelle aule della scuola pubblica, in
quanto segno non solo non contrastante ma addirittura affermativo e
confermativo del principio della laicità dello Stato repubblicano.

Ordinanza 13 dicembre 2004, n.389

Posto che gli artt. 159 e 190 del decreto legislativo 16 aprile 1994,
n. 297 si limitano a disporre l’obbligo a carico dei Comuni di fornire
gli arredi scolastici, non sussiste fra tali disposizioni legislative
e quelle regolamentari richiamate dal remittente quel rapporto di
integrazione e specificazione che avrebbe consentito, secondo il
remittente stesso, l’impugnazione delle disposizioni legislative
“come specificate” dalle norme regolamentari. L’impugnazione delle
disposizioni del testo unico si appalesa, dunque, come il frutto di un
improprio trasferimento su disposizioni di rango legislativo di una
questione di legittimità concernente norme regolamentari che, prive
di forza di legge, non possono costituire oggetto di un sindacato di
legittimità costituzionale.