Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

Olir

Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 07 giugno 2017, n.383

"…la Grande Camera
della Corte europea per i diritti dell'uomo, con sentenza del
18 marzo 2011, ric.30814/06, ha assolto
l’Italia dall'accusa di violazione dei diritti umani
per l'esposizione del crocefisso nelle aule scolastiche,
affermando che la cultura dei diritti dell’uomo non deve
essere posta in contraddizione con i fondamenti religiosi
della civiltà europea, a cui il cristianesimo ha dato un
contributo essenziale. La Corte ha evidenziato inoltre che,
secondo il principio di sussidiarietà, è doveroso
garantire ad ogni Paese un margine di apprezzamento quanto al
valore dei simboli religiosi nella propria storia culturale
e identità nazionale e quanto al luogo della loro
esposizione; in caso contrario, in nome della libertà
religiosa si tenderebbe paradossalmente invece a limitare o
persino a negare questa libertà, finendo per escluderne
dallo spazio pubblico ogni espressione. Il crocifisso,
in particolare, non viene considerato dai giudici di Strasburgo
un elemento di indottrinamento, ma espressione
dell’identità culturale e religiosa dei Paesi di
tradizione cristiana."

Fonte del
documento: http://ogl.chiesacattolica.it
(http://ogl.chiesacattolica.it/2017/11/16/esposizione-del-crocifisso-negli-edifici-pubblici/)

Sentenza 20 dicembre 2016

"Per quel che qui interessa, l’attenzione deve essere
rivolta a ciò che, in un caso, ha originato il rifiuto di
svolgere l’ufficio, e, in un altro, avrebbe originato (anche se
così non è stato) la materiale rimozione del simbolo
religioso, cioè l’affiorare nella coscienza individuale
di un conflitto tra l’esposizione del simbolo religioso e il
contenuto dell’ufficio, che, secondo la Corte di Cassazione, si
connota sia in termini di laicità, sia in termini di
imparzialità ai sensi dell’art. 97 Cost : «in
particolare, l’imparzialità della funzione di pubblico
ufficiale è strettamente correlata alla neutralità
(altro aspetto della laicità, evocato sempre in materia
religiosa da corte cost. 15/7/1997, n. 235) dei luoghi deputati alla
formazione del processo decisionale nelle competizioni elettorali, che
non sopporta esclusivismi e condizionamenti sia pure indirettamente
indotti dal carattere evocativo, cioè rappresentativo del
contenuto di fede, che ogni immagine religiosa
simboleggia»."

Fonte del documento:
www.uaar.it

Sentenza 28 luglio 2014

The Cross at Ground Zero in the National September 11 Museum Does not
violate the Establishment Clause because the stated Purpose of
displaying The Cross at Ground Zero to tell the story of how some
people used faith to cope with the tragedy is genuine, and an
objective observer would understand the purpose of the display to be
secular. There is no evidence that the static display of this genuine
historic artifact excessively entangles the government with religion.

Sentenza 21 maggio 2010

Il caso riguarda un’infermiera cristiana, licenziata per avere
indossato una catenina con la croce, contravvenendo alle regole
dell’ospedale che vietatavano al personale di indossare oggetti
di gioielleria, anche per i rischi per la sicurezza dei pazienti in
caso, ad es., di un contatto con ferite. Tali regole si applicano a
tutto il personale, indipendentemente dal credo religioso, ma non sono
indirettamente discriminatorie, poiché perseguono una
finalità legittima. Nel caso della ricorrente, inoltre,
è stato notato che portare un crocifisso era una manifestazione
della libertà religiosa, ma non una pratica obbligatoria per la
religione cristiana; inoltre, erano stati tentati alcuni
accomodamenti, tutti rifiutati dalla ricorrente. Non si è,
quindi, rilevata una violazione della libertà religiosa o delle
norme sulla discriminazione.

[La Redazione di OLIR.it
ringrazia per la segnalazione del documento Mattia Francesco Ferrero,
Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano]

Legge regionale 21 novembre 2011, n.18

Legge regionale 21 novembre 2011, n. 18: "Esposizione del crocifisso negli immobili regionali". (BUR Lombardia 25 novembre 2011, supplemento n. 47) Art. 1 (Principi e finalità) 1. La Regione, ai sensi dell’articolo 2, comma 4, lettera f), dello Statuto d’autonomia riconosce i valori storico-culturali e sociali delle sue radici giudaico-cristiane. Art. 2 (Esposizione del crocifisso) 1. Per […]

Sentenza 18 marzo 2011, n.30814/06

La presenza di un simbolo religioso, quale il crocifisso, nelle
scuole pubbliche non viola il diritto dei genitori di educare ed
istruire i figli secondo le proprie convinzioni religiose e
filosofiche (art. 2, Protocollo addizionale n. 1 CEDU).
L’obbligo degli Stati contraenti di rispettare le convinzioni
religiose e filosofiche dei genitori non si limita al contenuto
dell’istruzione e alle modalità di erogarla. Quando la
regolamentazione dell’ambiente scolastico è riservata alla
competenza delle autorità pubbliche, ciò comporta l’assunzione di
una funzione da parte dello Stato nel campo dell’educazione e
dell’insegnamento che ricade nell’ambito di applicazione
dell’art. 2 del _Protocollo n. 1_. Sennonché gli Stati contraenti
godono di un margine di apprezzamento quando si tratti di conciliare
l’esercizio di tali funzioni con il diritto dei genitori di educare
ed istruire i propri figli in conformità alle proprie convinzioni.
Questo margine di apprezzamento è nel caso di specie particolarmente
ampio data l’inesistenza di un consenso europeo sulla questione
della presenza dei simboli religiosi nelle scuole pubbliche.
Prescrivendo la presenza del crocifisso nelle aule di tali scuole si
attribuisce alla religione di maggioranza del paese una visibilità
preponderante nell’ambiente scolastico. Tuttavia, questo non è di
per sé sufficiente ad integrare un tentativo di indottrinamento da
parte dello Stato convenuto e a stabilire un inadempimento delle
prescrizioni di cui all’art. 2 del _Protocollo n. 1._
Il crocifisso appeso al muro è un simbolo essenzialmente passivo e
questo aspetto è particolarmente rilevante con riguardo
specificamente al principio di neutralità. Non ci sono del resto
elementi sufficienti per attestare l’eventuale condizionamento su
giovani persone le cui convinzioni non sono ancora definite. D’altra
parte, non si potrebbe attribuire a tale simbolo una influenza sugli
alunni comparabile a quella che può avere una lezione o la
partecipazione ad attività religiose.
————————-
La sentenza 18 marzo 2011 accoglie il ricorso del governo italiano
contro la precedente sentenza della Seconda Sezione della Corte
europea dei diritti dell’Uomo, pronunciata il 3 novembre 2009
[https://www.olir.it/documenti/?documento=5146] (Affaire Lautsi c.
Italia, n. 30814/06)

————————-
In OLIR.it la sentenza 18 marzo 2011 in inglese e francese:
Grand Chamber. Case of Lautsi and others v. Italy
[/areetematiche/documenti/documents/5601_lautsi_and_others_v__italy.pdf]
Grande Chambre. Affaire Lautsi et autres c. Italie
[/areetematiche/documenti/documents/affaire-lautsi-%20et-autres-%20c.-italie.pdf]

Sentenza 14 marzo 2011, n.5924

La laicità dello Stato rappresenta un interesse diffuso e come tale
adespota, perchè facente capo alla popolazione nel suo
complesso. Proprio per la suddetta natura degli interessi diffusi, la
tutela degli stessi è affidata agli enti esponenziali della
collettività nel suo complesso, salvo che la tutela non sia anche
rimessa ad associazioni o enti collettivi in specifiche ipotesi
previste dalla legge (L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 9, L. 8 luglio
1986, n. 349, art. 18). Tuttavia la condivisibile giurisprudenza di
questa Corte (Cass. S.U. n. 2207/1978; Cass. S.U. n. 1463/1979) ha
ritenuto configurabili accanto agli interessi cosiddetti diffusi, da
parte di collettività unitariamente considerate, anche la titolarità
di interessi individuali, da parte dei singoli coinvolti dal
procedimento stesso. In questi casi il titolare di ogni singolo
diritto soggettivo inviolabile leso ha azione per la sua tutela. Da
ciò consegue che, mentre la lesione di un proprio diritto soggettivo
inviolabile può essere fatta valere nell’ambito del rapporto di
impiego anche in via di autotutela, allorchè tale lesione del diritto
soggettivo è esclusa, non può invece essere fatta valere, come causa
giustificante, la lesione di un interesse diffuso.
Nel caso di specie, dunque, poichè la Sezione disciplinare ha
affermato la responsabilità del ricorrente solo in relazione ai
disservizi verificatisi per il rifiuto di tenere udienze in stanze o
aule prive del crocifisso, e quindi in situazioni che – secondo
l’accertamento fattuale della Sezione – non potevano comportare la
lesione del suo diritto di libertà religiosa, di coscienza o di
opinione, non può intentare causa giustificante di tale rifiuto la
pretesa tutela della laicità dello Stato o dei diritti di libertà
religiosa degli altri soggetti che si trovavano nelle altre aule di
giustizia della Nazione, in cui il crocefisso era esposto.
Infine, appare infondata anche la censura secondo cui il rifiuto del
ricorrente di tenere udienza poteva ritenersi giustificato dalla
mancata autorizzazione ad esporre nelle aule giudiziarie la menorah,
simbolo della religione ebraica. Per poter accogliere tale pretesa è
infatti necessaria una scelta discrezionale del legislatore, che allo
stato non sussiste. E’ vero infatti che sul piano teorico il principio
di laicità è compatibile sia con un modello di equiparazione verso
l’alto (laicità per addizione) che consenta ad ogni soggetto di
vedere rappresentati nei luoghi pubblici i simboli della propria
religione, sia con un modello di equiparazione verso il basso
(laicità per sottrazione). Tale scelta legislativa, però, presuppone
che siano valutati una pluralità di profili, primi tra tutti la
praticabilità concreta ed il bilanciamento tra l’esercizio della
libertà religiosa da parte degli utenti di un luogo pubblico con
l’analogo esercizio della libertà religiosa negativa da parte
dell’ateo o del non credente, nonchè il bilanciamento tra garanzia
del pluralismo e possibili conflitti tra una pluralità di identità
religiose tra loro incompatibili.

Sentenza 03 novembre 2008, n.9540

Ai sensi dell’art. 1 della l. n. 831 del 1973 per la nomina a
magistrato di cassazione devono essere valutati i seguenti elementi:
“1) preparazione e capacità tecnico-professionale; 2) laboriosità
e diligenza dimostrate nell’esercizio delle funzioni; 3) precedenti
relativi al servizio prestato” (1° comma), potendo peraltro essere
assunto, “nelle forme e con le modalità più idonee ed anche con
accertamenti diretti”, “ogni ulteriore elemento di giudizio che
sia reputato necessario per la migliore valutazione del magistrato”.
La giurisprudenza amministrativa ha al riguardo chiarito che la
valutazione negativa dell’aspirante può derivare anche da singoli
elementi, purché atti a denotare un difetto grave sia pure in uno
solo degli ambiti previsti dalla legge. Tra questi elementi vanno
certamente considerati i precedenti disciplinari (v. la sent. n. 7124
del 2003 di questa Sezione, nonché Cons. Stato, sez. IV, 7 giugno
2005, n. 2921).
Secondo l’orientamento in disamina, “il giudizio affidato
all’Organo di autogoverno dalla legge n. 831/1973 può e deve
estendersi […] al vaglio di ogni elemento utile a formulare la
migliore valutazione complessiva della professionalità del singolo,
onde non si vedono ragioni per dubitare che tra gli aspetti meritevoli
di rilievo possano essere incluse anche le eventuali condotte
individuali che in precedenza abbiano formato oggetto di un
provvedimento disciplinare”, potendo i fatti già colpiti da
sanzione disciplinare rilevare anche in questo diverso contesto
valutativo, non configurando “una inammissibile duplicazione di
sanzione (vietata dal canone del _ne bis in idem_), in quanto non
viene effettuata con una prestabilita finalità punitiva, ma
costituisce un accertamento proteso al ben diverso scopo di un
completo apprezzamento obiettivo della personalità professionale del
magistrato, attraverso la disamina di tutti gli elementi atti a
ricostruirla” (così la citata sent. n. 7124/03).

————————-
Per approfondire in OLIR.it:
Consiglio Superiore della Magistratura. Ordinanza 23 novembre 2006
[https://www.olir.it/documenti/?documento=4012]

Sentenza 05 luglio 2010, n.4250

In sede di valutazione della idoneità per la nomina a magistrato di
Cassazione il giudizio del C.s.m. può e deve estendersi al vaglio di
ogni elemento utile a formulare la migliore valutazione complessiva
della professionalità dell’interessato. Del tutto correttamente, tra
gli aspetti meritevoli di rilievo, sono incluse anche le eventuali
condotte individuali che in precedenza siano state accertate ed
abbiano formato oggetto di un procedimento penale, disciplinare, o di
trasferimento per incompatibilità ambientale. L’arco della carriera
del magistrato interessato dalla valutazione è tutto quello
precedente, con il limite dei periodi esterni, a seconda dei casi,
all’ultimo settennio o triennio di scrutinio. I fatti già colpiti
da sanzione (nel caso di specie, tra gli altri, il rifiuto di tenere
udienze in aule di giustizia ove fosse presente il crocifisso non
accompagnato da simboli di altre religioni) ben possono rilevare
anche in un diverso contesto valutativo non configurando una
inammissibile duplicazione di sanzione in ragione della mancanza di
una prestabilita finalità punitiva, bensì costituendo un
accertamento inteso al ben diverso scopo di un completo apprezzamento
obiettivo della personalità professionale del magistrato, attraverso
la disamina di tutti gli elementi atti a ricostruirla.

————————-
Per approfondire in OLIR.it:

* TAR Lazio. Sezione Prima. Sentenza 3 novembre 2008, n. 9540
[https://www.olir.it/documenti/index.php?documento=5530&prvw=1](I
grado)
* Consiglio Superiore della Magistratura. Ordinanza 23 novembre 2006
[https://www.olir.it/documenti/?documento=4012]

Sentenza 13 aprile 2010, n.4958

Posto che né il decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, recante
“Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica” (convertito, con
modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 125), né la legge 15
luglio 2009, n. 94, recante “Disposizioni in materia di sicurezza
pubblica”, attribuiscono ai Sindaci poteri relativi
all’organizzazione ed alla gestione delle istituzioni statali
ricadenti sul territorio comunale e rilevato, inoltre, che l’art. 2
del D.M. 5 agosto 2008 sollecita l’esercizio dei poteri sindacali in
materia di sicurezza urbana ed incolumità pubblica nella direzione
funzionale della prevenzione e del contrasto di una serie di
situazioni tassativamente tipizzate dalla stessa disposizione,
attraverso una elencazione alla quale rimane estranea la materia della
esposizione dei simboli religiosi, deve ritenersi che il provvedimento
che impone il mantenimento del crocifisso nelle aule scolastiche e
negli uffici pubblici comunali, sia emanato da un’autorità
amministrativa priva già in astratto di competenza in materia di
disciplina dell’oggetto del provvedimento medesimo. In ragione della
specificità della ipotesi in esame (esercizio di un potere estraneo
alle competenze attribuite dalla legge all’amministrazione emanante,
perché attribuito ad altra amministrazione) appare pertanto
preferibile ricondurre la stessa, nell’ambito della disciplina
posta dall’art. 21-septies della legge n. 241 del 1990, alla
fattispecie di nullità per difetto assoluto di
attribuzione. Pertanto, la specifica causa di nullità riscontrata
(difetto assoluto di attribuzione), implicando l’assenza nella
fattispecie di profili effettuali riconducibili all’esercizio di un
potere autoritativo, non consente di radicare la giurisdizione del
giudice amministrativo, in considerazione del fatto che nessun effetto
giuridico (e dunque neppure effetti suscettibili di incidere sulla
posizione soggettiva del destinatario) si è prodotto in conseguenza
dell’esercizio di un potere privo di una attribuzione legale, al cui
atto di esercizio la legge espressamente commina la sanzione della
nullità.