Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 29 giugno 2007

L’inserimento nei programmi scolastici di un insegnamento – anche
obbligatorio – sulla religione non viola la libertà di coscienza di
alunni e genitori se questo è orientato a far conoscere agli alunni
le differenti confessioni presenti nel mondo, ad instaurare un clima
di tolleranza e conoscenza reciproca, a fornire un’informazione
generale sulle religioni e non una istruzione religiosa propriamente
detta. Tuttavia, qualora l’organizzazione di tale materia si basi in
modo prevalente sui principi della religione cristiana, si
verificherà un trattamento più favorevole di quest’ultima e le
attività didattiche si svolgeranno senza rispettare il pluralismo e
la neutralità della scuola né l’oggettività dell’insegnamento.
In tal modo risulterà violato il diritto dei genitori a far sì che i
figli ricevano un’educazione consona al loro credo religioso (ex
art. 2 del Protocollo addizionale n. 1 CEDU).

Sentenza 14 giugno 2007

Nel caso in cui un’associazione religiosa cambi denominazione e
apporti modifiche allo statuto, l’autorità competente che rifiuti
di registrare l’associazione in base ai cambiamenti intervenuti viola
l’art. 9 CEDU, letto congiuntamente all’art. 11. Infatti la
mancata registrazione è da ritenersi una restrizione del diritto di
libertà di religione ex art. 9 CEDU, poiché impedisce alle
associazioni non iscritte di esercitare alcune attività connesse con
le esigenze di culto. I limiti apposti all’esercizio della libertà
religiosa, in forma individuale o collettiva, sono ammessi solo quando
sono previsti dalla legge, perseguono uno scopo legittimo e sono
necessari per la salvaguardia dell’ordine pubblico e dei diritti
altrui in una società democratica. Il diritto di libertà religiosa
comporta altresì l’esclusione di ogni interferenza dello Stato
relativamente alla organizzazione interna di confessioni e
associazioni religiose; tale organizzazione è infatti uno dei mezzi
con i quali una confessione religiosa svolge la sua attività ed
esercita il diritto di libertà di religione e deve quindi poter
essere stabilita liberamente. (Nel caso di specie una parrocchia
ortodossa aveva cambiato statuto e denominazione per passare dalla
giurisdizione del patriarcato di Mosca a quella di Kiev e si era vista
negare la registrazione. Su questo punto, le norme ucraine sono state
ritenute dalla Corte non sufficientemente chiare, tanto da configurare
una restrizione illegittima del diritto di libertà religiosa ex art.
9 CEDU. Inoltre il giudice interno aveva violato la libertà delle
confessioni religiose ad organizzarsi autonomamente, pronunciandosi,
nel negare la registrazione, sulle disposizioni dello statuto
dell’associazione religiosa in questione, concernenti la struttura
interna, l’ammissione e l’espulsione di membri).

Sentenza 05 settembre 2006

L’esercizio della libertà religiosa ed il diritto di associazione
sono tra gli elementi essenziali di una società democratica, in
regime di pluralismo. La libertà religiosa, sebbene attenga in primo
luogo alla dimensione della coscienza individuale, implica anche la
possibilità di professare il proprio credo in forma associata. La
libertà di costituire un ente o una associazione a questo fine non
può essere sottoposta a limiti diversi da quelli previsti dalla
Convenzione; la negazione della registrazione di un’associazione
religiosa è da considerarsi, perciò, una violazione sia dell’art.
9 CEDU (libertà religiosa), sia dell’art. 11 (diritto ad associarsi
pacificamente e senza l’interferenza dello Stato). Nel caso di
specie, il governo russo sottolineava due motivazioni che avrebbero
portato al diniego della registrazione. La prima concerneva il fatto
che l’associazione in questione era un nucleo di un’associazione
non russa. La Corte afferma, però, che questa motivazione configura
una discriminazione in base alla nazionalità nell’esercizio del
diritto di libertà religiosa. La seconda motivazione riguardava la
natura delle attività svolte dall’associazione e la sua struttura.
Secondo le autorità russe, alla “Salvation Army” era stata negata la
registrazione come associazione religiosa in quanto essa presentava i
caratteri di un’organizzazione para-militare (in particolare, i suoi
membri indossavano in pubblico divise di tipo militare, ecc.) e la
natura delle sue attività non risultava conforme alla religione
cristiana evangelica che essi affermavano di rappresentare. La Corte
ritiene, al contrario, che uno Stato non debba interferire
nell’organizzazione interna di un’associazione religiosa,
determinando gli elementi che possono essere considerati rispondenti
alle finalità religiose di un credo. Secondo la Corte le
caratteristiche dell’attività e della struttura della Salvation
Army sono da considerarsi espressioni della libertà religiosa,
compatibili con le caratteristiche di una società democratica e tali
da non giustificare una limitazione dei diritti stabiliti dagli artt.
9 e 11 della CEDU.

Sentenza 05 aprile 2007

Il rifiuto di registrare un’organizzazione religiosa comporta una
violazione sia dell’art. 11 (libertà di associazione), sia dell’art.
9 (libertà di religione) della Convenzione europea per la
Salvaguardia dei diritti umani (CEDU), in quanto la mancanza di una
registrazione può impedire all’associazione il libero esercizio di
una serie di attività connesse con la pratica religiosa. La pubblica
amministrazione nel procedere alla registrazione di un’associazione
religiosa deve assumere un atteggiamento neutrale ed applicare
eventuali restrizioni solo se si tratta di misure prescritte dalla
legge, appropriate e necessarie per la salvaguardia dell’ordine e
della morale pubblica in una società democratica (nel caso di specie,
il governo russo aveva più volte rifiutato la registrazione della
Chiesa di Scientology, in alcuni casi senza fornire alcuna
motivazione, in altri casi sulla base di una valutazione discrezionale
dell’attività dell’organizzazione religiosa oppure per la presunta
mancanza di requisiti per la registrazione, non previsti dalla legge).

Sentenza 22 dicembre 2005

Corte europea dei diritti dell’uomo, Première section. Sentenza 22 dicembre 2005 “Paturel c. France” (Requête no. 54968/00) (omissis) PROCÉDURE 1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 54968/00) dirigée contre la République française et dont un ressortissant de cet Etat, M. Christian Paturel (« le requérant »), a saisi la Cour le 6 […]

Sentenza 13 luglio 2006

European Court of Human Rights. Judgment 13 July 2006 in the CASE OF AGGA v. GREECE (No. 3). (Application no. 32186/02) […] In the case of Agga v. Greece (no 3),The European Court of Human Rights (First Section), sitting as a Chamber composed of:Mr L. LOUCAIDES, President,Mr C.L. ROZAKIS,Mrs F. TULKENS,Mrs E. STEINER,Mr K. HAJIYEV,Mr […]

Sentenza 14 dicembre 1999, n.38178/97

Corte europea dei diritti dell’uomo. Sentenza del 14 dicembre 1999: “Affaire Serif c. Grèce” (Requête n° 38178/97)(ARRÊT 14 décembre 1999, Définitif 14/03/2000) (omissis) PROCÉDURE 1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (n° 38178/97) dirigée contre la République hellénique et dont un ressortissant de cet Etat, M. Ibraim Serif (« le requérant »), avait […]