Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 10 luglio 2008, n.15948/03

Le restrizioni alla circolazione di pubblicazioni ispirate da odio
razziale e religioso non costituiscono una violazione della libertà
di espressione ex art. 10 CEDU, che può essere limitata per legge,
allo scopo di proteggere la libertà altrui nel contesto di una
società democratica. Nel caso di specie, l’autore e gli editori di
un libro intitolato “La colonizzazione dell’Europa” erano stati
condannati dalle autorità giurisdizionali francesi per il reato di
incitamento all’odio razziale. Secondo i giudici nazionali, infatti,
il libro offre una rappresentazione del rapporto tra cultura
occidentale e cultura islamica ispirata all’odio etnico. La Corte di
Strasburgo conferma la lettura delle Corti francesi, rintracciando
nell’opera incriminata i caratteri dell’incitamento all’odio ed
alla violenza (ad es. il ricorso a termini militari, la
caratterizzazione delle comunità islamiche europee come un
“nemico”, l’incitamento ad una “guerra di riconquista”).

Sentenza 31 luglio 2008, n.40825

A seguito del rifiuto da parte dello Stato austriaco di riconoscere
personalità giuridica alla confessione dei Testimoni di Geova, la
Corte ricorda che l’autonomia delle confessioni religiose è
indispensabile al pluralismo in una società democratica. Il Governo
austriaco non ha fornito le ragioni sufficienti a giustificare il
rifiuto di tale riconoscimento, e l’ingerenza manifestata non può
essere considerata una restrizione “necessaria” per la salvaguardia
della libertà religione, così come previsto dall’art. 9 CEDU, che
pertanto è stato violato. La Corte ha ritenuto che potesse essere
legittimo far attendere dieci anni una comunità religiosa prima di
accordarle lo statuto di associazione confessionale nel caso in cui la
comunità in questione fosse di recente creazione, e dunque
sconosciuta, ma tale comportamento non si giustifica per una comunità
come i Testimoni di Geova, esistenti stabilmente da lungo tempo sia in
ambito nazionale che internazionale, e dunque ben conosciuta dalle
autorità. Per questo tipo di comunità i pubblici poteri dovrebbero
poter verificare più rapidamente se soddisfano le condizioni poste
dalla legislazione nazionale, e pertanto la Corte conclude che la
differenza di trattamento denunciata dai Testimoni di Geova contro il
Governo austriaco non è fondata su un motivo “obiettivo e
ragionevole”, sulla base del combinato disposto degli artt. 14 e 9
CEDU.

Sentenza 06 luglio 2005

Le autorità bulgare vengono riconosciute responsabili di aver violato
il diritto alla vita in combinato disposto con il divieto di
discriminazione (artt. 2 e 14 CEDU). Il caso riguardava l’uccisione
da parte della polizia di due disertori rom, uccisi durante
l’esecuzione di un arresto che, data la situazione (i sospetti erano
disarmati, non avevano commesso reati violenti, non si erano dati alla
fuga) non giustificava il ricorso all’uso della forza, che secondo
l’art. 2 della Convenzione, deve essere “assolutamente necessario”. La
Corte ha ritenuto responsabile lo Stato bulgaro per la morte dei due
uomini e per non aver condotto indagini sufficientemente accurate
sulla presenza del movente razzista alla base del comportamento
incriminato.

Risoluzione 17 aprile 2008, n.1610

L’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa richiama l’attenzione
sull’opportunità di predisporre l’adesione dell’Unione europea alla
CEDU – Convenzione europea dei diritti dell’uomo – firmata a Roma nel
1950, al fine di obbligare al rispetto dei diritti ivi sanciti non
solo gli Stati europei, ma anche l’UE nell’esercizio delle sue
competenze. Tale adesione significherebbe garantire ai cittadini
europei mezzi di ricorso effettivi dinanzi la Corte europea dei
diritti dell’uomo (organo della CEDU) anche nel caso di una violazione
dei diritti da parte di un atto comunitario; potrebbe, inoltre,
facilitare una interpretazione più omogenea dei diritti garantiti
dalla CEDU e di quelli riconosciuti dall’ordinamento comunitario,
enucleati soprattutto attraverso la giurisprudenza della Corte di
giustizia.

Decisione 29 marzo 2007

L’art. 47, 3° comma della legge n. 222 del 1985, nel sancire la
possibilità per i contribuenti di destinare, in sede di dichiarazione
dei redditi, una quota dell’otto per mille dell’IRPEF al finanziamento
di una confessione religiosa, non comporta l’obbligo di rivelare la
propria appartenenza religiosa, poiché al contribuente è lasciata la
possibilità di non esprimere alcuna scelta in tal senso. Di
conseguenza, il sistema dell’otto per mille non viola il diritto di
libertà religiosa, sancito dall’art. 9 della CEDU e comprendente
anche il diritto a non manifestare la propria credenza. Inoltre, la
Corte non può pronunciarsi sulla scelta dello Stato italiano di
stabilire una forma di finanziamento delle confessioni religiose, che
attiene al sistema di relazioni tra Stato e Chiesa, materia di
esclusiva competenza statale. Infine, poiché il meccanismo dell’otto
per mille non stabilisce un’imposta aggiuntiva per i cittadini, esso
non determina un’imposizione fiscale eccessiva né contraria
all’interesse generale della popolazione.

Sentenza 09 ottobre 2007, n.1448/04

Il diritto dei genitori di assicurare l’educazione e
l’insegnamento ai figli secondo le loro convinzioni religiose o
filosofiche, ex art. 2 del 1° Protocollo addizionale alla CEDU,
risulta violato quando non è prevista una valida procedura di esonero
dall’insegnamento obbligatorio di etica e cultura religiosa nelle
scuole pubbliche. Nel caso di specie – poiché detto insegnamento
riguarda prevalentemente la cultura dell’Islam sunnita e non può
dirsi imparziale e rispettoso del pluralismo, valore centrale per la
scuola e l’educazione pubbliche – la Corte ritiene che debba essere
assicurato il diritto ad essere esonerati dalla partecipazione alle
lezioni di tale materia. Diritto che non è stato rispettato, poiché
la normativa turca consente di non avvalersi dell’insegnamento in
questione solo a due categorie di studenti di nazionalità turca
(coloro i cui genitori appartengano alla religione cristiana o
ebraica); inoltre, obbligando di fatto i genitori a rivelare le
proprie convinzioni religiose o filosofiche, essa non rispetta la
libertà religiosa.

Decisione 03 dicembre 1996

European Commission of Human Rights. Decision as to the admissibility of Application No. 24949/94: "Tuomo KONTTINEN against Finland" The European Commission of Human Rights sitting in private on 3 December 1996, the following members being present: Mr. S. TRECHSEL, President Mrs. G.H. THUNE Mrs. J. LIDDY MM. E. BUSUTTIL G. JÖRUNDSSON A.S. GÖZÜBÜYÜK A. WEITZEL […]

Decisione 09 marzo 1997

European Commission of Human Rights (First Chamber). Decision as to the admissibility of Application No. 29107/95: “Louise STEDMAN against the United Kingdom” The European Commission of Human Rights (First Chamber) sitting in private on 9 April 1997, the following members being present: Mrs. J. LIDDY, President MM. M.P. PELLONPÄÄ E. BUSUTTIL A. WEITZEL C.L. ROZAKIS […]

Sentenza 13 aprile 2006, n.55170/00

L’articolo 9 della CEDU non implica che sia protetto qualsiasi atto
motivato dalla religione o dalla credenza; in particolare nell’ambito
del lavoro è lecito apporre limitazioni all’esercizio della libertà
religiosa, al fine di bilanciare le esigenze del lavoratore-fedele con
il rispetto delle condizioni contrattuali. (Nel caso di specie, non è
tutelata dall’art. 9 CEDU la decisione di un lavoratore che, senza
aver ottenuto un permesso, si era assentato dal lavoro per partecipare
ai riti previsti da una festività islamica).