Varie 15 ottobre 2004
Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti. “Anno dell’Eucaristia. Suggerimenti e proposte”, 15 ottobre 2004.
CONGREGAZIONE PER IL CULTO DIVINO
E LA DISCIPLINA DEI SACRAMENTI
ANNO DELL’EUCARISTIA
SUGGERIMENTI E PROPOSTE
INTRODUZIONE
Ad appena un anno dalla conclusione dell’Anno del Rosario, una nuova iniziativa del Santo Padre: l’Anno dell’Eucaristia (ottobre 2004 – ottobre 2005). Le due iniziative stanno in continuità. Si pongono infatti nel quadro dell’indirizzo pastorale che il Papa ha dato a tutta la Chiesa con la Lettera Apostolica Novo Millennio ineunte, collocando al centro dell’impegno ecclesiale la contemplazione del volto di Cristo, nel solco del Concilio Vaticano II e del Grande Giubileo (cf. Mane nobiscum Domine, cap. I).
In effetti, con la Rosarium Virginis Mariae, il Papa ci ha invitato a contemplare Cristo con lo sguardo e il cuore di Maria. E’ venuta poi l’Enciclica Ecclesia de Eucharistia, che ci ha condotti a ciò che è la “sorgente” e il “culmine” di tutta la vita cristiana, invitandoci a un rinnovato fervore nella celebrazione e nell’adorazione dell’Eucaristia. In connessione con l’Enciclica, l’Istruzione Redemptionis Sacramentum ha richiamato il dovere di tutti di assicurare una liturgia eucaristica degna di così grande Mistero.
Ora l’Anno dell’Eucaristia, introdotto e orientato dalla Lettera Apostolica Mane nobiscum Domine (7 ottobre 2004), ci offre una importante occasione pastorale perché l’intera comunità cristiana sia ulteriormente sensibilizzata a fare di questo mirabile Sacrificio e Sacramento il cuore della sua vita.
Per lo svolgimento di questo Anno, il Santo Padre ha lasciato l’iniziativa alle Chiese particolari. Ha chiesto tuttavia alla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti di offrire “suggerimenti e proposte” (cf. Mane nobiscum Domine, 29), che potessero essere utili per quanti, Pastori e operatori pastorali ad ogni livello, saranno chiamati a dare il loro contributo.
Di qui il carattere di questo sussidio. Esso non pretende alcuna esaustività, ma si limita a dare, con uno stile essenziale, suggerimenti operativi. Talvolta sono appena richiamati ambiti e temi da non dimenticare. Un capitolo di linee di “spiritualità” eucaristica si spera possa essere utile, almeno come stimolo, nel quadro di iniziative di catechesi e formazione. E’ infatti importante che l’Eucaristia sia colta non soltanto negli aspetti celebrativi, ma anche come progetto di vita, alla base di una autentica “spiritualità eucaristica”.
Mentre ringraziamo il Santo Padre per questo altro “dono”, affidiamo la riuscita di questo Anno all’intercessione della Madre di Dio. Alla sua scuola di “donna eucaristica”, si ridesti lo “stupore” di fronte al Mistero del Corpo e del Sangue di Cristo, e tutta la Chiesa ne viva con più grande ardore.
(Omissis)
1. QUADRO DI RIFERIMENTO
1. L’orizzonte aperto dall’Anno dell’Eucaristia richiama e promuove una operosità a largo raggio, che coniuga le varie dimensioni del vivere in Cristo nella Chiesa. L’Eucaristia infatti non è un “tema” fra gli altri, ma il cuore stesso della vita cristiana. «La celebrazione della Messa, in quanto azione di Cristo e del popolo di Dio gerarchicamente ordinato, costituisce il centro di tutta la vita cristiana per la Chiesa universale, per quella locale, e per i singoli fedeli. Nella Messa, infatti, si ha il culmine sia dell’azione con cui Dio santifica il mondo in Cristo, sia del culto che gli uomini rendono al Padre, adorandolo per mezzo di Cristo Figlio di Dio nello Spirito Santo. In essa inoltre la Chiesa commemora, nel corso dell’anno, i misteri della redenzione, in modo da renderli in certo modo presenti. Tutte le altre azioni sacre e ogni attività della vita cristiana sono in stretta relazione con la Messa, da essa derivano e ad essa sono ordinate» (Institutio generalis Missalis Romani = IGMR, 16).
Pertanto l’accento eucaristico che segna questo speciale Anno declina e innerva attività fondamentali della vita della Chiesa, sia considerata nel suo insieme come nelle singole membra. Il Papa stesso ha sottolineato questa chiave di lettura, collocando l’iniziativa all’interno del disegno pastorale complessivo, che è stato proposto alla Chiesa in termini cristologico-trinitari negli anni di preparazione del Grande Giubileo, e sta progressivamente “scandendo” gli anni successivi a partire dalla Lettera Apostolica Novo Millennio ineunte. «L’Anno dell’Eucaristia si pone dunque su uno sfondo che si è andato di anno in anno arricchendo, pur restando sempre ben incardinato sul tema di Cristo e della contemplazione del suo Volto. In certo senso, esso si propone come un anno di sintesi, come una sorta di vertice di tutto il cammino percorso» (Mane nobiscum Domine, 10).
Su questa base, la programmazione di iniziative durante questo Anno dovrebbe tener conto dei vari ambiti e offrire stimoli su più versanti. In questo capitolo ci proponiamo di evocare, in modo molto sintetico, alcune “prospettive” teologico-pastorali, che disegnano una sorta di “quadro di riferimento” per i suggerimenti e le proposte che seguiranno.
La fede nell’Eucaristia
2. “Mistero della fede” (cf. Ecclesia de Eucharistia, cap. I), l’Eucaristia si comprende alla luce della Rivelazione biblica e della Tradizione ecclesiale. Al tempo stesso, il riferimento a queste ultime è necessario perché l’Eucaristia possa sprigionare la sua caratteristica di “mistero di luce” (cf. Mane nobiscum Domine, cap. II), facendoci in qualche modo ripercorrere il “cammino di fede” descritto nel racconto evangelico dei due “discepoli di Emmaus”, che il Santo Padre ha scelto come “icona” per l’Anno dell’Eucaristia. In effetti l’Eucaristia è mistero di luce sia in quanto suppone e implica la luce della Parola di Dio, sia perché la stessa “frazione del pane” proietta luce sul mistero di Dio-Trinità: proprio nell’evento pasquale della morte e risurrezione di Cristo, e conseguentemente nel suo “memoriale” eucaristico, Dio si rivela in sommo grado come Dio-Amore.
L’Anno dell’Eucaristia pertanto si propone innanzitutto come un periodo di più intensa catechesi attorno all’Eucaristia creduta dalla Chiesa. Tale catechesi terrà presente:
o la Sacra Scrittura, dai testi concernenti la “preparazione” del Mistero nell’Antico Testamento ai testi del Nuovo Testamento che riguardano sia l’istituzione dell’Eucaristia che le sue diverse dimensioni (cf. ad esempio i testi indicati nel Lezionario per la messa votiva della Santissima Eucaristia).
o la Tradizione: dai Padri della Chiesa al successivo sviluppo teologico – magisteriale, con particolare attenzione al Concilio di Trento, al Concilio Vaticano II, ai recenti documenti del Magistero. Gli itinerari catechistici elaborati dalle Chiese particolari troveranno, per tutto questo, un punto di riferimento autorevole e illuminante nel Catechismo della Chiesa Cattolica;
o la mistagogìa, ossia l’introduzione approfondita al mistero celebrato attraverso la spiegazione dei riti e delle preghiere dell’Ordo Missae e del De sacra communione et de cultu mysterii eucharistici extra Missam;
o le ricchezze offerte dalla storia della spiritualità, evidenziando in particolare come l’Eucaristia creduta e celebrata abbia trovato espressione nella vita dei Santi (cf. Ecclesia de Eucharistia, 62);
o l’arte sacra come testimonianza di fede nel Mistero eucaristico.
La celebrazione dell’Eucaristia e il culto eucaristico fuori della Messa
3. Ricevuta da Cristo, che l’ha istituita, l’Eucaristia è celebrata dalla Chiesa nella forma da essa stabilita (cf. IGMR e Praenotanda all’Ordo Lectionum Missae). Il culto eucaristico fuori della Messa è intimamente legato alla celebrazione eucaristica e ad essa ordinato.
«Un impegno concreto di questo Anno dell’Eucaristia potrebbe essere quello di studiare a fondo, in ogni comunità parrocchiale, l’Ordinamento generale del Messale Romano. La via privilegiata per essere introdotti nel mistero della salvezza attuata nei santi “segni” resta poi quella di seguire con fedeltà lo svolgersi dell’Anno liturgico» (Mane nobiscum Domine, 17).
A titolo di semplice indicazione “tematica” per gli operatori pastorali, vengono qui di seguito segnalati gli aspetti intorno ai quali si è invitati quest’Anno a “interrogarsi” in modo speciale, ai fini di una degna celebrazione e una più fervida adorazione del Mistero eucaristico. Con i Documenti fondamentali su menzionati, non mancherà di essere di aiuto la recente Istruzione Redemptionis Sacramentum. Sono da tener presenti:
o i luoghi della celebrazione: chiesa, altare, ambone, sede…;
o l’assemblea liturgica: senso e modalità della sua partecipazione “piena, cosciente, attiva” (cf. SC, 14);
o i diversi ruoli: il sacerdote che opera in persona Christi, i diaconi, gli altri ministeri e servizi;
o la dinamica celebrativa: dal pane della Parola al pane dell’Eucaristia (cf. Ordo Lectionum Missae, 10);
o i tempi della celebrazione eucaristica: domenica, giorni feriali, anno liturgico;
o il rapporto dell’Eucaristia con i vari sacramenti, sacramentali, esequie…
o la partecipazione interiore ed esteriore: in particolare il rispetto dei “momenti” di silenzio;
o il canto e la musica;
o l’osservanza delle norme liturgiche;
o la comunione ai malati e il Viatico (cf. De sacra communione);
o l’adorazione del Santissimo Sacramento, la preghiera personale;
o le processioni eucaristiche.
Una verifica su questi punti sarebbe particolarmente desiderabile nell’Anno dell’Eucaristia. Certamente, nella vita pastorale delle singole comunità ai traguardi più alti non si può arrivare con facilità, ma bisogna tendervi. «Se il frutto di questo Anno fosse anche soltanto quello di ravvivare in tutte le comunità cristiane la celebrazione della Messa domenicale e di incrementare l’adorazione eucaristica fuori della Messa, questo Anno di grazia avrebbe conseguito un risultato significativo. Buona cosa tuttavia è mirare in alto, non accontentandoci di misure mediocri, perché sappiamo di poter contare sempre sull’aiuto di Dio» (Mane nobiscum Domine, 29).
La spiritualità eucaristica
4. Nella Lettera Apostolica Spiritus et Sponsa per il XL anniversario della Costituzione sulla Sacra Liturgia, il Papa si è augurato che si sviluppi nella Chiesa una “spiritualità liturgica”. E’ la prospettiva di una liturgia che nutre e orienta l’esistenza, plasmando il vissuto del credente come autentico “culto spirituale” (cf. Rm 12, 1). Senza la coltivazione di una “spiritualità liturgica”, la pratica liturgica facilmente si riduce a “ritualismo” e vanifica la grazia che sgorga dalla celebrazione.
Ciò vale in modo speciale per l’Eucaristia: «La Chiesa vive dell’Eucaristia». In verità, la celebrazione eucaristica è in funzione del vivere in Cristo, nella Chiesa, per la potenza dello Spirito Santo. Occorre pertanto curare il movimento che va dall’Eucaristia celebrata all’Eucaristia vissuta: dal mistero creduto alla vita rinnovata. Per questo il presente sussidio offre anche un capitolo di linee di spiritualità eucaristica. In questo iniziale quadro di riferimento sarà utile additare alcuni punti particolarmente significativi:
o l’Eucaristia è culmen et fons della vita spirituale in quanto tale, al di là delle molteplici vie della spiritualità;
o il regolare alimento eucaristico sostiene la corrispondenza alla grazia di singole vocazioni e stati di vita (ministri ordinati; sposi e genitori; persone consacrate…) e rischiara le diverse situazioni dell’esistenza (gioie e dolori, problemi e progetti, malattie e prove …);
o la carità, la concordia, l’amore fraterno sono frutto dell’Eucaristia e rendono visibile l’unione con Cristo realizzata nel sacramento; al tempo stesso l’esercizio della carità nello stato di grazia è condizione perché si possa celebrare in pienezza l’Eucaristia: essa è “sorgente”, ma anche “epifania” della comunione (cf. Mane nobiscum Domine, cap. III);
o la compagnia di Cristo in noi e tra noi suscita la testimonianza nel vissuto quotidiano, lievita la costruzione della città terrena: l’Eucaristia è principio e progetto di missione (cf. Mane nobiscum Domine, cap. IV).
Maria: icona della Chiesa “Eucaristica”
5. «Se vogliamo riscoprire in tutta la sua ricchezza il rapporto intimo che lega Chiesa ed Eucaristia, non possiamo dimenticare Maria, Madre e modello della Chiesa». Così esordisce il cap. VI della Lettera Enciclica Ecclesia de Eucharistia, in cui Giovanni Paolo II richiama la profonda relazione che Maria intrattiene con l’Eucaristia e con la Chiesa che vive del Sacramento dell’altare. L’incontro con il “Dio con noi e per noi” include la Vergine Maria.
L’Anno dell’Eucaristia costituisce una occasione propizia anche per approfondire questo aspetto del Mistero. Per vivere profondamente il senso della celebrazione eucaristica, e fare in modo che essa lasci un segno nella nostra vita, non c’è di meglio che lasciarsi “educare” da Maria, “donna eucaristica”.
Importante, a tal proposito, ricordare quanto il Papa ha detto nella Rosarium Virginis Mariae n. 15, a proposito della “conformazione a Cristo con Maria”: ella «ci immette in modo naturale nella vita di Cristo e ci fa come ‘respirare’ i suoi sentimenti». D’altra parte – scrive ancora il Papa in Ecclesia de Eucharistia – nella celebrazione eucaristica, in certo modo, noi riceviamo sempre, con il memoriale della morte di Cristo, anche il dono di Maria, che ci è stato fatto dal Crocifisso nella persona di Giovanni (Ecco tua Madre: Gv 19,27): «Vivere nell’Eucaristia il memoriale della morte di Cristo implica anche ricevere continuamente questo dono. Significa prendere con noi – sull’esempio di Giovanni – colei che ogni volta ci viene donata come Madre. Significa assumere al tempo stesso l’impegno di conformarci a Cristo, mettendoci alla scuola della Madre e lasciandoci accompagnare da lei. Maria è presente, con la Chiesa e come Madre della Chiesa, in ciascuna delle nostre Celebrazioni eucaristiche» (Ecclesia de Eucharistia, 57).
Sono temi che meritano, quest’Anno, di essere fatti oggetto di speciale meditazione (cf. Mane nobiscum Domine, 31).
Sulla celebrazione dell’Eucaristia in comunione con Maria, prolungandone gli atteggiamenti cultuali che rifulgono esemplari in lei, si veda Collectio Missarum de Beata Maria Virgine, Praenotanda, 12-18.
I Santi testimoni di vita eucaristica
6. Nella Novo Millennio ineunte, n. 30, il Papa invita a porre tutto il cammino pastorale della Chiesa nella prospettiva della “santità”. Questo non può non valere in modo particolare per un Anno tutto imperniato sulla spiritualità eucaristica. L’Eucaristia ci fa santi, e non può esserci santità non incardinata sulla vita eucaristica. «Colui che mangia di me vivrà per me» (Gv 6, 57).
Questa verità è testimoniata dal “sensus fidei” di tutto il popolo di Dio. Ma ne sono in modo speciale testimoni i Santi, nei quali risplende il mistero pasquale di Cristo. Ha scritto Giovanni Paolo II in Ecclesia de Eucharistia, n. 62: «Mettiamoci, miei carissimi fratelli e sorelle, alla scuola dei Santi, grandi interpreti della vera pietà eucaristica. In loro la teologia dell’Eucaristia acquista tutto lo splendore del vissuto, ci “contagia” e, per così dire, ci “riscalda”». E’ cosa che vale per tutti i Santi.
Alcuni tra di essi hanno vissuto questa dimensione con particolare intensità e con speciali doni dello Spirito, infervorando i fratelli del loro stesso amore per l’Eucaristia (cf. Mane nobiscum Domine, 31). Gli esempi potrebbero essere innumerevoli: da sant’Ignazio di Antiochia a sant’Ambrogio, da san Bernardo a san Tommaso d’Aquino, da san Pasquale Baylón a sant’Alfonso Maria dei Liguori, da santa Caterina da Siena a santa Teresa d’Avila, da san Pietro Giuliani Eymard a san Pio da Pietrelcina, fino ai “martiri dell’Eucaristia”, antichi e moderni, da san Tarcisio a san Nicola Pieck e compagni, a san Pietro Maldonado.
L’Anno dell’Eucaristia offrirà un’occasione per riscoprire questi “testimoni”, sia tra quelli più noti a livello della Chiesa universale, sia tra quelli che sono più ricordati nelle Chiese particolari. E’ desiderabile che la stessa ricerca teologica si interessi ad essi, giacché il vissuto dei Santi è un significativo “locus theologicus”: nei Santi «Dio ci parla» (cf. Lumen Gentium, 50) e la loro esperienza spirituale (cf. Dei Verbum, 8), garantita dal discernimento ecclesiale, getta luce sul Mistero. Camminando alla loro luce e sulle loro orme sarà più facile assicurare che questo Anno di grazia sia veramente fecondo.
2. CONTESTI CULTUALI
7. Stando al cuore dell’economia sacramentale, come vertice dell’iniziazione cristiana, l’Eucaristia illumina gli altri sacramenti ed è il loro punto di convergenza. La stessa forma rituale prevede o prescrive – eccetto per la Penitenza – che i sacramenti siano o possano essere inseriti nella celebrazione dell’Eucaristia (cf. Praenotanda dei vari Ordines; Redemptionis Sacramentum, 75-76).
La Liturgia delle Ore può essere armonizzata con la celebrazione eucaristica (cf. IGLH, 93-97).
Anche i sacramentali, come la benedizione abbaziale, la professione religiosa, la consacrazione delle vergini, il conferimento dei ministeri istituiti o straordinari, le esequie, trovano il loro normale contesto durante la Messa. La dedicazione della chiesa e dell’altare avvengono con la celebrazione dell’Eucaristia.
Vi sono pure altre benedizioni che si possono fare durante la Messa (cf. Ordo coronandi imaginem B.M. Virginis; De Benedictionibus, 28).
Se è vero che altre benedizioni, atti di culto, pratiche di devozione, non sono da inserire nella Messa (cf. De Benedictionibus, 28; De sacra communione, 83; Redemptionis Sacramentum, 75-79; Direttorio pietà popolare, 13, 204), è vero altresì che non esiste preghiera cristiana senza riferimento all’Eucaristia, massima preghiera della Chiesa, indispensabile per i cristiani. Le molteplici forme di orazione privata come le varie espressioni di pietà popolare realizzano, infatti, il loro senso genuino nel disporre alla celebrazione dell’Eucaristia o nel prolungarne gli effetti nella vita.
A titolo indicativo si ricordano alcuni giorni, tempi e modi di preghiera con riferimento eucaristico.
Domenica
8. La domenica è «il giorno di festa primordiale», «fondamento e nucleo di tutto l’anno liturgico» (SC, 106). «Colta nella totalità dei suoi significati e delle sue implicazioni, essa è, in qualche modo, sintesi della vita cristiana e condizione per viverla bene» (Dies Domini, 81).
E’ in effetti il giorno di Cristo risorto, e porta dunque con sé la memoria di ciò che è il fondamento stesso della fede cristiana (cf. 1Cor 15, 14-19). «Se la domenica è il giorno della risurrezione, essa non è solo la memoria di un evento passato: è celebrazione della viva presenza del Risorto in mezzo ai suoi. Perché tale presenza sia annunciata e vissuta in modo adeguato, non basta che i discepoli di Cristo preghino individualmente e ricordino interiormente, nel segreto del cuore, la morte e la risurrezione di Cristo. (…) E’ importante perciò che si radunino, per esprimere pienamente l’identità stessa della Chiesa, la ekklesía, l’assemblea convocata dal Signore risorto» (Dies Domini, 31). La celebrazione eucaristica è infatti il cuore della domenica.
Il nesso tra la manifestazione del Risorto e l’Eucaristia è particolarmente adombrato nel racconto dei discepoli di Emmaus (cf. Lc 24,13-35), guidati da Cristo stesso a entrare intimamente nel suo mistero attraverso l’ascolto della sua Parola e la comunione al “Pane spezzato” (cf. Mane nobiscum Domine). I gesti compiuti da Gesù: «egli prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro» (Lc 24,30), sono i medesimi che Egli compì nell’Ultima Cena e che incessantemente Egli compie, tramite il sacerdote, nelle nostre Eucaristie.
Il carattere proprio della Messa domenicale e l’importanza che questa riveste per la vita cristiana esigono che sia preparata con speciale cura, in modo che sia sentita come una epifania della Chiesa (cf. Dies Domini, 34-36; Ecclesia de Eucharistia, 41, Novo Millennio ineunte, 36) e si distingua quale celebrazione gioiosa e canora, coinvolgente e partecipata (cf. Dies Domini, 50-51).
Ravvivare in tutte le comunità la celebrazione dell’Eucaristia domenicale dovrebbe essere il primo impegno di questo Anno speciale. Se si farà almeno questo, insieme con l’incremento dell’adorazione eucaristica fuori della Messa, l’Anno dell’Eucaristia avrà ottenuto già un importante risultato (cf. Mane nobiscum Domine, 23 e 29).
Veglia pasquale e comunione pasquale
9. La Veglia pasquale è il cuore dell’anno liturgico. In essa, la celebrazione dell’Eucaristia è «il culmine, essendo in modo pieno il sacramento della Pasqua, cioè memoriale del sacrificio della croce e presenza del Cristo risorto, completamento dell’iniziazione cristiana, pregustazione della pasqua eterna» (Lettera feste pasquali, 90).
Nel raccomandare di non celebrare in fretta la liturgia eucaristica nella Veglia pasquale, ma di aver cura che tutti i riti e le parole raggiungano la massima forza di espressione, specialmente la comunione eucaristica, momento di piena partecipazione al mistero celebrato in questa notte santa, è auspicabile – rimettendo agli Ordinari dei luoghi la valutazione sull’opportunità e le circostanze, nel pieno rispetto delle norme liturgiche: cf. Redemptionis Sacramentum, 100-107 – che sia raggiunta la pienezza del segno eucaristico con la comunione della veglia pasquale ricevuta sotto le specie del pane e del vino (cf. Lettera feste pasquali, 91 e 92).
L’ottava pasquale come le Messe domenicali del tempo pasquale sono particolarmente significative per i neofiti (cf. Ordo initiationis christianae adultorum, 37-40 e 235-239). E’ consuetudine che i fanciulli facciano la loro Prima Comunione in queste domeniche (cf. Lettera feste pasquali, 103). Si raccomanda che, soprattutto nell’ottava di Pasqua, la santa Comunione venga portata agli infermi (Lettera feste pasquali, 104).
Durante il tempo pasquale i pastori ricordino il significato del precetto della Chiesa di ricevere in questo tempo la santa Comunione (cf. C.I.C. can. 920), facendo in modo che tale precetto non venga percepito in modo minimalistico, ma come il punto fermo e imprescindibile di una partecipazione eucaristica che deve interessare tutta la vita ed esprimersi regolarmente almeno in tutte le domeniche.
Giovedì Santo
10. E’ noto il valore della Messa crismale, che secondo la tradizione si celebra il Giovedì della Settimana Santa (per motivi pastorali può anticiparsi in altro giorno, purché vicino alla Pasqua: cf. Caeremoniale Episcoporum, 275). Oltre a chiamare i presbiteri delle diverse parti della diocesi a concelebrare con il Vescovo, si invitino con insistenza anche i fedeli a partecipare a questa Messa e a ricevere il sacramento dell’Eucaristia durante la sua celebrazione (cf. Lettera feste pasquali, 35).
Per ricordare, soprattutto ai sacerdoti, il Mistero eucaristico del Giovedì Santo, fin dall’inizio del suo pontificato, il Santo Padre Giovanni Paolo II ha inviato una Lettera ai sacerdoti (nel 2003 la Lettera Enciclica Ecclesia de Eucharistia).
Per il significato speciale che questo giorno riveste (cf. Caeremoniale Epicoporum, 97), tutta l’attenzione deve rivolgersi ai misteri soprattutto commemorati nella Messa “nella cena del Signore”: l’istituzione dell’Eucaristia, l’istituzione del sacerdozio ministeriale e il comando del Signore sulla carità fraterna.
Opportune indicazioni celebrative e pastorali circa la Messa vespertina del Giovedì Santo, la processione eucaristica al termine di essa e l’adorazione del Santissimo Sacramento sono rinvenibili nella citata Lettera circolare sulla preparazione e celebrazione delle feste pasquali, 44-57 e nel Direttorio su pietà popolare e liturgia, 141.
Solennità del Ss.mo Corpo e Sangue di Cristo
11. Questa festa, «estesa nel 1264 da papa Urbano IV a tutta la Chiesa latina, da una parte costituì una risposta di fede e di culto a dottrine ereticali sul mistero della presenza reale di Cristo nell’Eucaristia, dall’altra fu il coronamento di un movimento di ardente devozione verso l’augusto Sacramento dell’altare» (Direttorio pietà popolare, 160).
La festa del Corpus Domini ispirò nuove forme di pietà eucaristica nel popolo di Dio, giunte fino a noi (cf. Direttorio pietà popolare, 160-163). Tra esse la processione, che rappresenta la forma tipo delle processioni eucaristiche: prolunga la celebrazione dell’Eucaristia in modo che il popolo cristiano «renda pubblica testimonianza di fede e di venerazione verso il Santissimo Sacramento» (De sacra communione, 101; cf. CIC, can. 944). Pertanto «si viva, quest’anno, con particolare fervore la solennità del Corpus Domini con la tradizionale processione. La fede nel Dio che, incarnandosi, si è fatto nostro compagno di viaggio sia proclamata dovunque e particolarmente per le nostre strade e fra le nostre case, quale espressione del nostro grato amore e fonte di inesauribile benedizione» (Mane nobiscum Domine, 18).
Un accento spiccatamente eucaristico potrà opportunamente assumere anche la solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù.
Celebrazione eucaristica e Liturgia delle Ore
12. «La Liturgia delle Ore estende alle diverse ore del giorno le prerogative del mistero eucaristico, “centro e culmine di tutta la vita della comunità cristiana”: la lode e il rendimento di grazie, la memoria dei misteri della salvezza, le suppliche e la pregustazione della gloria celeste.
La celebrazione dell’Eucaristia viene anche preparata ottimamente mediante la Liturgia delle Ore, in quanto per suo mezzo vengono suscitate e accresciute le disposizioni necessarie alla fruttuosa celebrazione dell’Eucaristia, quali sono la fede, la speranza, la carità, la devozione e il desiderio dell’abnegazione di sé» (IGLH, 12).
Nella celebrazione comune, quando le circostanze lo suggeriscono, si può fare una unione più stretta tra la Messa e una Ora dell’Ufficio – Lodi mattutine, Ora Media, Vespri -, secondo le indicazioni e la normativa vigente (cf. IGLH, 93-97).
Adorazione eucaristica
13. La riserva del Corpo di Cristo per la comunione agli infermi portò i fedeli alla lodevole consuetudine di raccogliersi in preghiera per adorare Cristo realmente presente nel Sacramento conservato nel tabernacolo. Raccomandata dalla Chiesa a Pastori e fedeli, l’adorazione del Santissimo è altamente espressiva del legame esistente tra la celebrazione del Sacrificio del Signore e la sua presenza permanente nell’Ostia consacrata (cf. De sacra communione, 79-100; Ecclesia de Eucharistia, 25; Mysterium fidei; Redemptionis Sacramentum, 129-141).
Il trattenersi in preghiera presso il Signore Gesù, vivo e vero nel Santo Sacramento, matura l’unione con lui: dispone alla fruttuosa celebrazione dell’Eucaristia e prolunga gli atteggiamenti cultuali ed esistenziali da essa suscitati.
Si esprime, secondo la tradizione della Chiesa, in diverse modalità:
– la semplice visita al Santissimo Sacramento riposto nel tabernacolo: breve incontro con Cristo suggerito dalla fede nella sua presenza e caratterizzato dall’orazione silenziosa;
– l’adorazione dinanzi al Santissimo Sacramento esposto, secondo le norme liturgiche, nell’ostensorio o nella pisside, in forma prolungata o breve;
– l’adorazione perpetua, quella delle Quaranta Ore o in altre forme, che investono un’intera comunità religiosa, o un’associazione eucaristica, o una comunità parrocchiale, e forniscono l’occasione per numerose espressioni di pietà eucaristica (cf. Direttorio pietà popolare, 165).
14. Adorazione e sacra Scrittura.
«Durante l’esposizione, orazioni, canti e letture, si devono disporre in modo che i fedeli in preghiera orientino e incentrino la loro pietà sul Cristo Signore. Per favorire l’intimità della preghiera, si predispongano letture della sacra Scrittura con omelia o brevi esortazioni, che portino i fedeli a un riverente approfondimento del mistero eucaristico. E’ bene che alla parola di Dio i fedeli rispondano col canto e che in momenti opportuni si osservi il sacro silenzio» (De sacra communione, 95).
15. Adorazione e Liturgia delle Ore.
«Dinanzi al Santissimo Sacramento esposto per un tempo prolungato, si può anche celebrare qualche parte della Liturgia delle Ore, specialmente se si tratta delle Ore principali. Con tale celebrazione infatti si estende alle varie ore della giornata la lode e il rendimento di grazie della celebrazione eucaristica e la Chiesa rivolge a Cristo, e per mezzo suo al Padre, preghiere e suppliche a nome del mondo intero» (De sacra communione, 96).
16. Adorazione e Rosario.
La lettera apostolica Rosarium Virginis Mariae ci ha ulteriormente aiutato ad oltrepassare una visione del Rosario come preghiera semplicemente mariana, invitando a valorizzare l’impronta eminentemente cristologica di esso: contemplare i misteri di Cristo con gli occhi e il cuore di Maria, in comunione con lei e sul suo esempio.
Se rimane vero che durante l’esposizione del Santissimo Sacramento non si devono compiere altre pratiche devozionali in onore della Vergine Maria e dei Santi (cf. Direttorio pietà popolare, 165), si comprende però perché il Magistero non escluda il Rosario: è appunto in forza di questo suo carattere che va sottolineato e sviluppato. Proprio in vista dell’Anno dell’Eucaristia il Papa ha scritto: «Lo stesso Rosario, compreso nel suo senso profondo, biblico e cristocentrico, che ho raccomandato nella Lettera apostolica Rosarium Virginis Mariae, potrà essere una via particolarmente adatta alla contemplazione eucaristica, attuata in compagnia e alla scuola di Maria» (Mane nobiscum Domine 18; cf. Redemptionis Sacramentum, 137; Direttorio pietà popolare,165). Pertanto vanno riscoperti e promossi nella pratica pastorale gli elementi offerti nella Rosarium Virginis Mariae cap. III. L’ascolto di un testo biblico, il silenzio meditativo, la clausola cristologica dopo il nome di Gesù al centro dell’Ave Maria, il Gloria cantato, una adatta preghiera conclusiva rivolta a Cristo, anche in forma litanica, favoriscono l’indole contemplativa che qualifica la preghiera davanti al Santissimo custodito nel tabernacolo o esposto. Recitare il Rosario di fretta, l’assenza di spazio meditativo, l’insufficiente orientamento cristologico non aiutano a lasciarsi incontrare da Cristo presente nel Sacramento dell’altare.
Quanto alle litanie della Vergine, che sono un atto cultuale a sé stante non necessariamente legato al Rosario (cf. Direttorio pietà popolare, 203), esse possono più opportunamente essere sostituite da litanie rivolte direttamente a Cristo (ad es. le litanie del Cuore di Gesù, del Sangue di Cristo).
17. Benedizione eucaristica.
Processioni e adorazioni eucaristiche si concludono ordinariamente, quando c’è il sacerdote o il diacono, con la benedizione con il Santissimo. Gli altri ministri o persone incaricate dell’esposizione, a conclusione di essa ripongono il Sacramento nel tabernacolo (cf. De sacra communione, 91).
Poiché la benedizione con il Santissimo Sacramento non è una forma di pietà eucaristica a sé stante, deve essere preceduta da una breve esposizione, con un tempo conveniente di preghiera e silenzio. «E’ vietata l’esposizione fatta unicamente per impartire la benedizione» (De sacra communione, 89).
Processioni eucaristiche
18. La processione eucaristica per le vie della città terrena aiuta i fedeli a sentirsi popolo di Dio che cammina con il suo Signore, proclamando la fede nel “Dio con noi e per noi” (cf. Redemptionis Sacramentum, 142-144; Direttorio pietà popolare, 162-163). Ciò vale soprattutto per la processione eucaristica per eccellenza, quella del Corpus Domini.
E’ necessario che nelle processioni si osservino le norme che garantiscono la dignità e la riverenza verso il Santissimo e ne regolano lo svolgimento, in modo che l’addobbo delle vie, l’omaggio dei fiori, i canti e le preghiere siano una manifestazione di fede nel Signore e di lode a lui (cf. De sacra communione, 101-108)
Congressi eucaristici
19. Segno di fede e di carità, manifestazione tutta particolare del culto eucaristico, i congressi eucaristici «si devono considerare come una “statio” cioè una sosta d’impegno e di preghiera, a cui una comunità invita la Chiesa universale, o una Chiesa locale le altre Chiese della medesima regione o della stessa nazione o del mondo intero, per approfondire insieme qualche aspetto del mistero eucaristico e prestare ad esso un omaggio di pubblica venerazione, nel vincolo della carità e dell’unità» (De sacra communione, 109).
Per la fruttuosa riuscita del congresso si considerino le indicazioni date per la sua preparazione e svolgimento in De sacra communione, 110-112.
3. LINEE DI SPIRITUALITÀ EUCARISTICA
20. Un discorso di spiritualità eucaristica esigerebbe molto più di quanto ci si propone di offrire in queste pagine. In effetti ci limitiamo ad alcuni “spunti”, nella fiducia che siano le Chiese particolari a riprendere il discorso, fornendo stimoli e più ampi contenuti per specifiche iniziative di catechesi e formazione. E’ importante infatti che l’Eucaristia sia colta non soltanto negli aspetti celebrativi, ma anche come progetto di vita e stia alla base di una autentica “spiritualità eucaristica”.
L’Anno dell’Eucaristia è tempo propizio per dilatare lo sguardo oltre gli aspetti tipicamente celebrativi. Proprio perché è il cuore della vita cristiana, l’Eucaristia non si conclude tra le pareti della chiesa, ma esige di trasfondersi nel vissuto di chi vi partecipa. Il sacramento del Corpo di Cristo è elargito in vista dell’edificazione del Corpo di Cristo che è la Chiesa. Gli atteggiamenti eucaristici cui siamo educati dalla celebrazione sono da coltivare nella vita spirituale, tenendo conto della vocazione e dello stato di vita di ciascuno. L’Eucaristia in verità è alimento essenziale per tutti i credenti in Cristo, senza distinzione di età e condizione.
Le considerazioni che qui offriamo disegnano alcune piste di riflessione, a partire da qualche espressione della stessa liturgia, ripresa dal testo latino del Messale. Si intende così sottolineare come la spiritualità liturgica si caratterizzi per il suo ancoraggio ai segni, ai riti, alle parole della celebrazione e possa trovare in essi sicuro e abbondante nutrimento.
21. Ascolto della Parola
Verbum Domini. A conclusione delle letture della sacra Scrittura, l’espressione Verbum Domini – Parola di Dio!- ci richiama l’importanza di ciò che esce dalla bocca di Dio, e ce lo fa sentire non come un testo “lontano”, per quanto ispirato, ma come parola viva con la quale Dio ci interpella: siamo nel contesto di un vero «dialogo di Dio col suo popolo, dialogo in cui vengono proclamate le meraviglie della salvezza e continuamente riproposte le esigenze dell’Alleanza» (Dies Domini, 41).
La liturgia della Parola è una parte costitutiva dell’Eucaristia (cf. SC, 56; Dies Domini, 39-41). Ci raccogliamo in assemblea liturgica per ascoltare ciò che il Signore ha da dirci: a tutti e a ciascuno. Egli parla ora e qui, a noi che lo ascoltiamo con fede, credendo che Egli solo ha parole di vita eterna, che la sua parola è lampada ai nostri passi.
Partecipare all’Eucaristia vuol dire ascoltare il Signore al fine di mettere in pratica quanto ci manifesta, ci chiede, desidera dalla nostra vita. Il frutto dell’ascolto di Dio che ci parla quando nella chiesa si leggono le sacre Scritture (cf. SC, 7) matura nel vissuto quotidiano (cf. Mane nobiscum Domine, 13).
L’atteggiamento dell’ascolto sta al principio della vita spirituale. Credere in Cristo è ascoltare la sua parola e metterla in pratica. E’ docilità alla voce dello Spirito, il Maestro interiore che ci guida alla verità tutta intera, non soltanto alla verità da conoscere ma anche alla verità da praticare.
Per ascoltare davvero il Signore nella liturgia della Parola, occorre essere affinati nell’udito del cuore. A ciò prepara la lettura personale delle sacre Scritture, in tempi e occasioni programmate e non lasciate ad eventuali ritagli di tempo. E perché quanto ascoltato nella celebrazione eucaristica non sparisca dalla mente e dal cuore con l’uscita di chiesa, occorre trovare modi per prolungare l’ascolto di Dio, il quale ci fa giungere la sua voce in mille modi, attraverso le circostanze della vita quotidiana.
22. Conversione
Agnoscamus peccata nostra ut apti simus ad sacra mysteria celebranda.
Kyrie eleison, Christe eleison.
Domine Deus, Agnus Dei, Filius Patris, qui tollis peccata mundi, miserere nobis.
Agnus Dei qui tollis peccata mundi: miserere nobis.
Domine non sum dignus ut intres…
Come si vede dai testi citati, la dimensione penitenziale è ben presente nella celebrazione eucaristica. Essa emerge non solo all’inizio nell’atto penitenziale, con le sue varie formule di invocazione della misericordia, ma anche nella supplica a Cristo nel canto del Gloria, nel canto dell’Agnus Dei durante la frazione del Pane, nella preghiera che rivolgiamo al Signore prima di partecipare al convito eucaristico.
L’Eucaristia stimola alla conversione e purifica il cuore penitente, cosciente delle proprie miserie e desideroso del perdono di Dio, pur non sostituendosi alla confessione sacramentale, unico modo ordinario, per i peccati gravi, per ricevere la riconciliazione con Dio e con la Chiesa.
Tale atteggiamento dello spirito deve prolungarsi nelle nostre giornate, sostenuto dall’esame di coscienza, ossia il confrontare pensieri, parole, opere, omissioni, con il Vangelo di Gesù.
Vedere con trasparenza le nostre miserie ci libera dall’autocompiacimento, ci mantiene nella verità davanti a Dio, ci porta a confessare la misericordia del Padre che sta nei cieli, ci mostra il cammino che ci attende, ci conduce al sacramento della Penitenza. Ci apre poi alla lode e al rendimento di grazie. Ci aiuta infine ad essere benevoli verso il prossimo, a compatirlo nelle sue fragilità e a perdonarlo. Il monito di Gesù a riconciliarci con il fratello, prima di portare l’offerta all’altare (cf. Mt 5,23–24), e l’appello di Paolo a verificare la nostra coscienza prima della partecipazione all’Eucaristia (ciascuno esamini se stesso e poi mangi il pane e beva al calice: 1Cor 11,28), vanno presi sul serio. Senza la coltivazione di questi atteggiamenti, l’Eucaristia viene disattesa in una sua dimensione profonda.
23. Memoria
Memores igitur, Domine, eiusdem Filii tui salutiferae passionis necnon mirabilis resurrectionis et ascensionis in caelum (Preghiera eucaristica III).
«Se i cristiani celebrano l’Eucaristia fin dalle origini e in una forma che, sostanzialmente, non è cambiata attraverso la grande diversità dei tempi e delle liturgie, è perché ci sappiamo vincolati dal comando del Signore, dato la vigilia della sua Passione: “Fate questo in memoria di me” (1Cor 11,24-25)» (CCC, 1356).
L’Eucaristia è, in senso specifico, “memoriale” della morte e risurrezione del Signore. Celebrando l’Eucaristia la Chiesa fa memoria di Cristo, di quanto ha fatto e ha detto, della sua incarnazione, morte, risurrezione, ascensione al cielo. In lui fa memoria dell’intera storia della salvezza, prefigurata nell’antica alleanza.
Fa memoria di ciò che Dio – Padre, Figlio e Spirito Santo – ha fatto e fa per l’umanità intera, dalla creazione alla “ricreazione” in Cristo, nell’attesa del suo ritorno alla fine dei tempi per ricapitolare in sé tutte le cose.
Il “memoriale” eucaristico, passando dalla celebrazione nei nostri atteggiamenti vitali, ci spinge a fare memoria grata di tutti i doni ricevuti da Dio in Cristo. Ne scaturisce una vita segnata dalla “gratitudine”, dal senso di “gratuità” e insieme dal senso di “responsabilità”.
In effetti, ricordare ciò che Dio ha fatto e fa per noi nutre il cammino spirituale. La preghiera del Padre nostro ci ricorda che siamo figli del Padre che sta nei cieli, fratelli di Gesù, segnati dallo Spirito Santo che è stato effuso nei nostri cuori.
Ricordare i doni di natura (la vita, la salute, la famiglia…) tiene vivo il ringraziamento e l’impegno a valorizzarli.
Ricordare i doni di grazia (il battesimo e gli altri sacramenti; le virtù cristiane…) tiene vivo, insieme al ringraziamento, l’impegno a non vanificare questi “talenti” e piuttosto a farli fruttificare.
24. Sacrificio
Hoc est Corpus meum. Hic est calix Sanguinis mei novi et aeterni testamenti.
Te igitur, clementissime Pater, per Iesum Christum, Filium tuum, Dominum nostrum, supplices rogamus ac petimus, uti accepta habeas et benedicas haec dona, haec munera, haec sancta sacrificia illibata.
Memento, Domine, …omnium circustantium, quorum tibi fides cognita est et nota devotio, pro quibus tibi offerimus: vel qui tibi offerunt hoc sacrificium laudis.
Hanc igitur oblationem servitutis nostrae, sed et cunctae familiae tuae (Preghiera eucaristica I)
Offerimus tibi, gratias referentes, hoc sacrificium vivum et sanctum (Preghiera eucaristica III)
L’Eucaristia è sacramento del sacrificio pasquale di Cristo. Dall’incarnazione nel grembo della Vergine fino all’ultimo respiro sulla croce, la vita di Gesù è un olocausto incessante, un perseverante consegnarsi ai disegni del Padre. Il culmine è il sacrificio di Cristo sul Calvario: «ogni volta che il sacrificio della croce, “col quale Cristo, nostro agnello pasquale, è stato immolato” (1Cor 5,7), viene celebrato sull’altare, si effettua l’opera della nostra redenzione» (Lumen Gentium, 3; CCC, 1364).
Questo unico ed eterno sacrificio viene reso realmente presente nel sacramento dell’altare. In verità, «il sacrificio di Cristo e il sacrificio dell’Eucaristia sono un unico sacrificio» (CCC, 1367).
Ad esso la Chiesa associa il suo sacrificio, per divenire un solo corpo e un solo spirito in Cristo, di cui è segno la comunione sacramentale (cf. Ecclesia de Eucharistia, 11-16). Partecipare all’Eucaristia, obbedire al Vangelo che ascoltiamo, mangiare il Corpo e bere il Sangue del Signore vuol dire fare della nostra vita un sacrificio a Dio gradito: per Cristo, con Cristo e in Cristo.
Come l’azione rituale dell’Eucaristia è fondata sul sacrificio offerto da Cristo una volta per tutte nei giorni della sua esistenza terrena (cf. Eb 5,7-9) e lo ripresenta sacramentalmente, così la nostra partecipazione alla celebrazione deve portare con sé l’offerta della nostra esistenza. Nell’Eucaristia la Chiesa offre il sacrificio di Cristo offrendosi con lui (cf. SC, 48; IGMR, 79, f; Ecclesia de Eucharistia, 13).
La dimensione sacrificale dell’Eucaristia impegna dunque la vita. Da qui la spiritualità del sacrificio, del dono di sé, della gratuità, dell’oblatività richiesta dal vivere cristianamente.
Nel pane e nel vino che portiamo all’altare è significata la nostra esistenza: la sofferenza e l’impegno di vivere come Cristo e secondo il comandamento dato ai suoi discepoli.
Nella comunione al Corpo e al Sangue di Cristo è significato il nostro “eccomi” a lasciare pensare, parlare, operare lui in noi.
La spiritualità eucaristica del sacrificio dovrebbe permeare le nostre giornate: il lavoro, le relazioni, le mille cose che facciamo; l’impegno nel praticare la vocazione di sposi, genitori, figli; la dedizione al ministero per chi è vescovo, presbitero, diacono; la testimonianza delle persone consacrate; il senso “cristiano” del dolore fisico e della sofferenza morale; la responsabilità di edificare la città terrena, nelle varie dimensioni che comporta, alla luce dei valori evangelici.
25. Ringraziamento
Vere dignum et iustum est, aequum et salutare,
nos semper et ubique gratias agere
La vigilia della sua passione, la sera in cui istituì il sacramento del suo sacrificio pasquale, Gesù prese il pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede ai discepoli… Il rendimento di grazie di Gesù ri-vive in ogni nostra celebrazione eucaristica.
Il termine “eucaristia”, dalla lingua greca, significa infatti ringraziamento (cf. CCC, 1328). E’ una dimensione che emerge a chiare lettere nel dialogo che introduce la Preghiera eucaristica: all’invito del sacerdote «Rendiamo grazie al Signore, nostro Dio», i fedeli rispondono: «E’ cosa buona e giusta». L’esordio della Preghiera eucaristica è sempre caratterizzato da una formula che dice il senso della riunione di preghiera: «E’ veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, rendere grazie sempre e in ogni luogo a te, Signore, Padre santo…».
Queste formule codificate, mentre dicono ciò che compiamo nella celebrazione, esprimono un atteggiamento che non dovrebbe venir meno nello spirito dei rigenerati in Cristo: ringraziare è proprio di chi si sente gratuitamente amato, rinnovato, perdonato. E’ giusto e doveroso ringraziare Dio sempre (tempo) e in ogni luogo (spazio)
Da qui si irradia la spiritualità del ringraziamento per i doni ricevuti da Dio (la vita, la salute, la famiglia, la vocazione, il battesimo ecc.).
Ringraziare Dio non solo nelle grandi occasioni, ma “sempre”: i Santi hanno ringraziato il Signore nella prova, nell’ora del martirio (san Cipriano diede ordine ai suoi di dare 25 monete d’oro al suo carnefice: Atti del martirio, 3-6, Ufficio delle letture del 16 settembre), per la grazia della croce… Per chi vive lo spirito eucaristico ogni circostanza della vita è occasione appropriata per ringraziare Dio (cf. Mane nobiscum Domine, 26).
Ringraziare sempre e “in ogni luogo”: negli ambiti del vivere quotidiano, la casa, i posti di lavoro, gli ospedali, le scuole…
L’Eucaristia ci educa anche ad unirci al ringraziamento che sale dai credenti in Cristo sparsi su tutta la terra, unendo il nostro grazie a quello di Cristo stesso.
26. Presenza di Cristo
Domine vobiscum. Gloria tibi, Domine,
Laus, tibi Christe. Mortem tuam annuntiamus, Domine, et tuam resurrectionem confitemur, donec venias. Ecce Agnus Dei… Domine, non sum dignus… «Nella celebrazione della Messa sono gradualmente messi in evidenza i modi principali della presenza di Cristo nella Chiesa. E’ presente in primo luogo nell’assemblea stessa dei fedeli riuniti nel suo nome; è presente nella sua parola, allorché si legge in chiesa la Scrittura e se ne fa il commento; è presente nella persona del ministro; è presente infine e soprattutto sotto le specie eucaristiche: una presenza, questa, assolutamente unica, perché nel sacramento dell’Eucaristia vi è il Cristo tutto e intero, Dio e uomo, sostanzialmente e ininterrottamente. Proprio per questo la presenza di Cristo sotto le specie consacrate vien chiamata reale: “reale non per esclusione, come se le altre non fossero tali, ma per antonomasia” (Mysterium fidei, 39» (De sacra communione, 6).
«Occorre, in particolare, coltivare, sia nella celebrazione della Messa che nel culto eucaristico fuori della Messa, la viva consapevolezza della presenza reale di Cristo, avendo cura di testimoniarla con il tono della voce, con i gesti, con i movimenti, con tutto l’insieme del comportamento» (Mane nobiscum Domine, 18).
Segno visibile di realtà invisibili, il sacramento contiene ciò che significa. L’Eucaristia è anzitutto opus Dei: il Signore parla e opera, ora, qui, per noi, in virtù della potenza dello Spirito (cf. CCC, 1373). La fede nella sua presenza reale la esprimiamo, ad esempio, nei dialoghi diretti che rivolgiamo al Signore dopo averne ascoltato la Parola: Lode a te, o Cristo, e prima di comunicare al suo Corpo e Sangue: O Signore, non sono degno di partecipare alla tua mensa: ma di’ soltanto una parola e io sarò salvato.
La celebrazione dell’Eucaristia dovrebbe portarci ad esclamare, come gli Apostoli dopo aver incontrato il Risorto: «Abbiamo visto il Signore!» (Gv 20,25). La comunione con il Corpo e il Sangue di Cristo è comunione con il Risorto, farmaco di immortalità, pegno della gloria futura.
La presenza, il calore, la luce del Dio con noi devono rimanere in noi e trasparire in tutta la nostra vita. Fare comunione con Cristo ci aiuta a “vedere” i segni della divina presenza nel mondo e a “manifestarli” a quanti incontriamo.
27. Comunione e carità
Una voce dicentes. Concede, ut, qui Corpore et Sanguine Filii tui reficimur, Spiritu eius Sancto repleti, unum corpus et unus spiritus inveniamur in Christo (Preghiera eucaristica III).
“Populo congregato”: con queste parole inizia l’Ordo Missae. Il segno della croce al principio della Messa manifesta che la Chiesa è il popolo radunato nel nome della Trinità.
Il convenire tutti, nello stesso luogo, per celebrare i santi misteri è rispondere al Padre celeste che chiama i suoi figli, per stringerli a sé per Cristo, nell’amore dello Spirito Santo.
L’Eucaristia non è azione privata, ma azione di Cristo che associa sempre a sé la Chiesa con vincolo sponsale indissolubile (cf. Mane nobiscum Domine, cap. III).
Nella liturgia della Parola ascoltiamo la medesima Parola divina, sorgente di comunione tra tutti coloro che la mettono in pratica.
Nella liturgia eucaristica presentiamo, nel pane e nel vino, l’offerta della nostra vita: è la “comune” offerta della Chiesa che, nei santi misteri, si dispone a far comunione con Cristo.
In virtù dell’azione dello Spirito Santo, nell’offerta della Chiesa si rende presente il sacrificio di Cristo («Guarda con amore e riconosci nell’offerta della tua Chiesa, la vittima immolata per la nostra redenzione»): una sola offerta spirituale gradita al Padre, per Cristo, con Cristo, in Cristo. Il frutto di questa associazione al “sacrificio vivo e santo” è rappresentato dalla comunione sacramentale: «e a noi, che ci nutriamo del corpo e sangue del tuo Figlio, dona la pienezza dello Spirito Santo perché diventiamo in Cristo un solo corpo e un solo spirito» (Preghiera eucaristica III).
Ecco la sorgente incessante della comunione ecclesiale, illustrata da san Giovanni con la similitudine della vite e dei tralci e da san Paolo con quella del corpo. L’Eucaristia fa la Chiesa (cf. Ecclesia de Eucharistia), colmandola della carità di Dio e spronandola alla carità. Il presentare, insieme al pane e al vino, anche offerte in denaro o altri doni per i poveri ricorda che l’Eucaristia è impegno alla solidarietà e alla condivisione. A tal proposito il Santo Padre ha fatto un appello accorato: «Perché dunque non fare di questo Anno dell’Eucaristia un periodo in cui le comunità diocesane e parrocchiali si impegnano in modo speciale ad andare incontro con fraterna operosità a qualcuna delle tante povertà del nostro mondo?» (Mane nobiscum Domine, 28).
La preghiera liturgica, pur coinvolgendo i singoli partecipanti, è sempre formulata al “noi”: è la voce della Sposa che loda e supplica, una voce dicentes.
Gli stessi atteggiamenti assunti dai partecipanti manifestano la comunione tra membra dell’unico organismo. «L’atteggiamento comune del corpo, da osservarsi da tutti i partecipanti, è segno dell’unità dei membri della comunità cristiana riuniti per la sacra Liturgia: manifesta infatti e favorisce l’intenzione e i sentimenti dell’animo di coloro che partecipano » (IGMR, 42).
Lo scambio della pace prima della Comunione (o prima di presentare i doni all’altare, come nel rito ambrosiano) è espressivo della “comunione ecclesiale” necessaria per fare comunione sacramentale con Cristo. Il frutto della Comunione è l’edificazione della Chiesa, riflesso visibile della comunione trinitaria. (cf. Ecclesia de Eucharistia, 34).
Da qui la spiritualità di comunione (cf. Novo Millennio ineunte, 43-45): richiesta dall’Eucaristia e suscitata dalla celebrazione eucaristica (cf. Mane nobiscum Domine, 20-21).
La comunione tra gli sposi è modellata, purificata, nutrita dalla partecipazione all’Eucaristia.
Il ministero dei pastori della Chiesa e la docilità dei fedeli al loro magistero è tonificato dall’Eucaristia.
La comunione alle sofferenze di Cristo è sigillata per i fedeli malati dalla partecipazione all’Eucaristia.
La riconciliazione sacramentale, dopo i nostri “smarrimenti”, è coronata dalla comunione eucaristica.
La comunione tra molteplici carismi, funzioni, servizi, gruppi, movimenti all’interno della Chiesa è assicurata dal santo mistero dell’Eucaristia.
La comunione tra persone impegnate in varie attività, servizi, associazioni di una parrocchia, è manifestata dalla partecipazione alla medesima Eucaristia.
La tessitura di rapporti di pace, intesa, concordia, nella città terrena è sostenuta dal sacramento del Dio con noi e per noi.
28. Silenzio
Quiesce in Domino et exspecta eum (Ps 37,7)
Nel ritmo celebrativo, il silenzio è necessario per il raccoglimento, l’interiorizzazione, la preghiera interiore (cf. Mane nobiscum Domine, 18). Non è vuoto, assenza, bensì presenza, ricettività, reazione davanti a Dio che parla a noi, qui e ora, ed opera per noi, qui e ora. «Sta in silenzio davanti al Signore», ricorda il Sal 37 (36),7.
In verità la preghiera, con le sue diverse sfumature – lode, supplica, invocazione, grido, lamento, ringraziamento – prende corpo a partire dal silenzio.
Tra gli altri momenti, nella celebrazione dell’Eucaristia ha particolare rilievo il silenzio dopo l’ascolto della Parola di Dio (cf. Ordo Lectionum Missae, 28; IGMR 128, 130, 136) e soprattutto dopo la comunione al Corpo e al Sangue del Signore (cf. IGMR ,164).
Questi tempi di silenzio sono in certo senso prolungati, al di fuori della celebrazione, nel raccolto sostare in adorazione, preghiera, contemplazione davanti al Santissimo Sacramento.
Lo stesso silenzio della tradizione monastica, quello dei tempi di esercizi spirituali, di giornate di ritiro, non sono forse il prolungare quei momenti di silenzio caratteristici della celebrazione eucaristica affinché possa radicarsi e portare frutto in noi la presenza del Signore?
Occorre passare dall’esperienza liturgica del silenzio (cf. Lettera apostolica Spiritus et Sponsa, 13) alla “spiritualità” del silenzio, alla dimensione contemplativa della vita. Se non è ancorata al silenzio, la parola può deperire, trasformarsi in rumore, addirittura in stordimento.
29. Adorazione
Procidebant ante sedentem in trono et adorabant viventem in saecula saeculorum (Ap 4,10)
La posizione che assumiamo durante la celebrazione dell’Eucaristia – in piedi, seduti, in ginocchio – rinvia ad atteggiamenti del cuore. E’ una gamma di vibrazioni quella della comunità orante.
Se lo stare in piedi confessa la libertà filiale donataci dal Cristo pasquale, il quale ci ha rialzati dalla schiavitù del peccato; lo stare seduti esprime la ricettività cordiale di Maria, che sedutasi a piedi di Gesù ne ascoltava la parola; lo stare in ginocchio o profondamente inchinati dice il farci piccoli davanti all’Altissimo, davanti al Signore (cf. Fil 2,10).
Il genuflettere davanti all’Eucaristia, come fanno il sacerdote e i fedeli (cf. IGMR, 43), esprime la fede nella presenza reale del Signore Gesù nel Sacramento dell’altare (cf. CCC, 1387).
Riflettendo quaggiù, nei santi segni, la liturgia celebrata nel santuario del cielo, imitiamo i vegliardi: «si prostravano davanti a Colui che siede sul trono e adoravano Colui che vive nei secoli dei secoli» (Ap 4,10).
Se nella celebrazione dell’Eucaristia adoriamo il Dio con noi e per noi, tale sentire dello spirito deve prolungarsi e riconoscersi anche in tutto ciò che facciamo, pensiamo, operiamo. La tentazione, sempre insidiosa nel curare gli affari di questo mondo, è quella di piegare le nostre ginocchia davanti a degli idoli e non più a Dio solo.
Le parole con cui Gesù contraddice le suggestioni idolatriche del diavolo, nel deserto, devono trovare riscontro nel nostro parlare, pensare, agire quotidiano: «Adora il Signore Dio tuo e a lui solo rendi culto» (Mt 4,10).
Il piegare il ginocchio davanti all’Eucaristia, adorando l’Agnello che ci concede di fare Pasqua con lui, ci educa a non prostrarci a idoli costruiti dalle mani dell’uomo e ci sostiene nell’obbedire con fedeltà, docilità, venerazione, a colui che riconosciamo unico Signore della Chiesa e del mondo.
30. Gioia
Et ideo, choris angelicis sociati,
te laudamus in gaudio confitentes: Sanctus
Propter quod caelestia tibi atque terrestria
canticum novum concinunt adorando… (prefazio II della Ss.ma Eucaristia)
«Per essenza, la gioia cristiana è partecipazione alla gioia insondabile, insieme divina e umana, che è nel cuore di Gesù Cristo glorificato» (Gaudete in Domino, II), e questa partecipazione alla gioia del Signore «non si può dissociare dalla celebrazione del mistero eucaristico» (ivi, IV), in modo particolare dall’Eucaristia celebrata nel “dies Domini”.
«Il carattere festoso dell’Eucaristia domenicale esprime la gioia che Cristo trasmette alla sua Chiesa attraverso il dono dello Spirito. La gioia è appunto uno dei frutti dello Spirito Santo (cf. Rm 14,17; Gal 5,22)» (Dies Domini, 56).
Diversi sono gli elementi che nella Messa sottolineano la gioia dell’incontro con Cristo e con i fratelli, sia nelle parole (si pensi al Gloria, al prefazio) che nei gesti e nel clima festivo (l’accoglienza, gli ornamenti floreali e l’uso di adeguato accompagnamento musicale, secondo quanto è consentito dai tempi liturgici).
Una espressione della gioia del cuore è il canto, il quale non è abbellimento esteriore della celebrazione eucaristica (cf. IGMR, 39; Dies Domini, 50; Chirografo per il centenario del Motu Proprio “Tra le sollecitudini” sulla musica sacra).
L’assemblea celeste, a cui quella eucaristica si unisce celebrando i santi misteri, canta con gioia le lodi dell’Agnello immolato e vivente in eterno, perché con lui non c’è più lutto, né pianto, né lamento.
Il “cantare la Messa” e non semplicemente durante la Messa, ci permette di sperimentare che il Signore Gesù viene a far comunione con noi «perché la sua gioia sia in noi e la nostra gioia sia piena» (cf. Gv 15,11; 16,24; 17,13). Ci colmerai di gioia, Signore, con la tua presenza!
La gioia della celebrazione eucaristica si riverbera nella domenica, insegnandoci a rallegrarci nel Signore, sempre. A gustare la gioia dell’incontro fraterno e dell’amicizia. A condividere la gioia ricevuta in dono (cf. Dies Domini, 55-58).
Sarebbe un controsenso per chi partecipa all’Eucaristia lasciarsi dominare dalla tristezza. La letizia cristiana non nega la sofferenza, la preoccupazione, il dolore; sarebbe una risibile ingenuità. Nel pianto della semina insegna a scorgere la gioia del raccolto. Nella sofferenza del venerdì santo fa attendere il gaudio del mattino di Pasqua.
L’Eucaristia educa a gioire insieme agli altri, senza trattenere soltanto per sé la gioia ricevuta in dono. Il Dio con noi e per noi pone il sigillo della sua presenza nelle nostre tristezze, tra i nostri dolori, in noi sofferenti. Chiamandoci a far comunione con sé, Egli ci consola in ogni nostra tribolazione, perché possiamo anche noi consolare quelli che si trovano in qualsiasi genere di afflizione (cf. 2 Cor 1,4).
31. Missione
Oratio universalis. «Vere Sanctus es, Domine,…quia per Filium tuum,… Spiritus Sancti operante virtute, …populum tibi congregare non desinis, ut a solis ortu usque ad occasum oblatio munda offeratur nomini tuo (Preghiera eucaristica IIII).
Benedicat vos omnipotens Deus… Ite, missa est
Costituita da credenti di ogni lingua, popolo e nazione”, la Chiesa è frutto della missione che Gesù ha affidato agli Apostoli ed è incessantemente investita del mandato missionario (cf. Mt 28,16-20). «Dalla perpetuazione nell’Eucaristia del sacrificio della Croce e dalla comunione col Corpo e Sangue di Cristo la Chiesa trae la necessaria forza spirituale per compiere la sua missione. Così l’Eucaristia si pone come fonte e insieme come culmine di tutta l’evangelizzazione, poiché il suo fine è la comunione degli uomini con Cristo e in Lui col Padre e con lo Spirito Santo» (Ecclesia de Eucharistia, 22).
Nella preghiera universale, nella Preghiera eucaristica, nelle orazioni di messe per varie necessità, l’intercessione della Chiesa celebrante i santi misteri abbraccia l’orizzonte del mondo, le gioie e le tristezze dell’umanità, le sofferenze e il grido dei poveri, l’anelito di giustizia e di pace che attraversa la terra (cf. Mane nobiscum Domine, 27-28).
Il congedo con cui si conclude la celebrazione eucaristica non è semplicemente la comunicazione del termine dell’azione liturgica: la benedizione, specialmente con le formule solenni, che precede la dimissione, ci ricorda che usciamo di chiesa con il mandato di testimoniare al mondo che siamo “cristiani”. Lo ricorda Giovanni Paolo: «Il congedo alla fine di ogni Messa costituisce una consegna, che spinge il cristiano all’impegno per la propagazione del Vangelo e la animazione cristiana della società » (Mane nobiscum Domine, 24). Il cap. IV della Lettera Apostolica Mane nobiscum Domine tratta appunto dell’Eucaristia presentata come principio e progetto di missione.
L’incontro con Cristo non è un talento da seppellire, ma da far fruttificare in opere e parole. L’evangelizzazione e la testimonianza missionaria si dipartono dunque come forze centrifughe dal convito eucaristico (cf. Dies Domini, 45). La missione è portare Cristo, in modo credibile, negli ambienti di vita, di lavoro, di fatica, di sofferenza, facendo in modo che lo spirito del Vangelo sia lievito della storia e “progetto” di relazioni umane improntate alla solidarietà e alla pace. «Potrebbe la Chiesa realizzare la propria vocazione senza coltivare una costante relazione con l’Eucaristia, senza nutrirsi di questo cibo che santifica, senza poggiare su questo sostegno indispensabile alla sua azione missionaria? Per evangelizzare il mondo c’è bisogno di apostoli “esperti” nella celebrazione, adorazione e contemplazione dell’Eucaristia» (Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Missionaria Mondiale 2004, 3).
Come annunciare Cristo senza ritornare, regolarmente a conoscerlo nei santi misteri?
Come testimoniarlo senza alimentarsi alla sorgente della comunione eucaristica con lui?
Come partecipare alla missione della Chiesa, superando il rischio dell’individualismo, senza coltivare il vincolo eucaristico che ci stringe ad ogni fratello di fede, anzi ad ogni uomo?
Giustamente, l’Eucaristia può essere chiamata anche il Pane della missione: una bella “figura” in questo senso è il cibo che venne dato ad Elia, perché continuasse a svolgere la sua missione, senza cedere di fronte alle difficoltà del cammino: «con la forza datagli da quel cibo, camminò per quaranta giorni e quaranta notti fino al monte di Dio, l’Oreb» (1 Re 19, 8).
4. INIZIATIVE E IMPEGNI PASTORALI
32. C’è da pensare che i singoli Vescovi, le Conferenze dei Vescovi, i Superiori religiosi, non mancheranno di dare indicazioni per il fruttuoso svolgersi dell’Anno dell’Eucaristia (cf. Mane nobiscum Domine, 5 e 29).
A scopo orientativo si segnalano suggerimenti e proposte.
33. Conferenze dei Vescovi
– Preparare opportuni sussidi – specie dove le Diocesi non potranno farlo – che diano risalto all’Anno dell’Eucaristia, favoriscano la riflessione di sacerdoti e fedeli, affrontando problematiche dottrinali e anche quelle pastorali maggiormente sentite nei loro paesi (mancanza di preti, affievolimento in alcuni sacerdoti dell’importanza della Messa quotidiana, disaffezione alla Messa domenicale, abbandono del culto eucaristico…).
– Considerare il tipo e la qualità delle trasmissioni televisive e radiofoniche della celebrazione eucaristica (cf. Dies Domini, 54), utili specialmente per chi è impossibilitato a partecipare alla Messa (correttezza delle riprese, bontà del commento, bellezza e dignità della celebrazione per non diffondere prassi discutibili, eccessivo risalto alla spettacolarità ecc.).
Prestare attenzione anche ad altre forme di preghiera radio-teletrasmesse (favorire adorazioni in chiesa, evitando che i fedeli si accontentino di seguire l’adorazione tele-trasmessa).
– Proporre iniziative per l’apertura e la chiusura dell’Anno dell’Eucaristia nelle singole Diocesi.
– Invitare ad approfondimenti Università, Facoltà, Istituti di studio, Seminari.
– Promuovere congressi eucaristici nazionali.
– Interessare e coinvolgere soprattutto i sacerdoti con iniziative anche a livello nazionale.
34. Diocesi
– Curare l’apertura solenne e la chiusura ufficiale dell’Anno dell’Eucaristia, entro i termini stabiliti per la Chiesa universale, in data utile nelle singole Diocesi: si consiglia una celebrazione “stazionale” in cattedrale – o luogo adatto – presieduta dal Vescovo; se si crede opportuno, la celebrazione può cominciare in una chiesa o posto vicino al luogo della celebrazione, al quale ci si reca in processione al canto delle litanie dei Santi (cf. ad esempio Caeremoniale Episcoporum, 261).
– Valorizzare, in dati giorni e circostanze dell’anno liturgico, la “Messa stazionale” presieduta dal Vescovo, quale segno di comunione eucaristica della Chiesa particolare (cf. Mane nobiscum Domine, 22).
– Invitare gli uffici e le commissioni diocesane di settori pastorali (catechetico, liturgico, arte, musica liturgica, scuola, malati, questioni sociali, famiglia, clero, vita consacrata, giovani, movimenti…) a promuovere almeno una iniziativa specifica nel corso dell’anno.
– Promuovere congressi eucaristici (tempi di riflessione e di preghiera).
– Valorizzare gli incontri del clero (partecipazione alla Messa crismale, ritiri mensili, incontri diocesani o vicariali, esercizi spirituali annuali, formazione permanente) per approfondire temi eucaristici, anche a livello pastorale e spirituale.
– Dare un accento eucaristico alla Giornata mondiale di preghiera per la santificazione dei sacerdoti nella solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù.
– Promuovere la conoscenza di Santi e Sante, specie se con particolare relazione alla Diocesi, che si sono distinti per l’amore all’Eucaristia, ne hanno predicato il Mistero, hanno scritto su di esso.
– Conoscere il patrimonio di arte diocesana con riferimento eucaristico – dipinti, sculture, iconografia, altari, tabernacoli, vasi sacri…. -, custodito nelle varie chiese e nei musei diocesani; curare mostre, letture guidate, pubblicazioni.
– Incrementare l’adorazione perpetua del Santissimo Sacramento individuando a tale scopo chiese e cappelle adatte, ricordarne l’esistenza dove già ci sono, procurando che siano aperte soprattutto durante gli orari congeniali alla gente (cf. Mane nobiscum Domine, 18).
– I giovani siano in particolare sollecitati a porre il tema della XX Giornata Mondiale della Gioventù “Siamo venuti per adorarlo” (Mt 2,2), in rapporto con l’Anno dell’Eucaristia (cf. Mane nobiscum Domine, 30). Sarebbe significativo un incontro di adorazione eucaristica per giovani a livello diocesano in prossimità della Domenica delle Palme.
– Aprire rubriche di interesse eucaristico su settimanali, riviste diocesane, siti internet, emittenti radio-televisive locali.
35. Parrocchie
Accogliere l’invito del Santo Padre è fare il possibile, durante questo Anno, per dare all’Eucaristia domenicale il posto centrale che le compete nella parrocchia, a giusto titolo chiamata «comunità eucaristica» (cf. SC, 42; Mane nobiscum Domine, 23; Dies Domini, 35-36; Eucharisticum mysterium, 26).
In questa luce, si suggeriscono alcune piste:
– Dove c’è bisogno, riordinare o dare un assetto stabile ai luoghi della celebrazione (altare, ambone, presbiterio) e alla riserva dell’Eucaristia (tabernacolo, cappella dell’adorazione); dotarsi dei libri liturgici; curare la verità e bellezza dei segni (vesti, vasi sacri, arredo).
– Incremento o costituzione del gruppo liturgico parrocchiale. Cura dei ministri istituiti e dei ministri straordinari della Santa Comunione, dei ministranti, della schola cantorum ecc.
– Dedicare particolare attenzione al canto liturgico, tenendo conto delle indicazioni offerte nel recente Chirografo di Giovanni Paolo II sulla musica sacra.
– Programmare in periodi dell’anno – tempo pasquale, quaresima – incontri formativi specifici sull’Eucaristia nella vita della Chiesa e del cristiano; occasione particolarmente propizia, per adulti e ragazzi, è il tempo di preparazione alla Prima Comunione.
– Riprendere in mano e far conoscere l’Institutio generalis Missalis Romani (cf. Mane nobiscum Domine, 17) e i Praenotanda dell’Ordo Lectionum Missae; il De sacra communione et de cultu mysterii eucharistici extra Missam; la recente Enciclica Ecclesia de Eucharistia e l’Istruzione che l’ha seguita Redemptionis Sacramentum.
– Educare allo “stare in chiesa”: cosa fare quando si entra in chiesa; genuflessione o inchino profondo al Santissimo Sacramento; clima di raccoglimento; indicazioni per aiutare la partecipazione interiore durante la Messa, specie in certi momenti (tempi di silenzio, preghiera personale dopo la comunione) e per educare alla partecipazione esteriore (modo di acclamare o pronunciare coralmente le parti comuni). Per la comunione sotto le due Specie ci si attenga alle disposizioni vigenti (cf. SC, 55; IGMR, 281-287; Redemptionis Sacramentum, 100-107).
– Celebrare convenientemente l’anniversario della dedicazione della propria chiesa.
– Riscoprire la “propria” chiesa parrocchiale, conoscendo il senso di quanto abitualmente si vede in essa: lettura guidata dell’altare, ambone, tabernacolo, iconografia, vetrate, portale, ecc. Il visibile della chiesa favorisce la contemplazione dell’Invisibile.
– Promuovere – anche indicando modalità pratiche – il culto eucaristico e la preghiera personale e comunitaria davanti al Santissimo (cf. Mane nobiscum Domine, 18): visita, adorazione del Santissimo e benedizione eucaristica, Quaranta Ore, processioni eucaristiche. Valorizzare in modo conveniente, dopo la Messa nella Cena del Signore il Giovedì Santo, il prolungarsi dell’adorazione eucaristica (cf. Direttorio pietà popolare, 141).
– Proporre in particolari circostanze iniziative specifiche (adorazioni notturne).
– Verificare la regolarità e la dignità nel portare la comunione ai malati.
– Far conoscere l’insegnamento della Chiesa circa il Viatico.
– Accompagnare la vita spirituale di chi, trovandosi in situazioni irregolari e partecipando alla santa Messa, non può ricevere la comunione eucaristica.
36. Santuari
L’Anno dell’Eucaristia interpella direttamente anche i santuari, luoghi già di per sé chiamati ad offrire abbondantemente ai fedeli i mezzi della salvezza, annunciando con zelo la Parola di Dio, favorendo convenientemente la vita liturgica, in specie con l’Eucaristia e la celebrazione della Penitenza, nonché coltivando forme approvate di pietà popolare (cf. C.I.C. can. 1234, § 1; Direttorio pietà popolare, 261-278).
Speciale interesse di fedeli e pellegrini riguarderà quest’Anno i santuari eretti a motivo di prodigi eucaristici e di pietà eucaristica.
– Essendo la celebrazione eucaristica il fulcro della molteplice azione dei santuari (evangelizzazione, carità, cultura), sarà fruttuoso:
o condurre i pellegrini – partendo dalla devozione peculiare del santuario – a un profondo incontro con Cristo;
o curare l’esemplare svolgimento della celebrazione eucaristica;
o favorire la partecipazione dei vari gruppi alla medesima celebrazione eucaristica, debitamente articolata e attenta – se è il caso – alla diversità delle lingue, valorizzando anche il canto gregoriano, almeno nelle melodie più facili, soprattutto per l’Ordinario della Messa, specie il simbolo di fede e la preghiera del Signore (cf. Direttorio pietà popolare, 268).
– Assicurare la possibilità della preghiera davanti al Santissimo Sacramento, curando il raccoglimento e animando momenti di adorazione comunitaria. Facilitare con una adeguata segnalazione l’individuazione del luogo del Tabernacolo (cf. IGMR, 314-317; Redemptionis Sacramentum, 130).
– Incoraggiare la pratica del sacramento della Penitenza, assicurando, secondo le possibilità, la disponibilità di confessori in orari utili per le gente (cf. Direttorio pietà popolare, 267).
37. Monasteri, Comunità religiose e Istituti
Dato lo stretto vincolo tra Eucaristia e vita consacrata (cf. Vita consecrata, 95; Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica, Ripartire da Cristo, 26), l’anno dell’Eucaristia deve risultare uno stimolo in più ad ancorarsi al cuore della propria vocazione e missione, personalmente e comunitariamente.
In tutte le Regole e Costituzioni è prescritta o raccomandata la Messa quotidiana e la devozione eucaristica.
– L’anno dell’Eucaristia è un’opportunità per programmare tempi di riflessione e di verifica:
o sulla qualità della celebrazione eucaristica in comunità;
o sulla fedeltà alle norme liturgiche;
o sull’eredità eucaristica della tradizione del proprio Istituto come anche sulla situazione presente;
o sulla personale devozione eucaristica.
– Riscoprire nella vita e negli scritti dei propri fondatori – fondatrici la pietà eucaristica da essi praticata e insegnata.
– Interrogarsi: quale testimonianza di vita eucaristica offrono le persone di vita consacrata operanti in parrocchie, ospedali, case di cura, istituzioni educative e scolastiche, penitenziari, centri si spiritualità, case di accoglienza, santuari, monasteri?
– Verificare se si segue l’orientamento più volte dato dal Magistero (cf. Dies Domini, 36) di partecipare alla Messa domenicale in parrocchia e di ben sintonizzarsi con la pastorale della Chiesa diocesana in cui vivono.
– Incrementare Ore di adorazione del Santissimo Sacramento (cf. Mane nobiscum Domine, 18).
38. Seminari e case di formazione
Lo speciale Anno dell’Eucaristia interpella le comunità e case di formazione in cui si preparano i futuri sacerdoti diocesani e religiosi, nonché i diaconi (cf. Mane nobiscum Domine, 30).
La partecipazione alla mensa della Parola e dell’Eucaristia matura la risposta vocazionale e la apre alla missione specifica che Dio affida a quanti Egli stesso sceglie come pastori del suo popolo (cf. Congregazione per l’Educazione Cattolica, Istruzione sulla formazione liturgica nei Seminari, 8-27 e Appendice 30-41).
Mentre sostiene il quotidiano cammino di formazione, l’Eucaristia manifesta ai seminaristi qual è il cuore del loro futuro ministero.
Attenzioni da considerare:
– Coltivare il raccordo tra formazione teologica ed esperienza spirituale del Mistero eucaristico per una sua più profonda interiorizzazione.
– Cura della partecipazione interiore ed esteriore alla celebrazione della Messa.
– Conoscenza della teologia liturgica risaltante dai riti e dai testi della celebrazione eucaristica.
– Conoscenza anche pratica di quanto concerne il rito della Messa e soprattutto il modo adeguato di celebrarla: funzione dello spazio celebrativo; il genere dei diversi testi e il modo di pronunciarli, le sequenze rituali, le parti del Messale, la normativa che regola la celebrazione eucaristica nei giorni dell’anno, le legittime possibilità di scelta di formule e formulari.
– Utilità di una certa dimestichezza con la lingua latina e il canto gregoriano, in modo da poter pregare e cantare in latino quando serve, radicandosi nella tradizione della Chiesa orante.
– Incremento dell’adorazione eucaristica, sia personale che comunitaria, nelle sue varie forme, compresa l’esposizione del Santissimo Sacramento.
– Conveniente collocazione del Tabernacolo in modo da favorire la preghiera privata.
39. Associazioni, Movimenti, Confraternite
Lo spirito di comunione, fraternità, condivisione che motiva l’iscrizione a un’associazione è naturalmente legato al mistero eucaristico.
Esistono confraternite e associazioni esplicitamente intitolate all’Eucaristia, al Santissimo Sacramento, alla devozione eucaristica.
L’inserimento di associazioni, gruppi e movimenti nella Chiesa, alla cui edificazione e vitalità contribuiscono, secondo i loro carismi, si manifesta con il normale ritrovarsi nelle Messe domenicali della parrocchia (cf. Mane nobiscum Domine, 23; Dies Domini, 36).
L’Anno dell’Eucaristia:
– È un appello a riflettere, verificare, interiorizzare, aggiornare eventualmente gli Statuti tradizionali.
– È un’occasione per un approfondimento catechetico-mistagogico dell’Eucaristia.
– È uno stimolo a dedicare più tempo all’adorazione eucaristica, coinvolgendo anche altre persone in una sorta di “apostolato” eucaristico.
– È un invito a coniugare preghiera e impegno di carità.
5. PERCORSI CULTURALI
40. Questo capitolo è volutamente schematico, ma non per questo di scarso significato. Il motivo dell’essenzialità è soprattutto il fatto che, spostandoci sul piano della cultura, ci incontriamo inevitabilmente con le variegate situazioni delle tante Chiese particolari sparse nel mondo, ciascuna delle quali inserita in un determinato contesto, con le sue ricchezze, le sue peculiarità, la sua storia. Spetta alle Chiese particolari dare corpo a quanto qui viene ricordato con semplici menzioni tematiche. Ma non è difficile comprendere quanto sia importante che l’occasione di questo Anno dell’Eucaristia venga colta anche come stimolo a scoprire quanto l’Eucaristia sia stata capace, e resti capace, di incidere fortemente nella cultura umana.
41. Ricerca storica
Spazi di ricerca si aprono per le Facoltà Teologiche, per le Università Cattoliche e gli Istituti di studi superiori. Alle Facoltà Teologiche in particolare si suggerisce come pista significativa di coniugare l’approfondimento dei fondamenti biblici e dottrinali dell’Eucaristia con l’approfondimento del vissuto cristiano, specie il vissuto dei Santi.
42. Edifici, monumenti, biblioteche
Cattedrali, monasteri, santuari e non poche chiese rappresentano già di per sé “un bene culturale” e spesso si qualificano anche come centri di irradiazione di cultura. In questa prospettiva, l’Anno dell’Eucaristia può offrire uno stimolo a mettere in luce la tematica eucaristica risaltante dal patrimonio culturale e artistico, a riflettere su si essa, a promuoverne la conoscenza.
Mostre, convegni e pubblicazioni di vario tipo possono farsi avvalendosi anche della collaborazione di istituzioni ed enti ecclesiastici e non (Università, Facoltà, Centri di studio, Circoli culturali, Editoria).
43. Arte, musica sacra, letteratura
Se da una parte l’arte sacra con tematica eucaristica è testimonianza della fede creduta, dall’altra è trasmissione di essa al popolo di Dio. Gli esempi potrebbero essere moltissimi, dai ben noti dipinti che si trovano nelle catacombe romane alle numerose realizzazioni su questo tema, compiute sia in Oriente che in Occidente nel corso dei secoli.
La conoscenza della tradizione permette di rendersi conto degli accenti “eucaristici” che hanno ispirato la produzione artistica nelle epoche che ci hanno preceduto e di instaurare confronti con la produzione contemporanea.
Ci limitiamo ad evocare alcuni ambiti tematici:
Quanto all’arte sacra:
– altari, tabernacoli, cappelle
– affreschi, mosaici, miniature, pitture, sculture, arazzi, intarsi
– vasi sacri: calici, pissidi, patene, ostensori
– paramenti: vesti liturgiche, paliotti d’altare, baldacchini, stendardi
– manifatture e carri per le processioni eucaristiche
– arredi peculiari per la reposizione del Santissimo Sacramento il Giovedì Santo
Per la musica sacra:
– messe
– inni
– sequenze
– mottetti
Per la letteratura, il teatro, la filmografia:
– poesia
– racconti
– romanzi
– rappresentazioni
– film
– documentari
44. Per tutti questi ambiti, i competenti sapranno trovare facilmente i percorsi giusti, e sarebbe un grande esito dell’Anno dell’Eucaristia se le ricerche compiute portassero a una maggiore conoscenza e a una maggiore condivisione di tesori che appartengono alla comune eredità del cristianesimo nei diversi continenti.
Va in questo senso ciò che il Papa dice nella Mane nobiscum Domine riferendosi all’Eucaristia anche nei termini di un più forte impegno a testimoniare «la presenza di Dio nel mondo». Di fronte a orientamenti culturali che tendono a marginalizzare il contributo cristiano, e persino a cancellare dalla memoria il suo contributo storico nelle terre tradizionalmente cristiane, il Papa ha scritto: «Non abbiamo paura di parlare di Dio e di portare a fronte alta i segni della fede. La “cultura dell’Eucaristia” promuove una cultura del dialogo, che trova in essa forza e alimento. Ci si sbaglia a ritenere che il riferimento pubblico alla fede possa intaccare la giusta autonomia dello Stato e delle istituzioni civili, o che addirittura possa incoraggiare atteggiamenti di intolleranza. Se storicamente non sono mancati errori in questa materia anche nei credenti, come ebbi a riconoscere in occasione del Giubileo, ciò va addebitato non alle “radici cristiane”, ma all’incoerenza dei cristiani nei confronti delle loro radici» (Mane nobiscum Domine, 26).
CONCLUSIONE
Un anno di grazia, di fervore, di mistagogia
45. A conclusione di queste pagine, dopo tanti suggerimenti e proposte, conviene ritornare a ciò che è più essenziale, ricordando che il Santo Padre, nella Lettera Apostolica Mane nobiscum Domine, ha parlato di un “Anno di grazia”. In effetti, tutte le cose che potremo fare avranno un senso se poste dentro l’ottica del dono di Dio. Le iniziative non dovranno essere che sentieri aperti, perché la grazia, sempre offerta dallo Spirito di Dio, scorra con abbondanza, accolta dai singoli e dalle comunità. L’eccomi della Vergine Santa dovrà ancora una volta dare il tono all’eccomi di tutta la Chiesa, che continuamente, con il corpo e il sangue di Cristo, riceve anche il dono della maternità di Maria: “Ecco tua Madre!” (cf . Ecclesia de Eucharistia, 57).
La riuscita di quest’Anno dipenderà indubbiamente dalla profondità della preghiera. Siamo invitati a celebrare l’Eucaristia, a riceverla, ad adorarla, con la fede dei Santi. Come dimenticare, in questa giornata in cui la liturgia fa memoria di Santa Teresa d’Avila, il fervore della grande mistica spagnola, dottore della Chiesa? A proposito della comunione eucaristica, ella scrive: «Non c’è d’andar molto lontano per cercare il Signore. Fino a quando il calore naturale non ha consumato gli accidenti del pane, il buon Gesù è in noi: avviciniamoci a Lui!» (Cammino di perfezione, 8).
Questo Anno speciale dovrà appunto aiutarci a incontrare Gesù nell’Eucaristia e a vivere di lui. A questo dovrà tendere anche la catechesi “mistagogica”, che il Papa chiede ai Pastori come impegno speciale (cf. Mane nobiscum Domine, 17). Facendo eco al suo appello, ci piace concludere con un tipico brano della mistagogia in Occidente, tratto dal De Mysteriis (n. 54) di Sant’Ambrogio:
Lo stesso Signore Gesù proclama: “Questo è il mio corpo”. Prima della benedizione delle parole celesti la parola indica un particolare elemento. Dopo la consacrazione ormai designa il corpo e il sangue di Cristo. Egli stesso lo chiama suo sangue. Prima della consacrazione lo si chiama con altro nome. Dopo la consacrazione è detto sangue. E tu dici: “Amen”, cioè, “E’ così”. Ciò che pronunzia la bocca, lo affermi lo spirito. Ciò che enunzia la parola, lo senta il cuore.
Dalla sede della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, 15 ottobre 2004, memoria di Santa Teresa di Gesù, vergine e dottore della Chiesa.
Francis Card. Arinze
Prefetto
Domenico Sorrentino
Arcivescovo Segretario
Autore:
Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti
Nazione:
Italia
Parole chiave:
Arte sacra, Iniziative pastorali, Conversione, Pasqua, Maria, Rosario, Parola, Adorazione, Chiese particolari, Passione, Eucaristia, Sacramento, Processioni, Sacrificio, Missione pastorale, Fede, Culto, Liturgia, Festività religiose, Beni culturali, Parrocchie
Natura:
Varie