Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 16 Febbraio 2005

Sentenza 31 ottobre 2000, n.5894

Consiglio di Stato. Sezione Quinta. Sentenza 31 ottobre 2000, n. 5894: “Enti ecclesiastici e finanziamenti pubblici per il Giubileo del 2000: sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo”.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 2423 del 1999 proposto dalla E. M. S.r.l. , con sede in Campobasso, in persona del suo legale rappresentante p. t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Arturo Cancrini e Pierluigi Piselli, con domicilio eletto in
Roma, via G. Mercalli, n. 13,

contro

la Diocesi di I. – V., in persona del legale
rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Eduardo Stefano Berardi e Duilio Vigliotti ed elettivamente
domiciliata in Roma presso lo studio dell’avv. Massimo Tirone, alla via Crescenzio n.63,

e nei confronti

dell’Associazione temporanea di imprese costituita fra la I.C.C. S.r.l. e l’Immobiliare C. S.r.l. , in persona del legale
rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Eduardo Stefano Berardi, con domicilio eletto in Roma, via della Bufalotta
n. 73, presso l’avv. P. Rossi,

e della C.M. E. S.r.l., non costituita in giudizio,

per l’annullamento

della sentenza n. 420 del 21 dicembre 1998, pronunciata tra le parti dal Tribunale Amministrativo Regionale del Molise;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Diocesi di I. – V. e dell’ I.C.C. S.r.l. – Immobiliare C. S.r.l.;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore il cons. Corrado Allegretta;
Uditi alla pubblica udienza del 4 aprile 2000 l’avv. Piselli per l’appellante, l’avv. Vigliotti per l’Amministrazione appellata e
l’avv. Berardi per l’I.C.C. S.r.l. – Immobiliare C. S.r.l..
Dato atto che è stato pubblicato, con il n. 87 del 6 luglio 2000, il dispositivo della sentenza, ai sensi dell’art. 19 comma secondo, del D.L. 25 marzo 1997, n. 67, convertito nella L. 23 maggio 1997, n. 135;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.

Fatto

Con atto notificato in data 23 e 24 ottobre 1998 la E. M. S.r.l. proponeva ricorso dinanzi al T.A.R. Molise avverso l’aggiudicazione e gli altri atti della gara per l’affidamento dei lavori di recupero dell’area del Santuario dei Santi Cosma e Damiano d’I., espletata dalla C.M. E. S.r.l. , quale concessionaria e per conto della Diocesi di Isemia – V., assegnataria di finanziamento pubblico a norma della L. 7 agosto 1997 n. 270 che detta disposizioni sul “piano degli interventi di interesse nazionale relativi a percorsi giubilari e pellegrinaggi in località ad di fuori del Lazio”.
La ricorrente si doleva che la gara fosse stata aggiudicata all’associazione temporanea di imprese costituita fra la I.C.C. S.r.l. e l’ Immobiliare C. S.r.l. , benché, a suo avviso, sussistessero molteplici ed evidenti collegamenti tra la C.M. E. S.r.l. e la I.C.C. S.r.l. e nonostante che quest’ultima non avesse prodotto la documentazione nelle forme previste dalla normativa di gara.
Con la sentenza 21 dicembre 1998 n. 420, oggetto dell’appello in esame, il T.A.R. ha dichiarato il proprio difetto di giurisdizione, ritenendo che i lavori di cui si tratta, in quanto non compresi tra quelli previsti dall’allegato A del D.Lgs. 19 dicembre 1991 n. 406, non rientrano nel concetto di “lavori pubblici” di cui alla L. 11 febbraio 1994 n. 109, e che non rileva la circostanza che, per la scelta dell’appaltatore, la Diocesi, soggetto privato, abbia adottato volontariamente la procedura ad evidenza pubblica dettata da quella legge.
Ad avviso dell’appellante, invece, sussiste la giurisdizione del Giudice amministrativo, dovendo la Diocesi configurarsi quale organismo di diritto pubblico a norma dell’art. 2, secondo comma, lett. a) della L. n. 109/94 ed essendo essa soggetta alla disciplina di questa per espressa disposizione del D.M. 2 giugno 1998. La giurisdizione amministrativa, peraltro, sussisterebbe comunque anche a norma degli artt. 33 e 35 del D.Lgs. 31 marzo 1998 n. 80. Nel merito ha riproposto le censure dedotte in primo grado.
In conclusione, l’appellante chiede che, in riforma della sentenza oggetto del gravame, sia dichiarata la giurisdizione del Giudice amministrativo ed siano annullati gli atti impugnati in primo grado; in via subordinata, che, dichiarata la giurisdizione del Giudice amministrativo, la controversia sia rinviata al competente T.A.R. Molise ai sensi dell’art. 35 della L. 6 dicembre 1971 n. 1034. In ogni caso, con ogni conseguenza, anche in ordine alle spese di entrambi i gradi del giudizio.
Si sono costituite in giudizio sia la Diocesi di I. e V., sia l’a.t.i. I.C.C. S.r.l. – Immobiliare C. S.r.l. , le quali hanno controdedotto al gravame e ne hanno chiesto la reiezione con conseguente conferma della sentenza appellata.
La causa è stata trattenuta in decisione all’udienza del 4 aprile 2000.

Diritto

L’appello è fondato.
Sussiste, invero, nella specie, la giurisdizione del Giudice amministrativo.
La gara d’appalto, di cui l’appellante ha contestato in primo grado gli atti ed in particolare l’aggiudicazione, riguarda opere comprese nel “piano degli interventi di interesse nazionale relativi a percorsi giubilari e pellegrinaggi in località ad di fuori del Lazio” di cui alla L. 7 agosto 1997 n. 270, di importo superiore ad un milione di Ecu, finanziate dallo Stato in misura superiore al 50% ed aggiudicate dalla Diocesi appellata mediante licitazione privata con il criterio del prezzo più basso, come previsto dall’art. 21, comma 1, L. 11 febbraio 1994 n. 109 (“legge quadro in materia di lavori pubblici”).
Ricorrono, pertanto, tutti gli elementi che integrano la fattispecie prevista dall’art. 2, comma secondo, lett. c), della legge n. 109 del 1994 ora citata, che così dispone: “Le norme della presente legge e del regolamento di cui all’art. 3, comma 2, si applicano: …c) ai soggetti privati, relativamente a lavori di cui all’allegato A del decreto legislativo 19 dicembre 1991, n. 406, nonché ai lavori civili relativi ad ospedali, impianti sportivi, ricreativi e per il tempo libero, edifici scolastici ed universitari, edifici destinati a scopi amministrativi ed edifici industriali, di importo superiore a 1 milione di ECU, per la cui realizzazione sia previsto, da parte dei soggetti di cui alla lettera a), un contributo diretto e specifico, in conto interessi o in conto capitale che, attualizzato, superi il 50% dell’importo dei lavori”.
Sotto il profilo soggettivo, invero, la Diocesi è ente ecclesiastico civilmente riconosciuto, ed è rilevante secondo l’ordinamento statale come persona giuridica privata. Sotto quello oggettivo, pacifici in causa i requisiti sopra detti concernenti l’importo delle opere e la misura del contributo statale, anche la natura delle opere in bando – “recupero a fini ricettivi e creazione infrastrutture per l’accoglienza nell’area del santuario dei Santi Medici Cosma e Damiano per casa del pellegrino e sala polivalente; chiesa e servizi; parcheggio e sistemazione esterna” – rientra sicuramente nell’ampia dizione dell’art. 2, co. 2, lettera c), idonea a comprendere anche i manufatti strumentali all’attività culturale, religiosa o di devozione, purché destinata a coinvolgere una platea ampia ed indifferenziata di soggetti (Cons. St., Sez. V, 7 giugno 1999 n. 295).
La scelta dell’appaltatore, quindi, nella specie, non solo è stata in concreto operata secondo la disciplina sostanziale dell’evidenza pubblica dettata dalla L. 11 febbraio 1994 n. 109, ma a questa era in ogni caso soggetta sia a norma dell’art. 2 sopra riportato, sia in applicazione delle specifiche direttive al riguardo impartite con decreto 2 giugno 1998 dal Ministro dei Lavori Pubblici.
Così chiarito il regime sostanziale della procedura di gara in questione, si rileva che, già prima dell’introduzione della giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo in materia ad opera dell’art. 6 della L. 21 luglio 2000 n. 205, in ordine alle controversie concernenti i procedimenti di aggiudicazione degli appalti svolti da soggetti formalmente privati la giurisprudenza (cfr. Cons. St., Sez. VI, 28 ottobre 1998 n. 1478 e, con particolare riguardo alle procedure di appalto indette da enti ecclesiastici nell’ambito delle iniziative per il Giubileo 2000, id., Sez. V, 7 giugno 1999 n. 295 cit.; id., Sez. VI, 11 maggio 2000 n. 2681; nonché Cass. SS.UU. 24 febbraio 2000 n. 40) era pervenuta ad affermare la giurisdizione amministrativa nelle ipotesi di sottoposizione alle regole generali dell’evidenza pubblica di cui alla legge n. 109/1994.
Si è messo in evidenza, da un lato, come le disposizioni che, in determinate condizioni, impongono ai soggetti privati di osservare le regole procedimentali dell’evidenza pubblica nella scelta del contraente non siano “neutre”, ma presentino una precisa connotazione pubblicistica, riguardante la struttura, il contenuto, gli effetti e la ratio della disciplina; osservando, sotto altro profilo, come, ai fini del riparto della giurisdizione, la natura formalmente pubblica o privata dell’autore dell’atto contestato assuma un rilievo secondario rispetto a quello, determinante, della posizione giuridica posta a base della pretesa avanzata in giudizio.
Situazione giuridica, del resto, che, per la sua connessione qualificata con la funzione propria della normativa di evidenza pubblica, intesa alla tutela della concorrenza e dell’interesse all’efficienza nell’uso delle risorse destinate alla realizzazione di opere di rilevanza generale, assume la natura dell’interesse legittimo, sostanziandosi nel complesso di poteri e facoltà strumentali, idonee ad influire sull’esercizio dei poteri attribuiti alla stazione appaltante.
Sotto il profilo soggettivo, si è fatto notare come il concetto di pubblica amministrazione, ai fini che qui interessano, va inteso, in coerenza con la profonda evoluzione subita dall’apparato amministrativo tradizionale, quale complesso di figure soggettive comunque tenute all’osservanza di regole di derivazione pubblicistica, per la realizzazione di interessi pubblici (si veda, ora, l’espressa disposizione in tal senso dell’art. 6 della L. 21 luglio 2000 n. 205 citato).
Non appare superfluo considerare, per altro, che l’attribuzione di pubblico denaro a soggetti privati, che non sia eseguita nell’adempimento di un’obbligazione meramente civilistica, rappresenta in ogni caso una delle modalità seguite dal legislatore per affidare la realizzazione di un determinato interesse pubblico.
Significativa è in proposito la giurisprudenza (Cons. St., Sez. IV, 19 luglio 1993 n. 727; id., Sez. VI, 6 giugno 2000 n. 3212) che qualifica bene pubblico le somme di denaro trasferite dall’Amministrazione a titolo di contributo dal proprio patrimonio a quello di privati e riconosce al relativo provvedimento di erogazione sicura natura di concessione, per giungere a ravvisare in materia la giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo sancita dall’art. 5 della L. 6 dicembre 1971 n. 1034 sui ricorsi contro atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni o servizi pubblici.
Va osservato, inoltre, che, di regola, le leggi che prevedono l’erogazione di contributi recano una disciplina di rilevanza pubblicistica particolarmente rafforzata sia quanto ai presupposti della concessione, che riguardo alla successiva attività di utilizzazione del contributo.
È il caso, per l’appunto, del decreto legge 23 ottobre 1996 n. 551, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 23 dicembre 1996 n. 651, avente ad oggetto “Misure urgenti per il Grande Giubileo del 2000”, e della legge 7 agosto 1997 n. 270, recante “Piano degli interventi di interesse nazionale relativi a percorsi giubilari e pellegrinaggi in località al di fuori del Lazio”, direttamente applicabile ai lavori in contestazione.
Nella dettagliata disciplina che essi dettano, infatti, il sostegno economico pubblico al soggetto privato è indissolubilmente connesso all’effettiva esecuzione dell’opera di interesse generale ed il singolo intervento, ancorché realizzato da un ente privato, è collocato in una dimensione pubblicistica, caratterizzata dall’inclusione in un piano generale (diretto a ponderare i diversi interessi pubblici e privati coinvolti nell’operazione) e dalla soggezione a penetranti controlli e verifiche amministrative, ai fini dell’accertamento della piena e completa realizzazione dei lavori, pena, ove ne ricorrano i presupposti, la decadenza dal contributo (art. 1, co. 3 bis, DL. n. 551/1996). Tutto il sistema, ad ogni modo, è improntato ai principi di pubblicità e di conoscibilità dell’attività di attuazione del piano (art. 1, co. 10), come ogni altra manifestazione di pubblica funzione.
Alla ragione ultima di un assetto normativo siffatto, in realtà, si perviene attraverso una duplice considerazione.
È agevole, infatti, osservare che se, per un verso, con l’attribuzione di denaro pubblico si affida al privato di provvedere all’esecuzione di un compito o munus pubblico, vale a dire la cura di un interesse che, secondo la sua discrezionale valutazione, il legislatore ritiene meritevole di essere perseguito attraverso il modulo organizzativo dell’assunzione da parte del privato; per altro verso, questi, sia pure sulla base di una sua volontaria determinazione, partecipa della funzione pubblica ed acquisisce in una qualche misura la natura di ufficio pubblico ancorché non strutturato nell’apparato istituzionale.
Ne consegue, come corollario ineludibile, che anche il sistema della tutela processuale dev’essere coerente con la disciplina sostanziale della materia, determinando, necessariamente, l’attrazione delle relative controversie nella giurisdizione propria del Giudice della pubblica funzione.
Alla stregua delle considerazioni fin qui svolte, la situazione soggettiva dedotta in giudizio, definita in relazione alla reale protezione accordatale dall’ordinamento giuridico, non può che configurarsi come di interesse legittimo. La domanda avanzata, a sua volta, si qualifica come di annullamento per vizi di legittimità, rivolta contro atti adottati nell’esercizio di un’attività volta, secondo la disciplina che ne detta la legge, alla cura di un pubblico interesse.
Deve ritenersi, pertanto, che la cognizione della causa rientra nella giurisdizione amministrativa.
L’appello, in conseguenza, va accolto, con rinvio della controversia al Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise, ai sensi dell’art. 35, comma secondo, della legge 6 dicembre 1971 n. 1034.
La particolare natura e complessità della questione esaminata consiglia l’integrale compensazione delle spese e competenze di entrambi i gradi di giudizio tra le parti in causa.

P.Q.M

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, accoglie l’appello in epigrafe e, per l’effetto, dichiara la giurisdizione del Giudice amministrativo, annulla la sentenza appellata e rinvia la controversia al Tribunale Amministrativo Regionale del Molise.
Compensa tra le parti in causa spese e competenze di entrambi i gradi di giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, con l’intervento dei Signori:
Raffaele Iannotta – Presidente
Corrado Allegretta – Consigliere rel. est.
Paolo Buonvino – Consigliere
Aldo Fera – Consigliere
Claudio Marchitiello – Consigliere