Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 11 Giugno 2009

Sentenza 29 maggio 2009, n.22700

Corte di Cassazione. Sezione VI Penale. Sentenza Sentenza 28 gennaio – 29 maggio 2009, n. 22700: "Famiglia ed immigrazione: esclusione delle attenuanti generiche nel caso di tradizioni culturali discriminatorie".

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – SEZIONE VI PENALE

(omissis)

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

(omissis)

IN FATTO E IN DIRITTO

Con sentenza del 22 giugno 2004 il tribunale di Lecco dichiarava **** colpevole a) del reato previsto dagli artt. 56 e 629 c.p. e e) del reato previsto dall'art. 572 c.p., commessi in Colico tra maggio e settembre 2002, e lo condannava alla pena di un anno e otto mesi di reclusione ed € 300.00 di multa per il capo a) e di un anno di reclusione per il capo e) dell'imputazione. Lo proscioglieva dai reati contestati ai capi b), e) e d) perche estinti per prescrizione.

Avverso la sentenza proponeva appello il difensore dell'imputato, chiedendone l'assoluzione, per il reato di cui al capo a), quanto meno perché non punibile ex art. 649 c.p,; e, in subordine, chiedeva la riduzione della pena, con il riconoscimento delie attenuanti generiche e della continuazione.

Con sentenza del 23 maggio 2005 n. 2506 la Corte d'appello di Milano, in parziale riforma della sentenza di primo grado, assolveva l'imputato ai sensi dell'art. 530 c.2 c.p.p. dal reato di cui al capo a), confermando nel resto.

Avverso la sentenza di appello **** ha proposto ricorso per cassazione, chiedendone l'annullamento per i seguenti motivi:

1. carenza o manifesta illogicità della motivazione (art. 606 lett. e) c.p.p.) perché la ritrattazione della parte offesa, ritenuta credibile in ordine al tentativo di estorsione, non lo è stata riguarda ai maltrattamenti, riguardo ai quali la stessa ha riferito la sussistenza di contrasti fra i coniugi, cul­minati in qualche litigio, eseludendo la sussistenza di una condotta abituale dell'imputato, con­sistente in volute vessazioni fisiche e psichiche, che potessero integrare gli estremi del reato di maltrattamenti;

2. carenza di motivazione (art. 606 lett. e) c.p.p.) in ordine alia mancata concessione delle atte­nuanti generiche, benché si fosse dedotto che i coniugi erano portatori di cultura, religione e va­lori differenti da quelli italiani, tali da influire sotto il profilo sia della gravità del reato che dell'entità della pena c. quindi, sulla sussistenza delle attenuanti generiche.

L'impugnazione è inammissibile.

Nella sentenza impugnata è correttamente ritenuta rinattendibilità della ritrattazione, benché ri­conosciuta come ispirata da esplicite motivazioni umane, operata in dibattimento, sia pure sotto forma dei riconoscimento di proprie colpe, della pane offesa, la quale, tuttavia, ha finito per con­fermare le ingiurie reiterale, le percosse e gli atteggiamenti violenti, culminati nello scacciare di ca­sa il coniuge o nel procurargli ferite con un coltello, maltrattamenti protrattisi per mesi e reiterali in­numerevoli volte, che hanno trovato riscontro nei referti delle lesioni e nelle testimonianze di osser­vatori disinteressati.

Sia la prima che la seconda sentenza hanno affrontato e disatteso motivatamente l'eccezione fonda­ta sulla diversità delle tradizioni etico-sociali dei coniugi.

Al riguardo dev'essere riaffermato il princìpio, sancito nell'art. 3 c.p., dell'obbligatorietà della legge penale, per cui tutti coloro che, cittadini o stranieri, si trovano nel territorio dello Stato sono tenuti ad osservarla.

La rilevanza della disciplina e le ragioni di carattere generale su cui si fonda escludono che possa esservi apportata qualsiasi deroga non espressamente prevista dal diritto pubblico in­terno o dal diritto internazionale e implicano che le tradizioni etico-sociali di coloro che sono presenti nel territorio dello Stato, di natura essenzialmente consuetudinaria benché nel com­plesso di indiscusso valore culturale, possano essere praticate solo fuori dall'ambito di opera­tività delia norma penale.

Il principio assume particolare valore morale e sociale allorché – come nella specie – la tutela penale riguardi materie di rilevanza costituzionale, come la famiglia, che la legge fondamenta­le dello Stato riconosce quale società naturale, ordinata sull'uguaglianza morale e giuridica dei coniugi (art. 29 Cost.), uguaglianza che costituisce pertanto unvalore garantito, in quanto inserito in un ordinamento incentrato sulla dignità delia persona umana e sul rispetto e la ga­ranzia dei diritti insopprimibili a lei spettanti.

Il vizio di motivazione dedotto col primo motivo appare perciò manifestamente infondato. Altrettanto deve dirsi del medesimo vizio, dedotto col secondo motivo di ricorso. Anche sul punto la motivazione, nella sua sinteticità, è puntuale e coerente, in quanto si fonda – ol­tre che sul rilievo negativo della mancanza di elementi valutabili, peraltro non dedotti nei motivi d'appello, quali non sono per le ragioni anzidette quelli relativi alle tradizioni che regolano i rappor­ti familiari in società culturalmente diverse, neppure sotto il profilo dell'attenuazione dei disvalore della condotta antigiuridica – sui pessimi precedenti penali dell'imputato, già rilevati al riguardo nella prima sentenza.

Pertanto il ricorso dev'essere dichiarato inammissibile.

Segue per legge la condanna del ricorrente al pagamento delie spese processuali e ai versamento di euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

P.Q.M.

La Corte

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di € 1.000,00 (mille) alla Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma il 28 gennaio 2009.