Sentenza 29 aprile 2015, n.C-528/13
Corte di Giustizia dell'Unione Europea, IV Sezione, sentenza 29 aprile 2015: "Affaire Geoffrey Lèger c. Ministre des Affaires sociales, de la Santé et des Droits des femmes, Établissement français du sang: esclusione della donazione di sangue da persona che abbia avuto una relazione con altra dello stesso sesso".
Nella causa C‑528/13,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Tribunal administratif de Strasbourg (Francia), con decisione del 1° ottobre 2013, pervenuta in cancelleria l’8 ottobre 2013, nel procedimento
Geoffrey Léger
contro
Ministre des Affaires sociales, de la Santé et des Droits des femmes,
Établissement français du sang,
LA CORTE (Quarta Sezione),
composta da L. Bay Larsen, presidente di sezione, K. Jürimäe, J. Malenovský, M. Safjan (relatore) e A. Prechal, giudici,
avvocato generale: P. Mengozzi
cancelliere: A. Calot Escobar
vista la fase scritta del procedimento,
considerate le osservazioni presentate:
– per il governo francese, da D. Colas e F. Gloaguen, in qualità di agenti;
– per la Commissione europea, da C. Gheorghiu e M. Owsiany‑Hornung, in qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 17 luglio 2014,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione del punto 2.1 dell’allegato III della direttiva 2004/33/CE della Commissione, del 22 marzo 2004, che applica la direttiva 2002/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a taluni requisiti tecnici del sangue e degli emocomponenti (GU L 91, pag. 25).
2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia che oppone il sig. Léger al Ministre des Affaires sociales, de la Santé et des Droits des femmes (Ministro degli Affari sociali, della Sanità e dei Diritti delle donne) nonché all’Établissement français du sang (Centro ematologico francese), e vertente sul rifiuto di accettare la donazione di sangue del sig. Léger per avere questi avuto una relazione sessuale con un altro uomo.
Contesto normativo
Il diritto dell’Unione
La direttiva 2002/98/CE
3 La direttiva 2002/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 gennaio 2003, che stabilisce norme di qualità e di sicurezza per la raccolta, il controllo, la lavorazione, la conservazione e la distribuzione del sangue umano e dei suoi componenti e che modifica la direttiva 2001/83/CE (GU L 33, pag. 30), si fonda sull’articolo 152, paragrafo 4, lettera a), CE.
4 Ai sensi dei considerando 1, 2, 24 e 29 della direttiva 2002/98:
«(1) L’ampia utilizzazione terapeutica del sangue umano rende necessario garantire la qualità e la sicurezza del sangue intero e dei suoi componenti, per prevenire in particolare la trasmissione di malattie.
(2) La disponibilità del sangue e dei suoi componenti utilizzati a fini terapeutici dipende ampiamente dai cittadini della Comunità che sono disposti a donarli. Al fine di salvaguardare la salute pubblica ed evitare la trasmissione di malattie infettive occorre adottare tutte le misure precauzionali durante la raccolta, lavorazione, distribuzione e utilizzazione, avvalendosi in maniera appropriata dei progressi scientifici compiuti in materia di ricerca, di inattivazione e di eliminazione degli agenti patogeni trasmissibili attraverso trasfusione.
(…)
(24) Il sangue e i suoi componenti utilizzati a fini terapeutici o in dispositivi medici dovrebbero provenire da persone il cui stato di salute garantisca che non si producano effetti negativi a seguito della donazione e che gli eventuali rischi di trasmissione di malattie infettive siano ridotti al minimo; ciascuna donazione di sangue dovrebbe essere controllata secondo norme le quali assicurino che siano state adottate tutte le misure necessarie per tutelare la salute delle persone che ricevono sangue e suoi componenti.
(…)
(29) I test dovrebbero essere effettuati in conformità delle procedure scientifiche e tecniche più recenti che riflettono le attuali migliori prassi così come definite e regolarmente rivedute e aggiornate attraverso un adeguato processo di consultazione di esperti. Tale processo di revisione dovrebbe inoltre tenere debitamente conto dei progressi scientifici in materia di ricerca, di inattivazione e di eliminazione degli agenti patogeni trasmissibili attraverso trasfusione».
5 L’articolo 1 della direttiva citata stabilisce quanto segue:
«La presente direttiva stabilisce norme di qualità e sicurezza del sangue umano e dei suoi componenti, al fine di assicurare un elevato livello di protezione della salute umana».
6 L’articolo 2, paragrafo 1, della medesima direttiva dispone quanto segue:
«La presente direttiva si applica alla raccolta e al controllo del sangue umano e dei suoi componenti, a qualunque uso siano destinati, nonché alla lavorazione, conservazione e distribuzione degli stessi qualora siano destinati alla trasfusione».
7 L’articolo 18 della direttiva 2002/98, recante il titolo «Idoneità dei donatori», è così redatto:
«1. I centri ematologici provvedono affinché sussistano procedimenti di valutazione per tutti i donatori di sangue e di suoi componenti e affinché siano rispettati i criteri per le donazioni richiesti nell’articolo 29, lettera d).
2. I risultati della valutazione e del controllo del donatore sono documentati e qualsiasi risultato anomalo pertinente è comunicato al donatore».
8 L’articolo 19 di detta direttiva, intitolato «Esame dei donatori», ha il seguente tenore:
«Un esame del donatore comprendente un colloquio è effettuato prima di ciascuna donazione di sangue o di componente del sangue. Un operatore sanitario qualificato è incaricato, in particolare, di fornire al donatore e di raccogliere da lui le informazioni necessarie per valutare la sua idoneità a donare e, su tale base, stabilisce l’idoneità».
9 L’articolo 20 della medesima direttiva, intitolato «Donazione volontaria e gratuita del sangue», al suo paragrafo 1 così dispone:
«Gli Stati membri adottano le misure necessarie per incoraggiare le donazioni volontarie e gratuite di sangue per assicurare che il sangue e i suoi componenti siano forniti, per quanto possibile, mediante tali donazioni».
10 L’articolo 21 della direttiva 2002/98, intitolato «Controllo delle donazioni», prevede quanto segue:
«I centri ematologici assicurano che ciascuna donazione di sangue e di suoi componenti sia controllata in conformità dei requisiti elencati nell’allegato IV.
Gli Stati membri assicurano che il sangue e i componenti del sangue importati nella Comunità siano controllati in conformità dei requisiti elencati nell’allegato IV».
11 L’articolo 29, secondo comma, lettera d), della stessa direttiva è così formulato:
«I seguenti requisiti tecnici e il loro adeguamento al progresso tecnico e scientifico sono stabiliti in accordo con la procedura indicata nell’articolo 28, paragrafo 2:
(…)
d) requisiti relativi all’idoneità dei donatori di sangue e di plasma e al controllo del sangue donato che comprendono:
– criteri di esclusione definitiva ed eventuali deroghe,
– criteri di esclusione temporanea».
12 A termini dell’allegato IV della medesima direttiva, dal titolo «Requisiti fondamentali relativi ai test praticati sulle donazioni di sangue intero e di plasma»:
«I seguenti test devono essere effettuati per le donazioni di sangue intero e d’aferesi, comprese le unità di predeposito per autotrasfusione:
(…)
– Test per determinare le seguenti infezioni nel donatore:
– Epatite B (HBs‑Ag),
– Epatite C (Anti‑HCV),
– HIV 1/2 (Ant‑‑HIV 1/2).
Possono essere richiesti test supplementari per componenti o donatori specifici o per situazioni epidemiologiche specifiche».
La direttiva 2004/33
13 L’articolo 3 della direttiva 2004/33, intitolato «Informazioni da richiedere ai donatori», così recita:
«Gli Stati membri garantiscono che, previo accordo sull’intenzione di procedere a una donazione di sangue o di emocomponenti, i donatori forniscano al centro ematologico le informazioni di cui alla parte B dell’allegato II».
14 L’articolo 4 di detta direttiva, intitolato «Idoneità dei donatori», prevede quanto segue:
«I centri ematologici garantiscono che i donatori di sangue intero e di emocomponenti soddisfino i criteri di idoneità stabiliti dall’allegato III».
15 L’allegato I, punti 2 e 4, della direttiva summenzionata contiene le seguenti definizioni:
«2. “Donazione allogenica” significa sangue ed emocomponenti raccolti da un individuo e destinati a trasfusione ad un altro individuo, per uso in dispositivi medici o come materie prime per la fabbricazione di prodotti medicinali.
(…)
4. “Sangue intero” significa una singola donazione di sangue».
16 La parte B dell’allegato II della stessa direttiva, intitolata «Informazioni da richiedere ai donatori, da parte del centro ematologico, per ogni donazione», dispone, al punto 2, che i donatori debbono fornire le seguenti informazioni:
«Antecedenti sanitari e medici, risultanti da un questionario e da intervista personale a cura di personale sanitario qualificato e che comprendono fattori rilevanti suscettibili di contribuire a individuare ed escludere persone la cui donazione può costituire un rischio sanitario per gli altri, come la possibilità di trasmettere malattie, o un rischio sanitario per i donatori stessi».
17 L’allegato III della direttiva 2004/33, intitolato «Criteri di idoneità dei donatori di sangue intero e di emocomponenti», al punto 2 indica i criteri di esclusione per i donatori di sangue intero e di emocomponenti.
18 Il punto 2.1 dell’allegato in parola reca il titolo «Criteri di esclusione permanente di donazioni allogeniche». Tali criteri riguardano, in sostanza, le seguenti quattro categorie di persone: le persone portatrici di determinate malattie, tra cui l’«HIV‑1/2», o che presentino determinati sintomi patologici; quelle che abbiano assunto droghe per via intravenosa o intramuscolare; i riceventi di xenotrapianti e, infine, le «[p]ersone il cui comportamento sessuale le espone ad alto rischio di contrarre gravi malattie infettive trasmissibili col sangue».
19 Il punto 2.2 di detto allegato, intitolato «Criteri di esclusione temporanea di donatori di unità allogeniche», include un punto 2.2.2, relativo all’esposizione al rischio di contrarre un’infezione trasmissibile per trasfusione.
20 In tale punto 2.2.2, alla voce della tabella concernente le «[p]ersone il cui comportamento o attività sessuale le espone al rischio di contrarre malattie infettive trasmissibili col sangue» corrisponde la seguente indicazione: «[e]sclusione dopo cessazione del comportamento a rischio per un periodo determinato dalla malattia in questione e dalla disponibilità di adeguati esami di controllo».
Il diritto francese
21 In data 12 gennaio 2009, il Ministre de la Santé et des Sports (Ministro della Sanità e dello Sport) ha adottato il decreto che stabilisce i criteri di selezione dei donatori di sangue (JORF del 18 gennaio 2009, pag. 1067; in prosieguo: il «decreto del 12 gennaio 2009»), il quale nel proprio preambolo cita la direttiva 2004/33.
22 L’articolo 1, punto V, di tale decreto stabilisce, al paragrafo 1, relativo alle caratteristiche cliniche del donatore, quanto segue:
«Durante il colloquio precedente la donazione, spetta alla persona abilitata a effettuare la selezione dei donatori valutare la possibilità di una donazione, alla luce delle controindicazioni e della loro durata, dei loro precedenti e della loro evoluzione, mediante ulteriori domande oltre al questionario che precede la donazione.
(…)
La donazione viene rimandata in presenza di una delle controindicazioni indicate in una delle tabelle dell’allegato II del presente decreto. (…)
(…)».
23 L’allegato II del decreto in questione contiene le tabelle relative alle controindicazioni, nell’ambito delle quali la tabella B è dedicata ai rischi per il ricevente. La parte di tale tabella relativa al rischio connesso alla trasmissione di un’infezione virale stabilisce che, per quanto riguarda il rischio di esposizione del candidato alla donazione ad un agente infettivo trasmissibile per via sessuale, sussiste una controindicazione permanente alla donazione di sangue nel caso di un «uomo che abbia avuto rapporti sessuali con un altro uomo».
Procedimento principale e questione pregiudiziale
24 Il sig. Léger si è presentato presso il punto di prelievo dell’Établissement français du sang situato a Metz (Francia) per effettuare una donazione di sangue.
25 Con decisione del 29 aprile 2009 il medico responsabile della raccolta ha rifiutato detta donazione a motivo del fatto che il sig. Léger aveva avuto una relazione sessuale con una persona dello stesso sesso .
26 Tale medico si è fondato sul decreto del 12 gennaio 2009, che all’allegato II, tabella B, prevede, per quanto riguarda il rischio di esposizione del candidato alla donazione ad un agente infettivo trasmissibile per via sessuale, una controindicazione permanente alla donazione di sangue nel caso di un uomo che abbia avuto rapporti sessuali con un altro uomo.
27 Il sig. Léger ha contestato tale decisione con un ricorso dinanzi al Tribunal administratif de Strasbourg (Tribunale amministrativo di Strasburgo), sostenendo segnatamente che l’allegato II del decreto del 12 gennaio 2009 violava le disposizioni della direttiva 2004/33.
28 Il giudice del rinvio afferma che la questione consistente nello stabilire se sia conforme all’allegato III di tale direttiva la previsione di una controindicazione permanente alla donazione di sangue nel caso di un uomo che abbia avuto rapporti sessuali con un altro uomo, presenta serie difficoltà ed è determinante ai fini della soluzione della controversia principale.
29 In tale contesto, il Tribunal administratif de Strasbourg ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:
«Se, ai sensi dell’allegato III della direttiva 2004/33, la circostanza che un uomo abbia rapporti sessuali con una persona del suo stesso sesso configuri, di per sé, un comportamento sessuale che espone al rischio di contrarre gravi malattie infettive trasmissibili col sangue e che giustifica un’esclusione permanente dalla donazione di sangue per i soggetti che abbiano avuto un siffatto comportamento sessuale, oppure se detta circostanza possa semplicemente costituire, in funzione delle circostanze proprie del caso concreto, un comportamento sessuale che espone al rischio di contrarre gravi malattie infettive trasmissibili col sangue e che giustifica un’esclusione temporanea dalla donazione di sangue per un determinato periodo di tempo dopo la cessazione del comportamento a rischio».
Sulla questione pregiudiziale
30 Con la sua questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se il punto 2.1 dell’allegato III della direttiva 2004/33 debba essere interpretato nel senso che il criterio di esclusione permanente dalla donazione di sangue previsto da tale disposizione, e relativo al comportamento sessuale che espone al rischio di contrarre gravi malattie infettive trasmissibili col sangue, osta a che uno Stato membro preveda una controindicazione permanente alla donazione di sangue per gli uomini che abbiano avuto rapporti sessuali con altri uomini.
31 In via preliminare va rilevato che, come fatto valere dal governo francese e dalla Commissione europea, sussistono delle divergenze tra le diverse versioni linguistiche dei punti 2.1 e 2.2.2 dell’allegato III della direttiva in parola per quanto attiene al livello di rischio contemplato da tali disposizioni.
32 Infatti, nella versione in lingua francese di tali disposizioni, l’esclusione permanente dalla donazione di sangue prevista dal citato punto 2.1 e l’esclusione temporanea prevista dal citato punto 2.2.2 si applicano entrambe alle persone il cui comportamento sessuale le esponga al «rischio» di contrarre gravi malattie infettive trasmissibili col sangue. Nella suddetta versione linguistica, il livello di rischio che giustifica l’esclusione permanente dalla donazione di sangue è quindi esattamente lo stesso applicabile all’esclusione temporanea.
33 Per contro, in talune versioni linguistiche delle disposizioni di cui trattasi, mentre l’esclusione temporanea presuppone l’esistenza di un «rischio», l’esclusione permanente esige invece un «alto rischio». È quanto si verifica, in particolare, nelle versioni del punto 2.1 dell’allegato III della direttiva 2004/33 nelle lingue danese («stor risiko»), estone («kõrgendatud ohtu»), inglese («high risk»), italiana («alto rischio»), neerlandese («groot risico»), polacca («wysokie ryzyko») o portoghese («grande risco»).
34 In altre versioni linguistiche ancora, i punti 2.1 e 2.2.2 dell’allegato in questione menzionano entrambi un «alto rischio», come nelle versioni nelle lingue spagnola («alto riesgo») e tedesca («hohes Risiko»).
35 Secondo una costante giurisprudenza della Corte, la formulazione utilizzata in una delle versioni linguistiche di una disposizione del diritto dell’Unione non può essere l’unico elemento a sostegno dell’interpretazione di questa disposizione, né si può attribuire ad essa un carattere prioritario rispetto alle altre versioni linguistiche. Le norme del diritto dell’Unione devono essere infatti interpretate ed applicate in modo uniforme, alla luce delle versioni vigenti in tutte le lingue dell’Unione europea. In caso di divergenza tra le varie versioni linguistiche di un testo del diritto dell’Unione, la disposizione di cui trattasi deve essere interpretata in funzione dell’economia generale e della finalità della normativa di cui fa parte (sentenze Cricket St Thomas, C‑372/88, EU:C:1990:140, punti 18 e 19; Kurcums Metal, C‑558/11, EU:C:2012:721, punto 48, nonché Ivansson e a., C‑307/13, EU:C:2014:2058, punto 40).
36 Per quanto riguarda l’economia generale dei punti 2.1 e 2.2.2 dell’allegato III della direttiva 2004/33, va rilevato che tale allegato opera una distinzione tra l’esclusione permanente e un’esclusione temporanea dalla donazione di sangue, per le quali i criteri applicabili devono essere logicamente diversi. Pertanto, l’esclusione permanente, avente carattere più restrittivo, presuppone l’esistenza di un rischio maggiore rispetto a quello relativo al divieto temporaneo.
37 Inoltre, come enunciato al considerando 24 della direttiva 2002/98, il sangue e i suoi componenti utilizzati a fini terapeutici o in dispositivi medici dovrebbero provenire da persone il cui stato di salute garantisca che non si producano effetti negativi a seguito della donazione e che gli eventuali rischi di trasmissione di gravi malattie infettive trasmissibili col sangue siano ridotti al minimo. Ne consegue che, per quanto concerne la finalità della direttiva 2004/33, quando il rischio di una simile trasmissione è più elevato deve applicarsi l’esclusione permanente.
38 Di conseguenza, l’economia generale e la finalità di quest’ultima direttiva portano ad accogliere l’interpretazione secondo cui l’esclusione permanente dalla donazione di sangue prevista al punto 2.1 dell’allegato III della direttiva in esame riguarda le persone il cui comportamento sessuale le esponga ad un «alto rischio» di contrarre gravi malattie infettive trasmissibili col sangue, mentre l’esclusione temporanea dalla donazione di sangue si riferisce ad un rischio di livello minore.
39 Quanto alla suddetta esclusione permanente, si deve rilevare che l’espressione «persone il cui comportamento sessuale le espone ad alto rischio» di contrarre malattie infettive, di cui al punto 2.1 dell’allegato III della direttiva 2004/33, non definisce con precisione le persone o le categorie di persone interessate da tale esclusione, circostanza che lascia un margine di discrezionalità in capo agli Stati membri nell’applicazione di detta disposizione.
40 Pertanto, occorre verificare in quale misura la controindicazione permanente prevista dal diritto francese nel caso di un «uomo che abbia avuto rapporti sessuali con un altro uomo» risponda al requisito della sussistenza dell’«alto rischio» di cui al punto 2.1 dell’allegato III della direttiva 2004/33, rispettando al contempo i diritti fondamentali sanciti dall’ordinamento giuridico dell’Unione.
41 Infatti, secondo una giurisprudenza costante della Corte, gli imperativi della tutela dei citati diritti fondamentali vincolano gli Stati membri allorché questi attuano la normativa dell’Unione, cosicché tali Stati sono tenuti ad applicare la normativa in questione con modalità che non violino gli imperativi suddetti (v., in tal senso, sentenza Parlamento/Consiglio, C‑540/03, EU:C:2006:429, punto 105 e la giurisprudenza ivi citata). In tale contesto, gli Stati membri devono, in particolare, fare in modo di non basarsi su un’interpretazione di un testo di diritto derivato la quale si ponga in conflitto con i summenzionati diritti fondamentali (v. sentenze Ordre des barreaux francophones et germanophone e a., C‑305/05, EU:C:2007:383, punto 28, nonché O e a., C‑356/11 e C‑357/11, EU:C:2012:776, punto 78).
42 In primo luogo, per quanto riguarda la valutazione dell’esistenza di un rischio elevato di contrarre gravi malattie infettive trasmissibili col sangue, occorre prendere in considerazione la situazione epidemiologica in Francia, la quale presenterebbe un carattere specifico, secondo quanto affermato dal governo francese e dalla Commissione, che fanno riferimento ai dati forniti dall’Institut de veille sanitaire français (Istituto francese di vigilanza sanitaria). Da tali dati si evincerebbe che la quasi totalità dei contagi da HIV, nel periodo compreso tra il 2003 e il 2008, è dovuta ad un rapporto sessuale e che gli uomini che hanno relazioni sessuali con persone del loro stesso sesso rappresentano la popolazione più colpita, corrispondente al 48% dei nuovi contagi. Nel corso dello stesso periodo, sebbene l’incidenza globale dell’infezione da HIV si sia ridotta, segnatamente per quanto riguarda i rapporti eterosessuali, essa non sarebbe diminuita per gli uomini che hanno relazioni sessuali con persone del loro stesso sesso. Inoltre, questi ultimi rappresentavano, sempre avuto riguardo al medesimo arco di tempo, la popolazione più colpita dal contagio da HIV, con un tasso annuo di incidenza dell’1%, che sarebbe 200 volte superiore a quello della popolazione eterosessuale francese.
43 La Commissione si riferisce altresì ad una relazione stesa dal Centro Europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie, istituito dal regolamento (CE) n. 851/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004 (GU L 142, pag. 1). Secondo tale relazione, intitolata «Men who have sex with men (MSM), Monitoring implementation of the Dublin Declaration on Partnership to Fight HIV/AIDS in Europe and Central Asia: 2012 progress», pubblicata nell’ottobre del 2013, è in Francia che l’incidenza di HIV all’interno della categoria degli uomini che hanno avuto rapporti sessuali con persone del loro stesso sesso sarebbe la più elevata tra tutti gli Stati oggetto dello studio.
44 Spetta al giudice del rinvio verificare se, alla luce delle attuali conoscenze mediche, scientifiche ed epidemiologiche, i dati esposti al punto 42 della presente sentenza siano affidabili e, in caso affermativo, se essi siano tuttora rilevanti.
45 In secondo luogo, qualora detto giudice dovesse concludere, in particolare alla luce dei dati suddetti, che le autorità nazionali hanno potuto ragionevolmente considerare che in Francia esista un alto rischio di contrarre gravi malattie infettive trasmissibili col sangue, ai sensi del punto 2.1 dell’allegato III della direttiva 2004/33, nel caso di un uomo che abbia avuto rapporti sessuali con un altro uomo, occorre verificare se, e a quali condizioni, una controindicazione permanente alla donazione di sangue, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, possa essere conforme ai diritti fondamentali riconosciuti dall’ordinamento giuridico dell’Unione.
46 A tale riguardo si deve ricordare che l’ambito di applicazione della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), relativamente all’operato degli Stati membri, è definito all’articolo 51, paragrafo 1, della medesima, ai sensi del quale le disposizioni della Carta si applicano agli Stati membri «esclusivamente nell’attuazione del diritto dell’Unione».
47 Nel caso in esame, il decreto del 12 gennaio 2009, che menziona espressamente la direttiva 2004/33 nel proprio preambolo, dà attuazione al diritto dell’Unione.
48 Di conseguenza, tale decreto deve segnatamente rispettare, tra le disposizioni della Carta, l’articolo 21, paragrafo 1, di quest’ultima, a norma del quale è vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sull’orientamento sessuale. Detto articolo 21, paragrafo 1, è un’espressione particolare del principio di parità di trattamento, che costituisce un principio generale del diritto dell’Unione, sancito dall’articolo 20 della Carta (v., in tal senso, sentenze Römer, C‑147/08, EU:C:2011:286, punto 59, e Glatzel, C‑356/12, EU:C:2014:350, punto 43).
49 Orbene, a tale riguardo, adottando quale criterio per una controindicazione permanente alla donazione di sangue il fatto di essere un «uomo che abbia avuto rapporti sessuali con un altro uomo», la tabella B dell’allegato II del decreto del 12 gennaio 2009 stabilisce l’esclusione dalla donazione di sangue in funzione dell’orientamento omosessuale dei donatori di sesso maschile, i quali, per il fatto di avere avuto una relazione sessuale corrispondente a tale orientamento, subiscono un trattamento meno favorevole rispetto alle persone eterosessuali di sesso maschile.
50 Ciò premesso, il decreto del 12 gennaio 2009 è atto a comportare, nei confronti delle persone omosessuali, una discriminazione fondata sull’orientamento sessuale, ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 1, della Carta.
51 Occorre quindi esaminare se la controindicazione permanente alla donazione di sangue prevista dal decreto del 12 gennaio 2009 per il caso di un uomo che abbia avuto rapporti sessuali con una persona del suo stesso sesso soddisfi nondimeno le condizioni stabilite dall’articolo 52, paragrafo 1, della Carta per essere giustificata.
52 Conformemente a quest’ultima disposizione, eventuali limitazioni all’esercizio dei diritti e delle libertà riconosciuti dalla Carta devono essere previste dalla legge e rispettare il contenuto essenziale di detti diritti e libertà. Inoltre, a termini della medesima disposizione, nel rispetto del principio di proporzionalità, possono essere apportate limitazioni solo laddove siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui.
53 Nella fattispecie in esame è pacifico che la controindicazione permanente alla donazione di sangue per un uomo che abbia avuto rapporti sessuali con un altro uomo, la quale configura una limitazione dell’esercizio dei diritti e delle libertà riconosciuti dalla Carta, deve essere considerata prevista dalla legge, ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, di detta Carta, dato che essa risulta dal decreto del 12 gennaio 2009.
54 Inoltre, la limitazione in parola rispetta il contenuto essenziale del principio di non discriminazione. Infatti, tale limitazione non rimette in discussione detto principio in quanto tale, atteso che essa verte unicamente sulla questione, di portata limitata, delle esclusioni dalla donazione di sangue allo scopo di tutelare la salute dei riceventi.
55 Tuttavia, resta da verificare se la stessa limitazione corrisponda ad una finalità di interesse generale, a norma dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta, e, in caso affermativo, se essa rispetti il principio di proporzionalità ai sensi di tale disposizione.
56 Al riguardo, occorre ricordare che la direttiva 2004/33 reca attuazione della direttiva 2002/98. Conformemente alla sua base giuridica, ossia l’articolo 152, paragrafo 4, lettera a), CE, quest’ultima direttiva ha come obiettivo la protezione della sanità pubblica.
57 Nel caso di specie, l’esclusione permanente dalla donazione di sangue è preordinata a ridurre al minimo il rischio di trasmissione di una malattia infettiva ai riceventi. Tale esclusione contribuisce pertanto all’obiettivo generale di garantire un livello elevato di protezione della salute umana, che costituisce una finalità riconosciuta dall’Unione all’articolo 152 CE, e, in particolare, ai paragrafi 4, lettera a), e 5 di tale articolo, nonché all’articolo 35, seconda frase, della Carta, i quali impongono che nella definizione e nell’attuazione di tutte le politiche ed attività dell’Unione sia garantito un livello elevato di protezione della salute umana.
58 Quanto al principio di proporzionalità, dalla giurisprudenza della Corte risulta che le misure previste dalla normativa nazionale non devono eccedere i limiti di ciò che è appropriato e necessario al conseguimento degli obiettivi legittimamente perseguiti dalla normativa di cui trattasi, fermo restando che, qualora sia possibile una scelta tra più misure appropriate, si deve ricorrere alla meno restrittiva tra esse e che gli inconvenienti causati non devono essere esorbitanti rispetto agli obiettivi perseguiti (v. sentenze ERG e a., C‑379/08 e C‑380/08, EU:C:2010:127, punto 86; Urbán, C‑210/10, EU:C:2012:64, punto 24, nonché Texdata Software, C‑418/11, EU:C:2013:588, punto 52).
59 In un procedimento come quello principale, tale principio è rispettato solo se un elevato livello di protezione della salute dei riceventi non possa essere garantito mediante tecniche efficaci di ricerca dell’HIV e meno restrittive rispetto al divieto permanente della donazione di sangue per tutta la categoria costituita dagli uomini che hanno avuto rapporti sessuali con persone del loro stesso sesso.
60 Infatti, da una parte, non può escludersi che, anche in presenza di un comportamento sessuale che esponga ad un alto rischio di contrarre gravi malattie infettive trasmissibili col sangue, ai sensi del punto 2.1 dell’allegato III della direttiva 2004/33 – che riguarda il rischio di trasmissione di siffatte malattie tra i partner a seguito di un rapporto sessuale –, esistano comunque tecniche efficaci per garantire un livello elevato di protezione della salute dei riceventi.
61 A tale proposito, come risulta in particolare dall’articolo 21 della direttiva 2002/98, per garantire la qualità e la sicurezza del sangue e dei componenti del sangue, ciascuna donazione di sangue deve essere controllata in conformità dei requisiti enunciati all’allegato IV di detta direttiva, fermo restando che tali requisiti sono destinati ad evolvere di pari passo con il progresso tecnico‑scientifico (sentenza Humanplasma, C‑421/09, EU:C:2010:760, punto 42). A norma di detto allegato IV, devono in particolare essere effettuati test per determinare la presenza dell’HIV 1/2 nei donatori.
62 Il governo francese e la Commissione rilevano tuttavia che, allo stato attuale della scienza, esiste un «periodo finestra», ossia un arco di tempo successivo ad un’infezione virale durante il quale i marcatori biologici utilizzati nella verifica della donazione di sangue permangono negativi, malgrado l’infezione del donatore. Sarebbero pertanto le infezioni recenti quelle che presentano un rischio di non rilevabilità al momento dei test di verifica e, conseguentemente, di trasmissione dell’HIV al ricevente.
63 Spetta al giudice del rinvio verificare se, in una simile situazione e nell’ambito del rispetto del principio di proporzionalità, esistano tecniche efficaci di ricerca dell’HIV per evitare la trasmissione ai riceventi di tale virus, fermo restando che i test devono essere praticati secondo le procedure scientifiche e tecniche più recenti, conformemente al considerando 29 della direttiva 2002/98.
64 In particolare, spetta al giudice del rinvio verificare se i progressi della scienza o della tecnica sanitaria, considerando in particolare i costi di una sistematica messa in quarantena delle donazioni provenienti dagli uomini che abbiano avuto rapporti sessuali con persone del loro stesso sesso o quelli di una ricerca sistematica dell’HIV per tutte le donazioni di sangue, consentano di garantire un livello elevato di protezione della salute dei riceventi, senza che l’onere che ne consegue sia esorbitante rispetto agli obiettivi di protezione della salute perseguiti.
65 Dall’altra parte, supponendo che, allo stato attuale della scienza, non esistano tecniche rispondenti alle condizioni poste ai punti 63 e 64 della presente sentenza, una controindicazione permanente alla donazione di sangue per tutta la categoria costituita dagli uomini che abbiano avuto rapporti sessuali con una persona dello stesso sesso è proporzionata solo nell’ipotesi in cui non esistano metodi meno restrittivi per garantire un livello elevato di protezione della salute dei riceventi.
66 A tal fine, al giudice del rinvio spetta segnatamente verificare se il questionario e l’intervista personale a cura del personale sanitario, previsti dall’allegato II, parte B, punto 2, della direttiva 2004/33, possano consentire di identificare in modo più preciso i comportamenti che presentano un rischio per la salute dei riceventi, al fine di stabilire una controindicazione meno restrittiva rispetto ad una controindicazione permanente per tutta la categoria costituita dagli uomini che hanno avuto rapporti sessuali con una persona dello stesso sesso.
67 In questo senso, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 61 delle sue conclusioni, il giudice del rinvio deve, in particolare, verificare se eventuali domande mirate, incentrate sul tempo trascorso dall’ultimo rapporto sessuale rispetto alla durata del «periodo finestra», sul carattere stabile della relazione della persona interessata o sul carattere protetto dei rapporti sessuali, consentirebbero di valutare il livello di rischio che individualmente presenta ciascun donatore in ragione del proprio comportamento sessuale.
68 Date tali premesse, si deve concludere che, qualora tecniche efficaci di individuazione delle malattie gravi trasmissibili col sangue o, in difetto di tali tecniche, metodi meno restrittivi rispetto al divieto permanente della donazione di sangue per tutta la categoria costituita dagli uomini che hanno avuto rapporti sessuali con una persona dello stesso sesso consentissero di garantire un livello elevato di protezione della salute dei riceventi, una simile controindicazione permanente non rispetterebbe il principio di proporzionalità ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta.
69 Alla luce delle considerazioni che precedono, si deve rispondere alla questione posta dichiarando che il punto 2.1 dell’allegato III della direttiva 2004/33 deve essere interpretato nel senso che il criterio di esclusione permanente dalla donazione di sangue di cui a tale disposizione e relativo al comportamento sessuale ricomprende l’ipotesi in cui uno Stato membro, considerata la situazione in esso esistente, preveda una controindicazione permanente alla donazione di sangue per gli uomini che hanno avuto rapporti sessuali con una persona dello stesso sesso, laddove sia dimostrato, sulla base delle conoscenze e dei dati medici, scientifici ed epidemiologici attuali, che un simile comportamento sessuale espone dette persone ad un alto rischio di contrarre gravi malattie infettive trasmissibili col sangue e che, nel rispetto del principio di proporzionalità, non esistono tecniche efficaci di individuazione di queste malattie infettive o, in difetto di tali tecniche, metodi meno restrittivi rispetto ad una siffatta controindicazione per garantire un livello elevato di protezione della salute dei riceventi. Spetta al giudice nazionale verificare se, nello Stato membro di cui trattasi, tali condizioni siano rispettate.
Sulle spese
70 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara:
Il punto 2.1 dell’allegato III della direttiva 2004/33/CE della Commissione, del 22 marzo 2004, che applica la direttiva 2002/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a taluni requisiti tecnici del sangue e degli emocomponenti, deve essere interpretato nel senso che il criterio di esclusione permanente dalla donazione di sangue di cui a tale disposizione e relativo al comportamento sessuale ricomprende l’ipotesi in cui uno Stato membro, considerata la situazione in esso esistente, preveda una controindicazione permanente alla donazione di sangue per gli uomini che hanno avuto rapporti sessuali con una persona dello stesso sesso, laddove sia dimostrato, sulla base delle conoscenze e dei dati medici, scientifici ed epidemiologici attuali, che un simile comportamento sessuale espone dette persone ad un alto rischio di contrarre gravi malattie infettive trasmissibili col sangue e che, nel rispetto del principio di proporzionalità, non esistono tecniche efficaci di individuazione di queste malattie infettive o, in difetto di tali tecniche, metodi meno restrittivi rispetto ad una siffatta controindicazione per garantire un livello elevato di protezione della salute dei riceventi. Spetta al giudice nazionale verificare se, nello Stato membro di cui trattasi, tali condizioni siano rispettate.
Firme
Autore:
Corte di Giustizia
Dossier:
Libertà religiosa, Bioetica, Unione europea, _Lotta alla discriminazione_
Parole chiave:
Diritti fondamentali, Divieto di discriminazione, Diritto alla salute, Dignità umana, Principio di proporzionalità, Donazione di sangue di persona che abbia avuto una relazione con altra dello stesso sesso, Idoneità dei donatori di sangue, Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, Malattie infettive trasmissibili
Natura:
Sentenza