Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 14 Ottobre 2003

Sentenza 29 aprile 1994, n.551

Corte d’Appello di Torino. Sentenza 29 aprile 1994, n. 551.

(Brunetti; Ponzetto)

Motivi della decisione

La decisione del Tribunale di Torino, secondo cui anche dopo la modifica del concordato fra lo Stato italiano e la Santa Sede del 1929, accordo intervenuto il 18 febbraio 1984 e ratificato con l. 25 marzo 1985 n. 121, sussiste la giurisdizione assoluta dei tribunali ecclesiastici nelle cause di invalidità del matrimonio concordatario, alla luce dei chiarimenti forniti dalla sentenza 421/93, cit., resa inter partes dalla Corte costituzionale deve senz’altro essere confermata.

Ed invero la Corte nella citata sentenza ha richiamato i principi già fissati nella sua precedente giurisprudenza: “… il matrimonio religioso, validamente celebrato secondo la disciplina canonica, è assunto quale presupposto cui vengono collegati con la trascrizione gli effetti civili (sentenze n. 169 del 1971 e n. 176 del 1973). L’atto rimane regolato dal diritto canonico, senza che sia operata dall’ordinamento italiano una recezione di quella disciplina (sentenza n. 169 del 1971, cit.) con quanto ne segue in ordine alla giurisdizione … se il negozio cui si attribuiscono effetti civili nasce nell’ordinamento canonico e da questo è regolato nei suoi requisiti di validità, è logico corollario che le controversie sulla sua validità siano riservate alla cognizione degli organi giurisdizionali dello stesso ordinamento, conseguendo poi le relative pronunce dichiarative della nullità la efficacia civile attraverso lo speciale procedimento di delibazione (sentenza n. 18 del 1982, nonché n. 176 del 1973, cit.)”.

La corte ha quindi osservato:

“Nell’accordo del 1984 permane il riconoscimento degli effetti civili mediante la trascrizione, ai matrimoni che, per libera scelta della parti, sono stati contratti secondo le norme del diritto canonico e che rimangono regolati, quanto al momento genetico, da tale diritto. Ne deriva che su quell’atto posto in essere dall’ordinamento canonico e costituente presupposto degli effetti civili, è riconosciuta la competenza del giudice ecclesiastico”.

La corte ha infine concluso:

“Coerentemente con il principio della laicità dello Stato (sentenza n. 203 del 1989), in presenza di un matrimonio che ha avuto origine nell’ordinamento canonico e che resta disciplinato da quel diritto, il giudice civile non esprime la propria giurisdizione sull’atto di matrimonio caratterizzato da una disciplina conformata nella sua sostanza all’elemento religioso, in ordine al quale opera la competenza del giudice ecclesiastico.

Il giudice dello Stato esprime la propria giurisdizione sull’efficacia civile delle sentenze ecclesiastiche di nullità del matrimonio attraverso lo speciale procedimento di delibazione regolato dalle stesse norme dell’accordo in modo ben più penetrante che nella disciplina originaria del concordato. Permane inoltre pienamente, secondo i principi già fissati dalla corte, la giurisdizione dello Stato sugli effetti civili”.

Per quanto concerne l’istanza avanzata da Quercia Giuseppe e volta ad ottenere la delibazione della sentenza emessa dal Tribunale ecclesiastico regionale piemontese il 25 maggio 1989 che ha dichiarato la nullità del matrimonio tra Quercia Giuseppe e Barberio Olimpia per errore dell’uomo, causato da dolo, circa una qualità della convenuta gravemente perturbativa del consorzio coniugale, non sussistono ragioni che legittimino il rigetto dell’istanza medesima.

La pronuncia è stata emessa dal giudice competente a conoscere della causa di nullità.

La sentenza è stata resa esecutiva con decreto del Tribunale ecclesiastico regionale lombardo in data 13 marzo 1990.

Trattandosi di matrimonio trascritto nello stato civile del comune di Torino sussiste ai fini della pronuncia di delibazione la competenza territoriale di questa corte.

Nel corso del giudizio ecclesiastico è stato garantito alle parti il diritto di difesa.

Poiché la sentenza ecclesiastica non è stata pronunciata nella contumacia della convenuta non è possibile il riesame del merito, il controllo della corte essendo circoscritto al rispetto del diritto ed alla mancanza di disposizioni contrarie all’ordine pubblico italiano, da intendersi nel limitato senso del complesso dei canoni essenziali e regole fondamentali dell’ordinamento statuale.

Tale contrasto sicuramente non si coglie nelle ragioni che hanno portato alla pronuncia di nullità, ragioni che, pur nella diversità di disciplina, trovano sostanziale corrispondenza nella cause di nullità previste dall’art. 122 c.c.

Infine non si appalesa meritevole di accoglimento la pretesa avanzata dalla difesa della Barberio di disporre il mantenimento in via provvisoria a carico del Quercia dell’assegno mensile di lire 650.000 previsto a favore della moglie in sede di separazione consensuale.

é ben vero che la l. 121/85 di ratifica dell’accordo di modifica del concordato tra la Repubblica italiana e la Santa Sede prevede all’art. 8, penultimo comma, che la corte d’appello possa nella sentenza intesa a rendere esecutiva una sentenza canonica statuire provvedimenti economici provvisori a favore di uno dei coniugi il cui matrimonio sia stato dichiarato nullo, rimandando poi le parti al giudice competente per la decisione sulla materia; nella specie, peraltro, considerate le ragioni che hanno portato alla pronuncia di nullità (errore dell’uomo causato da dolo) ed anche il notevole lasso di tempo intercorso dalla rottura del matrimonio e dalla stessa pronuncia di nullità, non ricorrono gli estremi per un’imposizione economica a carico del Quercia neppure a carattere provvisorio.

Le spese di causa, avuto riguardo al contrasto dottrinale esistente sulla questione circa la permanenza della riserva di giurisdizione esclusiva dei tribunali ecclesiastici in materia di nullità del matrimonio concordatario ed alla natura per così dire necessitata del procedimento di delibazione, si dichiarano parzialmente compensate; la rimanente parte si pone a carico di Barberio Olimpia la quale si è anche opposta alla delibazione ed ha avanzato pretese ritenute non meritevoli di accoglimento.