Sentenza 29 agosto 2005, n.3637
T.A.R. Puglia. Sentenza 29 agosto 2005, n. 3637: “Procedura per la copertura di un posto di ricercatore universitario: criteri di valutazione delle pubblicazioni scientifiche presentate dai candidati”.
(Omissis)
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA PUGLIA
SEDE DI BARI – SEZ. I
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso (n. 754/2005) proposto dall’ avv. A. D.M., rappresentato e difeso gli avv.ti Filippo Satta, Filippo Lattanzi e Luigi Paccione e presso quest’ultimo elettivamente domiciliato in Bari, Via Quintino Sella n. 120
contro
il Politecnico di Bari, nella persona del Rettore pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato presso i cui uffici in Bari, via Melo n. 97, è per legge domiciliato, e
nei confronti
dell’avv. M. F., resistente e ricorrente incidentale, rappresentata e difesa dagli avv.ti Vito Petrarota, Mario Sanino e Giovanna Corrente e presso quest’ultima elettivamente domiciliata in Bari, Via Celentano n. 27,
per l’annullamento, previa sospensione dell’efficacia,
a) dei decreti rettorali nn. 147 e 148 del 28 febbraio 2005, affissi all’albo ufficiale del Politecnico in pari data di cui è stato dato avviso mediante pubblicazione sulla G.U. – quarta serie speciale – n. 22 del 18 marzo 2005, con i quali sono stati approvati gli atti della Commissione giudicatrice, asseverandone la regolarità formale (D.R. n. 147), ed è stata dichiarata l’avv. M. F. vincitrice della procedura di valutazione comparativa (D.R. n. 147), per essere poi nominata in ruolo (D.R. n. 148);
b) della relazione del 18 febbraio 2005 della Commissione giudicatrice nominata nella procedura per la copertura di un posto di ricercatore universitario presso la II Facoltà di ingegneria – sede di Taranto – del Politecnico di Bari per il settore scientifico disciplinare IUS/14 – Diritto dell’ Unione Europea, bandito con D.R. n. 200 del 26 marzo 2004 e pubblicato nella GURI, IV Serie speciale “Concorsi ed esami”, n. 27 del 6 aprile 2004, nella parte in cui ha riportato i giudizi complessivi sui candidati D.M. e F. ed ha dichiarato vincitrice l’avv. F.;
c) del verbale n. 7 del 18 febbraio 2005, con il quale sono stati approvati i giudizi individuali e collegiali complessivi espressi sui candidati D.M. e F., nonchè i giudizi individuali e collegiali sulle rispettive prove orali;
d) del verbale n. 6 del 18 febbraio 2005, relativamente alle modalità di espletamento della prova orale;
e) del verbale n. 5 del 17 febbraio 2005, relativamente ai giudizi individuali e collegiali sulle due prove scritte dei candidati D.M. e F.;
f) del verbale n. 2 del 16 febbraio 2005, relativo ai giudizi individuali e collegiali su curriculum, titoli e pubblicazioni dei candidati D.M. e F.;
g) del verbale n. 1 (riunione preliminare) dell’ 11 gennaio 2005, e dell’atto in pari data relativo alla fissazione dei criteri generali e di massima per la valutazione di curriculum, titoli e pubblicazioni dei candidati, nonché di quelli relativi all’espletamento e valutazione delle prove scritte ed orali;
h) per quanto occorrere possa del decreto rettorale n. 200 del 26 marzo 2004, pubblicato nella GURI, IV serie speciale, n. 27 del 6 aprile 2004, di indizione della selezione, e del D.R. n. 280 del 6 maggio 2004, nella parte in cui ha stabilito che sarebbero state ritenute presentate in tempo utile anche le domande pervenute o comunque spedite entro il 13 maggio 2004;
i) sempre per quanto e qualora occorra, dell’atto in data 25 febbraio 2005, con il quale la Commissione interna al Politecnico competente ha espresso parere favorevole all’approvazione degli atti della selezione di cui è causa;
l) di ogni altro atto o provvedimento connesso, presupposto o conseguente, ed in particolare dei provvedimenti di conferimento dei contratti di docenza di diritto privato sottoscritti dalla F. con il Politecnico di Bari a partire dal 2001, e degli atti costituenti a loro volta presupposto di questi ultimi.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Politecnico di Bari e dell’avv. M. F.;
Vista l’ampia e puntuale relazione predisposta in data 1 giugno 2005 dalla Direzione amministrativa del Politecnico di Bari per l’Avvocatura di-strettuale dello Stato e da questa depositata il successivo 7 giugno, unitamente alla documentazione allegata;
Vista l’ord. coll. n. 460 dell’ 8 giugno 2005, con l quale: a) sono stati cautelarmene sospesi gli effetti degli atti impugnati, compreso il decreto di nomina della controinteressata avv. M. F.; b) è stato ordinato al Rettore del Politecnico di Bari di riconvocare la Commissione giudicatrice perché provvedesse al riesame delle determinazioni adottate, “da motivare con specifico e documentato riferimento alle singole censure dedotte dal ricorrente”; c) è stata fissata la nuova camera di consiglio per il 27 luglio 2005;
Visto il decreto n. 383 del 20 giugno 2005 con il quale il Rettore del Politecnico di Bari, a seguito della succitata ord. coll., ha disposto la sospensione degli effetti di tutti gli atti impugnati, compreso il decreto di nomina della controinteressata avv. M. F.;
Visti il verbale relativo al riesame espletato dalla Commissione giudicatrice in ottemperanza alla succitata ord. coll. e la successiva nota di preci-sazione del Presidente della suddetta Commissione, depositati in giudizio in data 13 luglio 2005 dal Rettore del Politecnico di Bari;
Visti i motivi aggiunti notificati dal ricorrente avv. D.M. in data 15-18 luglio 2005 e 23-25 luglio 2005;
Vista l’istanza depositata in data 22 luglio 2005 dal ricorrente avv. D Muro per l’esecuzione ex art. 21, co. 14, L. 6 dicembre 1971 n. 1034, come modificato dall’art. 3 L. 21 luglio 2000 n. 205, della succitata ord. coll. n. 460 del 2005;
Vista la relazione predisposta in data 25 luglio 2005 dal Rettore del Politecnico di Bari per l’ Avvocatura distrettuale dello Stato e da questa de-positata in giudizio il successivo 26 luglio unitamente all’allegata docu-mentazione;
Visto il ricorso incidentale notificato dalla ricorrente in data 25 luglio 2005 e depositato il successivo 26 luglio;
Vista l’istanza di revoca della succitata ord. coll. n. 460 dell’ 8 giugno 2005, notificata dalla controinteressata avv. M. F. in data 25 luglio 2005 e depositata il successivo 26 luglio;
Viste le memorie depositate in giudizio dalle parti in causa a sostegno delle rispettive difese;
Relatore nella camera di consiglio del 27 luglio 2005 il Pres. Gennaro Ferrari; uditi i difensori presenti delle parti in causa, come da verbale;
Rilevato che nella medesima camera di consiglio il Collegio, chiamato a verificare la sussistenza in atto dei presupposti per la conferma della già disposta sospensione cautelare degli effetti degli atti impugnato, ha deciso di definire immediatamente il giudizio nel merito con sentenza resa ai sensi dell’art. 9 L. 21 luglio 2000 n. 205, e ne ha dato comunicazione ai difensori presenti delle parti in causa, i quali hanno concordemente dichiarato il loro comune interesse ad una sollecita definizione della controversia;
Visti gli atti tutti della causa;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
1. – L’avv. A. D.M. ha partecipato alla procedura di valutazione comparativa indetta con D.R. n. 200 del 26 marzo 2004 per la copertura di un posto di ricercatore universitario per il settore scientifico-disciplinare IUS/14 (Diritto dell’Unione europea) presso la II Facoltà di ingegneria del Politecnico di Bari e, a conclusione delle prove d’esame svoltesi nei giorni 16-18 febbraio 2005, si è collocato al secondo posto della graduatoria di merito, dopo l’avv. . M. F..
Con atto (n. 754/2005) notificato in data 18-19 aprile 2005 e depositato il successivo 18 maggio il suddetto avv. A. D.M. ha proposto ricorso a questo Tribunale avverso i provvedimenti in epigrafe indicati e – premessa un’ampia ed articolata ricostruzione dei fatti che hanno dato origine alla controversia – ne ha chiesto l’annullamento, deducendo contro di essi le seguenti censure:
a) Violazione di legge e in particolare dell’art. 97 Cost., del D.P.R. n. 455/00, del bando di gara; eccesso di potere per irrazionalità, difetto di presupposto e travisamento del fatto, atteso che la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, presentata dalla controinteressata F. ai sensi dell’art. 47 D.P.R. n. 445 del 2000 sotto la propria personale responsabilità anche penale, in sostituzione delle attestazioni provenienti dalle competenti autorità amministrative, ed allegata alla domanda di partecipazione alla procedura comparativa del 5 maggio 2004 reca affermazioni mendaci per quanto attiene alla data di adempimento degli obblighi derivanti dal D.L.Lgt. 31 agosto 1945 n. 660 e relativi alla pubblicazione “ Ambiente e salute nel diritto europeo”, che risulta depositata presso la Prefettura di Lecce il 7 maggio 2004 e presso la Procura della Repubblica della medesima città il 6 maggio 2004. Inoltre, come risulta inequivocabilmente dal “finito di stampare” apposto sul retro della copertina, la suddetta monografia è stata pubblicata e, quindi, diffusa, solo nel settembre 2004 e, quindi ben oltre il termine di presentazione della domanda di partecipazione alla procedura comparativa;
b) Violazione di legge, dell’ art. 97 Cost., dei principi di legalità, trasparenza e buon andamento del D.P.R. n. 117 del 2000; del bando del concorso (art. 3, n. 10, lett. c) e 3, penultimo co., D.R. n.200/ 2004); violazione dei criteri di massima predeterminati dalla Commissione (criterio di cui alla lett. “d”); eccesso di potere per irrazionalità, illogicità, disparità di trattamento, ingiustizia manifesta, difetto di presupposto, travisamento del fatto; sviamento atteso che la suddetta monografia consiste in larga misura nella mera riproduzione degli scritti di altri autori, “massicciamente saccheggiati” e sovente neppure citati e di conseguenza, contrariamente a quanto affermato dalla Commissione giudicatrice a conclusione di una lettura superficiale e acritica, è assolutamente priva di originalità e niente affatto significativa di una “sicura capacità di ricerca” da parte della controinteressata F.;
c) Violazione di legge, dell’art. 97 Cost., dei principi di legalità, trasparenza e buon andamento; del D.P.R. n. 117/2000; del bando del concorso (art. 3, n. 10, lett. c) e 3, penultimo co., D.R. n. 200/2004); violazione dei criteri di massima predeterminati dalla Commissione (criterio “d”); eccesso di potere per irrazionalità, illogicità, disparità di trattamento, ingiustizia manifesta, difetto di presupposto, travisamento del fatto; difetto di istruttoria; sviamento atteso che la Commissione ha ritenuto valide altre due pubblicazioni senza preoccuparsi di accertarne l’effettiva pubblicazione nei termini o il rispetto degli obblighi di legge. Si tratta di lavori minori certamente non pubblicati entro il maggio 2004 e probabilmente inesistenti dal momento che non figurano nel catalogo della Casa editrice dalla quale, secondo la controinteressata, sarebbero stati editi e diffusi. Segue da ciò che tutti i titoli scientifici della F. dovevano considerarsi giuridicamente inesistenti, non potevano essere prodotti ai fini della procedura de qua, non potevano formare oggetto di valutazione e meno che mai costituire la base sulla quale fondare il giudizio finale;
d) Violazione di legge ed in particolare dell’art. 97 Cost., violazione dei principi generali di imparzialità, trasparenza, legalità e buon andamento dell’amministrazione e violazione dell’ art. 1, co. 1 e 2, del Regolamento di cui al D.R. n. 332 del 7 luglio 1999; eccesso di potere per irrazionalità, illogicità, disparità di trattamento, ingiustizia manifesta, difetto di presupposto; sviamento atteso che, per quanto attiene all’attività didattica, l’attività svolta dal ricorrente e consistente nell’organizzazione di seminari e nel tutoraggio degli studenti universitari a beneficio delle cattedre di diritto dell’ Unione europea del prof. Cannone presso le Facoltà di giurisprudenza e di economia dell’Università degli studi di Bari risulta con palese evidenza più coerente con il profilo professionale del ricercatore universitario di quanto non lo sia l’attività di insegnamento svolta dalla controinteressata F. dapprima in “elementi di cultura europea e tecniche di comunicazione scritta” e successivamente in “normativa europea” a seguito di incarichi di docenza a contratto a lei affidati da un Consiglio di Facoltà sempre presieduto dal preside, marito di sua madre e con lei convivente, ed in assoluto dispregio delle norme dettate dall’art. 1 del Regolamento per la disciplina dei professori a contratto adottato con D.R. 7 luglio 1999 n. 332 le quali, nel precisare che contratti di docenza di diritto privato possono essere stipulati dal Politecnico di Bari solo con studiosi o esperti di comprovata qualificazione professionale e scientifica, stabilisce che detta qualificazione deve risultare da titoli scientifici e professionali, di cui nel 2001 la F. era assolutamente sprovvista;
e) Violazione di legge e, in particolare, del bando (art. 7) e di criteri di massima predeterminati dalla Commissione l’ 11 gennaio 2005; eccesso di potere per difetto di presupposto e travisamento del fatto, disparità di trattamento, istruttoria insufficiente e contraddittorietà atteso che la Commissione, nel palese intento di assicurare in sede comparativa una posizione poziore alla congiunta del Preside della Facoltà, non ha adeguatamente valutato i titoli presentati dal ricorrente, indubbiamente più attinenti al diritto comunitario di quelli presentati dalla controinteressata F., non ha considerato che fra i due concorrenti egli è il solo a frequentare un corso di dottorato in diritto internazionale e dell’Unione europea coerente con il settore scientifico disciplinare al quale si riferisce l’impugnata procedura comparativa laddove il corso di dottorato interfacoltà, che la controinteressata assume di frequentare (“ambiente, medicina e salute”), non ha alcuna attinenza con il suddetto settore e, probabilmente, con nessuna altra branca del diritto;
f) Violazione di legge ed in particolare degli artt. 3, 51 e 97 Cost., dell’art. 12 D.P.R. n. 487 del 1994, eccesso di potere per disparità di trattamento, ingiustizia manifesta, violazione dei principi di buon andamento ed imparzialità, atteso che in occasione delle prove orali sono state violate le norme che, a salvaguardia dei valori costituzionali del buon andamento e dell’eguaglianza fra i cittadini, prescrivono la predisposizione di quesiti omogenei da rinchiudere in buste prive di segni distintivi e da inserire in un unico contenitore dal quale gli interessati possono attingere, previo sorteggio, l’argomento sul quale tutti devono riferire. Nella specie, invece, la Commissione ha prestabilito per ogni candidato una “personale” terna di quesiti, assolutamente disomogenei rispetto a quelli destinati agli altri candidati, con ciò precostituendo una corsia preferenziale per il candidato al quale si intendeva assegnare il posto messo a concorso. La riprova dell’esattezza del rilievo è nel quesito “sorteggiato” dal ricorrente ed avente ad oggetto “cooperazione allo sviluppo ed accordi di Cotonou”, cioè un argomento che a causa della recentissima approvazione degli stessi risulta trattato, ed in forma molto sbrigativa, solo nei manuali più recenti, raffrontato con quello sorteggiato dalla controinteressata ed afferente alla “libera circolazione delle merci” che, costituendo la prima e più importante delle quattro libertà fondamentali del mercato comune, trova ampissimo spazio in qualsiasi manuale istituzionale. Il macroscopico differente livello di complessità delle domande poste all’uno e all’altro candidato vizia in via derivata i giudizi finali espressi in forma egualmente positiva nei confronti di ambedue i concorrenti, rende non pertinente in sede di formulazione dei suddetti giudizi il rilievo assegnato dalla commissione giudicante ai “precisi riferimenti giurisprudenziali” fatti dalla F., e non anche dal ricorrente, nel corso della discussione orale atteso che sulla libertà di circolazione delle merci si è formata negli anni una copiosissima giurisprudenza comunitaria che naturalmente manca relativamente agli accordi di Cotonou sia per la loro recentissima approvazione sia, e soprattutto, per il fatto che si tratta di “accordi quadro”ancora in corso di attuazione e che finora non hanno formato oggetto di alcuna pronuncia giurisdizionale comunitaria. Ulteriore vizio nel modus procedendi seguito dalla Commissione è da ravvisarsi nel giudizio positivo espresso sul modo con il quale la controinteressata avrebbe discusso i propri titoli scientifici, atteso che questi ultimi sono stati prodotti in spregio alla legge e al bando;
g) Violazione dell’art. 7 L. n. 686 del 1957; eccesso di potere per ingiustizia manifesta e sviamento atteso che ambedue gli elaborati consegnati dalla controinteressata a conclusione delle prove scritte recavano inequivocabili segni di riconoscimento. Inoltre il giudizio finale reso nei confronti del ricorrente appare riduttivo rispetto ai singoli giudizi individuali resi relativamente al primo elaborato, mentre appare assolutamente ingiustificato quello, egualmente positivo, espresso nei confronti della controinteressata nonostante che il secondo suo elaborato si riduca a poco più di due paginette e risulti inficiato da palesi errori di diritto che avrebbero dovuto condurre ad un giudizio di totale insufficienza.
2. – Si è costituito in giudizio il Politecnico di Bari il quale ha depositato in giudizio un’ampia relazione, predisposta per l’Avvocatura distrettuale dello Stato e a firma del Rettore, recante la contestazione in fatto e in diritto delle censure dedotte dal ricorrente.
3. – Si è costituita in giudizio, inizialmente con il patrocinio dell’avv. Vito Petrarota, la controinteressata avv. M. F. la quale ha depositato in giudizio un’ampia memoria recante la puntuale contestazione, in fatto e in diritto, delle censure dedotte dal ricorrente. Con atto in data 20 luglio 2005 la stessa controinteressata ha rilasciato delega a rappresentarla e difenderla agli avv.ti Mario Sanino e Giovanna Corrente.
4. – Con ord. coll. n. 460 dell’ 8 giugno 2005 è stata disposta la sospensione cautelare degli effetti degli atti impugnati dal ricorrente ed è stato ordinato al Rettore del Politecnico di Bari di riconvocare la Commissione giudicatrice per “un puntuale riesame delle determinazioni adottate, da motivare con specifico e documentato riferimento alle singole censure dedotte dal ricorrente”. Contestualmente è stata fissata per il 27 luglio 2005 la nuova camera di consiglio.
Ai suddetti adempimenti il Rettore ha adempiuto depositando in giudizio in data 13 luglio 2005: a) il proprio decreto n. 383 del 20 giugno 2005, recante sospensione di tutti gli atti impugnati, compreso il decreto di nomina della controinteressata; b) l’avviso di riconvocazione della Commissione giudicatrice e le relazioni, a quest’ultima consegnate, del Direttore amministrativo del Politecnico con la documentazione acquisita; c) il verbale concernente il prescritto riesame compiuto dalla Commissione giudicatrice e una nota di precisazione del suo Presidente.
5. – A seguito dell’avvenuto deposito in giudizio da parte del Politecnico di Bari della documentazione afferente ai contratti di docenza da esso stipulati con la controinteressata avv. F. nell’arco temporale 2002-2004 il ricorrente ha proposto, nella via dei motivi aggiunti notificati il 15-18 luglio 2005 e depositati il successivo 23 luglio, le seguenti ulteriori censure:
h) Violazione di legge ed in particolare dell’art. 97 Cost., dei principi della L. n. 241 del 1990, dei principi che in materia di concorsi impongono la pubblicità dei bandi relativi, D.R. dl 7 luglio 1999 n. 322 dl Politecnico, eccesso di potere per motivazione irrazionale e insufficiente, difetto di presupposto e travisamento del fatto; sviamento atteso che non è chiaro quale forma di pubblicità sia stata data al bando del Politecnico n. 104/02 del 17 gennaio 2002, relativo al conferimento dell’incarico di docenza, e a quelli afferenti agli anni successivi, e non è neppure chiaro su quali basi il Consiglio di Facoltà, presieduto nell’occasione dal patrigno della controinteressata F., aveva riconosciuta a quest’ultima la qualifica di esperta in possesso di comprovata qualificazione professionale e scientifica nelle discipline oggetto dell’insegnamento, espressamente richiesta dal Regolamento del Politecnico di Bari approvato con D.R. n. 322 del 7 luglio 1999 come requisito di ammissione alla stipula di contratti di docenza di diritto privato, atteso che nel settembre 2002 la stessa non esercitava la professione forense, non aveva ancora conseguito il dottorato di ricerca e non possedeva alcuna pubblicazione;
i) Violazione dell’art. 97 Cost., dei principi di buon andamento ed imparzialità e trasparenza e del D.M. 28 novembre 2000, recante Codice di comportamento dei dipendenti delle pubbiche Amministrazioni; dell’art. 54 D.L.vo n. 165/01; eccesso di potere per arbitrarietà manifesta e sviamento atteso che, come risulta dai verbali relativi alle impugnate delibere del Consiglio di Facoltà, in tutte e tre le sedute di conferimento dell’incarico di insegnamento alla controinteressata F. il detto Consiglio è stato presieduto dal prof. Liberti, marito della madre della suddetta F. e con lei convivente, il quale non solo ha preso la parola in apertura di seduta, ma ha diretto la discussione e non si è astenuto né si è fisicamente allontanato dall’aula in occasione della votazione. Si tratta di un comportamento gravissimo, tenuto dal Preside in aperta violazione dell’obbligo di astensione ex lege gravante su di lui in quanto affine di primo grado in linea retta con la F., con lei convivente e di lei commensale abituale e, quindi, in palese posizione di conflitto rispetto agli interessi pubblici che, in virtù della carica rivestita, egli aveva l’obbligo di tutelare;
l) Violazione di legge, dell’art. 97 Cost., dei principi di legalità, trasparenza e buon andamento; del D.P.R. n. 117/2000; del bando di concorso e dei criteri di massima predeterminati dalla Commissione; eccesso di potere per irrazionalità, illogicità, disparità di trattamento, ingiustizia manifesta, difetto di presupposto, travisamento del fatto; difetto di istruttoria; sviamento atteso che la Commissione, pur avendo escluso la valutabilità della monografia presentata dalla controinteressata, l’ha contestualmente ritenuta titolo idoneo a comprovare la capacità di ricerca della candidata, nonostante che nell’atto introduttivo del giudizio fosse stato documentato che detta pubblicazione è in non piccola parte frutto di plagio degli scritti di altri autori e di documenti ufficiali, alcuni dei quali “sfacciatamente copiati con l’aiuto di uno scanner” e costituenti “grave indizio di una vera e propria propensione al lavoro scientifico disonesto”;
m) Violazione di legge, dell’ art. 97 Cost., dei principi di legalità, trasparenza e buon andamento; del D.P.R. n. 117/2000; del bando del concorso (art. 3, n. 10, lett. c e 3, penultimo co., D.R. n. 200/2004); violazione dei criteri di massima predeterminati dalla Commissione (criterio “d”); eccesso di potere per irrazionalità, illogicità, disparità di trattamento, ingiustizia manifesta, difetto di presupposto, travisamento del fatto; difetto di istruttoria; sviamento atteso che nelle more del giudizio ha trovato ulteriore conferma la censura dedotta dal ricorrente nell’atto introduttivo del giudizio stesso in ordine alla effettuata valutazione del lavoro dell’interessata intitolato “OMS verso un sistema di tutela integrata”, asseritamene pubblicato alle pagg. 117-128 del terzo volume (dicembre 2003) del periodico IRRE.net, che non è mai stato pubblicato, di conseguenza non risulta depositato presso la Procura della Repubblica di Lecce, non è stato prodotto in giudizio dal Politecnico né tanto meno è stato esibito in occasione dell’acceso agli atti da parte del ricorrente. Il Servizio informazioni e ricerche bibliografiche generali della Biblioteca nazionale di Roma e l’Ufficio informazioni bibliografiche della Biblioteca nazionale centrale di Firenze, alle quali per legge deve essere inviato un esemplare di tutte le pubblicazioni a stampa, su richiesta del ricorrente hanno comunicato di non aver mai ricevuta copia del suddetto volume.
6. – Sempre a seguito dell’ intervenuto deposito in giudizio della relazione della Commissione e degli atti da essa richiamati, compresa la delibera del Consiglio di Facoltà del 13 ottobre 2003 recante il conferimento alla controinteressata F. della supplenza per l’insegnamento nell’a.a. 2003/2004 di “normativa europea”, il ricorrente D.M. con atto notificato in data 23-25 luglio ne ha chiesto l’annullamento deducendo nei loro confronti, nella via dei motivi aggiunti, le seguenti ulteriori censure:
n) Violazione dell’ ord. T.A.R. Puglia 460/05; violazione dell’art. 7 L. n. 241/90; eccesso di potere per motivazione insufficiente, irrazionalità, difetto di motivazione, illogicità, difetto di presupposto atteso che in sede di riesame delle precedenti determinazioni ed in spregio all’ordine impartito dal T.A.R. di motivare con riferimento alle censure dedotte dal ricorrente la Commissione si è ritenuta autorizzata a rivedere d’ufficio in pejus il giudizio largamente positivo già espresso nei confronti di quest’ ultimo, pur in assenza di ricorso incidentale da parte della controinteressata e procedendo nella via dell’autotutela senza aver previamente garantito al ricorrente stesso la possibilità di partecipare al procedimento a difesa delle proprie ragioni;
o) Violazione dell’ ord. TAR Puglia 460/05; violazione dell’art. 97 Cost., del D.P.R. n. 117/00, della lex specialis; eccesso di potere per difetto di presupposto, travisamento del fatto, ingiustizia manifesta, irragionevolezza; sviamento atteso che: o’) relativamente alla docenza è palese l’arbitrarietà della comparazione effettuata dalla Commissione in sede di riesame continuando a valutare la docenza della F. ancorché assunta sulla base di atti palesemente illegittimi e, al contrario, sminuendo con palese ostilità le attività espletate dal ricorrente ancorché ritenute più che soddisfacenti in occasione della prima valutazione; o”) relativamente al dottorato di ricerca la Commissione ha assurdamente ritenuto equiparabili i titoli posseduti dai due concorrenti nonostante che la controinteressata F. avesse dichiarato solo nel corso della prova orale di aver vinto il relativo concorso, ma non anche di aver ottenuto la connessa borsa di studio, e la palese estraneità delle materie che ne costituivano l’oggetto (“Ambiente, medicina e salute”) rispetto a quelle afferenti alla disciplina (Diritto dell’Unione europea: settore disciplinare IUS/14) alla quale si riferiva il posto di ricercatore messo a concorso; o”’) relativamente all’attività di formazione, la Commissione ha irragionevolmente riservato lo stesso trattamento ai corsi e seminari di formazione in materia di diritto dell’Unione europea, svolti dal ricorrente, e alla mera partecipazione della controinteressata a convegni di una o due giornate, aperti a tutti, e a gruppi di lavoro operanti presso la Facoltà di psicologia e svolgenti attività che non hanno nulla a che vedere con le materie giuridiche; o””) relativamente ai servizi prestati presso Atenei, la Commissione ha persistito nell’errore di considerare i titoli didattici e le attività universitarie della controinteressata F. più significativi di quelli del ricorrente;
p) Violazione dell’ ord. 460/05, violazione di legge, dell’art. 97 Cost, dei principi di legalità, trasparenza e buon andamento; del D.P.R. n. 117/2000; del bando del concorso (art. 3, n. 10, lett. c e 3, penultimo co., R.D. n. 200 del 2004); violazione dei criteri di massima predeterminati dalla Commissione (criterio ”d”); eccesso di potere per irrazionalità, illogicità, disparità di trattamento, ingiustizia manifesta, difetto di presupposto, travisamento del fatto; difetto di istruttoria; sviamento atteso che: p’) con riferimento all’unica pubblicazione del ricorrente che, in sede di riesame, è stata ritenuta valutabile, il malanimo della Commissione è comprovato dalla ricerca di argomenti assolutamente pretestuosi (ad esempio, la mancanza di note a pie’ di pagina) e formulati in assoluta mala fede per sminuire il valore scientifico dell’opera; p”) con riferimento agli altri due contributi del ricorrente ritenuti non valutabili è documentato che essi sono stati pubblicati, rispettivamente, sul fasc. n. 1/2003 di Giurisprudenza italiana e sul fascicolo n. 1/2003 della Rivista critica del diritto privato, cioè un anno prima della scadenza del termine per la presentazione della domanda di partecipazione alla selezione e su riviste giuridiche di assoluto prestigio, presenti in qualsiasi biblioteca o libreria giuridica e a pieno titolo circolanti in modo regolare; quanto alle critiche di merito formulate solo in sede di riesame nei riguardi dei due scritti, le stesse sono totalmente fuori bersaglio e forniscono una ulteriore riprova dell’intento persecutorio coltivato del collegio giudicante nei confronti di un candidato che aveva osato denunciare un modus procedendi palesemente preordinato ad assicurare il posto messo a concorso alla figliastra del Preside della Facoltà per la quale la procedura comparativa era stata bandita;
q) Violazione dell’ ord. 460/05; dell’art. 97 Cost., dei principi di legalità, trasparenza e buon andamento; del D.P.R. n. 117/2000; eccesso di potere per irrazionalità, illogicità, disparità di trattamento, ingiustizia manifesta, difetto di presupposto, travisamento del fatto; difetto di istruttoria; sviamento attesa la palese ipocrisia dei componenti l’organo collegiale che, con riferimento alle prove scritte, da un lato dichiarano di non voler modificare i giudizi già espressi e, dall’altro lato, li modificano in modo surrettizio in danno del solo ricorrente, trascurando la palese insufficienza di uno degli scritti della controinteressata, di ampiezza appena superiore a due paginette e benevolmente valutata come espressiva di capacità di sintesi, e la presenza in esso di singole frasi che, riproducono, alla lettera, interi periodi estrapolati da due opere di agevolissima reperibilità, una delle quali del Presidente della Commissione, il che rende non temerario il sospetto che la controinteressata abbia avuto anticipata conoscenza della relativa traccia;
r) Violazione dell’ ord. TAR Puglia n. 460/05, violazione di legge, dell’art. 57 Cost., dei principi di legalità, trasparenza e buon andamento del D.P.R. n. 686 /1957, eccesso di potere per irrazionalità, illogicità, disparità di trattamento, ingiustizia manifesta, difetto di presupposto, travisamento del fatto; difetto di istruttoria; sviamento atteso che la disposta “personalizzazione” dei quesiti da sottoporre ai singoli candidati, motivata con richiamo all’ampia discrezionalità di cui godrebbe ogni Commissione in sede di organizzazione delle prove orali e alla necessità di evitare che venga scelto un argomento del quale un singolo candidato si sia già specificamente occupato, si pone in palese contrasto con la normativa vigente, la quale riconosce all’organo collegiale ampia discrezionalità nella scelta delle domande da sottoporre a sorteggio, ma non anche di fissare domande per singoli candidati contraddistinte oltretutto da un dato numerico ben visibile sulle singole buste, metodo questo idoneo a precostituire le condizioni per assicurare ingiustificati favoritismi a vantaggio di alcuni concorrenti e con palese violazione dei principi di trasparenza e di obiettività ai quali ogni collegio giudicante dovrebbe ispirare il proprio modus operandi;
s) Violazione dell’art. 97 Cost., dei principi di buon andamento ed imparzialità e trasparenza e del D.M. 28 novembre 2000, recante Codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni; dell’art. 54 D.L.vo n. 165/01; eccesso di potere per arbitrarietà manifesta; sviamento atteso che la Commissione, in palese dispregio dell’impegno preso di rivedere solo i giudizi concernenti i titoli e di mantenere invece fermi i giudizi individuali e collegiali su tutte le altre prove, ha immotivatamente riveduto in melius il giudizio sulle prove scritte ed orali della controinteressata, che in precedenza era stato formulato in termini assolutamente identici per ambedue i concorrenti.
7. – Con atto notificato in data 25 luglio 2005 e depositato il successivo 26 luglio, cioè all’immediata vigilia della camera di consiglio già fissata per il 27 dello stesso mese, la controinteressata avv. M. F., costituita in giudizio sin dal 20 maggio 2005, ha proposto ricorso incidentale avverso il cit. verbale 6 luglio 2005 della Commissione giudicatrice e ne ha chiesto l’annullamento in parte qua sulla base dei seguenti motivi di doglianza:
a) Violazione e falsa applicazione dell’art. 1 D.L.Lgt. n. 660 del 31 agosto 1945 e s.m.i. – Violazione e falsa applicazione dell’art. 75 D.P.R. n. 4452000 – Eccesso di potere per difetto di istruttoria e travisamento dei presupposti atteso che è illegittima la determinazione della Commissione di non valutare la monografia “Ambiente e salute nel diritto europeo”, pubblicata nell’aprile 2004 dall’editore Pensa Multimedia e messa in vendita al prezzo di € 16,00, per il tardato adempimento agli obblighi previsti dall’art. 1 D.L.Lgt. n. 660 del 31 agosto 1945. Tale determinazione si pone in contrasto sia con la funzione che la giurisprudenza del giudice amministrativo assegna alle prescrizioni dettate dalla succitata norma, e cioè limitare la valutazione ai soli lavori effettivamente pubblicati alla data di scadenza del termine utile per la presentazione della domanda, sia con l’ulteriore precisazione dello stesso giudice secondo la quale l’obbligo di consegna di quattro esemplari di ogni stampato alla Prefettura e di un esemplare alla locale Procura della Repubblica incombe sullo stampatore, il cui inadempimento o ritardo non può ritorcersi in danno dell’ autore, che non può a lui sostituirsi. Segue da ciò che nel caso in esame la dichiarazione attestante l’avvenuto adempimento agli obblighi di cui all’art. 1 del cit. D.L.Lgt. n. 660 del 1945 era stata resa dalla controinteressata nel ragionevole convincimento che l’editore avesse già provveduto, di propria iniziativa, ad adempiere agli obblighi di legge che a lui facevano carico;
b) Violazione e falsa applicazione dell’art. 1 D.L.Lgt. n. 660 del 31 agosto 1945 e s.m.i. – Violazione e falsa applicazione dell’art. 75 D.P.R. n. 445/2000 – Eccesso di potere per difetto di istruttoria e travisamento dei presupposti atteso che con riferimento all’articolo “Diritti fondamentali, principio di eguaglianza e riforma della normativa in materia di immigrazione”, pubblicato nel fascicolo n. 1/2003 della Rivista critica del diritto privato, dell’Editore Iovene, anche il ricorrente principale D.M. era incorso nella medesima dichiarazione mendace che la Commissione ha contestato alla ricorrente incidentale, avendo la Procura della Repubblica di Napoli attestato che un esemplare di detta pubblicazione era stato depositato dalla ditta P.M.P. Press Point solo in data 27 maggio 2005 e, quindi, in ritardo rispetto al termine finale fissato per la presentazione delle domande di partecipazione alla procedura comparativa. Segue da ciò che, ove dovesse essere confermata l’esclusione dalla valutazione della monografia della ricorrente incidentale, analoga conclusione dovrebbe essere tratta anche per il contributo del D.M.;
c) Violazione e falsa applicazione dell’art. 3, lett. b), D.R. 26 marzo 2004 – Eccesso di potere per violazione del principio di par condicio, difetto di motivazione, difetto di istruttoria e travisamento dei presupposti atteso che illegittimamente la Commissione ha ritenuto valutabile l’attività didattica asseritamene svolta dal ricorrente principale pur in mancanza della richiesta documentazione o quanto meno di autodichiarazione;
d) Violazione e falsa applicazione dell’art. 7 D.P.R. n. 686/1957 – Eccesso di potere per difetto di motivazione, difetto di istruttoria e travisamento dei presupposti atteso che il metodo utilizzato dal ricorrente principale per la cancellatura nei suoi scritti di alcune parole, e cioè la loro iscrizione in piccoli rettangoli, ancorché largamente utilizzato in ambito forense, nelle procedure concorsuali costituisce chiaro ed in equivoco segno di riconoscimento, che la Commissione ha rilevato e al quale coerentemente avrebbe dovuto far seguire l’esclusione del D.M. dalla procedura comparativa.
8. – Ha diffusamente replicato il ricorrente principale con memoria depositata il 26 luglio 2005.
9. – Con memoria depositata in pari data la controinteressata F. ha ripreso e ulteriormente sviluppato le proprie difese.
10. – Nel corso della camera di consiglio le parti in causa presenti si sono concordemente rimesse ai rispettivi scritti difensivi.
DIRITTO
1. – Ragioni di ordine logico inducono il Collegio a dare precedenza, nella disamina della controversia sottoposta al suo giudizio, al ricorso incidentale proposto dalla controinteressata F., risultata vincitrice della valutazione comparativa indetta dal Politecnico di Bari per l’ assegnazione di un posto di ricercatore presso la II Facoltà di ingegneria, con sede in Taranto, per il settore scientifico-disciplinare IUS/14–Diritto dell’ Unione europea
Se è vero infatti, come insegna da tempo la giurisprudenza del giudice amministrativo, che di regola l’esame del ricorso incidentale è subordinato all’accoglimento di quello principale, in ragione del suo carattere accessorio e subordinato all’esito di questo, è anche vero che ove con esso vengano dedotti motivi di doglianza che, se fondati, porterebbero a far dubitare dell’interesse del ricorrente principale a continuare a coltivare il gravame – nessun concreto vantaggio essendo egli in grado di ricavare da una eventuale declaratoria di fondatezza delle censure con esso proposte – il ricorso incidentale assume carattere pregiudiziale (Cons. Stato, V Sez., 8 maggio 2002 n. 2468; T.A.R. Lazio, III Sez., 16 gennaio 2004 n. 302; T.A.R. Napoli, I Sez., 12 marzo 2003 n. 2431; T.A.R. Piemonte, II Sez., 10 giugno 2002 n. 1190).
Questa è la situazione che ricorre nel caso in esame atteso che le censure dedotte dalla controinteressata nella via del ricorso incidentale mirano non solo a recuperare valutazioni positive inizialmente espresse dalla Commissione esaminatrice nei confronti di una sua pubblicazione e non confermate a conclusione del riesame disposto da questo T.A.R. con l’ord. coll. n. 640 dell’ 8 giugno 2005, ma anche e soprattutto a contestare il possesso da parte del ricorrente principale dei titoli scientifici e didattici necessari per partecipare, con probabilità di successo, alla procedura comparativa dalla quale a suo avviso avrebbe dovuto essere addirittura escluso per irregolarità commesse in occasione delle prove scritte.
2. – Ciò premesso, detto ricorso incidentale è in parte irricevibile e in parte infondato.
È irricevibile, per tardività, nella parte volta a contestare il modus procedendi seguito dalla Commissione giudicatrice sia nel ritenere valutabili una delle pubblicazioni presentate dal ricorrente principale e l’attività didattica che questi ha dichiarato di aver svolto, sia nel non averlo escluso dalla procedura comparativa pur avendo constatato l’esistenza di accorgimenti dallo stesso adottati al fine di rendere riconoscibili gli elaborati consegnati a conclusione delle prove scritte.
Si è già detto in narrativa che il D.M. ha notificato il suo ricorso in data 18-19 aprile 2005 e ad esso ha allegato una ponderosa documentazione afferente alla procedura impugnata. La controinteressata, pur essendosi tempestivamente costituita in giudizio, con non commendevole indifferenza per le esigenze conoscitive ed operative del Collegio giudicante ha atteso oltre due mesi per proporre il ricorso incidentale e lo ha depositato il giorno immediatamente precedente quello da tempo prefissato per la camera di consiglio adducendo vizi che, ove effettivamente sussistenti, sarebbero comunque riconducibili alla originaria determinazione della Commissione giudicatrice, e non a quella dalla stessa assunta a conclusione del riesame disposto da questo T.A.R., nel corso del quale le conclusioni già assunte sulle questioni tardivamente prospettate dalla ricorrente incidentale, e favorevoli al ricorrente principale, non hanno formato oggetto di revisione.
Segue da ciò che non può essere assecondato il tentativo della controinteressata di essere considerata rimessa in termini in conseguenza del nuovo deliberato della Commissione, il quale è contestabile nella via del ricorso incidentale per quanto di nuovo esso reca, e non per quello sul quale tace, a conferma delle conclusioni già assunte e divenute definitive per mancata loro impugnazione nei termini.
3. – Preme peraltro al Collegio chiarire che, a prescindere dal carattere assorbente del succitato profilo attinente al rito, le censure dedotte dalla ricorrente incidentale sono, nel merito, prive di pregio.
Ciò è a dirsi innanzi tutto per quella volta a denunciare, con riferimento al saggio del D.M. su “Diritti fondamentali, principio di eguaglianza e riforma della normativa in materia di immigrazione”, il ritardo con il quale l’autore e/o il suo editore avrebbero provveduto ad adempiere all’ obbligo di consegna delle copie alla Prefettura e alla locale Procura delle Repubblica, imposti dall’art. 1 D.L.Lgt. 31 agosto 1945 n. 660.
Ed infatti, se è vero come sostiene anche la ricorrente incidentale richiamando principi da tempo fissati dalla giurisprudenza del giudice amministrativo, che il suddetto obbligo di consegna è funzionale all’esigenza di accertare e certificare che i contributi scientifici prodotti dai candidati a concorsi universitari sono stati effettivamente pubblicati nelle forme prescritte dalla legislazione sulla stampa e diffusi prima della scadenza del termine finale fissato per la presentazione della domanda di partecipazione alla procedura comparativa, è indubbio che nella specie tale circostanza risulta incontestabile con riferimento al saggio in questione, in quanto pubblicato alle pagg. 179-201 del fasc. 1/2003 della “Rivista critica del diritto privato” dell’Editore Jovene e quindi diffuso fra la comunità scientifica almeno un anno prima della scadenza del suddetto termine.
Comunque è in atti la dichiarazione del suddetto noto Editore, della cui probità il Collegio non ha motivo di dubitare, secondo cui la consegna dei quattro esemplari d’obbligo alla Prefettura di Napoli è stata effettuata in data 22 settembre 2003 e ripetuta il 27 giugno 2005 dallo stampatore in conseguenza dell’avvenuta sottrazione della originaria documentazione.
4. – Di ancora minore spessore sono le altre due censure dedotte. Ed invero:
a) l’attività didattica svolta dal ricorrente risulta dal curriculum presentato e non è contestata; in ogni caso manca nel bando una clausola che espressamente preveda la non valutabilità dei titoli dichiarati dal candidato sotto la propria personale responsabilità ma non certificati, trattandosi al limite di mera irregolarità sanabile a seguito di ordine di integrazione della documentazione impartito dalla Commissione, che ne avverta la necessità e che, afferendo a titoli già dichiarati, non introduce un quid novi idoneo a vulnerare la par condicio dei partecipanti.
Aggiungasi, anche al fine di moralizzare la vicenda, che nella medesima situazione del ricorrente principale si trova anche la ricorrente incidentale, con riferimento all’ attività che nel proprio curriculum ella afferma di aver svolto nell’anno accademico 1999-2000 presso la cattedra di diritto penale della Facoltà di giurisprudenza dell’Università degli studi di Bari, in qualità di assistente volontario e di tutor, e nel giugno 2003 presso la II Facoltà di ingegneria del Politecnico di Bari – Sede di Taranto in qualità di partecipante ad un seminario sul tema “Il danno ambientale”.
Palesemente inconsistente è, inoltre, il dubbio sollevato dalla controinteressata in ordine alla effettiva partecipazione del ricorrente principale, in qualità di docente, ad un corso di aggiornamento professionale organizzato dalla Scuola forense barese dal 9 al 31 maggio 2003 sul tema “Il diritto dell’immigrazione e la difesa dello straniero” e che trae spunto da una osservazione della Commissione sulla data di effettivo svolgimento della lezione da parte del ricorrente principale, osservazione del tutto inconferente per le ragioni che saranno in seguito esposte in ordine ai limiti al quale andava incontro l’ attività di revisione che il T.A.R. le aveva affidato ed anche ultronea atteso che irragionevolmente nessuna conseguenza l’organo in questione trae dalle circostanza che riteneva di dover segnalare (“vanno segnalate”, ma non si comprende a chi) e che era palese l’errore materiale nel quale era incorso il compilatore del certificato rilasciato al ricorrente principale nell’indicare nel 2004, anziché nel 2003, l’ anno in cui era stato tenuto il corso, come infatti attestato dal Presidente della Scuola forense con nota depositata in atti;
b) di ancora minore spessore qualitativo è la censura con la quale la controinteressata contesta alla Commissione di non aver disposto l’esclusione dalla valutazione comparativa del ricorrente principale pur avendo rilevato l’esistenza di “inequivoci segni di riconoscimento” su uno dei suoi elaborati scritti.
Non risponde infatti al vero che l’organo collegiale nella sua relazione finale avrebbe reso la dichiarazione che la controinteressata incautamente gli attribuisce atteso che lo stesso, nell’escludere la presenza negli scritti della F. dei “contrassegni identificativi” segnalati con apposita censura dal D.M., si è limitato ad osservare che, ove si seguisse “lo stesso minuzioso metodo adottato dal ricorrente”, negli elaborati di ogni candidato ad una procedura concorsuale sarebbero facilmente rintracciabili possibili contrassegni identificativi anche meno appariscenti, e tali potrebbero essere considerate anche le cancellature effettuate dal D.M. iscrivendo le parole da eliminare in piccoli rettangoli.
Trattasi di argomentazione del tutto condivisibile, che riflette fedelmente quelle da tempo presenti nella giurisprudenza del giudice amministrativo, secondo le quali nelle procedure concorsuali indette per la copertura di posti di pubblico impiego la regola dell’anonimato degli elaborati scritti non può essere intesa in modo tassativo ed assoluto, tale da comportare l’invalidità delle prove ogni volta che sussista un’astratta possibilità di riconoscimento perché, se così fosse, sarebbe impossibile svolgere concorsi per esami scritti, giacchè non si potrebbe mai escludere a priori che un commissario sia in condizione di riconoscere una particolare modalità di stesura; sulla base di questa premessa è stato affermato che l’invalidità della prova scritta postula l’esistenza di elementi atti a comprovare in modo inequivoco l’intenzione del concorrente di rendere riconoscibile il proprio elaborato (C.si. 6 novembre 2000 n. 433; Cons. Stato, V Sez., 26 settembre 2000 n. 5098; T.A.R. Napoli, II Sez., 25 marzo 2005 n. 2664).
Segue da ciò l’uso distorto che la ricorrente incidentale ha fatto di una corretta e ragionevole osservazione formulata dall’organo collegiale a supporto della riscontrata inesistenza di inequivoci segni di riconoscimento negli scritti di ambedue i concorrenti.
Aggiungasi, questa volta con richiamo al comune buon senso, che dei segni di riconoscimento è interessato a fare uso il candidato che ritiene di poter fare affidamento sulla complicità, in sede di correzione delle prove scritte, di uno o più componenti della Commissione esaminatrice e che con questi ha già concordato i segni che dovrebbero metterli in condizione di identificare il suo elaborato. Non è certamente questa la situazione che ricorre nel caso in esame atteso che in ambedue i suoi interventi l’organo collegiale ha sempre fatto blocco sul nominativo della controinteressata, a lei riconoscendo all’unanimità dei suoi componenti il possesso di titoli scientifici e didattici superiori a quelli dichiarati dal ricorrente principale e a questi riservando, in occasione del riesame, un atteggiamento che non può certamente considerarsi amichevole.
5. – Un più ampio ed articolato discorso merita la censura con la quale la ricorrente contesta la decisione, assunta dalla Commissione in sede di riesame del precedente deliberato e a seguito di apposita doglianza del ricorrente principale, di non tener più conto, nella disamina delle pubblicazioni da lei presentate, della monografia dal titolo “Ambiente e salute nel diritto europeo”, inizialmente valutata in termini positivi, per aver ella falsamente affermato, nella dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà firmata il 5 maggio, che per tutte le sue pubblicazioni erano stati soddisfatti gli obblighi di cui all’art. 1 D.L.Lgt. n. 660 del 1945, che invece per detta monografia era risultato essere stati adempiuti solo in data successiva alla scadenza del termine fissato dal bando e prorogato dal D.R. n. 280 del 2004 dal 6 al 13 maggio solo per la presentazione delle domande di ammissione alla procedura comparativa.
A questo riguardo una precisazione preliminare peraltro si impone, anche se essa assume un rilievo solo marginale rispetto alla decisione che il Collegio è chiamato ad adottare: nel verbale del 6 luglio 2005, redatto a conclusione del riesame, la Commissione ha ritenuto di dover precisare, presumibilmente a giustificazione dell’errore inizialmente commesso ammettendo a valutazione detta monografia, che esula dalla sua competenza “l’indagine squisitamente formale della regolarità degli atti prodotti dai concorrenti, essendo questo esame preliminare affidato all’attività istruttoria degli uffici del Politecnico, ed in particolare del responsabile del procedimento”.
Trattasi di affermazione non condivisibile atteso che nell’attuale ordinamento disciplinante la docenza universitaria non è rinvenibile norma o principio dai quali possa desumersi che la responsabilità del procedimento preordinato alla copertura di posti di ricercatore deve intendersi ripartita fra gli Uffici amministrativi e la Commissione giudicatrice.
Nella materia de qua gli Uffici sono infatti chiamati ad una collaborazione meramente materiale con il collegio giudicante, che naturalmente comprende anche la raccolta e l’inoltro della documentazione depositata dai candidati alla valutazione comparativa, ma che non si estende affatto alla verifica, neppure preliminare, della sua regolarità, atteso che il giudizio in ordine alla utilizzabilità a fini concorsuali di detta documentazione è solo della Commissione, in ragione dei compiti istruttori e propositivi che ad essa sono affidati in via esclusiva e delle connesse responsabilità che essa condivide solo con l’organo che, a conclusione del procedimento, è chiamato ad approvarne il deliberato e a procedere alla nomina del vincitore.
6. – Ciò premesso la censura della ricorrente incidentale deve essere disattesa, non essendo assecondabile il suo tentativo di stabilire un parallelismo con la posizione del ricorrente principale relativamente all’articolo da questi pubblicato nel marzo 2003 sulla “Rivista critica del diritto privato” atteso che nei suoi confronti il pur tardivo adempimento degli obblighi fissati dal cit. art. 1 D.L.Lgt. n. 660 del 1945 non è in grado di fornire una prova sicura della esistenza ad una certa data di una pubblicazione avente i requisiti necessari per essere valutabile a fini concorsuali. Ed invero:
a) il ricorrente principale ha depositato in giudizio il testo integrale della monografia della F., edita dalla Pensa Multimedia e inserita nella collana “I laboratori scientifici – I beni ambientali”, che reca nell’ultima pagina il “Finito di stampare nel mese di settembre 2004” e, quindi, ben oltre il termine finale fissato dal bando;
b) dal loro canto il Politecnico e la controinteressata hanno depositato in giudizio solo uno stralcio di detta monografia, costituita dal frontespizio, dall’indice (privo peraltro dei numeri delle pagine corrispondenti ai singoli capitoli e paragrafi) e dalla parte finale, per un totale di solo otto pagine, rispetto alle 357 di cui consta il testo definitivo finito di stampare nel settembre 2004. L’ultima delle pagine depositate reca il “finito di stampare nel mese di aprile 2004”; nella prima pagina si legge che la monografia in questione fa parte della collana “I saperi della formazione”, nella seconda pagina essa risulta invece collocata nella diversa collana “Non solo scuola” 6;
c) rileva il ricorrente principale che lo scritto, sul quale la Commissione ha portato il proprio esame e dal quale essa ha ritenuto di poter desumere la spiccata idoneità della F. alla ricerca scientifica, non è mai stato depositato in giudizio nella sua integrità e non gli è stato neppure consentito di prenderne visione in sede di accesso ai documenti perché è solo una incompleta bozza di stampa frettolosamente predisposta con la collaborazione della Casa editrice all’immediata vigilia della scadenza del termine fissato dal bando per il deposito delle pubblicazioni. Essa reca lo stesso numero di codice ISBN (88-8232-330-7) successivamente assegnato al testo definitivo stampato nel settembre 2004, non è mai stata messa in commercio ed è quindi priva del requisito fondamentale costituito dall’avvenuta diffusione nella comunità scientifica. Inoltre, per buona parte, è frutto di un documentato plagio ottenuto anche mediante scannerizzazione di scritti di altri autori e di documenti ufficiali;
d) oppone la ricorrente incidentale che il quid novi verificatosi nell’arco temporale compreso fra l’aprile e il settembre 2004 è costituito soltanto dalla ricollocazione nel mese di settembre della monografia, finita di stampare in aprile, in una collana diversa da quella nella quale (rectius, da quelle nelle quali) era stata originariamente inserita.
Visti gli atti di causa il Collegio rileva l’esistenza di sufficienti indizi per ritenere effettivamente non valutabile a fini concorsuali il testo sul quale la Commissione ha portato il proprio esame.
Costituisce infatti principio consolidato nella giurisprudenza del giudice amministrativo sia di primo grado (T.A.R. Bari, I Sez., 19 febbraio 2002 n. 963) che di appello (Cons. Stato, VI Sez., 14 gennaio 2003 n. 116 e 3 marzo 2004 n. 1053) che le pubblicazioni, di cui in sede di valutazione comparativa dei candidati a posti di docente universitario la Commissione giudicatrice deve valutare, ai sensi dell’art. 4, co. 2, lett. d) D.P.R. 23 marzo 2000 n. 117, la collocazione editoriale e la diffusione all’interno della comunità scientifica, sono solo quelle di cui un editore abbia curato la stampa, la distribuzione e la diffusione e che, alla data di scadenza del termine per la presentazione della domanda di ammissione alla procedura comparativa, risultino già diffuse dallo stesso editore e dall’autore fra gli studiosi della materia del cui giudizio, ove espresso, la Commissione, pur nella sua ampia autonomia, deve tener conto quanto meno come elemento di conoscenza.
Sulla base di questa premessa, della cui ragionevolezza non sembra possa dubitarsi, sono stati ritenuti non valutabili gli elaborati affidati dagli autori, alla vigilia della scadenza del termine per la presentazione della domanda di ammissione, a comuni stamperie ovvero a case editrici compiacenti, disposte dietro compenso a prestare il proprio nome a lavori frettolosamente stampati ma impossibilitate a svolgere, per la ristrettezza del tempo a disposizione, l’attività più qualificante per un editore, e cioè la distribuzione e la divulgazione dell’opera altrui.
Nel caso in esame i dubbi sulla effettiva data di pubblicazione della monografia di cui si discute trovano ragionevole riscontro sia nel comportamento processuale della sua autrice che nella sostanziale debolezza delle argomentazioni da essa svolte a difesa delle proprie ragioni. Ed invero:
a) nonostante i ripetuti rilievi mossi dal ricorrente principale, sia nell’atto introduttivo del giudizio che nella via dei motivi aggiunti, al testo che da parte della controinteressata si assume essere stato stampato nell’aprile 2004, al punto da negarne addirittura l’esistenza, la F. ha depositato in giudizio solo 8 pagine dello stesso, pur essendo di palese evidenza il contributo chiarificatore che avrebbe potuto offrire il raffronto fra il testo integrale che si afferma essere stato pubblicato nell’aprile 2004 e quello finito di stampare nel settembre dello stesso anno;
b) la collocazione di un testo già pubblicato in una collana diversa da quella nella quale era stata originariamente inserita non comporta di regola la necessità di una nuova stampa e non spiega quindi l’ apposizione di un nuovo “Finito di stampare” in una data diversa e successiva a quella che si legge nel testo che si assume essere già stato pubblicato in aprile;
c) sfugge alla conoscenza del Collegio l’esistenza di pubblicazioni considerate definitive, il cui indice non reca l’indicazione delle pagine corrispondenti ai singoli capitoli e paragrafi;
d) la prima e fondamentale forma di pubblicità alla quale fa ricorso qualsiasi editore, che si preoccupi di assicurare un’ adeguata diffusione alle opere da lui pubblicate, è costituita dal tempestivo loro inserimento in catalogo: nel caso in esame non è contestato, anche perché documentato, che nel catalogo 2005 della Pensa Multimedia il titolo della monografia, che si assume esser stata edita nell’aprile 2004, non compare né nella collana “I saperi della formazione” né nella collana “Non solo scuola”, pur essendo ambedue richiamate (come già si è detto) l’una nel frontespizio e l’altra nella seconda delle 8 pagine depositate in giudizio; compare invece nel suddetto catalogo, al n. 4 della collana “Laboratori scientifici”, il testo della monografia finita di stampare nel settembre 2004.
7. – Deve pertanto essere integralmente confermata, anche se con più corretta motivazione, la decisione della Commissione di escludere dalle pubblicazioni della controinteressata, suscettibili di valutazione, la suddetta monografia anche se risulta estranea ai compiti di detta Commissione, ed anche contrastante con i canoni di imparzialità e di terzietà ai quali deve attenersi qualsiasi collegio giudicante, la difesa contestualmente svolta del lavoro della F. dall’ accusa di plagio formulata dal ricorrente principale.
Ed invero, una volta stabilito che detta monografia non era valutabile, la censura, con la quale il D.M. sosteneva che la F. si era intenzionalmente appropriata di scritti altrui, avrebbe dovuto essere dichiarata dalla Commissione improcedibile per sopravvenuto difetto d’interesse, essendo venuto meno l’ oggetto del contendere, e non “infondata”, trattandosi di declaratoria che presuppone un compiuto esame di merito, nella specie inibito dal giudizio già reso di non valutabilità della pubblicazione, che di conseguenza avrebbe dovuto essere considerata dalla Commissione tamquam non esset.
Aggiungasi che in ogni caso le ragioni addotte a difesa del comportamento della ricorrente incidentale e, di riflesso, dell’organo che inizialmente aveva espresso un giudizio positivo sul suo lavoro, sono di palese inconsistenza.
Ed invero, se entro limiti ben definiti conseguenti alla qualificazione professionale dei soggetti chiamati a far parte del collegio giudicante, può ritenersi in linea generale condivisibile la premessa da cui parte la Commissione nella sua difesa, e cioè che “sarebbe arduo ed improbo il lavoro dei commissari se si dovesse richiedere loro di procedere all’acquisizione ed al controllo al setaccio della letteratura italiana e straniera esistente nella materia dei titoli scientifici dei candidati”, è anche vero che nel caso in esame tale verifica risultava estremamente agevole, atteso che il ricorrente principale sia nell’atto introduttivo del giudizio che nella via dei motivi aggiunti non si era limitato a denunciare l’avvenuto plagio, ma aveva riportato e messo a raffronto le pagine della monografia definitiva della F. (quella cioè finita di stampare nel settembre 2004) con le pagine degli scritti di autori diversi, che il denunciante assumeva essere state addirittura riprodotte nella suddetta monografia mediante scannerizzazione, sicché non esisteva ragione alcuna che impedisse alla Commissione di accertare se rispondeva al vero la denuncia fatta dal ricorrente principale, che non poteva essere disattesa sulla base del solo rilievo (che sottintende una quanto meno singolare interpretazione della nozione di plagio) secondo il quale alla ricorrente incidentale poteva solo imputarsi di non aver virgolettato i brani tratti da scritti altrui e di non aver citato i rispettivi autori ove menzionati in precedenza.
8. – L’esame del ricorso principale e delle ulteriori censure dedotte dal D.M. nella via di motivi aggiunti richiede talune preliminari precisazioni in punto sia di fatto che di diritto. In particolare:
a) il nuovo deliberato assunto dalla Commissione giudicatrice, in dichiarata ottemperanza a quanto disposto da questo T.A.R. con l’ord. coll. n. 648 dell’8 giugno 2005, non ha comportato l’improcedibilità dell’originario ricorso principale per sopravvenuto difetto d’interesse, atteso che all’ impugnato decreto rettorale, recante approvazione del precedente parere reso dalla Commissione e assegnazione alla F. del posto di ricercatore messo a concorso, non si è sovrapposto un nuovo provvedimento del Rettore, il quale ha correttamente ritenuto di dover attendere la decisione del giudice prima di assumere le iniziative di sua competenza in conseguenza del nuovo deliberato del suo organo consultivo. Segue da ciò che allo stato resta in vita, ancorché temporaneamente sospeso nei suoi effetti, il provvedimento rettorale che ha concluso in senso sfavorevole per il ricorrente principale il procedimento di valutazione comparativa, contro il quale questi è insorto coinvolgendo naturalmente nell’impugnativa anche i pregressi atti endoprocedimentali, che di esso costituivano l’obbligatorio presupposto e che non può certamente considerarsi automaticamente caducato per effetto del nuovo deliberato della Commissione.
L’improcedibilità può al limite riguardare singole censure, dedotte con l’atto introduttivo del giudizio, afferenti a valutazioni risalenti al primo esame e confermate con diversa motivazione in sede di riesame.
Non è in grado di condurre a diversa conclusione la circostanza che il nuovo deliberato della Commissione, quanto meno nella parte in cui ribadisce le precedenti conclusioni e in ragione dell’iter procedimentale seguito per la sua adozione, si configura non come atto meramente confermativo ma ad effetti confermativi, con le connesse conseguenze che sul piano del rito la giurisprudenza del giudice amministrativo fa discendere dalle due differenti tipologie (Cons. Stato, IV Sez., 16 maggio 1986 n. 337 e V Sez. 12 marzo 1988 n. 147; T.A.R. Bari, I Sez., 7 agosto 2001 n. 3208 e T.A.R. Brescia 26 marzo 2004 n. 355), trattandosi di questione che assume rilevanza se riferita all’atto che conclude il procedimento, e non a quello endoprocedimentale che ne condivide la sorte;
b) il riesame del precedente deliberato è stato compiuto dalla Commissione nella riunione del 6 luglio 2005 in dichiarata ottemperanza all’incarico ricevuto da questo T.A.R., e cioè il “puntuale riesame delle determinazioni adottate, da motivare con specifico e documentato riferimento alle singole censure dedotte dal ricorrente”.
I motivi di doglianza dedotti dal D.M. costituivano pertanto l’unico ed obbligatorio parametro al quale la Commissione doveva fare riferimento in ottemperanza al decisum del giudice, libera restando peraltro la stessa di sottoporre a revisione il proprio precedente operato anche oltre i confini segnati dall’ordine ricevuto dal T.A.R. e dalle censure proposte dall’interessato, ma a condizione di tener ben distinte le conclusioni raggiunte in sede di ottemperanza da quelle prese nella via dell’autotutela, in ragione delle particolari garanzie partecipative che l’ordinamento vigente assicura al soggetto destinatario di un qualsiasi deliberato della P.A. specie se avente, come nella specie, contenuto palesemente discrezionale.
In sede di definizione delle singole censure dedotte dal ricorrente principale sarà quindi necessario verificare se il modus operandi seguito dalla Commissione in sede di riesame può considerarsi rispettoso del distinguo innanzi richiamato.
9. – Il primo e il secondo motivo di doglianza, dedotti dal ricorrente principale con l’atto introduttivo del giudizio, richiamati in narrativa sub a) e b) ed intesi a contestare l’avvenuta valutazione della monografia della controinteressata F., sono improcedibili per sopravvenuto difetto d’interesse atteso che in sede di riesame la Commissione ha dichiarato di condividere il rilievo del D.M. ed il Collegio, dal suo canto, ha ritenuto non fondata la contestazione mossa dalla F. nella via del ricorso incidentale alla decisione commissariale (nn. 5 e 6).
Parzialmente improcedibile è anche il terzo motivo di ricorso (sub c), atteso che anche con riferimento all’articolo “Il diritto all’acqua e la posizione europea per la gestione del patrimonio idrico” la Commissione, in sede di riesame, ha concluso per la sua non valutabilità in quanto ancora in corso di stampa alla scadenza del termine finale fissato dal bando anche se, con noncuranza per i doveri di terzietà che incombono su qualsiasi organo giudicante, neppure questa volta ha saputo resistere alla tentazione di venire in aiuto della controinteressata, giustificando la dichiarazione mendace da essa resa con richiamo ad “una consolidata prassi nel mondo accademico di accettazione ai fini concorsuali anche dei lavori in via di pubblicazione da parte di un editore o di un rivista”.
Trattasi di precisazione gratuita perché non richiesta, sconcertante perché significativa di una assai limitata conoscenza della normativa e della giurisprudenza in materia, e comunque di estrema gravità nella parte in cui eleva a prassi consolidata singoli episodi di malcostume di cui verosimilmente i componenti dell’organo collegiale sono a conoscenza in ragione della comune provenienza universitaria e che è auspicabile siano chiamati a comprovare nelle sedi competenti.
10. – La stessa censura, in quanto diretta ad escludere la valutabilità anche dell’articolo “L’OMS verso un sistema di tutela integrata”, è invece da disattendere per la stessa ragione che ha indotto il Collegio a ritenere valutabile l’articolo del ricorrente principale pubblicato sulla “Rivista critica del diritto privato” (n. 3): la controinteressata ha infatti depositato in giudizio un estratto del suo lavoro, che risulta pubblicato nel dicembre 2003 alle pagg. 119-130 della “Rivista IRRE.net”, organo ufficiale dell’ Istituto regionale di ricerca educativa.
L’esistenza di detto lavoro e l’intervenuta sua pubblicazione nel rispetto del termine fissato dal bando non sono seriamente contestabili.
11. – Inammissibile sotto un duplice profilo è il quarto motivo di doglianza, dedotto con l’atto introduttivo del giudizio (sub d) e ripreso e sviluppato con le censure proposte nella via dei motivi aggiunti notificati il 15 -18 luglio 2005 (sub h – i).
Attiene al merito, in quanto espressiva di discrezionalità tecnica, e soggiace quindi al sindacato del giudice della legittimità solo sotto il limitato profilo della manifesta irragionevolezza, la verifica in ordine alla maggiore coerenza con il profilo professionale del ricercatore universitario dell’attività che il ricorrente principale assume di aver svolto presso le cattedre di Diritto dell’Unione europea delle Facoltà di giurisprudenza e di economia dell’ Università degli studi di Bari, nella qualità di organizzatore di seminari e di tutor degli studenti, rispetto a quella di insegnamento che la controinteressata ha documentato di aver svolto negli anni 2001-2004, dapprima in “Elementi di cultura europea e tecniche di comunicazione scritta” e, successivamente, in “Normativa europea”, presso la II Facoltà di ingegneria, con sede in Taranto, a seguito di incarichi di docenza a contratto di diritto privato a lei affidati dal Consiglio di Facoltà.
Ritiene peraltro il Collegio che sia condivisibile, quanto meno sotto un profilo rigorosamente logico, la notazione della Commissione in ordine al ruolo complementare e servente che qualsiasi attività all’interno della istituzione universitaria svolge rispetto a quella di docenza, che anche il ricercatore universitario è attualmente chiamato a svolgere per effetto di quanto disposto dalla L. 14 gennaio 1999 n. 4.
12. – Inammissibili, ma solo per tardività, sono anche le censure dedotte dal ricorrente principale avverso il modo con il quale il Consiglio della II Facoltà di ingegneria con sede in Taranto ha provveduto a conferire gli incarichi di insegnamento alla controinteressata, in aperta violazione sia del disposto dell’art. 1 del Regolamento per la disciplina dei professori a contratto, approvato con D.R. 7 luglio 1999 n. 332, sia delle norme di carattere generale che impongono al pubblico dipendente il dovere di astensione nei casi di palese conflitto di interessi.
In linea di principio i rilievi del ricorrente sono del tutto condivisibili. Ed invero:
a) il cit. art. 1 prescrive che gli incarichi di insegnamento possono essere conferiti mediante contratto di diritto privato solo a soggetti in possesso di una comprovata qualificazione professionale e scientifica nelle discipline oggetto dell’insegnamento, che è requisito di cui la controinteressata era certamente sprovvista quanto meno in occasione del primo conferimento, al quale hanno seguito quelli successivi al fine (rilevato peraltro solo dalla Commissione in sede di riesame) di assicurare la continuità didattica, atteso che non è contestato che nel settembre 2002 la F. non era ancora abilitata all’esercizio della professione forense, non aveva ancora conseguito il dottorato di ricerca e non aveva pubblicato alcun contributo scientifico, per cui era quanto meno azzardato riconoscerle la qualifica di esperta in diritto comunitario.
Aggiungasi che l’esigenza di assicurare la continuità didattica è richiamata dalla Commissione a sproposito, atteso che essa postula identità delle materie di insegnamento, laddove nel caso in esame il primo incarico assegnato alla F. aveva ad oggetto “elementi di cultura europea e tecniche di comunicazione scritta”, che è disciplina dagli oscuri contorni e nella quale è difficile individuare elementi di affinità con la “normativa europea”, oggetto degli incarichi successivi.
Inoltre la circostanza che non fossero state presentate domande di affidamento da parte di altri soggetti non esonerava il Consiglio di Facoltà dalla preliminare verifica del possesso dei prescritti requisiti da parte dell’unica aspirante all’incarico, nel superiore interesse dei discenti, anche a costo di non attivare un insegnamento di cui non risultava comprovata l’assoluta necessità nel piano degli studi.
13. – E’ anche documentato che in tutte le occasioni di conferimento degli incarichi alla controinteressata il Consiglio di Facoltà era presieduto dal Preside prof. Liberti, convivente con la F. in Bari, alla via Matteo Renato Imbriani n. 69, e commensale abituale della stessa in quanto marito della di lei madre, il quale ha partecipato alla seduta e alla votazione finale pur trovandosi in palese posizione di conflitto di interessi ed obbligato quindi ad allontanarsi dall’aula per tutta la durata del procedimento.
Il comportamento tenuto nella vicenda dal suddetto prof. Liberti costituisce quindi aperta e consapevole violazione della regola generale, da ultimo ribadita dall’art. 6 del Codice di comportamento dei dipendenti della P.A. ed insuscettibile di deroghe o eccezioni, che impone l’obbligo dell’astensione ogni qual volta è individuabile un diretto e specifico collegamento fra la deliberazione ed un interesse proprio di colui che vota o dei suoi congiunti (Cons. Stato, VI Sez., 25 settembre 1995 n. 988; V Sez. 9 dicembre 1997 n. 1484 e 8 aprile 2000 n. 2045), risultando ininfluente sulla conseguente illegittimità di detta delibera che la stessa sia stata assunta all’unanimità dei componenti dell’organo collegiale (Cons. Stato, IV Sez., 22 febbraio 1994 n. 162) e che abbia avuto o no un effetto sviante o creato un risultato illegittimo (Cons. Stato, VI Sez., 13 febbraio 2004 n. 563).
Peraltro il Collegio è impossibilitato ad assumere determinazioni conseguenziali alla riscontrata illegittimità dei provvedimenti di conferimento degli incarichi di insegnamento alla F. atteso che gli stessi sono divenuti intangibili nella sede giurisdizionale per mancata impugnazione nei termini decadenziali fissati dall’art. 21 L. 6 dicembre 1971 n. 1034 e decorrenti dalla loro pubblicazione, che risulta documentalmente essere avvenuta, non potendo essere seguito il ricorrente allorché chiede al Collegio una verifica della congruità del sistema di pubblicità riservato dal Consiglio di Facoltà ai relativi deliberati e neppure quando oppone che il termine di impugnazione deve ritenersi decorrente dal momento in cui i suddetti deliberati sono stati valutati dalla Commissione nel corso del procedimento conclusosi per lui in senso sfavorevole.
Ed invero l’insorgenza dell’ interesse all’impugnazione a distanza di tempo dalla data di adozione dell’atto asseritamente lesivo non comporta la reviviscenza del diritto di azione e, quindi, la riapertura dei termini di impugnazione, in palese contrasto con la ratio sottesa alla natura decadenziale ad essi assegnata, che è quella di circoscrivere in un arco temporale limitato la possibilità di mettere in discussione le determinazioni della P.A., onde non compromettere le esigenze di funzionalità della stessa.
Questo in punto di diritto. Può peraltro aggiungersi, questa volta in punto di fatto, che è quanto meno dubbio che l’interesse ad insorgere contro i deliberati del Consiglio di Facoltà sia insorto in capo al ricorrente principale solo a seguito dell’avvenuta valutazione, in sede concorsuale, degli incarichi di insegnamento ottenuti dalla controinteressata, atteso che l’interesse che guida il soggetto che aspira alla carriera universitaria non è solo quello di neutralizzare i titoli posseduti dagli altri concorrenti al posto al quale aspira, ma anche e prioritariamente quello di acquisire tempestivamente i titoli necessari ad assicurargli una posizione poziore rispetto ad essi.
Nella specie la II Facoltà di ingegneria aveva assicurato alle deliberazioni del suo Consiglio la pubblicità legale per esse prescritta, con la conseguenza che in linea di principio qualsiasi aspirante all’incarico di docenza era stato messo in condizione di partecipare alla procedura comparativa. Il ricorrente principale, pur operando all’interno del ristretto ambiente universitario, non si è preoccupato di assumere le necessarie informazioni sui posti di docente vacanti e disponibili oppure, ancorchè a conoscenza delle iniziative della II Facoltà di ingegneria, ha optato per la non partecipazione alla selezione sulla base di un personale calcolo di convenienza. La circostanza che in prosieguo di tempo detto calcolo, se effettivamente effettuato, si sia dimostrato errato non è sufficiente a legittimare il D.M. alla proposizione di censure che avrebbero dovuto esser dedotte tempestivamente.
14. – Per le ragioni sopra esposte non è fondata la censura dedotta dal ricorrente principale nella prima parte del secondo dei motivi aggiunti notificati in data 23-25 luglio 2005 (sub 6, lett. n) e volta a denunciare il persistente abuso commesso dalla Commissione continuando a valutare, anche in occasione del riesame, la docenza svolta dalla F. sulla base di atti palesemente illegittimi.
Rileva infatti il Collegio che è corretta l’affermazione della Commissione di “non essere titolata sotto alcun profilo a valutare la legittimità di atti amministrativi adottati dai competenti organi accademici”, né tanto meno di essere autorizzata “a non prenderli in considerazione” fino a quando non siano stati rimossi nelle competenti sedi giurisdizionale ovvero amministrativa.
Questo peraltro non significa che comportamenti palesemente illegittimi devono rimanere non sanzionati:
Ed invero, considerato che le disposizioni in tema di incompatibilità e di obbligo di astensione sono rivolte soprattutto ad assicurare il prestigio della Pubblica Amministrazione, ponendola al riparo da ogni sospetto (Cons. Stato, V Sez., 9 dicembre 1997 n. 1484), nella specie ampiamente giustificato, spetta al Rettore del Politecnico e alle competenti Autorità accademiche assumere, a fronte di abusi documentati e non contestabili e nella obiettiva impossibilità per il giudice della legittimità di intervenire nella pregressa vicenda con i suoi poteri annullatori, le iniziative da essi ritenute più idonee sul piano dell’autotutela e su quello disciplinare a restituire al Politecnico il prestigio compromesso dal non commendevole comportamento del Preside e dei docenti facenti parte del Consiglio di Facoltà, che al primo non si sono opposti.
La stessa Commissione è incorsa invece in errore allorché ha ritenuto valutabile anche il primo incarico di insegnamento svolto dalla F. ed avente ad oggetto “Tecniche di comunicazione scritta ed elementi di cultura europea”, raffrontato con la materia oggetto della procedura comparativa (“Diritto dell’ Unione europea”) e alla luce del criterio della congruenza fissato dall’art. 7, co. 3, lett. c) del bando ed invece ripetutamente richiamato dalla suddetta Commissione in sede di riesame del giudizio positivo già espresso con riguardo alle pubblicazioni del Di Matteo.
Trattasi peraltro di circostanza ininfluente a fini decisori perchè non forma oggetto di specifica censura.
15. – La disamina del quinto motivo di doglianza dedotto dal ricorrente principale con l’atto introduttivo del giudizio (sub e) e con il primo dei motivi aggiunti notificati in data 23-25 luglio 2005 (sub n), che possono essere trattati congiuntamente in ragione dello stretto collegamento esistente fra le censure con essi proposte, implica da parte del Collegio lo scioglimento della riserva formulata sub 8/b ed attinente alla individuazione dei compiti che erano stati assegnati alla Commissione in sede di riesame e che costituivano un limite preciso alla sua libertà di apprezzamento.
Si è già detto che con la cit. ord. n. 460 dell’ 8 giugno 2005 era stato ordinato alla Commissione di procedere al riesame del suo precedente deliberato, assumendo come termine di riferimento le singole censure dedotte dal ricorrente principale.
L’impostazione data da quest’ultimo alla difesa delle proprie ragioni segue, nell’atto introduttivo del giudizio, lo schema usuale del contenzioso in materia concorsuale, e cioè la denuncia del trattamento poziore illegittimamente assicurato al vincitore della procedura comparativa, valorizzando titoli inesistenti o illegittimamente acquisiti e supervalutando quelli effettivamente posseduti, e di quello, ingiustamente deteriore, riservato al ricorrente.
Nel caso in esame sei dei sette motivi di doglianza dedotti dal ricorrente principale con l’atto introduttivo del giudizio miravano a contestare, sotto vari profili, la posizione privilegiata che si assumeva essere stata illegittimamente precostituita dalla Commissione in favore della F. al fine di assicurarle il posto messo a concorso. Solo con il quinto motivo (sub e) il D.M. deduceva l’ inadeguata valutazione dei titoli da lui presentati, onde ottenere dal giudice adito il riconoscimento del suo diritto ad una revisione in melius del giudizio, ancorché largamente positivo, espresso dalla Commissione sui suoi titoli scientifici e didattici.
Segue da ciò che, con riferimento a detta censura, la Commissione doveva limitarsi a verificare se, tenuto conto delle ragioni addotte dal ricorrente principale, sussistevano le condizioni per una revisione in senso migliorativo del giudizio già reso nei suoi confronti ovvero se detto giudizio doveva essere confermato.
16. – Visti gli atti di causa il Collegio rileva che la Commissione ha fatto malgoverno dei poteri che le erano stati assegnati.
La relazione redatta dalla Commissione a conclusione del riesame parte da una premessa che è da sola sufficiente a condurre all’annullamento dell’intera procedura impugnata, e cioè che “a suo tempo” (id est in occasione della prima riunione) era stato deciso di valutare i titoli scientifici di entrambi i concorrenti “con benevolenza”, pur nella consapevolezza “dell’assenza di originalità ed in alcuni casi della mancanza di adeguato approfondimento” degli stessi”, e ciò nell’intento di “incoraggiare giovani studiosi all’inizio di un carriera complessa ed irta di ostacoli””.
In altri termini, invece di ricavare dalle carenze riscontrate (l’assenza di originalità, la mancanza di adeguato approfondimento degli argomenti trattati) il segno dell’ attuale inidoneità di ambedue candidati alla ricerca scientifica e, quindi, alla copertura del posto messo a concorso la Commissione si era ritenuta autorizzata ad utilizzare, come metro di valutazione e criterio selettivo, non quelli obiettivi imposti dalla normativa in materia e dal bando (art. 7, co. 3) a tutela dell’interesse generale ad assicurare agli studenti docenti in possesso di adeguata qualificazione (originalità ed innovatività della produzione scientifica e rigore metodologico, congruità dell’attività del candidato con le discipline ricomprese nel settore scientifico disciplinare per il quale è bandita la procedura comparativa, rilevanza scientifica della collocazione editoriale delle pubblicazioni e loro diffusione all’interno della comunità scientifica, continuità temporale della produzione scientifica), ma quello soggettivo della benevolenza motivato con richiamo ad esigenze di ordine occupazionale, che le assicurava spazi di discrezionalità superiori a quelli ad essa riconosciuti dalla normativa sovraordinata, salvo poi ad esprimere contraddittoriamente, sulle singole pubblicazioni dei due candidati, valutazioni sempre positive con espresso ed inequivoco riferimento alle qualità in esse riscontrate o da esse desumibili (“buona attitudine alla ricerca, chiarezza espositiva, correttezza di metodo e congruità di analisi giuridica” per la F.; “continuità di produzione scientifica, buona attitudine alla ricerca scientifica” per il D.M., anche se per quest’ultimo con il limite costituito dalla “non piena congruenza di talune delle sue pubblicazioni al SSD IUS 14”.
In sede di riesame il conclamato (ma non applicato) criterio della “equanime benevolenza” viene dichiaratamente abbandonato, “in considerazione delle problematiche legate ai profili formali di rispetto delle formalità di cui al D.Lgs.Lgt. n. 660/45”, ma solo nei riguardi dl D.M., i cui titoli scientifici, che si assume essere stati inizialmente “esaminati con una grande benevolenza”, risultano sottoposti ad una vera e propria requisitoria, volta ad evidenziare, in contrasto con il giudizio positivo innanzi reso, “i gravi limiti che tali scritti presentano” attesa: a) la mancanza di “alcun profilo di originalità” (che peraltro si assumeva non richiesto con riferimento alla monografia della F., oggetto di una difesa d’ufficio che sub 7 si è già dimostrato essere incompatibile con il giudizio di non valutabilità già espresso nei confronti della stessa); b) la “oggettiva particolare brevità” di dette pubblicazioni; c) la “congruità solo parziale delle stesse con il SSD IUS 14”; d) il grado di approfondimento solo “abbastanza buono” rinvenibile negli stessi; e) il loro contenuto limitato “ad illustrare alcune considerazioni dottrinali ben note nonché dati normativi per di più non sempre in maniera completa”; f) la “totale obliterazione” del diritto comunitario nella pubblicazione riguardante la materia dell’ immigrazione, nella quale “i Trattati comunitari…vengono totalmente ignorati”; g) la ”netta predisposizione all’analisi delle questioni giuridiche di natura interna e scarsa se non inesistente attenzione ai profili comunitari (o internazionali per gli aspetti affini)”; h) la irrilevanza della collocazione editoriale che, ancorché “prestigiosa”, “non sana i gravi limiti contenutistici dei contributi”; i) “i seri ed obiettivi deficit” che presentano le pubblicazioni in questione “sotto l’angolo visuale del diritto comunitario e del diritto internazionale pubblico”.
17. – Così operando la Commissione è incorsa in palesi irregolarità sia in occasione del primo esame, in relazione al quale essa stessa ha fornito la prova degli abusi commessi e delle attestazioni mendaci che assume di aver reso per quanto attiene ai titoli scientifici del D.M., utilizzando poteri che non le competono, sia in sede di revisione compiendo, in dichiarata ottemperanza alle prescrizioni contenute nel provvedimento cautelare del Collegio, verifiche che non era stata incaricata di effettuare in conseguenza dei limiti che in un processo di parti, quale è quello amministrativo, derivano in via immediata e diretta dalle censure dedotte, e che essa avrebbe potuto compiere solo in via di dichiarata autotutela e nel rispetto delle previe garanzie da assicurare al destinatario del provvedimento in fieri, atteso che il compito che questo T.A.R. le aveva assegnato, con riferimento al D.M., era solo quello di accertare se era fondata la pretesa del suddetto concorrente ad un giudizio superiore a quello, già positivo, che nei confronti dei suoi titoli scientifici e didattici era stato reso.
Data la premessa, la conseguenza è duplice:
a) è fondata la censura dedotta dal D.M. con il primo dei motivi aggiunti notificati in data 23-25 luglio 2005 (sub n.) e per l’effetto deve essere dichiarata illegittima la revisione in pejus della originaria valutazione positiva resa nei confronti delle sue pubblicazioni, che erano e restano tre, risultando arbitraria la decisione assunta dalla Commissione, in sede di riesame, di considerare valutabile solo una di esse;
b) è parimenti fondata la censura dedotta dallo stesso D.M. con il terzo dei motivi aggiunti notificati in data 15-18 luglio 2005 ed intesa a contestare il giudizio di “buona attitudine alla ricerca, chiarezza espositiva, correttezza di metodo e congruità di analisi giuridica”, già formulato dalla Commissione nei riguardi della produzione scientifica della F., ma con dichiarato specifico riguardo alla monografia, e da essa mantenuto fermo anche dopo che in sede di riesame era stata costretta dichiarare, ma solo per rispetto dei “criteri formali” e delle “formalità” imposti dalla legge, la non valutabilità sia di detta monografia che dell’articolo sul “diritto all’acqua”, con la conseguenza che allo stato il giudizio in questione trova la sua base solo su un lavoro di poche pagine, intitolato “L’ OMS verso un sistema di tutela integrato”, che si assume essere stato pubblicato nel dicembre 2003 su un periodico organo ufficiale dell’Istituto regionale di ricerca educativa e stampato dalla stessa Casa editrice della monografia.
Ad avviso del Collegio il modus procedendi della Commissione è censurabile sotto un duplice profilo:
b’) perché ha continuato a fondare il giudizio sull’attitudine alla ricerca scientifica della F. sulla monografia, surrettiziamente richiamata ad altri fini;
b”) perché non ha considerato che, secondo principi acquisiti nella giurisprudenza del giudice amministrativo, nelle procedure comparative indette per la copertura di posti di docente universitario l’ esclusione di talune opere presentate da un candidato ma non rispondenti alle prescrizioni dell’art. 1 D.L.Lgt. 31 agosto 1945 n. 660, comporta la necessità per la Commissione giudicatrice di procedere al rinnovo del giudizio sull’ insieme della produzione del candidato, non essendo sufficiente le mera conferma dei giudizi espressi in precedenza con riferimento ad una produzione più vasta (T.A.R. Lazio, III Sez., 25 febbraio 1993 n. 141).
D’ altro canto l’intendimento della Commissione di conservare ad ogni costo alla F. un margine di vantaggio con riferimento quanto meno all’ elemento costituito dalla produzione scientifica risulta con ancora più palese evidenza se si considera l’ampio spazio che, nella relazione finale, è stata riservata alla capillare demolizione, sotto il profilo qualitativo, della maggiore produzione scientifica del ricorrente principale.
Il che rende fondata la censura anche sotto il profilo della ingiusta disparità di trattamento.
18. – Condivisibile è anche il quinto dei motivi proposti con l’ atto introduttivo del giudizio (sub e), ma solo nella parte intesa a denunciare il giudizio di equivalenza reso a fini valutativi dalla Commissione fra il dottorato di ricerca in “Diritto internazionale e dell’Unione europea”, svolto dal D.M. e ritenuto dalla stessa Commissione “pienamente coerente con il Settore scientifico disciplinare di diritto dell’ Unione europea (SSD IUS 14)”, e quello interfacoltà svolto dalla F. in “Medicina, ambiente, salute”, ritenuto “più generico” ma posto sullo stesso piano del primo sul rilievo che nella Facoltà di ingegneria di Taranto l’insegnamento del diritto dell’Unione europea è tenuto presso il corso di laurea in “ingegneria dell’ambiente e del territorio”.
Trattasi, ad avviso del Collegio, di circostanza di mero fatto palesemente ininfluente a fini valutativi, non risultante nè dal bando, che ha indetto la procedura comparativa per l’assegnazione di un posto di ricercatore in “Diritto dell’ Unione europea”, né dai documenti versati in causa dal Politecnico e capziosamente richiamata nella presunzione che fosse sufficiente a neutralizzare l’art. 7, co. 3, lett. c) del bando, che impone alle commissioni giudicatrici di prendere in considerazione la “congruenza dell’attività del candidato con le discipline comprese nel settore scientifico disciplinare per il quale è bandita la procedura”, discipline che, per quanto specificamente riguarda il settore IUS/14-Diritto dell’Unione europea, attengono “agli aspetti giuridici del processo di integrazione europea, con riferimento alle competenze normative, amministrative e giurisdizionali degli organi comunitari, ai loro rapporti con gli Stati membri e i ispettivi ordinamenti…le libertà fondamentali in ambito comunitario, le politiche dell’Unione europea e gli strumenti comunitari normativi, che incidono sulle legislazioni nazionali”, cioè problematiche specifiche e di carattere squisitamente giuridico fra le quali non è agevole ricondurre le generiche tematiche oggetto del dottorato della F..
19. – Fondate sono anche le censure dedotte con i motivi sesto e settimo dell’atto introduttivo del giudizio (sub f e g), che possono essere esaminate congiuntamente atteso il nesso di conseguenzialità che lega la seconda alla prima e che sono volte a contestare la c.d. “personalizzazione”, da parte della Commissione, dei quesiti oggetto della prova orale, cioè la predisposizione per ciascun candidato di una rosa di domande, entro la quale il singolo candidato è stato chiamato ad effettuare il sorteggio di quella oggetto della prova d’esame.
Osserva il Collegio che la discrezionalità – che nella materia concorsuale deve necessariamente essere riconosciuta ai collegi giudicanti per quanto attiene alla organizzazione della prova orale e che nella specie la Commissione giudicatrice rivendica a sé, con generico e non documentato richiamo ad analoghi comportamenti tenuti in precedenti occasioni da altri collegi giudicanti, nell’ampiezza contestata dal ricorrente principale in quanto potenziale strumento di corruzione – lascia ampio spazio agli organi in questione per quanto attiene alla scelta e alla formulazione dei quesiti, tendenzialmente di pari difficoltà, da sottoporre ai candidati, ma non si estende fino a consentire alla Commissione di articolare le singole domande su misura di ciascun candidato, con palese violazione della regola fondamentale della par condicio.
Non lo consente l’art. 12 D.P.R. 9 maggio 1994 n. 487, di cui la Commissione nella sua relazione fornisce una inesatta interpretazione atteso che la noma in questione non intende affatto riservare ai collegi giudicanti dei concorsi universitari una libertà di azione diversa e maggiore di quella di cui dispongono i collegi consimili nelle ordinarie procedure concorsuali.
Non lo giustifica nemmeno la necessità, segnalata dalla Commissione, di evitare che quesiti indifferenziati privilegino il candidato che si sia specificamente occupato dell’argomento oggetto del quesito sorteggiato.
E’ agevole infatti opporre che è proprio il metodo del quesito differenziato per candidato che, nelle procedure comparative indette per la copertura di posti di docente universitario, può consentire alle Commissioni, che già conoscono i titoli scientifici e didattici di pochi partecipanti alla selezione, di costruire il quesito su misura del candidato che intendono favorire.
Ed è questo quanto, secondo il ricorrente principale, sarebbe accaduto nel caso in esame.
20. – Fondata è anche la censura dedotta con il secondo dei motivi aggiunti notificati in data 23-25 luglio ed intesa a denunciare l’ ulteriore irregolarità nella quale sarebbe incorsa la Commissione per la prima volta valutando – in sede di riesame ed in contrasto sia con i principi fondamentali che regolano la materia concorsuale che con le prescrizioni dettate dal bando – una borsa di studio che la F. solo nel corso delle prove orali avrebbe dichiarato di aver ottenuto, ma di cui effettivamente non si fa cenno né nel curriculum allegato alla sua domanda di partecipazione alla procedura comparativa né nel verbale n. 2, relativo alla seduta della Commissione del 16 febbraio 2005 e recante i giudizi individuali e collegiale sul curriculum, sui titoli e sulle pubblicazioni dei singoli candidati.
Non varrebbe opporre che detta borsa è stata ottenuta dalla F. a seguito dell’ammissione al dottorato di ricerca, che risulta invece menzionata sia nella domanda che nel succitato verbale. Ed invero, ai sensi dell’art. 4, co. 5, L. 3 luglio 1998 n. 210, recante norme per il reclutamento dei ricercatori e dei professori universitari di ruolo, l’ assegnazione della borsa di studio non segue automaticamente all’ammissione al corso di dottorato di ricerca ma ad una previa valutazione comparativa del merito e in numero non inferiore alla metà dei dottorandi.
Segue da ciò che, come risulta inequivocabilmente anche dal bando (art. 7, co. 5, lett.d), la borsa di studio costituisce titolo autonomo e distinto rispetto all’ammissione al corso di dottorato, ed è quindi suscettibile di valutazione aggiuntiva, ma alla condizione (non ricorrente nel caso in esame) che il suo possesso sia stato dall’interessato dichiarato e documentato nel rispetto dei termini fissati dal bando.
21. – Fondata è infine anche la censura dedotta, con il settimo motivo di doglianza dell’atto introduttivo dl giudizio (sub 1/g) e ripresa con il supporto di ulteriori argomentazioni con il quarto dei motivi aggiunti notificati in data 23-25 luglio 2005 (sub 6/q), avverso la valutazione comparativa delle prove scritte dei due concorrenti che, resa in termini sostanzialmente identici in occasione del primo esame, sarebbe stata illegittimamente differenziata in sede di riesame, sempre al fine di difendere ad ogni costo la posizione poziore già riconosciuta ala F., mediante la esasperata ricerca di aggettivazioni che, presenti nell’originario giudizio, dovrebbero costituire la riprova delle superiori qualità degli elaborati di quest’ultima rispetto a quelli del ricorrente principale.
Rileva il Collegio che, in tema di valutazione delle prove di esame, il sindacato del giudice della legittimità deve intendersi limitato ai soli casi di eccesso di potere per manifesta illogicità, arbitrarietà, travisamento dei fatti e palese disparità di trattamento (Cons. Stato, IV Sez., 14 maggio 2004 n. 3038; 24 marzo 1997 n. 298), che sono vizi nel caso di specie agevolmente riscontrabili anche nel giudizio reso dalla Commissione in occasione del riesame del secondo elaborato scritto dei concorrenti.
A conclusione del primo esame la Commissione aveva all’unanimità riconosciuto che l’argomento, oggetto della seconda prova, era stato trattato dal ricorrente principale “in maniera chiara e ricco di osservazioni approfondite e pertinenti” e, dalla controinteressata, “in maniera puntuale e completa, con l’arricchimento di interessanti spunti critici”.
A prescindere dalla considerazione che la “completezza” del commento alla sentenza della Cassazione, oggetto della prova, appare di non agevole decifrazione in quanto riferita ad un elaborato che il ricorrente principale assume, senza essere contestato, di ampiezza poco superiore a due pagine manoscritte e di cui un commissario, nel suo giudizio individuale, aveva rilevato la “essenzialità” (sic), è assorbente il rilievo che “agli interessanti spunti critici” riscontrati nello scritto della F. possono esser riconosciuti una valenza superiore alla “ricchezza di osservazioni approfondite e pertinenti” presenti nell’elaborato del D.M. solo da una Commissione che, dimentica di suoi doveri di imparzialità, di serenità di giudizio e di senso della misura, abbia agito ab irato e con intento sanzionatorio nei confronti del concorrente che, nella competente sede giudiziaria, aveva osato contestare la non conformità a legge e a principi di trasparenza del suo modus procedendi, in quanto palesemente preordinato ad assegnare il posto messo a concorso alla congiunta di altro docente universitario che già negli anni precedenti aveva fruito di illegittimi trattamenti preferenziali.
22. – Il ricorso principale deve pertanto essere accolto e, per l’effetto, devono essere annullati i decreti rettorali recanti l’approvazione degli atti del procedimento e la nomina della controinteressata F., nonchè i deliberati adottati dalla Commissione in sede di esame e di riesame nella parte in cui risultano affetti dai vizi riscontrati dl Collegio.
Sulla base dei detti deliberati, depurati delle parti riscontrate viziate dal Collegio, e delle indicazioni che emergono dalla parte motiva della presente decisione, il Rettore verificherà sotto la propria personale responsabilità se i titoli complessivamente posseduti dal D.M. sono superiori a quelli che residuano alla F. ed adotterà i provvedimenti consequenziali.
Le spese del giudizio seguono, come di regola, la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Puglia, Sede di Bari, Sez. I, dichiara in parte irricevibile e in parte rigetta il ricorso incidentale dell’avv. M. F..
Accoglie, nei limiti i cui in motivazione e fatti salvi i poteri-doveri del Rettore del Politecnico di Bari, il ricorso principale dell’avv. A. D.M..
Condanna le parti resistenti al rimborso, in favore del ricorrente principale, delle spese e degli onorari del giudizio, che liquida in complessivi € 6.000,00 (seimila/00), di cui € 3.000,00 (tremila/00) a carico del Politecnico di Bari ed € 3.000,00 (tremila/00) a carico della controinteressata e ricorrente incidentale avv. M. F.:
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Autore:
Tribunale Amministrativo
Dossier:
Diritto ecclesiastico & Diritto canonico
Nazione:
Italia
Parole chiave:
Attività didattica, Prove scritte, Ricercatori universitari, Pubblicazioni scientifiche, Bando di concorso, Concorso per titoli ed esami, Commissione esaminatrice, Procedura di valutazione comparativa, Gradutorie
Natura:
Sentenza