Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 5 Novembre 2006

Sentenza 27 settembre 2006, n.5667

Consiglio di Stato. Sezione VI. Sentenza 27 settembre 2006, n. 5667: “IRC: esami per l’abilitazione all’insegnamento nelle scuole statali”

In OLIR sul tema:
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Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello proposto da N. M. G., rappresentata e difesa dagli avv.ti Giorgio Colnago e Ernani D’Agostino, ed elettivamente domiciliata presso gli stessi, in Roma, via Ugo de Carolis, n. 64;

contro

Ministero dell’istruzione, università e ricerca , in persona del Ministro pro tempore, e competente Centro servizi amministrativi, in persona del Dirigente pro tempore, costituitisi in giudizio, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i cui uffici sono legalmente domiciliati in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;

per l’annullamento

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione III bis, n. 10863/2003;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’ammnistrazione appellata;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Alla pubblica udienza del 28-4-2006 relatore il Consigliere Roberto Chieppa.

Uditi l’Avv. D’Agostino e l’Avv. dello Stato Guida;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

F A T T O E D I R I T T O

1. Con l’impugnata sentenza il Tar ha respinto il ricorso proposto da un docente avverso il provvedimento del competente Dirigente del Centro servizi amministrativi di esclusione dalla sessione riservata di esami di abilitazione per l’insegnamento nelle scuole statali – indetta con O.M. n. 153 del 15.06.1999 in attuazione dell’art. 2 della legge 03.05.1999, n. 124 – nonché avverso l’art. 2 della menzionata ordinanza nella parte in cui ha stabilito che i servizi prestati nell’insegnamento della religione cattolica o delle attività alternative alla religione cattolica non sono validi ai fini dell’ammissione alla sessione riservata, in quanto né prestati su posti di ruolo, né relativi a classi di concorso.

Avverso tale decisione l’appellante ha proposto ricorso in appello, sostenendo il completo inserimento degli insegnanti di religione nell’istituzione scolastica e la loro piena assimilazione ed omologazione ai restanti componenti del corpo docente con possibilità, quindi, di valutare il servizio reso ai fini dell’ammissione alla sessione di esami riservata; ciò anche in base al principio di non necessaria corrispondenza della precedente esperienza didattica con la classe di abilitazione per la quale si concorre.

Ha inoltre sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 2 della legge n. 124/1999 per contrasto con gli artt. 3, primo comma, e 97 della Costituzione.

2. Il ricorso in appello è privo di fondamento.

L’ art. 2 della legge n. 124/1999 stabilisce che il servizio di insegnamento utile per l’ammissione alla sessione riservata di esami per il conseguimento dell’abilitazione e per il conseguente inserimento nella graduatorie permanenti “deve essere stato prestato per insegnamenti corrispondenti a posti di ruolo e relativi a classi di concorso, con il possesso di specifico titolo di studio”.

E’ noto che l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole italiane non universitarie di ogni ordine e grado è impartito in adempimento dell’impegno assunto dallo Stato italiano con l’art. 36 del Concordato del 1929, che ha trovato conferma nell’art. 9, comma secondo, della legge n. 121/1985, di ratifica delle modifiche introdotte la Concordato medesimo.

Quanto ai soggetti abilitati ad impartire il predetto insegnamento l’art. 2, comma quinto, dell’intesa tra Autorità Scolastica Italiana e Conferenza Episcopale Italiana, approvata con d.P.R. 16.12.1985, n. 761, ha stabilito che “l’insegnamento della religione cattolica . . . è impartito da appositi docenti che siano sacerdoti o religiosi oppure laici riconosciuti idonei dall’ordinariato diocesano, nominati dall’autorità scolastica competente, d’intesa con l’ordinario stesso”.

La giurisprudenza del Consiglio di Stato ha con orientamento costante ribadito la peculiarità della posizione di “status” del docente di religione in relazione ai differenziati profili di abilitazione professionale richiesti, alle distinte modalità di nomina e di accesso ai compiti didattici, alla specificità dell’oggetto dell’insegnamento, che non ne consentono l’omologazione agli insegnanti in posizione ordinaria (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, n. 4447/2004; n. 5153 del 28.09.2001; n. 530 del 27.04.1999; n. 756 del 12.05.1994).

Con riferimento alla precedente sessione riservata di esami per l’abilitazione, questa Sezione aveva rilevato che, ai fini del computo del periodo di servizio necessario per l’ammissione alle sessioni di esame riservate per l’abilitazione all’insegnamento nelle scuole, non può essere computato il servizio di insegnamento della religione nella scuola statale non esistendo rispetto a questo insegnamento, in considerazione del regime concordatario particolare operante nella materia, una classe di abilitazione o di concorso né uno specifico titolo di studio, ed essendo il titolo abilitante costituito dal certificato di idoneità rilasciato dall’ordinario diocesano, e cioè da un’Autorità estranea all’ordinamento italiano (cfr. Cons. Stato, VI, n. 5153/2001, n. 1405/99; n. 667/90;n. 78/89).

Anche in relazione alla sessione di esami in questione, deve essere ribadito che l’insegnamento di religione non trova corrispondenza nella dotazione di organico dei ruoli ordinari – essendo impartito, alla data di indizione della sessione riservata, con rapporto di lavoro a tempo determinato in virtù di incarichi annuali – e non trova, quindi, collegamento in una individuata classe di concorso; requisiti che devono entrambi caratterizzare, secondo quanto prescritto dall’art. 2 della legge n. 124/1999, l’anzianità didattica richiesta per l’ammissione alla sessione di abilitazione.

L’assenza di un ruolo ordinario e di una classe di concorso per la religione non consente, quindi, la valutazione dell’insegnamento della religione ai fini dell’ammissione alla sessione riservata di esami.

Ciò trova conferma nella “ratio” del sistema disciplinato dal menzionato art. 2, che al conseguimento dell’abilitazione fa seguire l’inserimento nelle graduatorie permanenti per il graduale assorbimento in ruolo, nella misura del 50 % prevista dall’art. 399 del t.u. n. 297/1994 e successive modificazioni, di posizioni di precariato che non si configurano omologhe a quelle dei docenti di religione, i quali beneficiano dello speciale regime stabilito dall’ art. 2 dell’intesa tra Autorità Scolastica Italiana e Conferenza Episcopale Italiana.

Non rileva, inoltre, il richiamo del ricorrente al principio in base al quale il requisito di ammissione può essere maturato anche con servizio di insegnamento non corrispondente alla classe di concorso per la quale si chieda di conseguire l’ abilitazione o l’idoneità.

L’insegnamento nelle varie classi di concorso presenta, infatti, le medesime caratteristiche quanto alle procedure di nomina (in base a graduatorie di merito) ed ai compiti didattici riconducibili e posti della dotazione di organico, aspetti che, per quanto in precedenza esposto, non si riscontrano con riguardo all’insegnamento di religione (cfr. in fattispecie analoga Cons. Stato, Sez. II, n. 1606 del 10.01.2001).

Con riguardo al richiamo a precedenti interventi normativi che hanno assunto a riferimento, ai fini dell’immissione in ruolo, servizi di insegnamento prestati indipendentemente dall’inserimento in apposite graduatorie approvate dall’ Amministrazione della pubblica istruzione (docenti dei corsi popolari CRACIS; esperti degli istituiti tecnici e professionali e sperimentali; docenti di attività pratiche, formative sperimentali), proprio la specialità della disciplina esclude che, dalla norma derogatoria, possa enuclearsi una regola di carattere generale valida per fattispecie non prese in considerazione dal Legislatore.

Il carattere di specialità della posizione degli insegnanti di religione trova del resto conferma nella successiva evoluzione normativa, ove si consideri che con legge 18.07.2003, n. 186, sono state dettate apposite norme sullo stato giuridico di detti docenti, prevedendo l’istituzione di dotazioni di organico a livello regionale ed uno speciale concorso riservato per titoli ed esami per la prima immissione in ruolo.

3. Deve, infine, ritenersi manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2 della legge n. 124/1999 per contrasto con gli artt. 3, primo comma, e 97 della Costituzione, come già ritenuto dalla Sezione con riguardo a precedenti ed analoghe disposizioni (cfr. Cons. Stato, VI, n. 667/90; n. 5153/2001).

In ordine all’asserita disparità di trattamento che verrebbe riservata agli insegnanti di religione rispetto agli altri docenti, si rileva che, come è emerso dalle precedenti considerazioni, sussiste una diversità dei requisiti richiesti per gli incarichi di docenza “ordinari” e quelli relativi alla religione; ciò esclude la sussistenza di uguali situazioni regolate in modo diverso e la conseguente violazione dei principi costituzionali, invocati dall’appellante.

La diversità di disciplina sui requisiti per l’accesso agli incarichi e sulle modalità di nomina dimostra che non si è in presenza di fattispecie fra loro identiche o quantomeno omogenee e che è invece giustificato il trattamento differenziato, contestato dal ricorrente.

Infine, si rileva che non risulta violato il principio di buon andamento dell’ Amministrazione, perché al meccanismo idoneativo previsto dalla disposizione censurata, cui segue l’inserimento nelle graduatorie permanenti, è collegato il graduale assorbimento di situazioni di precariato che – per scelta del legislatore che non appare discostarsi da parametri di ragionevolezza – non si identificano nelle posizioni degli insegnanti di religione che hanno beneficiato della disciplina dettata dall’ art. 2 dell’intesa tra Autorità Scolastica Italiana e Conferenza Episcopale Italiana.

Del resto, in relazione alla precedente sessione riservata di esami, analoga disposizione era stata ritenuta costituzionalmente legittima, in quanto la condizione dei docenti di religione rispetto a quella di altri insegnanti, è diversa perché la relativa prestazione è avvenuta sulla base di profili di qualificazione professionale non costituenti titolo di accesso ad altri insegnamenti (Corte Cost., n. 343/99, con cui è stato ritenuto che non contrastano con gli art. 3 comma 1 e 97 comma 1 cost. gli art. 2 e 11 d.l. 6 novembre 1989 n. 357, convertito con modificazioni dalla l. 27 dicembre 1989 n. 417, nella parte in cui, ai fini del reclutamento in ruolo, con concorso per titoli, dei professori precari, non assimilano al restante personale gli insegnanti di religione, escludendoli dalla sessione riservata di esami).

4. In conclusione, l’appello deve essere respinto.

Ricorrono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese di giudizio.

P. Q. M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, respinge il ricorso in appello indicato in epigrafe.

Compensa tra le parti le spese del giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.