Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 7 Ottobre 2003

Sentenza 25 gennaio 1996, n.16

Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana. Sezione Seconda. Sentenza 25 gennaio 1996, n. 13.

(Nicolosi; Brogioni)

Diritto

(omissis)

2. – Ciò preliminarmente osservato, va nel merito evidenziato che il ricorso è privo di pregio sotto tutti i profili di legittimità dedotti nei tre motivi.
Il Collegio osserva che la finalità della l. 20 maggio 1982, n. 270 è quella di dare una revisione a tutta la disciplina del reclutamento del personale docente di ogni ordine e grado della scuola materna, elementare, secondaria ed artistica, di ristrutturare gli organici e di approntare misure idonee all’eliminazione del precariato.
Nel contesto di tale finalità, per quanto riguarda piú in particolare i docenti precari della scuola secondaria ed artistica, la legge suddetta mira alla sistemazione di tutto il personale fuori ruolo prevedendo il passaggio in ruolo automatico per determinate categorie di docenti (gli iscritti nelle graduatorie provinciali ad esaurimento di cui all’art. 13, settimo comma, della l. 9 agosto 1978 n. 463, gli insegnanti abilitati con incarico a tempo indeterminato o con proroga dell’incarico o con incarico annuale nell’anno scolastico 1979/80) ed il passaggio in ruolo, a seguito del conseguimento dell’abilitazione, ai sensi dell’art. 35, per i docenti non abilitati con incarico nell’anno scolastico 1980/81 e 1981/82.
Limitando l’esame alle norme riguardanti tale ultima categoria di personale precario, va osservato preliminarmente che il criterio base fissato dalla legge n. 270 del 1982 è quello che l’immissione in ruolo degli insegnanti abilitati, inseriti nelle graduatorie ad esaurimento, con incarico annuale nell’anno scolastico 1979/80 (artt. 33 e 34), debba avvenire per la cattedra di insegnamento alla quale si riferisce l’incarico.
Ciò induce a ritenere che, quindi, per i non abilitati, il collegamento richiesto con la posizione di incaricato costituisca necessario presupposto del passaggio in ruolo, di tal che per anche l’ammissione all’esame per il conseguimento dell’abilitazione ai sensi dell’art. 35 legge n. 270 del 1982 – che costituisce presupposto del passaggio in ruolo nel particolare sistema della legge in esame – debba avvenire sulla base del criterio di cui agli artt. 33 e 34 e cioè con riferimento all’insegnamento di incarico.
Tale assunto trova, d’altronde, conferma nell’O.M. 2 settembre 1982, ove al penultimo comma dell’art. 3 è testualmente affermato: “il personale indicato nel presente articolo partecipa alla sessione riservata per il conseguimento della sola abilitazione relativa all’insegnamento cui si riferisce l’incarico”. Ed infatti l’ordinanza medesima prevede la partecipazione ad una classe di insegnamento d’incarico, non sia in possesso del prescritto titolo di studi necessario, appunto, per il conseguimento dell’abilitazione e per il passaggio in ruolo nella cattedra d’insegnamento.
La prima considerazione che va, quindi, fatta è l’incarico a cui si riferisce il capo III della legge n. 270 del 1982 debba necessariamente riferirsi ad insegnamenti per i quali sia previsto un titolo di abilitazione rilasciato dallo Stato e sia, inoltre, possibile la nomina in ruolo.
Il termine curriculare, usato dall’O.M. 2 settembre 1982, non può che essere inteso nel significato restrittivo indicato e non in quello piú ampio nel quale la ricorrente ritiene debba essere interpretato.
Ora la peculiarità dell’insegnamento religioso, per il quale non è prevista un’abilitazione, bensì solo un attestato di idoneità rilasciato dall’Autorità ecclesiastica (il quale attestato non possiede né la natura né la funzione del titolo abilitativo richiesto, per i vari insegnanti, al personale docente della scuola, rivestendo esso, per vero, solo la natura di atto di gradimento inteso, questo, come riconoscimento dell’idoneità del docente all’espletamento dell’insegnamento religioso secondo i canoni della dottrina cattolica: conformemente, del resto, ai protocolli d’intesa fissati nel concordato fra Stato e Chiesa); né è prevista una cattedra che dia accesso ai ruoli del personale docente (la necessità dell’esistenza di una cattedra inerisce alla finalità dell’incarico che è quella di sopperire alle vacanze esistenti nelle cattedre ricoperte da personale docente di ruolo titolare delle cattedre medesime), ma una cattedra al cui affidamento si provvede per nomina diretta del capo dell’istituto – d’intesa con l’ordinario diocesano – e non secondo la procedura fissata per il conferimento degli incarichi negli istituti di istruzione secondaria (cfr. art. 1 l. 13 giugno 1969 n. 282); tale peculiarità dimostra, a parere del Collegio, che l’incarico di insegnamento religioso sia un incarico sui generis ed estraneo, quindi, agli incarichi disciplinati dalle norme vigenti per le classi di insegnamento delle scuole di istruzione secondaria, per cui esso non può ritenersi incluso nelle previsioni dell’art. 35, ultimo comma, della legge n. 270 del 1982 e dell’art. 3 O.M. 2 settembre 1982.
Argomenti ulteriori che confermano la non applicabilità dell’art. 35 della legge n. 270 del 1982 agli incaricati di religione sono forniti dagli artt. 36, 41 e 42 della legge medesima ove la possibilità di integrare la graduatoria provinciale per il conferimento degli incarichi con la valutazione del titolo abilitante conseguito ai sensi dell’art. 35 medesimo e sino al passaggio in ruolo (mantenimento impossibile per gli insegnanti di religione essendo esso condizionato alla decisione di un organo esterno all’Amministrazione: il Vescovo; come pure è impossibile il passaggio in ruolo, non essendo prevista per la religione una cattedra che dia accesso ai ruoli del personale docente); la previsione esplicita dell’estensione a particolari categorie di docenti non ricomprendenti gli insegnanti di religione (esperti negli istituiti tecnici e professionali ed incaricati di libere attività complementari e di strumenti musicali) della possibilità di partecipare a classi di abilitazione per insegnanti diversi da quelli impartiti, purché in possesso del previsto titolo di studi; evidenziano la legittimità dell’interpretazione restrittiva data dall’Amministrazione all’art. 35 della legge suddetta.
Quanto alla censura di disparità di trattamento e palese ingiustizia che viene dedotta in relazione, particolarmente, alla legge n. 824 del 5 giugno 1930, che prevede per l’insegnante di religione la parità dei diritti e dei doveri degli altri docenti, è sufficiente evidenziare che il principio della parità sancito dall’art. 7 della legge suddetta è da intendere riferito esclusivamente a quelle che sono le prerogative fondamentali dell’insegnante in ordine sia alla funzione docente sia alla posizione di impiegato ed attengono, quindi, al diritto di far parte del corpo docente, di partecipare alle adunanze degli organi collegiali scolastici ed all’elezione degli stessi, al diritto di godere del trattamento economico vigente per il personale docente nonché del trattamento di previdenza, assistenza e quiescenza ed in genere di beneficiare di tutti i diritti propri degli insegnanti tra i quali, però, non può annoverarsi anche quello di conseguire l’accesso ai ruoli del personale docente della scuola, ossia alla stabilizzazione, posto che ciò da ritenere escluso sia dal fatto che l’incarico di religione non consente la nomina in ruolo, sia dalla particolare posizione rivestita dal docente di religione al quale, come si è detto, non si applicano le normali disposizioni di legge in materia di incarichi (vedi ultimo comma art. 1 legge n. 2282 del 1969 ed art. 5 L. 5 giugno 1920 n. 824) ed il cui mantenimento nell’attività di insegnamento è soggetto al giudizio insindacabile dell’autorità ecclesiastica che può in ogni momento autonomamente, e senza alcuna possibilità di ingerenza degli organi scolastici dello Stato, revocare l’idoneità all’insegnamento e privare, così, il docente della “capacità” di insegnare.
In conclusione, gli insegnanti di religione non rientrano fra le categorie di docenti precari ammessi alla sessione riservata degli esami di abilitazione previsti dalla legge n. 270 del 1982 e non possono ritenersi, quindi, destinatari di una disciplina normativa che per sua natura eccezionale è di stretta interpretazione.
La questione di legittimità costituzionale dedotta in riferimento al principio di uguaglianza ed imparzialità contenuti negli artt. 3 e 97 della Carta fondamentale si dimostra – alla luce delle considerazioni sopra esposte – manifestamente infondata, traendo legittimazione il beneficio dell’ammissione ai corsi abilitanti degli altri docenti precari da situazioni di fatto e di diritto diverse da quelle dei docenti di religione e quindi non idonee a fornire un oggettivo termine di confronto per il parametro costituzionale invocato (confr. Cons. Stato, VI Sez., 31 maggio 1990 n. 549 e 26 giugno 1990 n. 666, in Cons. Stato, 1990, I, 819 e 885).
Concorrono giusti motivi per compensare interamente le spese e gli onorari di giudizio.