Sentenza 24 novembre 2005
TAR Campania. Sezione Seconda. Sentenza 24 novembre 2005: “Concorso riservato a posti d’insegnanti di religione cattolica: mancata valutazione del servizio prestato presso un istituto legalmente riconosciuto ai fini dell’attribuzione del punteggio per titoli di servizio”.
Visto il ricorso n. 3347/2004,
Proposto da: P.G., rappresentato e difeso da: Adinolfi Luigi. Con domicilio eletto in Napoli, Via Po n. 1 (Parco Parva Domus)
contro
Ministero dell’Istruzione, Università’ e Ricerca. Direzione Generale per la Campania del MI.I.U.R. Rappresentati e difesi da Avvocatura Distrettuale dello Stato. Con domicilio eletto in Napoli, Via A. Diaz, 11, presso la Sua Sede
Direzione Generale per il Personale della Scuola del M.I.U.R., non costituita in giudizio;
e nei confronti di: I. A., non costituito in giudizio;
per l’annullamento
1) del bando del 2.02.04 (in G. U. 6.02.04) d’indizione del concorso riservato, per esami e titoli, a posti d’insegnanti di religione cattolica compresi nell’ambito territoriale delle singole diocesi nella scuola secondaria di primo e di secondo grado, limitatamente alla parte in cui (art. 2, co. 1 e all. 5) non prevede alcun punteggio per l’insegnamento nelle scuole legalmente riconosciute;
2) del parere del Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione del 17.12.2003, di estremi sconosciuti;
3) degli altri atti presupposti, connessi e consequenziali, se lesivi degli interessi del ricorrente;
nonché per l’annullamento (giusta l’atto di motivi aggiunti depositato il 13.04.2005)
4) della graduatoria definitiva pubblicata in data 8.02.2005, relativamente al concorso di cui sub 1), nella parte in cui confermava la mancata attribuzione al ricorrente del punteggio vantato per aver svolto attività d’insegnamento presso Istituti privati;
Visti gli atti e i documenti, depositati con il ricorso e con l’atto di motivi aggiunti;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione;
Viste le memorie, depositate dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti di causa;
Udito, alla pubblica udienza del 24.11.05, il relatore, Primo Referendario dr. Paolo Severini;
Uditi altresì i difensori, come da verbale;
Ritenuto e considerato, in fatto e diritto, quanto segue.
FATTO
Con il ricorso di cui sopra P. G., premesso d’aver insegnato religione cattolica nell’Istituto Scuole Pie Napoletane dei Padri Scolopi – legalmente riconosciuto – dal 1989 al 2001, e d’aver conseguito in data 31.03.1997 il “Grado Accademico di Magistero in Scienze Religiose” presso la Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale, ovvero il titolo di qualificazione richiesto per l’insegnamento della religione cattolica, a partire dall’anno scolastico 1990 – 1991, ex art. 41, punti 4.2 – 4.6 del d. P. R. 16.12.1985 n. 751, con cui era stata data esecuzione all’intesa tra l’Autorità Scolastica e la Conferenza Episcopale Italiana, per l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche, segnalava che, prima di tale data, l’insegnamento di tale materia era permesso a tutti coloro che – indipendentemente dal possesso di un titolo di qualificazione – erano stati ritenuti idonei dall’Autorità Ecclesiastica, giusta il Concordato Lateranense dell’11.02.1929 tra la Repubblica Italiana e la Santa Sede, e che in ragione dello stesso Concordato, e successive modifiche, l’insegnante di religione non era libero di scegliere se insegnare nella scuola pubblica o in quella privata, dipendendo la destinazione all’uno o all’altro tipo di scuola unicamente dalla scelta in tal senso dell’Autorità Ecclesiastica (Ordinario Diocesano); si doleva, quindi, della circostanza che il bando del 2.02.2004 avesse stabilito che i titoli di servizio, nella misura di punti 0,60 per ogni anno di servizio, fino ad un massimo di punti 15, non erano affatto attribuiti, per l’attività d’insegnamento svolta presso le scuole legalmente riconosciute, sicché il medesimo, per gli anni di servizio dal 1989 al 1999, in cui aveva appunto insegnato presso tale tipo di scuola, su indicazione dell’Ordinario Diocesano, non avrebbe ricevuto alcun punteggio; in particolare, non avrebbe ricevuto alcun punteggio né per l’a. s. 1989 – 1990, in cui tale insegnamento era consentito a prescindere dal possesso di qualsivoglia titolo di qualificazione (richiesto – come detto – solo dall’a. s. 1990 – 1991), né, del resto, per gli anni scolastici 1997 – 1998 e 1998 – 1999, in cui pure aveva insegnato col possesso di tale titolo di qualificazione, conseguito nel 1997; mentre i suoi colleghi, che avevano avuto la “fortuna” d’insegnare – sempre, si badi, su indicazione dell’Ordinario Diocesano – presso scuole pubbliche, avevano diritto a vedersi riconosciuti 0,60 punti per ogni anno d’insegnamento; sicché impugnava il bando di concorso e gli altri atti indicati in epigrafe, deducendo le seguenti censure:
Violazione dell’intera normativa scolastica vigente; Eccesso di potere, per difetto di motivazione, disparità di trattamento, erroneo presupposto; Violazione degli artt. 2, 3 e 33 Cost.: affermava che costante giurisprudenza sosteneva la necessità che l’insegnamento presso le scuole legalmente riconosciute dovesse avere comunque un valore, indipendentemente dall’equiparazione tout court con l’insegnamento prestato presso scuole statali; che detto principio, del resto, era desumibile dall’intera normativa scolastica vigente, a partire dalla l. 86/1942, all’art. 42 del d. P. R. 616/77, all’O. M. n. 331 del 1991. modificata dall’O. M. n. 375, che per le nomine a supplente non faceva alcuna differenza tra le due categorie di docenti; il C. di S., dal canto suo, aveva ritenuto – con la decisione n. 424 del 1992 – illegittima l’esclusione punteggio dei titoli acquisiti nelle scuole legalmente riconosciute, mentre la Consulta – con la sentenza n. 180 del 10.02.1988 – aveva sancito l’illegittimità costituzionale dell’art. 43 co. 2 della legge 20.05.1982, n. 270, che prevedeva l’esclusione dei docenti delle scuole private legalmente riconosciute dai corsi ISERF predisposti per il conseguimento del titolo di studio, previsti per i docenti della Scuola statale. In definitiva, era inaccettabile che esistessero due diverse categorie di docenti, con status nettamente differenziati tra loro, soprattutto in considerazione del fatto che l’insegnamento della religione nella scuola pubblica o in quella privata non dipendeva dalla scelta dell’interessato, ma dalla designazione dell’Autorità Ecclesiastica; pur agendo, inoltre, in via diretta per l’annullamento del bando, il ricorrente eccepiva in subordine l’illegittimità costituzionale di “tutta la normativa di riferimento”, per contrasto con l’art. 33 della Costituzione, nonché con gli art. 2 e 3 della Carta Fondamentale.
In data 19.04.2004 si costituiva il M. I. U. R., con atto di forma, per il tramite dell’Avvocatura Erariale, depositando quindi, il successivo 21.04.2004, regolamento di competenza, peraltro non notificato (successivamente dichiarato decaduto dal T. A. R. con ordinanza collegiale n. 698/04); nonché relazione a firma del dirigente dell’Area Legale dell’Ufficio Scolastico Regionale per la Campania, e la documentazione pertinente al ricorso; in data 13.04.05, intanto, il ricorrente aveva impugnato, con atto di motivi aggiunti, la graduatoria definitiva relativa al concorso in epigrafe, svolgendo censure d’illegittimità derivata dai vizi, che inficiavano il bando di concorso; seguiva la produzione, in data 3.05.05, di ulteriore relazione dell’Amministrazione, con documenti; in data 5.05.05 la domanda cautelare era abbinata al merito; all’udienza pubblica del 24.11.05 il ricorso era trattenuto in decisione.
DIRITTO
Il ricorso è infondato.
La questione dedotta in giudizio riguarda la legittimità della mancata valutazione del servizio d’insegnamento della religione cattolica, prestato dal ricorrente presso l’Istituto Scuole Pie Napoletane dei Padri Scolopi – legalmente riconosciuto – ai fini dell’attribuzione del punteggio per titoli di servizio, nell’ambito del concorso riservato, per esami e titoli, a posti d’insegnanti di religione cattolica compresi nell’ambito territoriale delle singole diocesi nella scuola secondaria di primo e di secondo grado, di cui al bando emanato con decreto del Direttore Generale per il Personale della Scuola del 2.02.2004, ed allegata tabella di valutazione dei titoli.
L’esclusione del punteggio in questione è sancita, in particolare, dalla suddetta tabella di valutazione dei titoli, che alla lettera A – Titoli di servizio – prevede quanto segue: A) Titoli di servizio (fino a un massimo di punti 15) Per ogni anno di servizio prestato nell’Irc nelle scuole di ogni ordine e grado, statali e paritarie: punti 0,60 fino a un massimo di punti 15. Il servizio deve essere prestato, dopo l’1/09/1990, con il possesso del titolo di qualificazione previsto dal D.P.R. n. 751/1985. Per i soli concorrenti all’Irc nella scuola secondaria forniti della qualificazione prevista dal punto 4.3., lett. d), del D.P.R. n. 751/1985, è consentito che il diploma di Scienze religiose sia stato conseguito anche successivamente alla prestazione del servizio, alle condizioni previste dalla delibera della 50ª Assemblea Generale della Conferenza Episcopale Italiana (18-21 novembre 2002). Il requisito di servizio per l’accesso al concorso si eleva per detti concorrenti a dieci anni, di cui almeno quattro continuativi. In quest’ultimo caso non si valuta il servizio corrispondente ai dieci anni considerati quale titolo di accesso. Il servizio è considerato come anno scolastico intero se ha avuto la durata di almeno centottanta giorni oppure se sia stato prestato ininterrottamente dal 1° febbraio fino al termine delle operazioni di scrutinio finale. Non è valutato il servizio prestato per cinque anni fino al 1985/1986 compreso, qualora questo costituisca titolo di qualificazione professionale ai sensi del punto 4.6.2. del D.P.R. n. 751/1985. Il servizio prestato nelle scuole paritarie è valutato a partire dal 1° settembre 2000. Non sono valutati i servizi di durata inferiore all’anno scolastico né il servizio corrispondente all’anno scolastico in corso alla data di emanazione del bando di concorso”.
Come si vede, l’esclusione degli istituti d’istruzione legalmente riconosciuti, da quelli per i quali spetta il punteggio previsto dal citato D. D., è testuale ed inequivocabile, tale da non lasciare spazio a possibili interpretazioni differenti (come puntualmente messo in risalto, del resto, nella relazione del dirigente dell’Area Legale dell’Ufficio Scolastico Regionale per la Campania).
Tale esclusione, per di più, è stata riconosciuta legittima dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato (cfr. C. di S., Sez. VI, n. 831 del 21 maggio 1994, secondo cui: “Agli effetti del riconoscimento dell’anzianità di servizio, l’insegnamento nelle scuole legalmente riconosciute non può essere equiparato a quello svolto nelle scuole statali pareggiate o parificate”).
Stabilito, quindi, che il provvedimento – bando di concorso – impugnato è immune dai vizi di legittimità ipotizzati dal ricorrente, residua la questione se possa essere sollevato incidente di costituzionalità, in relazione a “tutta la normativa di riferimento”, per contrasto con l’art. 33 della Costituzione, in considerazione del diverso trattamento riservato dalla legge ai docenti che hanno insegnato in scuole statali o paritarie ovvero – come il ricorrente – in istituti legalmente riconosciuti.
In disparte la genericità della dedotta questione – non sono indicate, infatti, la specifica disposizione o le specifiche disposizioni legislative che si ritengono incostituzionali – rileva il Collegio che il C. di S. ha avuto occasione di dichiarare manifestamente infondata, con riferimento agli artt. 3, 33 e 97 Cost., la questione di legittimità costituzionale degli artt. 2, decimo comma, e 6, settimo comma, d. l. 10 luglio 1989 n. 249, nella parte in cui non equiparavano, agli effetti del concorso per l’immissione in ruolo dei docenti precari, il servizio prestato alle dipendenze di scuole private, legalmente riconosciute, a quello prestato presso scuole statali (cfr. Sez. VI, n. 1374 del 21/10/96, nella cui motivazione si sostiene che l’art. 33 della Costituzione sancisce la libertà d’insegnamento anche attraverso l’istituzione di «scuole ed istituti di educazione» da parte di Enti e privati, ai quali è riconosciuto il relativo diritto, stabilendo che «la legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni delle scuole statali», ma che lo stesso art. 33 Cost. non detta alcun principio di parità, riguardo al servizio di docente, prestato nei due tipi di scuola, onde il legislatore non trova, in quella disposizione, alcun limite alla sua potestà normativa in proposito o, per meglio dire, la sua discrezionalità è limitata soltanto in senso negativo e cioè nel senso che potrebbero legittimamente sospettarsi di incostituzionalità quelle disposizioni di legge che, attraverso la disciplina del trattamento riservato ai docenti delle scuole non statali, attentassero alla libertà di quest’ultime ed alla parità di trattamento scolastico assicurato agli alunni).
Nello stesso senso, più di recente, si leggano T.A.R. Campania, Salerno, 1 luglio 1999, n. 252, secondo cui: “E’ manifestamente infondata, con riferimento agli artt. 3, 35 e 97 Cost., la questione di legittimità costituzionale degli artt. 2 comma 10 e 6 comma 7 D.L. 10 luglio 1989 n. 249, nella parte in cui non equiparano, agli effetti del concorso per l’immissione in ruolo dei docenti precari, il servizio prestato alle dipendenze di scuole private legalmente riconosciute a quello prestato presso scuole statali”; T.A.R. Abruzzo Pescara, 7 dicembre 2001, n. 1174, secondo cui: “È manifestamente infondata, con riferimento agli art. 3, 33 e 97 Cost., la q. l. c. dell’art. 2 comma 10 d.l. 6 novembre 1989 n. 357, conv. con modificazioni nella l. 27 dicembre 1989 n. 417, nella parte in cui non equipara, ai fini dell’ammissione al concorso, per soli titoli, indetto con d. m. 22 aprile 1993, per il conferimento di posti e cattedre di insegnamento nelle scuole statali, il servizio di insegnante prestato presso scuole private legalmente riconosciute a quello prestato presso scuole statali”.
Le considerazioni che precedono vanno condivise, e valgono a far ritenere manifestamente infondata l’eccepita questione d’illegittimità costituzionale della normativa citata, nella parte in cui prevede un diverso trattamento, ai fini della valutazione del servizio prestato, tra l’insegnamento prestato presso le scuole legalmente riconosciute e l’insegnamento prestato presso le scuole statali e paritarie; ciò, proprio in ragione dell’evidenziata discrezionalità del legislatore in materia, che trova limiti solo “in negativo”.
Detta eccezione deve ritenersi priva di pregio, rientrando evidentemente in detta discrezionalità la decisione, del legislatore, di riservare un diverso trattamento al servizio prestato presso le scuole statali e paritarie, rispetto alle scuole legalmente riconosciute; come affermato, infatti, nella decisione del T.A.R. Calabria Catanzaro, 11 novembre 1998, n. 972, non vi è “nessun principio normativo o costituzionale che obblighi il legislatore ad equiparare il personale docente delle scuole pubbliche al personale docente delle scuole private riconosciute”.
Né le sopra esposte conclusioni possono essere revocate in dubbio, sulla base della considerazione che la decisione, se prestare servizio presso scuole private ovvero presso scuole statali, non era di pertinenza del docente, che si limitava a seguire la destinazione, sancita dall’Ordinario Diocesano; onde non era giustificata la diversa valutazione del servizio, per violazione del principio d’eguaglianza.
Tale deduzione, infatti, seppur suggestiva, si scontra contro il dato inequivocabile per cui ciò che si colloca a monte del servizio d’insegnamento prestato (nella specie: la designazione dell’Autorità Ecclesiastica, in ipotesi foriera di illegittima disparità di trattamento tra diverse categorie di docenti) non può rilevare ai fini della valutazione del servizio stesso, rispetto alla quale – come detto – il legislatore rimane libero di determinarsi discrezionalmente, tanto più se la suddetta designazione appartiene, a sua volta, alla sfera decisionale di un’autorità, indipendente da quella statale.
Non si comprenderebbe, infatti, per quale ragione, in ipotesi, dovrebbe essere valutato il servizio d’insegnamento della religione cattolica, prestato presso scuole legalmente riconosciute, in considerazione delle predette modalità di designazione all’incarico dei docenti (previsione dell’intervento dell’Ordinario Diocesano), mentre il servizio d’insegnamento, prestato in ogni altra disciplina, presso scuole legalmente riconosciute, dovrebbe restare privo d’ogni riconoscimento.
In pratica: le suddette particolari modalità di designazione non costituiscono, ad avviso del Tribunale, una ragione sufficiente per discriminare, all’interno della categoria dei docenti che hanno prestato servizio presso scuole legalmente riconosciute, gli insegnanti di religione cattolica da quelli d’ogni altra disciplina.
In definitiva, la questione di l. c. non può essere presa in considerazione.
Ricorrono giusti motivi per la compensazione, tra le parti, delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso indicato in epigrafe (n. 3347/04), lo respinge. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Autore:
Tribunale Amministrativo
Dossier:
_Insegnanti di religione_
Nazione:
Italia
Parole chiave:
Chiesa cattolica, Disparità di trattamento, Idoneità, Insegnanti di religione, Graduatoria, Scuole legalmente riconosciute, Bando di concorso, Concorso riservato per esami e titoli, Punteggio, Titoli di qualificazione professionale
Natura:
Sentenza