Sentenza 24 gennaio 2007, n.86
TAR Toscana. Sentenza 24 gennaio 2007, n. 86: “IRC ed esclusione da sessione riservata di esami di abilitazione all’insegnamento”.
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA TOSCANA – I^ SEZIONE –
ha pronunciato la seguente:
S E N T E N Z A
sul ricorso n. 236/2002 proposto da:
– L. J. F. rappresentato e difeso da: DA SETTIMO NICOLA con domicilio eletto in FIRENZE, VIA F. PUCCINOTTI N. 10 presso DA SETTIMO NICOLA
contro
– PROVVEDITORATO STUDI DI FIRENZE. MINISTERO DELL’ ISTRUZIONE UNIVERSITA’ E RICERCA, rappresentato e difeso da: AVVOCATURA DELLO STATO, con domicilio eletto in FIRENZE, VIA DEGLI ARAZZIERI 4 presso la sua sede
per l’annullamento
del decreto rettorale 5.11.2001 del Direttore Generale dell’Ufficio Scolastico Regionale per la Toscana, notificato il 5.12.2001, con il quale è stato respinto il ricorso gerarchico prodotto in data 30.3.2001; dell’atto presupposto, nonché avverso ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente, ivi compresi, in parte qua e per quanto occorrer possa, i bandi di indizione delle sessioni di abilitazione OO.MM. nn. 153/99, 33/2000 e 1/2001;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio delle Amministrazioni intimate;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle proprie difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Designato relatore, alla pubblica udienza del 16.1.2007 il Presidente dott. Giovanni Vacirca;
Udito, altresì, per le parti gli avv.ti I. Barsanti Maceri, in sostituzione dell’avv. Nicola da Settimo, e M. Gramaglia dell’Avvocatura distrettuale dello Stato;
Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:
F A T T O e D I R I T T O
Il ricorso ha ad oggetto l’esclusione dalla sessione riservata di esami per il conseguimento dell’abilitazione e l’O.M. 1/2001, nella parte in cui prevede che i servizi prestati nell’insegnamento della religione cattolica non siano validi ai fini dell’ammissione (art. 2, comma 4).
Va premesso che non è applicabile al caso in esame l’art. 4 del d.l. 17 agosto 2005, n. 168, convertito con modificazioni nella legge 30 giugno 2005 n. 168, il quale così dispone: “Elezioni degli organi degli ordini professionali e disposizioni in materia di abilitazione e di titolo professionale.
1. Fatto salvo quanto previsto all’articolo 1-septies del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2005, n. 43, al fine di consentire il rinnovo degli organi degli ordini professionali interessati secondo il sistema elettorale disciplinato dal regolamento previsto dall’articolo 4, comma 3, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 5 giugno 2001, n. 328, le elezioni degli enti territoriali sono indette alla data del 15 settembre 2005, mentre quelle per il rinnovo dei consigli nazionali si svolgono alla data del 15 novembre 2005.
Ove il mandato non abbia più lunga durata, i consigli scadono al momento della proclamazione degli eletti.
2. Le elezioni per il rinnovo dei consigli dell’ordine degli psicologi sono indette entro trenta giorni dalla data di scadenza del termine stabilito dal terzo periodo del comma 1 dell’articolo 1-septies del citato decreto-legge n. 7 del 2005. Ove il mandato non abbia più lunga durata, i consigli scadono al momento della proclamazione degli eletti.
2-bis. Conseguono ad ogni effetto l’abilitazione professionale o il titolo per il quale concorrono i candidati, in possesso dei titoli per partecipare al concorso, che abbiano superato le prove d’esame scritte ed orali previste dal bando, anche se l’ammissione alle medesime o la ripetizione della valutazione da parte della commissione sia stata operata a seguito di provvedimenti giurisdizionali o di autotutela”.
Il comma 2-bis sopra trascritto, infatti, riguarda soltanto le abilitazioni necessarie per iscrizioni ad albi professionali, come si ricava dalla collocazione in una norma concernente gli ordini professionali, e comunque
presuppone il possesso del titolo di ammissione, che nel caso in esame è proprio l’oggetto della controversia.
Il Collegio condivide l’orientamento giurisprudenziale consolidato, secondo cui l’O.M. impugnata costituisce puntuale applicazione di una norma (legge 3 maggio 1999, n. 124), la quale dispone che “il servizio deve essere stato prestato per insegnamenti corrispondenti a posti di ruolo o relativi a classi di concorso, con il possesso dello specifico titolo di studio richiesto”.
La questione di legittimità costituzionale di tale normativa è, poi, manifestamente infondata.
La Corte costituzionale ha già avuto modo di occuparsi della legittimità dell’esclusione degli insegnanti di religione dalle sessioni riservate di abilitazione, con la sentenza 22 luglio 1999, n. 343, pronunciata con riferimento alla normativa previgente rispetto a quella applicata nella specie (questione di legittimità costituzionale degli artt. 2 e 11 del decreto-legge 6 novembre 1989, n. 357, convertito, con modificazioni, nella legge 27 dicembre 1989, n. 417, sollevata con riferimento agli artt. 3, primo comma, e 97, primo comma, della Costituzione).
Anche in quel caso veniva in rilievo il requisito del servizio di insegnamento su posti di ruolo e per classi di concorso: requisito carente nel caso dell’insegnamento della religione cattolica.
La disparità di trattamento era stata denunciata anche in relazione al fatto che all’epoca si considerava utile anche l’insegnamento impartito in una materia diversa da quella per la quale si intendeva concorrere, purché compresa in altre classi di concorso.
La questione è stata ritenuta infondata dalla Corte, la quale ha affermato:
– che il “meccanismo preordinato dal legislatore si basa sullo stretto collegamento tra titolo di studio posseduto, servizio di insegnamento prestato e superamento di prove di esame, sempre nel contesto del medesimo ambito disciplinare”;
– che “l’insegnamento non costituisce una generica e comune esperienza didattica da far valere in ogni settore disciplinare, ma uno specifico elemento di qualificazione professionale per impartire l’insegnamento corrispondente al posto di ruolo cui si intende accedere”;
– che “nello stesso contesto normativo, il legislatore ha disposto che il servizio riferito ad un insegnamento diverso da quello inerente al concorso non sia valutato quale titolo (art. 2, comma 17, del decreto-legge n. 357 del 1989)”;
– che l’interpretazione di parte della giurisprudenza, nel senso di “non precludere l’ammissione alla sessione riservata degli esami di abilitazione anche se l’insegnamento sia stato prestato per una classe di concorso diversa da quella per la quale si sia chiesto di partecipare, ha tuttavia riguardo a classi di concorso affini, per le quali lo stesso titolo di studio, in base al quale si è prestato il servizio, dà accesso ad entrambe le classi considerate, sicché l’insegnamento basato su quel titolo consente di maturare una esperienza didattica specifica, ma comune alle classi stesse. Ciò che, appunto, giustifica l’adozione di una verifica semplificata della professionalità, in sessioni riservate di esame o di concorso”;
– che a “questa situazione non è assimilabile quella degli insegnanti di religione, il cui servizio è prestato sulla base di specifici profili di qualificazione professionale (determinati con l’intesa tra autorità scolastica e Conferenza episcopale italiana, cui ha dato esecuzione il d.P.R. 16 dicembre 1985, n. 751), i quali, di per sé, non costituiscono titolo di accesso ad altri insegnamenti”.
Nella fattispecie in esame i termini della questione sostanzialmente non mutano in quanto la disciplina legislativa tiene conto dell’atipicità della posizione dell’insegnante di religione nell’ordinamento anteriore alla recente riforma di cui alla L. n. 186 del 18 luglio 2003 (i cui artt. 1 e 2 hanno previsto l’istituzione di appositi ruoli con relative dotazioni organiche, prima inesistenti). Atipicità che non consente l’assimilazione alle altre categorie per le quali sono previsti posti in ruolo e classi di concorso (Cons. Stato, 22 giugno 2004, n. 4447; TAR Lazio, III bis, 11 ottobre 2004, n. 10644; TAR Lazio, III bis, 23 marzo 2005, n. 2083).
Il ricorso deve pertanto essere respinto.
Sussistono, tuttavia, giusti motivi per dichiarare compensate tra le parti le spese del giudizio.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale della Toscana, sez. I, RESPINGE il ricorso.
Spese compensate.
Così deciso in Firenze il 16 gennaio 2007 dal Tribunale Amministrativo Regionale della Toscana, sez. I, in camera di consiglio con l’intervento dei
signori:
Dott. Giovanni Vacirca Presidente, est.
Dott. Saverio Romano Consigliere
Dott. Bernardo Massari Consigliere
F.to Giovanni Vacirca est.
F.to Mario Uffreduzzi – Direttore della Segreteria
Autore:
Tribunale Amministrativo
Dossier:
_Insegnanti di religione_
Nazione:
Italia
Parole chiave:
Scuola, Religione Cattolica, Insegnanti, Abilitazione all'insegnamento, Sessione riservata di esami, Gradutoria
Natura:
Sentenza