Sentenza 24 aprile 2001, n.5153
Consiglio di Stato. Sezione Sesta. Sentenza 24 aprile 2001, n. 5153: “Legittimità della non ammissione di un insegnante di religione alle sessioni di esame riservate di abilitazione all’insegnamento”.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello proposto da M. A., rappresentata e difesa da avv.to C. M., ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv. F. B., …
contro
Ministero della Pubblica Istruzione, in persona del Ministro pro tempore, e Provveditorato agli studi di Firenze, in persona del Provveditore pro tempore, costituitisi in giudizio, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato ed elettivamente domiciliati presso la stessa in Roma via dei Portoghesi n. 12;
per l’annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Toscana, Sezione II, n. 14/1996;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’amministrazione appellata;;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Alla pubblica udienza del 24-4-2001 relatore il Consigliere Roberto Chieppa.
Uditi l’Avv. Buccellato in sostituzione dell’Avv. Mauceri e l’Avv. dello Stato Mangia;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
Con il ricorso in appello in epigrafe M. A. ha chiesto l’annullamento della suindicata sentenza con la quale il Tar della Toscana ha respinto il ricorso proposto avverso il provvedimento di esclusione dalla sessione riservata di esami ex art. 35 della legge n. 270/1982.
L’appello viene proposto per i seguenti motivi:
1) violazione di legge, eccesso di potere per disparità di trattamento e violazione dei principi costituzionali di cui agli artt. 3 e 97 Cost., per aver il giudice di primo grado ritenuto non utile il servizio di insegnante di religione ai fini dell’ammissione alla predetta sessione riservata di esami per il conseguimento dell’abilitazione.
L’amministrazione intimata si è costituita in giudizio, chiedendo la reiezione dell’appello.
All’odierna udienza la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Con i motivi di appello, che possono essere esaminati congiuntamente, la ricorrente in primo grado lamenta che la propria esclusione dalla sessione riservata di esami ex art. 35 della legge n. 270/1982 è stata illegittimamente determinata dalla mancata equiparazione dell’insegnamento di religione al servizio svolto quale docente di altre materie.
I motivi sono infondati.
Il Collegio ritiene di non doversi discostare dai precedenti della Sezione, che ha sempre ritenuto che ai fini del computo del periodo di servizio necessario per l’ammissione alle sessioni di esame riservate di abilitazione all’insegnamento nelle scuole secondarie, non può essere computato il servizio di insegnamento della religione nella scuola statale non esistendo rispetto a questo insegnamento, in considerazione del regime concordatario particolare operante nella materia, una classe di abilitazione o di concorso né uno specifico titolo di studio, ed essendo il titolo abilitante costituito dal certificato di idoneità rilasciato dall’ordinario diocesano, e cioè da un’Autorità estranea all’ordinamento italiano (cfr. Cons. Stato, VI, n. 1405/99; n. 667/90; n. 78/89).
Il requisito del servizio con incarico nell’anno 1980/81, previsto dal citato art. 35 della legge n. 270/1982 per l’ammissione alle sessioni riservate di esami, non può consistere nel servizio quale insegnante di religione, in relazione al quale, oltre a non esistere una classe di concorso né una classe di abilitazione, non vi è neanche un provvedimento di incarico, richiesto dalla norma, equiparabile agli incarichi conferiti per le altre discipline sulla base di specifici requisiti.
La diversità dei requisiti richiesti per gli incarichi di docenza “ordinari” e quelli relativi alla religione esclude la sussistenza di uguali situazioni regolate in modo diverso e della conseguente violazione dei principi costituzionali, invocati dall’appellante (l’insegnante di religione, a differenza di ogni altro docente, è assunto e mantenuto in servizio in base al giudizio discrezionale di un’autorità totalmente diversa da quella scolastica).
Il docente di religione, pertanto, se in possesso di una laurea, che consente un insegnamento compreso in altra classe di concorso o di abilitazione, poteva partecipare, come qualsiasi laureato, ai concorsi ed agli esami banditi a norma dell’art. 1 della legge n. 270/82.
Quindi la questione di legittimità costituzionale, dedotta dall’appellante, è manifestamente infondata, in quanto il particolare beneficio è riservato a docenti che si trovano in condizioni di fatto e di diritto diverse da quelle dell’appellante; il che giustifica il trattamento differenziato (cfr. Cons. Stato, VI, n. 667/90).
In conclusione, l’appello deve essere respinto.
Ricorrono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta,. respinge il ricorso in appello indicato in epigrafe.
Compensa tra le parti le spese del giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Autore:
Consiglio di Stato
Dossier:
_Insegnanti di religione_
Nazione:
Italia
Parole chiave:
Scuola, Insegnanti di religione, Equiparazione ad altri docenti, Ammissione a sessioni riservate
Natura:
Sentenza