Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 23 Maggio 2007

Sentenza 23 marzo 2007, n.1421

Consiglio di Stato. Sentenza 23 marzo 2007, n. 1421: “Concorso riservato per insegnanti di religione cattolica nella scuola elementare e di infanzia: titoli di qualificazione professionale richiesti”.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello proposto da (…), rappresentati e difesi dall’avv. Manfredo Piazza ed elettivamente domiciliati in Roma, presso l’avv. W.M. Condoleo, via Timavo 12;

contro

il Ministero dell’istruzione della ricerca e dell’università, in persona del Ministro pro-tempore, e l’Ufficio Scolastico, Regionale Calabria- Direzione Generale, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato presso cui sono ope legis domiciliati in Roma via dei Portoghesi 12;

e nei confronti

di R. L., rappresentata e difesa dall’avv. Alessandra Morcavallo ed elettivamente domiciliata in Roma, presso l’avv. Massimo Farsetti, via Taranto 58;

di S. G., M. R., L. A., C. R., tutti non costituiti;

per l’annullamento della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Calabria Sezione I n.2254 del 28 novembre 2005;

Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione e dell’appellata R.;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Alla pubblica udienza del 13 febbraio 2007 relatore il Consigliere Luciano Barra Caracciolo.
Uditi l’avv. Piazza, l’avv. Morcavallo e l’avv. dello Stato Vessichelli;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO

Con la sentenza in epigrafe il Tar della Calabria ha respinto il ricorso proposto da un gruppo di docenti di religione, in epigrafe specificati, avverso la graduatoria definitiva per la Diocesi Cosenza-Bisignano del concorso riservato per gli insegnanti di religione cattolica nella scuola elementare e dell’infanzia pubblicata il 18 febbraio 2005, nonché avverso il relativo decreto dirigenziale in pari data, prot.n.5130.

L’adito Tribunale premetteva che essendo il ricorso infondato era esonerato dall’esame delle eccezioni in rito proposte dall’Amministrazione resistente e dai controinteressati. I ricorrenti si dolevano del fatto che, ai fini della determinazione del punteggio, fosse stato considerato quale titolo di accesso al concorso il diploma magistrale, per il quale gli stessi hanno riportato un punteggio inferiore a quello conseguito con il diploma in scienze religiose, e considerato, quest’ultimo, alla stregua di titolo aggiuntivo, per il quale erano stati attribuiti 0,50 punti. Secondo i ricorrenti il diploma di scienze religiose costituiva esso stesso titolo di accesso al concorso, con conseguente attribuzione di punti da un minimo di 0,80 ad un massimo di 4, in funzione del voto riportato. Ciò, evidentemente, avrebbe consentito agli stessi di conseguire un punteggio superiore per i titoli di qualificazione professionale, grazie al più alto voto riportato in relazione al diploma in scienze religiose.

Le censure apparivano infondate. Le disposizioni del bando di concorso effettuavano una chiara distinzione tra il diploma magistrale, titolo di ammissione al concorso, e gli altri diplomi di scuola superiore, che, al contrario, consentivano l’ammissione al concorso solo unitamente ad un diploma in scienze religiose. In particolare, risultava decisivo il tenore letterale del bando di concorso che, all’allegato 5, prevedeva i seguenti titoli di qualificazione professionale per l’accesso all’insegnamento della religione nella scuola dell’infanzia e nella scuola elementare:

a) diploma di scuola magistrale (valido esclusivamente per l’accesso ai posti nella scuola dell’infanzia) fino ad un massimo di punti 4;

b) diploma di istituto magistrale o titolo di studio appositamente riconosciuto equivalente a seguito dell’attuazione di progetti di sperimentazione autorizzati ai sensi dell’art. 278 del decreto legislativo 297/94, fino ad un massimo di punti 4;

c) altro diploma di scuola secondaria superiore unito a diploma di scienze religiose riconosciuto dalla Conferenza episcopale italiana o unito a diploma accademico di Magistero in scienze religiose rilasciato da un istituto di scienze religiose approvato dalla Santa Sede o unito ad altro titolo di livello superiore in una delle discipline ecclesiastiche di cui al Dm 15.7.87 e successive modificazioni e integrazioni: si calcola solo il punteggio del diploma di scienze religiose rilasciato da un istituto di scienze religiose approvato dalla Santa Sede o dell’altro titolo superiore in una delle discipline ecclesiastiche di cui al citato DM 15.7.87, fino ad un massimo di punti 4;

d) diploma di scienze religiose o diploma di cultura teologica o attestato di corso equipollente, limitatamente ai casi previsti dalla lettera a) del punto 4.4. del DPR 751/85, si valutano solo i titoli che rechino un punteggio, fino ad un massimo di punti 4;

e) diploma di istituto magistrale o diploma di laurea in scienze della formazione primaria, in aggiunta ad uno dei precedenti titoli di qualificazione: punti 0,50;

f) diploma di scienze religiose rilasciato da un Istituto di Scienze religiose riconosciuto dalla Conferenza episcopale italiana o diploma accademico di magistero in Scienze religiose rilasciato da un istituto di scienze religiose approvato dalla Santa Sede o altro titolo accademico in una delle discipline ecclesiastiche di cui al DM 15.7.1987, in aggiunta a uno dei precedenti titoli di qualificazione: punti 0,50.

Le disposizioni di cui sopra, esenti da qualsiasi censura da parte dei ricorrenti, costituivano il parametro fondamentale per effettuare la corretta valutazione dei titoli in possesso dei partecipanti. Dalla lettura di esse risulta evidente la scelta di considerare modalità alternative d’accesso il possesso del diploma di istituto magistrale ed il diploma o il magistero in scienze religiose (quest’ultimo unitamente ad altro diploma di scuola superiore). In particolare, il possesso di “Altro diploma di scuola secondaria superiore” (all. 5 punto c), nel senso di diverso da quello magistrale, è il requisito fondamentale per la valutazione, come titolo d’accesso, del diploma o del magistero in scienze religiose. Il punto c) dell’allegato 5 del bando di concorso non permetteva interpretazioni differenti “si calcola solo il punteggio del diploma di scienze religiose rilasciato da un istituto di scienze religiose approvato dalla Santa Sede o dell’altro titolo superiore in una delle discipline ecclesiastiche di cui al citato DM 15.7.87, fino ad un massimo di punti 4”. Da tale possibilità erano evidentemente esclusi coloro che possedevano i titoli di ammissione di cui al punto b, ovvero il diploma di istituto magistrale che deve essere necessariamente valutato in quanto titolo di ammissione. Il diploma in scienze religiose poteva, in questo caso, essere valutato come titolo in aggiunta al titolo di accesso. Tale possibilità era prevista in maniera esplicita dal punto f, del più volte citato allegato cinque al bando di concorso, che era chiaro sul punto: il diploma di scienze religiose, in aggiunta a uno dei precedenti titoli di qualificazione, è valutato punti 0, 50. Questa previsione andava interpretata unitamente al precedente punto e, che contemplava l’attribuzione di 0,50 punti per il possesso di diploma di istituto magistrale, in aggiunta ad uno dei precedenti titoli di qualificazione. Tra questi ultimi non era compreso il diploma magistrale in aggiunta al diploma o al magistero in scienze religiose (con la conseguente valutazione del punteggio di quest’ultimo), in virtù della chiara esclusione operata dal punto c dell’allegato 5. Alla luce di queste considerazioni era infondata la pretesa dei ricorrenti relativa alla valutazione del diploma o magistero in scienze religiose come titolo d’accesso, in aggiunta al diploma magistrale. Di conseguenza era corretto l’operato dell’amministrazione che aveva considerato come titolo di accesso il solo diploma magistrale. Il diploma o il magistero in scienze religiose poteva essere valutato solo come titolo aggiuntivo, ai sensi del punto f dell’allegato 5 al bando di concorso.

Le univoche disposizioni del bando erano, del resto, perfettamente coerenti con la normativa di riferimento, considerato che il D.P.R. 16.12.1985 n. 751, al punto 4.4 lett.b) stabiliva che l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole materne ed elementari può essere impartito da chi sia in possesso di titolo valido per l’insegnamento in tali scuole (il diploma di istituto magistrale) unito all’attestato di idoneità dell’ordinario diocesano o da chi, “fornito di altro diploma di scuola secondaria superiore, abbia conseguito almeno un diploma rilasciato da un Istituto di scienze religiose riconosciuto dalla Conferenza episcopale italiana”.

In tutta evidenza il legislatore aveva previsto l’esistenza di diversi canali d’accesso per l’insegnamento. Canali d’accesso che tra l’altro prevedevano un corso di studi differente, dalla durata ben diversa, anche in rapporto all’età di accesso all’insegnamento. E’ quindi del tutto logica la scelta di attribuire il maggior peso, in sede di valutazione, al titolo che ha legittimato i concorrenti (tutti con esperienza di insegnamento nella materia, come richiesto dal bando) all’insegnamento della religione. Tale titolo era, per i ricorrenti, il diploma di istituto magistrale. Quest’ultimo non poteva quindi essere considerato come semplice diploma di scuola secondaria per consentire, perché maggiormente vantaggiosa, ma solo ai fini del punteggio per titoli di servizio, per i concorrenti, la valutazione, come titolo di accesso, del diploma o del magistero in scienze religiose. La differenza tra i percorsi per l’accesso comporta, infatti, l’impossibilità di operare commistioni fra gli elementi nei quali si articolano i titoli di qualificazione professionale in questione (Tar Lecce 4.3.2005 n. 1133 e Tar Campobasso 25.8.2004 n. 477, su fattispecie perfettamente analoghe). Le sopra richiamate sentenze smentivano, inoltre, l’assunto dei ricorrenti secondo cui l’interpretazione delle norme del concorso data dall’Ufficio Scolastico Regionale della Calabria si distinguerebbe da quella adottata in altre regioni. Quanto sopra rilevato escludeva, altresì, la dedotta censura di eccesso di potere per disparità di trattamento, non sussistendo tra le fattispecie a confronto una assoluta identità di situazioni (Cfr Cds IV 200/95). L’operazione di attribuzione dei punteggi per i titoli appariva, inoltre, già rigidamente predeterminata nella tabella di valutazione dei titoli allegata al bando. Ne consegue che risultava pienamente assolto anche l’obbligo della motivazione con l’analitica attribuzione dei punteggi, così come riportati negli elenchi e nelle graduatorie allegate al ricorso Cfr. tra le tante Tar Liguria Sez. II 310/2001).

Appellano gli originari ricorrenti deducendo le seguenti censure:

1. Manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione

Il Tar ha errato nell’affidarsi al tenore letterale delle disposizioni di cui all’allegato 5 del DDG del 2.2.2004. Da un’attenta lettura del bando si evince esattamente il contrario di quanto ritenuto dal Tar, non potendo desumersi, dall’interpretazione delle sue disposizioni, “quale unico parametro fondamentale per effettuare la corretta valutazione dei titoli in possesso de partecipanti”, la scelta di considerare “il possesso di altro diploma di scuola secondaria superiore nel senso di diverso da quello magistrale” e quindi quale “ requisito fondamentale per la valutazione come titolo di accesso, del diploma o del magistero in scienze religiose”. Del tutto illogica appare invece la scelta dell’Ufficio scolastico regionale di non considerare valutabile tra i due titoli di accesso- diploma di istituto magistrale e diploma ecclesiastico di magistero- posseduti dagli appellanti quello più favorevole, come pure la sentenza impugnata che a tale scelta si allinea. Alla luce di un’interpretazione più coerente con il tenore letterale della norma e con i canoni di imparzialità e buon andamento, e applicando in modo non restrittivo l’allegato 5 del bando di concorso, unitamente ad una lettura del combinato disposto dei punti c) ed e) dello stesso allegato, che tenga conto delle peculiarità dei titoli in questione, è corretto dare la possibilità agli appellanti di ottenere il miglior punteggio tra il titolo di Istituto magistrale e quello ecclesiastico di Magistero, vedendosi attribuire, oltre al predetto punteggio fino a 4 punti per il migliore dei due titoli alla stregua di titolo di accesso, anche il punteggio di 0,50 punti per il possesso di diploma di istituto magistrale, quale titolo in aggiunta ad uno dei precedenti titoli di qualificazione. Si invoca il criterio ermeneutico enunciato nella decisione del Consiglio di Stato VI, 16.11.1994, n.1650, per cui ove il candidato produca un duplice titolo di studio, l’un e l’altro equipollenti ai fini dell’astratta prescrizione per la partecipazione all’esame di abilitazione all’insegnamento, l’amministrazione deve tener conto del titolo più favorevole, per l’assegnazione del relativo punteggio.

Infatti l’attribuzione del punteggio non può essere condizionata negativamente per il candidato sol perché ha iniziato la sua carriera di insegnante quando il titolo di accesso idoneo era il titolo di magistrale e non era consentito ai possessori di diplomi di scuole superiori conseguiti presso altri istituti di conseguire l’abilitazione all’insegnamento della religione. Solo successivamente è stato adottato il criterio di abbinamento del diploma di scuola superiore diverso dal magistrale con un titolo acquisito presso un istituto ecclesiastico. Ma a parità di titoli posseduti e anzi con il possesso di maggiori titoli e maggiore anzianità di servizio, il risultato cui perviene l’Amministrazione è collocare in graduatoria prima i candidati che hanno avuto accesso successivamente e con titoli meno specifici e poi quelli che, invece, oltre al titolo di accesso che originariamente era l’unico con cui si poteva accedere, sono in possesso anche dell’altro titolo. In altre regioni come il Veneto, l’Umbria, le Marche, sono state adottate interpretazioni differenti per il concorso riservato in questione, risultando ininfluente l’assunto del Tar che smentirebbe la tesi dei ricorrenti circa la differente interpretazione del bando da parte di tali altri Uffici scolastici, sulla base di due sentenze del Tar Lecce e del Tar Campobasso.

2. Travisamento e omesso esame di un motivo del ricorso

Il Tar avrebbe omesso di esaminare il motivo di ricorso con cui si impugnava il bando nella parte in cui veniva chiesto l’annullamento in parte qua del DDG 2.2.2004, richiesta contenuta a pag.17 del ricorso, sia pure in via subordinata. Il Tar ha perciò errato nell’affermare che le disposizioni del bando erano “esenti da qualsiasi censura da parte dei ricorrenti”. L’impugnativa era invece formulata proprio in relazione ad un’eventuale interpretazione da parte del Tar proprio nei termini sanciti dalla sentenza appellata. Affermare che non vi fossero censure in ordine all’allegato 5 sui titoli di qualificazione professionale configura travisamento dei fatti costitutivi della domanda e l’ulteriore vizio di omesso esame di un motivo.

Si è costituita l’Amministrazione chiedendo il rigetto dell’appello perché infondato.

Si è costituita la controinteressata R. deducendo l’inammissibilità e l’infondatezza dell’appello stesso.

DIRITTO

In relazione ai motivi di appello dedotti in narrativa sia sub.1) che sub 2) (impugnazione del bando), deve richiamarsi l’orientamento già espresso da questa Sezione con decisione 31 gennaio 2006, n.335, da cui non v’è motivo di discostarsi (prescindendosi quindi dalle preliminari eccezioni di difetto di contraddittorio sollevate dalla controinteressata, attesa l’infondatezza nel merito dell’appello risultante dal richiamo del precedente in parola).

Tale decisione, con statuizioni pienamente applicabili alla fattispecie in esame, ha chiarito che non si tratta, nella specie, di valutare l’equipollenza del diploma magistrale a quello di altri istituti secondari superiori, ma di stabilire se la Commissione abbia correttamente applicato le disposizioni del bando di concorso, e se tale applicazione sia suscettibile, come sostengono le ricorrenti, di determinare una disparità di trattamento tra la loro posizione, caratterizzata dal possesso di diploma di istituto magistrale e dal diploma di scienze religiose, e quella di altri candidati in possesso di altro diploma di scuola secondaria superiore e del diploma di scienze religiose.

Non vi è alcun dubbio che la Commissione si è attenuta alla previsione dell’allegato 5 del bando di concorso (Tabella di valutazione dei titoli), il quale specifica i titoli di qualificazione professionale utili per l’attribuzione del punteggio a seconda del voto conseguito, assegnando (B1, titoli per l’accesso all’Irc nella scuola dell’infanzia e nella scuola elementare) per quel che interessa nella specie: lett. a) diploma di scuola magistrale (valido esclusivamente per l’accesso ai posti nella scuola dell’infanzia): fino ad un massimo di 4 punti; lett. b) diploma di istituto magistrale o titolo di studio appositamente riconosciuto equivalente a seguito dell’attuazione di progetti di sperimentazione autorizzati ai sensi dell’art. 278 del D. Lgs. 297/1994: sino ad un massimo di 4 punti; lett. c) altro diploma di scuola secondaria superiore unito a diploma di Scienze Religiose rilasciato da un Istituto di Scienze Religiose riconosciuto dalla Conferenza Episcopale italiana o unito a diploma accademico di Magistero in scienze religiose rilasciato da un Istituto di Scienze Religiose approvato dalla Santa Sede o unito ad altro titolo di livello superiore in una delle discipline ecclesiastiche di cui al DM 15.7.1987 e successive modificazioni e integrazioni: si valuta solo il punteggio di diploma di Scienze Religiose rilasciato da un Istituto di Scienze Religiose riconosciuto dalla Conferenza Episcopale italiana o del diploma accademico di Magistero in scienze religiose rilasciato da un Istituto di Scienze Religiose approvato dalla Santa Sede o dell’altro titolo superiore in una delle discipline ecclesiastiche di cui al citato DM 15.7.1987 fino ad un massimo di 4 punti…; lett e) diploma di istituto magistrale o diploma di laurea in scienze della formazione primaria, in aggiunta ad uno dei precedenti titoli di qualificazione: punti 0,50; lett. f) diploma di scienze religiose….., in aggiunta a uno dei precedenti titoli di qualificazione: punti 0,50.

La Commissione ha correttamente interpretato la disciplina del bando avanti riportata, dal momento che ha proceduto alla valutazione del diploma magistrale, posseduto dalle ricorrenti, considerandolo quale titolo di accesso, e del diploma di scienze religiose nei limiti del punteggio aggiuntivo di 0,50.

La pretesa delle istanti di vedersi valutato il diploma di scienze religiose, quale titolo di accesso, con l’aggiunta del punteggio per il diploma di istituto magistrale, non è fondata alla stregua della previsione del bando di concorso, avanti riportata.

La problematica sulla diversità di trattamento del diploma di scienze religiose, considerato quale titolo di accesso se posseduto in aggiunta di altro diploma di scuola secondaria superiore, rispetto al diploma magistrale con l’aggiunta del diploma di scienze religiose, ha una origine contingente, e questo conferma che alla stessa non può essere data la soluzione prospettata dalle appellanti.

Tale problematica è sorta, perché le ricorrenti hanno avuto una votazione migliore nel diploma di scienze religiose, e, quindi, pretendono che a questa votazione debba essere assegnato il punteggio sino a 4 punti, e che invece al diploma magistrale debba essere attribuito il punteggio aggiuntivo di 0,5, in analogia a quanto avviene per ogni “altro diploma di scuola secondaria superiore unito a diploma di scienze religiose”.

Ma, la normativa del bando, che è comunque “coerente con la normativa di riferimento”, non può essere interpretata a seconda delle contingenze e del risultato più favorevole che si spera di poter ottenere.

La previsione del bando (allegato 5) – si ripete – è chiara nel senso di assegnare al diploma magistrale, se posseduto e fatto valere con l’aggiunta del diploma di scienze religiose, il punteggio massimo sino a 4 punti, e nel caso in cui il diploma di scienze religiose sia fatto valere unitamente ad altro diploma di scuola secondaria superiore, al primo va attribuito il punteggio massimo sino a 4 punti.

A fronte di una disciplina che non presenta margini di interpretazione diversa da quella data dalla Commissione giudicatrice, appare priva di fondamento la censura che reitera, rispetto alla decisione impugnata, il medesimo vizio in cui sarebbe incorsa la Commissione stessa, vale a dire che non doveva essere valutato quale titolo di accesso il diploma magistrale, posseduto dalle ricorrenti, ma il diploma di scienze religiose.

La decisione n.335/2006, qui richiamata, rende conto pure dell’infondatezza dei motivi sub 2) dell’atto di appello, relativi alle censure di primo grado appuntate avverso lo stesso bando di concorso, non esaminate dal primo giudice. In proposito, in linea con le assorbenti considerazioni contenute nella decisione medesima, deve essere ribadito che la previsione del bando di cui si discute è pienamente legittima e giustificata dal fatto che, ai sensi del d.p.r. 16 dicembre 1985 n. 751 (punto 4.4 lett. b), il titolo specifico per l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole materne e elementari è il diploma di istituto magistrale “unito all’attestato di idoneità dell’ordinario diocesano”, e che, inoltre, tale insegnamento può essere impartito da “chi fornito di altro diploma di scuola secondaria superiore, abbia conseguito almeno un diploma rilasciato da un Istituto di scienze religiose riconosciuto dalla Conferenza Episcopale italiana”.

In questo secondo caso – dove, a differenza del primo (nel quale il docente di religione cattolica ha insegnato in virtù del diploma magistrale, unitamente all’attestato di idoneità dell’ordinario diocesano), il titolo che abilita all’insegnamento è proprio e solo il diploma di scienze religiose, in aggiunta ad altro diploma di scuola media superiore – appare legittima la previsione del bando medesimo di dare una valutazione sino a 4 punti al solo diploma di scienze religiose, con un punteggio aggiuntivo di 0,5 per l’altro diploma di istruzione secondaria superiore, giacché tale diploma di scienze religiose costituisce appunto il titolo per potere insegnare religione cattolica, escludendosi, ai fini dell’applicazione di tale previsione, la rilevanza della ben diversa situazione delle appellanti, nei termini sopra definiti.

Quanto così affermato appare sufficiente a confutare le censure contenute, in relazione alla pretesa illegittimità del bando, nel ricorso introduttivo di primo grado a pag.17, (come affermato in appello), attesa la genericità dell’impugnazione ivi dedotta, rispetto alla quale, in mancanza di più puntuali deduzioni, risulta appunto decisivo ribadire, in linea con la affermazioni sopra riportate, che la normativa del bando, è comunque “coerente con la normativa di riferimento”, non potendo, neppure quest’ultima, essere interpretata a seconda delle contingenze e del risultato più favorevole che si spera di poter ottenere.

Quanto alle ulteriori deduzioni gravatorie del bando in relazione a “l’eccessivo peso dato al punteggio delle prove di esame rispetto al punteggio per titoli e servizio prestato” e “ per aver attribuito all’anzianità di servizio un peso pressocchè irrisorio rispetto ai punteggi previsti per le prove d’esame e per gli altri titoli”, (profili che, per la verità non paiono ripresi espressamente nell’atto di appello), le medesime devono ritenersi inammissibili per genericità ed indeterminatezza, non essendo minimamente specificati i parametri normativi ed i principi logico-giuridici alla stregua dei quali risulterebbe censurabile la discrezionalità tecnica esercitata dall’Amministrazione con la predeterminazione del punteggio relativo a tali elementi di valutazione, discrezionalità che, “prima facie”, risulta scevra da palesi illogicità e irragionevolezza.

L’appello va, pertanto, respinto.

Sussistono peraltro giusti motivi per compensare le spese del presente gradi di giudizio tra le parti costituite.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, respinge il ricorso in appello indicato in epigrafe, confermando la sentenza impugnata.

Compensa le spese di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, il 13.2.2007 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sez.VI -, riunito in Camera di Consiglio, con l’intervento dei Signori:

Giovanni Ruoppolo Presidente
Carmine Volpe Consigliere
Giuseppe Romeo Consigliere
Luciano Barra Caracciolo Consigliere Est.
Lanfranco Balucani Consigliere