Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 24 Luglio 2007

Sentenza 22 maggio 2007, n.100

Tribunale di Mondovì, in composizione monocratica, Sentenza 22 maggio 2007, n. 100: “Diritto di cronaca e diffamazione a mezzo stampa”.

TRIBUNALE DI MONDOVI’
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale in composizione Monocratica nella persona del Giudice Dr.ssa Simonetta BOCCACCIO alla udienza in Camera di Consiglio del 22 Febbraio 2007 ha deliberato la seguente

SENTENZA

nei confronti di:
ALLIEVI Stefano, nato a XXX il XXX, ivi residente in XXX ed elett.dom.ex art. 161 cpp in Via C. Battisti 23 presso lo studio del difensore Avv. Daria PESCE
LIBERO – CONTUMACE
IMPUTATO
Come da foglio a parte

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del reato di cui agli artt. 110, 595 commi 1 e 3 c.p. e 13 l. 47/48, perché, in concorso tra loro, nelle loro rispettive qualità l’ALLIEVI di autore del libro “ISLAM ITALIANO” ed il FERRARI di Amministratore delegato della ditta “GIULIO EINAUDI EDITORE s.p.a. “, con sede a Torino in Via Biancamano n. 2, editrice del volume, offendevano la reputazione di SMITH ADEL, in quanto nell’opera letteraria di cui sopra si legge: <<... Adel Smith, cittadino italiano convertito all'Islam, feroce polemista anticristiano, come sono talvolta i convertiti, quando devono risolvere in qualche modo i loro conflitti di identità... gira come un tarantolato a promuovere il suo partitino... anima in pena, in perenne affannosa ricerca di qualche forma di visibilità mediatica... Da sempre alla ricerca di nemici cristiani - o perfidi giudei - da sfidare... si allenava con ignari missionari o studiosi cattolici... ammannendo il consueto e peggior repertorio che una polemica anticristiana di secoli e un'apologetica islamica facile facile ha saputo produrre...una rabbia cieca e un orgoglio debordante, oltre che un ego di dimensioni assolutamente ragguardevoli... Tre soci fondatori o giù di lì, tra accoliti e mogli rispettive... libro inutile, insolente e ridondante come il suo autore... essendo Smith tutto preso da se stesso e dunque del tutto ignaro di quanto succede altrove... Adel Smith rimane quello che è: un professionista della provocazione, capace di vivere solo sull'immondizia pseudoculturale che genera, e sulla polemica che da questa si ingenera, e che gli fa solo un favore, dandogli quella fatua visibilità mediatica di cui ha bisogno come dell'ossigeno, per esistere... le botte in diretta a Teleserenissima o gli squallidi monologhi-insulto a Telelombardia, in cui ripete il suo triste repertorio… Smith é un pallone gonfiato dai media... continuerà a far danni: il veleno che lui, attraverso i palcoscenici che gli hanno offerto, e i mediocri che gli hanno risposto, ha iniettato nel corpo sociale ha già inquinato il quotidiano di molti, soprattutto mussulmani... disinteressato al destino dei mussulmani... lui ci è abituato: il disprezzo per gli altri e l'altra faccia dell'apprezzamento quasi comicamente enorme che ha di sé... non solo offensivo e volgare, ma privo del tutto di pietas... un sé-dicente religioso... Lo Smith a riuscito invece, come è nella sua vis profonda, solo a offendere... offesi dal disprezzo trasudante dalle parole e persino dalla minaccia di Smith...un responsabile religioso che ha il modesto programma di instaurare la shari'a nel nostro paese...una buffonata, più o meno come i cinquemila iscritti dichiarati al suo partito fin dal suo lancio, a colpi di comunicati stampa: prima ancora che si sapesse che il partito esisteva... esercitare cosi il loro piccolo ruolo di piccoli Cesari: in grado di fare, se l'occasione si presenta, anche non piccoli danni...»; con l'aggravante di aver commesso íl fatto mediante attribuzione di fatti determinati, in Farigliano (luogo di stampa del volume), il 13.3.03; Con l'intervento del Pubblico Ministero dr, Ezio D. BASSO; dei difensori dell'imputato Avv. Sergio FRANCINI del Foro di Padova, di fiducia e dell'Avv. Daria PESCE del Foro di Milano, di fiducia; sost. proc. Avv. Alessandra CAPALBO Foro di Milano; del difensore della parte civile Adel SMITH, nato ad Alessandria d'Egitto il 09/03/1960, rappresentato e difeso dall'Avv. Laura FILIPPI Foro di Mondovì, di fiducia.
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Le parti hanno concluso quanto segue:

Il PM chiede riconoscersi la penale responsabilità dell’imputato in ordine al reato così come contestato, considerata l’aggravante di cui all’art. 13 L. 47/48 e condannarlo alla pena di anni 1 di reclusione ed € 500,00 di multa, chiede altresì che la pena richiesta, o quella ritenuta equa dal Giudice, venga ritenuta estinta per applicazione della normativa sul condono.
Il difensore della parte civile chiede riconoscersi la penale responsabilità dell’imputato e condannarlo alle pene di legge. Chiede altresì la condanna dello stesso al risarcimento del danno subito dalla parte civile ed alla rifusione delle spese da questa sostenute per il giudizio. Si richiama a quanto esposto nell’atto di costituzione di parte civile.
Il difensore chiede assolversi il proprio assistito dal reato lui ascritto per il diritto di critica giornalistica. In subordine, qualora il Giudice lo ritenesse responsabile chiede mantenersi la pena nel minimo edittale con la concessione delle attenuanti generiche, dei benefici di legge e dell’indulto.

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MOTIVAZIONE

Tratto a giudizio per rispondere del reato ascritto l’imputato non compariva sebbene regolarmente citato e senza addurre alcun legittimo impedimento per cui ne veniva dichiarata la contumacia.
Esposti i fatti di causa ammesse le prove richieste si procedeva all’audizione dei testi
Veniva escusso il teste Smith Add persona offesa e parte civile costituita il quale riferiva di non conoscere l’imputato, aveva sporto querela nei suoi confronti in relazione a una pubblicazione denominata `Islam italiano” a firma dello stesso Allievi, lo Smith si era sentito diffamato in quanto nel libro l’autore tacciava lo Smith di antisemitismo, lo descriveva “quasi come un mostro”; iniziando a parlare di lui infatti lo definiva “cittadino italiano convertito all’islam”, in proposito lo Smith precisava di essere effettivamente nato in Italia, e di essere presidente della comunità islamica italiana, ma aggiungeva che Allievi aveva continuato a parlare di lui nel libro definendolo “feroce anticristiano da sempre alla ricerca di nemici cristiani e perfidi giudei”, la persona offesa dichiarava di non riconoscersi per nulla in tale definizione, in quanto aveva addirittura scritto in una pubblicazione che “cristiani ebrei e musulmani andranno tutti in paradiso”; riferiva ancora che l’imputato aveva anche fatto riferimento a un episodio di “botte in diretta a Teleserenissima” che avrebbe visto protagonista lo Smith, il quale inoltre avrebbe tenuto sempre su tale emittente “squallidi monologhi insulto”, precisava il teste che a TeleLombardia lo stesso teneva una rubrica a sfondo politico-religioso, e che nel corso di una trasmissione lo Smith era stato aggredito da una persona che gli aveva dato un ceffone durante la diretta; controinterrogato dalla difesa dell’imputato, lo Smith precisava che il movimento da lui presieduto e che annovera circa 5000 iscritti è solito organizzare manifestazioni per chiedere adesioni, e che indubbiamente la sua attività ha sempre avuto vasta eco presso l’opinione pubblica, ma affermava di essersi sentito diffamato quando Allievi lo ha definito “pallone gonfiato dai media”, confermava il teste di essere stato condannato dal Tribunale di Padova alla pena di mesi sei di reclusione per vilipendio della religione il 4.1.03 per fatti avvenuti nel corso di una trasmissione su “Serenissima TV” , precisava che secondo il suo modo di vedere nel caso di specie aveva solo espresso un’opinione in materia di religione.
Il teste citato dalla difesa Piccardo Roberto riferiva di essere segretario e portavoce della Ucoil, ovvero Unione di organizzazioni islamiche in Italia, trattasi di un’associazione di associazioni che raduna 130 associazioni musulmane in Italia, e si occupa di rappresentanza, di orientamento e di offrire servizi alle comunità musulmane in Italia, il teste aveva letto il libro dell’imputato, conosceva gli argomenti trattati per essersene anche occupato personalmente, e per averne scritto anche nella sua funzione di portavoce; aveva infatti il teste espresso il suo parere circa la trasmissione denominata “Porta a porta” cui lo Smith aveva partecipato e circa le sue osservazioni in relazione al dipinto nella cattedrale S. Petronio di Bologna nel quale é visibile una figura che dovrebbe rappresentare il profeta Mohamed e che secondo l’illustrazione della Divina Commedia sarebbe posto nell’inferno; il movimento rappresentato da Piccardo aveva anche espresso un parere ufficiale sul movimento dello Smith significando che non aveva e non ha alcuna influenza se si esclude la risonanza mediatica garantita al movimento dalle esternazioni di Smith “in un’intenzione di isolamento e criminalizzazione della comunità islamica nel suo complesso”, il teste sull’argomento aveva anche scritto un articolo, precedente alla pubblicazione di Allievi, dal titolo “raglio d’asino non sale in cielo ma vola via etere”, e in tale articolo imputava ai mass media la responsabilità per aver dato una rilevanza spropositata ad alcune affermazioni di Smith, nel senso che la responsabilità maggiore era proprio dei mass media che avevano utilizzato tali esternazioni per criminalizzare la comunità islamica; precisava che invece il movimento del teste lavora in senso opposto perché “il futuro della comunità islamica in Italia passi attraverso la buona relazione con tutta la comunità nazionale compresa la comunità cristiana”.
All’esito le parti venivano invitate a concludere.
PM e difesa concludevano come in epigrafe.
Alla stregua delle emergenze dibattimentali, risulta provato il fatto ascritto in rubrica all’imputato: ciò si evince dalla deposizione dei testi escussi, precise e dettagliate nonché prive di lacune o incongruenze tali da far dubitare della veridicità delle circostanze in esse riferite, nonché dalla documentazione versata in atti.
E invero il reato contestato sussiste nella sua materialità; vale appena ricordare in proposito che “ricorrono gli estremi dell’ingiusta offesa integrante il reato di diffamandone anche quando l’addebito sia espresso in forma tale da suscitare il semplice dubbio sulla condotta disonorevole” (Cass. VI 1979/144484) e che “non solo le espressioni non vere e non obbiettive ma anche quelle meramente insinuanti sono idonee a ledere o a mettere in pericolo la reputazione dei terzi” (Cass. V 1981/151080).
Il legislatore ha collocato il delitto ascritto ad Allievi nell’ambito dei reati contro la persona e precisamente contro l’onore inteso come l’opinione che ha il soggetto e l’ambiente sociale in cui lo stesso vive, delle di lui qualità; l’onore in senso lato è costituito dal complesso delle qualità fisiche morali e intellettuali e delle altre condizioni che concorrono a determinare il pregio dell’individuo nell’ambiente in cui vive; l’onore in senso ampio come nozione comprensiva anche del decoro e della reputazione costituisce l’oggetto giuridico dei delitti di ingiuria e diffamazione.
Quanto all’elemento psicologico, ai fini della sussistenza dello stesso è sufficiente il dolo generico vale a dire la consapevolezza di offendere l’onore e la reputazione di altro soggetto” per cui “quando il carattere diffamatorio delle espressioni rivolte assuma una consistenza intrinseca , che non può sfuggire all’agente il quale le ha usate proprio per dare maggiore efficacia al suo dictum non è necessaria alcuna particolare indagine sulla presenza o meno dell’elemento psicologico” (Cass. V 1997/209262)
In particolare, la diffamazione a mezzo stampa è delitto doloso e si tratta di dolo generico, non è richiesto l”‘animus diffamandi” inteso come fine di ledere la reputazione di un’altra persona (dolo specifico); ad integrare il delitto è sufficiente che l’agente abbia voluto l’azione ossia la comunicazione a più persone del fatto lesivo della reputazione con la consapevolezza della sua idoneità a porre in pericolo il bene giuridico tutelato.
La dottrina più autorevole ritiene che la ragione del fatto che la diffamazione a mezzo stampa sia considerata un’aggravante della diffamazione consiste nella particolare diffusività del mezzo adoperato e nel potere di persuasione psicologica e di orientamento di opinione che la stampa possiede, che rende più incisiva la diffamazione e determina quindi un maggiore danno; infatti la stampa costituisce il mezzo in cui si obbiettiva lo scritto diffamatorio e nello stesso tempo il veicolo della illecita comunicazione.
Un ulteriore aggravamento della pena è previsto per il caso di attribuzione di un fatto determinato ossia concretamente individuabile attraverso l’indicazione di particolari circostanze necessarie per specificare l’azione disonorevole che si attribuisce a un soggetto; trattasi secondo la giurisprudenza di circostanza aggravante quindi suscettibile di giudizio di comparazione con altre attenuanti (Cass. 16.11.1984).
Ormai da tempo dottrina e giurisprudenza concordano nel riconoscere che l’esercizio del diritto di critica e cronaca politica, storica, e giudiziaria integri gli estremi della causa di giustificazione di cui all’art. 51 c.p. in quanto sia il diritto di cronaca che quello di critica sono considerati manifestazioni essenziali del diritto di libertà di stampa e del più ampio diritto soggettivo di libera manifestazione del pensiero garanti dall’art. 21 Cost.
Il diritto di critica giornalistica e il diritto di cronaca possono pertanto essere esercitati anche quando ne derivi una lesione all’altrui reputazione purché vengano rispettati determinati limiti individuati dalla giurisprudenza e cioè a) verità della notizia pubblicata, b) utilità sociale dell’informazione in relazione all’attualità e rilevanza dei fatti narrati (cd pertinenza) e c) esigenza che l’informazione sia mantenuta nei limiti della obiettività o serenità e in una forma espositiva corretta (continenza) in modo che siano evitate gratuite aggressioni all’altrui reputazione.
a) la verità della notizia è stata identificata dalla giurisprudenza nella rigorosa corrispondenza tra i fatti accaduti e i fatti narrati; tale obbligo comporta l’obbligo del giornalista come quello dello storico dell’accertamento della verità della notizia e il controllo della attendibilità della fonte (Cass. V 1997/207006); il giornalista ha il dovere di essere diligente e accorto, sia nello scegliere le fonti di informazione e nel vagliarne caso per caso l’attendibilità sia nell’esperire i controlli che la perizia professionale può suggerirgli e se a tale condotta non si uniforma e la notizia è falsa egli non agisce più nell’ambito di liceità riconosciuto dall’art. 21 Cost., ma resta soggetto alla sanzione di cui all’art. 595 c.p. (Cast 1983/160375)
b) quanto alla pertinenza l’apprezzamento di tale limite nello scritto va operato non in relazione alla singolare valenza di un termine adoperato nia all’intero contenuto espositivo della pubblicazione (Cass. V 1998/212136).
c) quanto alla continenza, il diritto all’esercizio di cronaca e critica deve ritenersi superato quando l’agente trascenda ad attacchi personali diretti a colpire su un piano individuale la figura morale del soggetto criticato dato che in tale ipotesi l’esercizio del diritto non rimane nell’ambito di una seria esposizione dei fatti e di una critica misurata ma trascende nel campo dell’aggressione alla sfera morale altrui penalmente protetta (Cass, 1983/161768); in particolare, le espressioni usate, per rientrare nell’esercizio del diritto di cui sopra, non possono venire meno all’obbligo della correttezza del linguaggio e al rispetto dell’altrui personalità; infatti, prevale l’interesse pubblico e si legittima la divulgazione di fatti anche oggettivamente diffamatori purché la divulgazione rispetti il limite della continenza, cioè avvenga in termini di adeguatezza e usi forme espressive corrette (Cass, V 1986/173847).
In sostanza, ogni manifestazione del pensiero non può superare il rispetto dei valori fondamentali esponendo la persona oltre al ludibrio della sua immagine pubblica, al disprezzo (Cass. V 1998/212994).
Poste tali necessarie premesse utili all’inquadramento della fattispecie criminosa contestata, e venendo alla specificità del caso che ne occupa, l’imputato ha pesantemente offeso la reputazione, la dignità, il decoro della persona offesa, e ciò ha fatto con una serie di contumelie, critiche velenose e pesanti provocazioni, dirette non soltanto all’operato e alla religione professata dallo Smith ma anche alla persona dello stesso cui ha attribuito numerosi fatti determinati facendolo oggetto del massimo spregio e odio politico-religioso.
La difesa sostiene l’assenza di un animus diffamandi in capo al prof. Allievi, ma tale tesi non può trovare accoglimento.
Né l’imputato può invocare quale esimente l’esercizio putativo del diritto di cronaca, invocando che a livello di opinione pubblica quello di Smith è da anni un personaggio discusso e controverso e citando fonti: infatti va rilevato che secondo la più recente giurisprudenza “è configurabile l’operatività della causa di giustificazione di cui all’art. 51 cp anche in termini di putatività ex art. 59 ultima parte cp, qualora l’esercizio del diritto di cronaca sia stato corrispondente alla verità o oggettiva dei fatti, sia pure correlativamente alla fonte e nell’attualità del preciso riferimento storico dell’epoca della pubblicazione, e tale verità non abbia subito immutazioni alterazioni o rifacimenti dei dati che ne rappresentano l’essenza in termini tali da rappresentarli come sostanzialmente diversi nella connotazione della loro valenza lesiva della reputazione della persona” (Cass. V 1990/184518).
E ancora, “la sussistenza solo supposta della verità obiettiva del fatto diffamante, qualora fosse di per sé rilevante non esclude il dolo del reato; in tal caso infatti lo stato soggettivo dì buona fede nell’esercizio putativo del diritto di cronaca non riguarda e quindi non esclude, il dolo del reato di diffamazione, ma solo le circostanze di fatto attinenti alla esimente e alla sua applicabilità; peraltro la verità putativa costituisce solo un elemento di per sé insufficiente del diritto di cronaca sicché laddove manchi uno solo dei due residui indispensabili elementi, interesse sociale della notizia o correttezza del linguaggio, insensibili all’errore, essa verità putativa non sortisce l’effetto di escludere il reato” (Can. V 1985/170782).
Inoltre, l’agente può invocare l’esimente in questione sotto il profilo putativo solo se abbia provato di avere riscontrato con ogni possibile cura la verità dei fatti che si accingeva a narrare al fine di vincere ogni dubbio o incertezza intorno a essi e ciò nonostante sia incorso nell’errore di ritenere che tali fatti fossero veri e si sia determinato a divulgarli sul presupposto di tale verità”, mentre “nessuna efficacia discriminante può invece riconoscersi all’errore in cui il soggetto incorra per non aver riscontrato la verità del fatto stante che in questo caso il suo errore attiene a un elemento normativo, vertendo sulla liceità del comportamento e derivando da una inesatta conoscenza dei propri obblighi e dei presupposti normativi del diritto di informazione che si pretende di esercitare, errore irrilevante anche se attribuibile a mera negligenza risolvendosi in definitiva in uno stato di ignoranza della legge penale” (Cass. 1987/177155).
E’ invece necessario che il giornalista usi legittimamente le fonti informative mediante l’esame il controllo e la verifica dei fatti che ne costituiscono il contenuto, offrendo la prova della cura e della cautela da lui poste negli accertamenti svolti per vincere ogni dubbio e incertezza prospettabili in ordine alla verità sostanziale dei fatti” (Cass. 1993/196413) considerato che “l’onere di verificare l’attendibilità della notizia pubblicata non è comunque assolto quando ci si affidi a una fonte che non ha pretese di esprimere certezza” (Cass. 1985/169460) e valutato anche che “non esistono fonti informative privilegiate, il semplice affidamento sull’attendibilità della fonte di informazione non è sufficiente per il riconoscimento della scriminante putativa dell’esercizio del diritto di cronaca (Cass. sez.un. 1984/166252 riguardante un giornalista che aveva invocato l’esimente putativa del diritto di cronaca asserendo di aver pubblicato la notizia ritenendola vera in quanto diffusa dalla RAI)
Più recentemente, si è ritenuto che “in tema di diffamazione a mezzo stampa l’erronea convinzione circa la rispondenza al vero del fatto riferito non può mai comportare la scriminante del diritto di cronaca sotto il profilo putativo quando l’autore dello scritto diffamante non abbia proceduto a verifica compulsando la fonte originaria” (Cass. 27.8.2001 n. 31957).
E invero l’imputato nel suo volume “Islam italiano” ha apostrofato la persona offesa con epiteti di tono decisamente dispregiativo in relazione all’opera e al modo di professare la sua religione di un soggetto che al di là di vuote e sterili polemiche di carattere pseudo-religioso, merita come ogni altro rispetto e considerazione.
Nessuno nega al prof. Allevi il diritto di esprimere la propria motivata opinione su un personaggio obiettivamente controverso, ma il punto è che del tutto estranee alle sue affermazioni sono state quelle caratteristiche di garbo, ironia, misura, che devono connotare qualsiasi critica politica perché essa possa considerarsi sana, proficua, costruttiva, rispettosa dell’altrui sensibilità e come tale legittima.
Le frasi di cui al capo di imputazione valgono a integrare i presupposti di affermazioni a contenuto chiaramente diffamatorio in quanto esprimono un giudizio estremamente secco e liquidatorio nei confronti di un personaggio controverso quale Adel Smith definendolo con nettissime frasi che si prestano a restare impresse nella memoria dei lettori come una sentenza irrevocabile, che connota lapidariamente e in via definitiva la persona interessata e continua a esprimere nel tempo la sua potenzialità lesiva dell’onore e della reputazione umana e professionale della persona offesa.
Né il limite della verità né quello della continenza, pertanto, risultano rispettati nel caso specifico dall’imputato per le ragioni sopra ampiamente esposte.
Orbene, questo Giudice ha già in altre occasioni dovuto prendere atto con amarezza dell’imbarbarimento recente dei tempi e dei costumi, a causa anche della volgarità e rozzezza di certi mass media quali il mezzo televisivo, che proponendo modelli di comportamento rappresentati spesso da individui privi di compostezza e contegno, del tutto incolti e ignari delle più elementari regole della decenza, – e ciò al solo scopo di fare audience vellicando i più bassi istinti di certo pubblico televisivo- favorisce il generale scadimento di tono del dibattito
Tuttavia, dover prendere atto di ciò non è una buona ragione per dimenticare che lasciarsi andare a velenosi giudizi verso il prossimo, anche se si tratta di un personaggio pubblico oggetto di vivaci polemiche, resta non solo una caduta di stile e di gusto del tutto contraria ai principi basilari posti a fondamento del vivere civile, ma anche, vivvaddio, un illecito penale, come previsto e sanzionato per quanto riguarda la diffamazione a mezzo stampa dagli ant. 595 cp e 13 legge 47 del 1948, non ancora abrogati dal legislatore sebbene in corso di modifica per quanto riguarda la condotta dei giornalisti. Ritiene il Giudicante che indirizzare a una persona, anche avversario politico, accuse come quelle contenute nel libro di Allievi integra gli estremi del reato contestato: si legge infatti che “Smith gira come un tarantolato a promuovere il suo partitino, anima in pena in perenne affannosa ricerca di qualche forma di visibilità mediatica… da sempre alla ricerca di nemici cristiani o perfidi giudei da sfidare… con rabbia cieca e orgoglio debordante oltre che un ego di dimensioni ragguardevoli .. libro inutile insolente e ridondante come il suo autore essendo Smith tutto preso da se stesso.. Mel Smith rimane quello che è, un professionista della provocazione capace di vivere solo sull’immondizia pseudoculturale che genera e sulla polemica che si ingenera e che gli fa solo un favore dandogli quella fatua visibilità mediatica di cui ha bisogno come dell’ossigeno per esistere.. le botte in diretta a tele serenissima o gli squallidi monologhi insulto a Telelombardia in cui ripete il suo triste repertorio.. Smith è un pallone gonfiato dai media.. continuerà a far danni il veleno che ha iniettato nel corpo sociale ha già inquinato il quotidiano di molti, è disinteressato al destino dei musulmani, il disprezzo per gli altri è l’altra faccia dell’apprezzamento quasi comicamente enorme che ha di sé.. non solo offensivo e volgare ma privo del tutto di pietas, un responsabile religioso che ha il modesto programma di instaurare la shari’a nel nostro paese.. una buffonata”.
Inoltre, trattandosi nella specie di frasi indirizzate a un soggetto che si pone come una sorta di portavoce in Italia di un orientamento religioso che conta un miliardo e mezzo di fedeli nel mondo, appare opportuno che la pur legittima contrapposizione tra fedi e culture e il dibattito che ne consegue non trascendano mai a manifestazioni di odio e sistematico disprezzo essendo da auspicare piuttosto un atteggiamento improntato alla distensione dei toni, all’integrazione tra culture e alla pacifica coesistenza tra diverse fedi religiose.
Alla luce di quanto esposto, devesi pertanto affermare la penale responsabilità del prevenuto in ordine al reato ascrittogli quale emerge inequivoca dalle risultanze dibattimentali.
Considerati tutti gli elementi di cui all’art. 133 cp, pena equa stimasi, sia con riferimento all’entità dei fatti, per le modalità gravi e allarmanti con cui sono stati commessi, sia in ordine alla personalità dell’imputato, l’inflizione di mesi sei di reclusione concesse le attenuanti generiche equivalenti alla contestata sussistente aggravante di cui all’art. 13 legge 8.2.48 n. 47, oltre al pagamento delle spese processuali.
Si ritiene di concedere le attenuanti generiche attesa l’incensuaretezza.
Può essere concessa la sospensione condizionale della pena fidando che l’imputato vorrà per il futuro astenersi dal commettere reati.
Devesi altresì condannare l’imputato al risarcimento in favore della pane civile costituita Adel Smith del danno subito da questa a causa del riprovevole contegno dell’imputato, danno da liquidarsi in separato giudizio nonché al pagamento delle spese di costituzione assistenza rappresentanza della parte civile stessa che liquida in € 1000,00 oltre accessori di legge.
Si assegna una provvisionale immediatamente esecutiva pari a € 3000,00.
Attesa la complessità si riserva la motivazione in 90 giorni.

PQM

v. gli artt. 533, 535, 538, 539, 541 cpp
e 62 bis cp

dichiara

l’imputato colpevole del reato ascritto e concesse le attenuanti generiche valutate come equivalenti alla contestata aggravante, di cui all’alt. 13 legge 47/48, lo condanna alla pena di mesi sei di reclusione oltre al pagamento delle spese processuali.

Pena sospesa v. l’ art. 1 legge 241/06

dichiara

condonata la pena irrogata.

Dichiara

altresì tenuto e per l’effetto condanna l’imputato al risarcimento a favore della parte civile costituita Smith Adel del danno da questi subito da liquidarsi in separato giudizio nonché alla rifusione delle spese di costituzione assistenza rappresentanza della parte civile stessa che liquida in € 1000,00 oltre accessori di legge.

Assegna

alla parte civile una provvisionale immediatamente esecutiva pari a € 3000,00.
Motivazione in giorni 90.

Mondovì 22.2.07

Il giudice
Dott.ssa Simonetta Boccaccio

Depositata in Cancelleria il 22 maggio 2007