Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 28 Settembre 2004

Sentenza 21 ottobre 2000, n.13923

Corte di Cassazione. Sezione Lavoro.
Sentenza 21 ottobre 2000, n. 13923: “Natura assistenziale dell’indennizzo ai soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni ed emoderivati”.

(Omissis)

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Ettore MERCURIO
– Presidente –
Dott. Fernando LUPI
– Consigliere –
Dott. Guido VIDIRI
– Consigliere –
Dott. Alessandro DE RENZIS
– Consigliere –
Dott. Giovanni AMOROSO
– Rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso per REGOLAMENTO DI COMPETENZA proposto da:

TASINATO DONATELLA, elettivamente domiciliato in ROMA VIA ARNO 47,presso lo studio dell’avvocato FRANCO AGOSTINI, che lo rappresenta edifende unitamente all’avvocato GERMANA CESTARI, giusta delega inatti;
– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA SANITÀ, in persona del legale rappresentante pro – tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, rappresentato e difeso dall’avvocato AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO,giusta delega in calce alla copia notificata del ricorso;
– resistente con procura –

avverso la sentenza n. 414-99 del Tribunale di PADOVA, depositata il12-10-99 R.G.N. 46-99;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio il 12-07-00 dal Consigliere Dott. Giovanni AMOROSO;

lette le conclusioni scritte dal Sostituto Procuratore Generale Dott.ANTONIO MARTONE, che ha concluso chiedendo che la Corte di Cassazionein camera di consiglio, dichiari la competenza per territorio del Tribunale di Padova, in funzione di giudice del lavoro, qualetribunale nella cui circoscrizione ha la residenza l’attore, con le conseguenze di legge.

Fatto

1. Tasinato Donatella, presentava in data 15.01.1999 ricorso al Pretore di Padova, giudice del lavoro, per ottenere nei confronti del Ministero della Sanità l’indennizzo di cui alla legge 210-92, essendo affetta da morbo di Colley ed avendo riportato, in seguito alle numerose trasfusioni subite, l’epatite cronica e positività per anti – HCV.
Precisava di aver presentato domanda in sede amministrativa intesa ad ottenere il suddetto indennizzo ma che la Commissione Medica Ospedaliera di Padova, pur riconoscendo il nesso causale, aveva disconosciuto le patologie lamentate.
Pertanto, dopo aver esperito i ricorsi previsti per legge, si rivolgeva all’autorità giudiziaria del luogo della sua residenza (ex art. 444 c.p.c.) Il Ministro della Sanità, costituitosi per mezzo dell’Avvocatura di Stato, eccepiva preliminarmente l’incompetenza funzionale del giudice del lavoro, trattandosi, a suo dire, di istituto di natura risarcitoria, nella specie un indennizzo non di natura previdenziale o assistenziale, – e che, pertanto, rientrava nella competenza del Tribunale ordinario di Venezia, quale foro erariale della Pubblica Amministrazione.
In corso di causa le parti insistevano nelle proprie deduzioni ed eccezioni e depositavano anche memoria autorizzata.
All’udienza del 5.10.99 il Pretore decideva la causa, dichiarando la propria incompetenza funzionale e per materia a favore del Tribunale Civile di Venezia quale Foro erariale.
Avverso tale pronuncia proponeva ricorso per regolamento di competenza la Tassinato.
Il Procuratore Generale, richiesto di parere scritto, ha concluso perché sia dichiarata la competenza per territorio del tribunale di Padova (luogo di residenza della ricorrente), in funzione di giudice del lavoro.

Diritto

1. Il ricorso è fondato. 2. È innanzi tutto esatto il rilievo della difesa della ricorrente secondo cui le controversie aventi ad oggetto la spettanza dell’indennizzo di cui alla legge n. 210-92 rientrano in quelle previste dall’art. 442 c.p.c. e quindi trova applicazione il foro speciale della residenza dell’attore (art. 44 c.p.c.) 2.1. L’art. 1, primo comma, legge 25 febbraio 1992 n. 210, prevede il diritto ad un indennizzo da parte dello Stato in capo a chi abbia riportato a causa di vaccinazioni obbligatorie lesioni o infermità dalle quali sia derivata una menomazione permanente della integrità psico – fisica ed estende, al secondo comma, tale diritto anche a coloro che abbiano contratto il virus Hiv o abbiano subito esiti permanenti di epatite a seguito di emotrasfusioni.
La corresponsione di tale indennità ha natura non già risarcitoria, bensì assistenziale in senso lato in quanto tende a realizzare una forma di solidarietà sociale, tant’è che essa è alternativa alla pretesa risarcitoria volta ad ottenere l’integrale risarcimento dei danni sofferti in conseguenza del contagio ove sussista una colpa delle strutture del Servizio sanitario nazionale.
Recentemente la Corte costituzionale (sent. n. 226 del 2000) ha puntualizzato che la ratio del diritto all’equo indennizzo riconosciuto in base agli artt. 32 e 2 Cost. evoca l’esistenza di un interesse pubblico di promozione della salute collettiva tramite un trattamento sanitario e trova il suo fondamento nell’obbligo generale di solidarietà nei confronti di quanti, sottomettendosi al trattamento, vengono a soffrire di un pregiudizio alla loro salute.
Sicché – ha ulteriormente precisato la Corte costituzionale – è «l’interesse collettivo alla salute la ragione determinante del diritto all’indennizzo».
Del resto già in precedenza la medesima Corte (sent. n. 27 del 1998) – nel dichiarare incostituzionale l’art. 1, primo comma, l. 25 febbraio 1992 n. 210, cit., nella parte in cui non prevede il diritto all’indennizzo, alle condizioni ivi stabilite, di coloro che si siano sottoposti a vaccinazione antipoliomielitica nel periodo in cui quest’ultima non era obbligatoria, ma solo promossa dall’autorità pubblica in vista della sua diffusione capillare nella società – ha precisato che «l’assegno una tantum previsto dalla legge assume il significato di misura di solidarietà sociale»; la quale va sì al di là della funzione assistenziale in senso stretto ex art. 38, primo comma, Cost., in quanto l’indennizzo – come non manca di osservare la medesima Corte – «è dovuto indipendentemente dalle condizioni economiche dell’avente diritto e non mira di per sè agli scopi per i quali l’art. 38 stesso è stato dettato, aggiungendosi agli altri eventuali emolumenti a qualsiasi titolo percepiti, e quindi anche a quelli di natura propriamente assistenziale, in ipotesi dovuti anche in ragione dell’inabilità al lavoro derivante dal danno subito in conseguenza del trattamento sanitario».
Ma rimane comunque la finalità assistenziale in senso lato riconducibile agli artt. 2 e 32 Cost. e alle prestazioni poste a carico dello Stato sociale in ragione del dovere di solidarietà sociale. Tant’è che quando questo dovere è stato negletto dal legislatore, si è determinato un vizio di costituzionalità (cfr. C. cost. n. 118 del 1996 che ha dichiarato incostituzionali gli art. 2, 2 comma, 3, 7 comma, l. 25 febbraio 1992 n. 210, nella parte in cui escludono, per il periodo ricompreso tra il manifestarsi dell’evento prima dell’entrata in vigore della predetta legge e l’ottenimento della prestazione terminata a norma della stessa legge, il diritto, fuori dell’ipotesi dell’art. 2043 c.c., ad un equo indennizzo a carico dello Stato per le menomazioni riportate a causa di vaccinazione obbligatoria antipolio da quanti vi si siano sottoposti e da quanti abbiano prestato ai primi assistenza personale diretta). 2.2. D’altra parte questa Corte ha più volte ritenuto – prima dell’istituzione del giudice unico di primo grado – la competenza del pretore del lavoro a conoscere di controversie aventi ad oggetto prestazioni riferibili all’assistenza sanitaria pubblica che trova anch’essa fondamento negli artt. 32 e 2 Cost. (cfr. ex plurimis Cass., sez. un., 16 novembre 1999, n. 782). 3. Accertato quindi che nella specie si tratta di controversia asistenziale, trova applicazione l’art. 444 c.p.c. come modificato dall’art. 86 d.lgs. n. 51 del 1998, che prevede che le controversie in materia di previdenza e di assistenza obbligatorie indicate nell’art. 442 c.p.c. sono di competenza del tribunale, in funzione di giudice del lavoro, nella cui circoscrizione ha la residenza l’attore. È quindi la residenza dell’attore che determina la competenza territoriale, come ha esattamente affermato la sentenza impugnata. 3.1. Ed infatti da una parte tale disposizione ha carattere speciale – in ragione della particolare finalità di tutela di chi di norma è attore in tal genere di controversie (ossia l’assicurato o il cittadino che aspira ad una prestazione di assistenza obbligatoria), avendo il legislatore ritenuto di rendere più agevole e pronta la tutela giurisdizionale consentendogli di radicare il giudizio in prossimità (o nel luogo della) sua residenza – e quindi prevale sull’art. 6 r.d. 30 ottobre 1933 n. 1611, che prevede che la competenza per le cause nella quali è parte un’amministrazione dello Stato spetta al tribunale del luogo dove ha sede l’ufficio dell’Avvocatura dello Stato (cfr. art. 25 c.p.c.). Anche perché una diversa interpretazione – quale quella sostenuta dall’Avvocatura dello Stato, che ritiene essere applicabile il regime del foro erariale (rilevabile d’ufficio: Cass. 16 gennaio 1995, n. 457) – esporrebbe la disposizione al dubbio non manifestamente infondato di illegittimità costituzionale atteso che, per espressa previsione dell’art. 40 d.lgs. 31 marzo 1998 n. 80, che ha aggiunto il sesto comma all’art. 413 c.p.c., il cit. art. 6 r.d. n. 611-33 non trova applicazione alle controversie (di lavoro) nella quali (*) è parte un’amministrazione dello Stato; sicché risulterebbe un’ingiustificata disparità di trattamento, sotto il profilo della disciplina della competenza territoriale, tra apporti di lavoro, da una parte, e rapporti di previdenza ed assistenza obbligatorie dall’altra. Mentre – come più volte affermato dalla giurisprudenza della Corte costituzionale – si impone al giudice comune di preferire sempre l’interpretazione adeguatrice ai parametri costituzionali. 3.2. Inoltre tale interpretazione è confortata dalla stessa lettura che dell’art. 7 r.d. 30 ottobre 1933 n. 1611 occorre dare dopo che è entrato in vigore, per il settore civile, con effetto dal 2 giugno 1999, ai sensi della l. 16 giugno 1998 n. 188, il decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51, sull’istituzione del giudice unico di primo grado, che ha soppresso l’ufficio del pretore, abrogando l’art. 8 cod. proc. civ. (art. 49) ed attribuendo al tribunale tutte le cause che non sono di competenza di altro giudice e che in precedenza erano assegnate al pretore.
Il citato art. 7 eccettua dalla regola del foro erariale, tra gli altri, i «giudizi innanzi ai pretori». L’art. 24 del cit. d.lgs. n. 51 del 1998 espressamente prevede che qando una disposizione di legge fa riferimento ad un ufficio od organo giudiziario ad esso soppresso il riferimento si intende all’ufficio od organo cui sono state trasferite le relative funzioni; in particolare le funzioni di pretore non attribuite espressamente ad altra autorità sono attribuite al tribunale in funzione monocratica. Il cit. art. 444 c.p.c. ha ulteriormente specificato che il tribunale è competente in funzione di giudice del lavoro, che giudica in composizione monocratica. Sicché laddove l’art. 7 cit. parla di «giudizi innanzi a pretori» deve oggi leggersi «giudizi innanzi ai tribunali in composizione monocratica già attribuiti alla competenza dei pretori». Quindi anche in forza del cit. art. 7 deve escludersi l’applicabilità del foro erariale alle controversie di previdenza o assistenza obbligatorie che vedano come parte l’amministrazione statale. Sicché trova conferma il principio, in precedenza affermato da questa Corte (Cass. 1 ottobre 1985, n. 4749), secondo cui le ordinarie regole sulla competenza per territorio sono derogate, alla stregua del cd. foro erariale, solo nei procedimenti dinanzi ai giudici collegiali, non in quelli davanti i giudici monocratici. Ed infatti – secondo la giurisprudenza di questa Corte (Cass. 28 dicembre 1999, n. 14629) – nelle controversie previdenziali era l’appello avverso la sentenza emessa dal pretore nei confronti di un’amministrazione dello Stato che si proponeva avanti il tribunale del luogo ove aveva sede l’avvocatura dello Stato nel cui distretto era stata pronunciata la sentenza stessa. 4. Il ricorso per regolamento di competenza va quindi accolto, avendo la sentenza impugnata pretermesso di fare applicazione dell’art. 444 c.p.c.; conseguentemente va dichiarata la competenza per territorio del tribunale di Padova, individuato in ragione del luogo di residenza della ricorrente.
Le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo.

P.Q.M

la Corte accoglie il ricorso per regolamento di competenza e dichiara la competenza per territorio del tribunale di Padova in funzione di giudice del lavoro; condanna il Ministero della sanità al pagamento delle spese processuali liquidate in lire 29.000 oltre a lire due milioni per onorario d’avvocato.

(Omissis)