Sentenza 20 settembre 2002, n.39727
Corte di Cassazione. Sezione III Penale. Sentenza 20 settembre 2002, n. 39727:
“Danneggiamento del patrimonio archeologico, storico o artistico nazionale e configurabilità del reato in capo a soggetti privi della titolarità di diritti reali sul bene”.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE III PENALE
Composta dagli IIl.mi Sigg.:
Dott. Aldo RIZZO – Presidente –
1. Dott. Antonio ZUMBO – Consigliere –
2. Dott. Luigi PICCIALLI – Consigliere –
3. Dott. Carlo GRILLO – Consigliere –
4. Dott. Mario GENTILE – Consigliere –
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto dal Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Trento, nei confronti degli imputati
avverso la sentenza del Tribunale di Trento, del 6-6 – 20-7-2001
Visti gli atti, la sentenza denunziata ed il ricorso,
Udita in pubblica udienza la relazione fatta dal Consigliere Piccialli,
Udito il Pubblico Ministero in persona del sost. P.G. dott. M. Fraticelli che ha concluso per l’annullamento con rinvio.
Fatto e Diritto
Con la sentenza epigrafe,
Avverso detta decisione ricorre il P.G. territoriale, con impugnazione non titolata, ma sostanzialmente deducente violazione della legge penale, per avere il giudice di merito aderito a quella “giurisprudenza per la quale il soggetto attivo del reato di cui all’art. 733 C.P. può essere soltanto il proprietario della cosa”.
II ricorrente ritiene, invece, più corretto quel diverso indirizzo giurisprudenziale che estende Ìascrivibilità del reato in questione anche ai possessori e detentori delle cose in questione, censurando un’intepretazione “eccessivamente restrittiva del termine proprio”, che lascerebbe fuori della tutela penale tutti i beni pubblici, “che, in quanto res communes omnium, non possono considerarsi stricto sensu “propri” di determinate persone fisiche preposte alla loro effettiva salvaguardia”.
L’impugnazione non è meritevole di accoglimento.
Dall’esame del capo d’imputazione si rileva che al
Ne consegue, vertendosi in tema di concorso di extranei in un reato proprio (nè essendo contestata alcuna ipotesi di cooperazione ex art 113 c.p. nella colpa), l’inconferenza non solo delle argomentazioni, svolte dal giudice di merito in ordine alla non ascrivibilità dell’addebito ai tre imputati diversi dal parroco (giacché non nelle loro qualità di detentori, più o meno “qualificati”, gli stessi ne erano stati chiamati a rispondere, bensì quali concorrenti nella volontaria distruzione del bene protetto), ma anche delle censure con le quali il ricorrente P.G., senza porre in discussione la seconda argomentazione (di per sè sola idonea a sorreggere la decisione assolutoria), propone un'”interpretazione estensiva” (o, meglio, un’inammissibile applicazione analogica) della disposizione penale, tale da ricomprendere tra i destinatari del precetto anche soggetti privi della titolarità di diritti reali o comunque di possesso sui beni protetti.
Il ricorso va, pertanto, respinto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso
Autore:
Corte di Cassazione - Penale
Nazione:
Italia
Parole chiave:
Restauro, Reato, Valore storico, Valore artistico, Sacerdote, Chiesa parrocchiale, Parroco, Oblazione, Danneggiamento opere, Affresco, Concorso nel reato, Distruzione di beni, Titolarità di diritti reali
Natura:
Sentenza