Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 17 Agosto 2008

Sentenza 19 giugno 2008, n.16612

Corte di Cassazione. Sezione III Civile. Sentenza 19 giguno 2008, n. 16612: “Enti religiosi e svolgimento di attività imprenditoriali”.

(omissis)

Svolgimento del processo La Provincia Lombardo – Veneta dell’Ordine religioso dei Chierici regolari Ministri degli Infermi conveniva in giudizio, in data 23 maggio 1999, la società Italgas deducendo: a) la Provincia Lombardo-Veneta gestiva, in località (OMISSIS), l’Istituto (OMISSIS), ove svolgeva attività ospedaliera di ricovero sanitario assistenziale e di riposo e perciò in data 7 maggio 1997 aveva chiesto all’Italgas l’applicazione dell’aliquota agevolata prevista per le attività industriali ed alberghiere, ed il Ministero delle Finanze, con nota del 9 giugno 1997, autorizzava l’Italgas a sottoporre a tassazione agevolata il 55% del metano erogato all’istituto, accogliendo la richiesta di riduzione soltanto per la casa di riposo e di ricovero sanitario assistenziale a decorrere dal 12 maggio 1997; conseguentemente l’Italgas restituiva L. 137.063.563 a titolo di indebito percepito per la maggiore tassazione applicata dal 12 maggio 1997 al 9 giugno 1998; b) la determinazione della riduzione della tassazione soltanto al 55% era illegittima perchè tutta l’attività del (OMISSIS) rivestiva carattere industriale, compresa l’attività ospedaliera; in ogni caso l’attività industriale era prevalente tant’è che era stata riconosciuta l’aliquota del 55%, che quindi doveva esser estesa all’intero consumo del gas per l’attività del (OMISSIS); c) la restituzione doveva decorrere dal 7 maggio, data dell’istanza, e non dal 12 maggio 1997, data di ricezione della stessa. Concludeva per la condanna dell’Italgas alla restituzione della somma per importi indebiti dal 1987 alla data della citazione, con interessi e rivalutazione dal maggio 1997 al saldo; in via subordinata, qualora la riduzione dell’imposta fosse riconosciuta solo per il 55%, la condanna della convenuta alla restituzione dal maggio 1987 al maggio 1997, con interessi e rivalutazione.

La convenuta contestava la domanda perchè ogni pretesa restitutoria era limitata a quanto versato dal (OMISSIS) a titolo di imposta di consumo, esclusa l’addizionale regionale che è oggetto di rivalsa per il fornitore Italgas a carico dell’utente ai sensi del D.M. 12 luglio 1977, art. 4, norma attuativa della legge disciplinatrice dell’imposta sul consumo del gas (D.L. n. 15 del 1977, convertito nella L. n. 102 del 1977). Peraltro il consumatore, e cioè la Provincia Lombardo-Veneta, nel contratto concluso per la fornitura del gas nulla aveva dedotto sulla natura industriale dell’attività esercitata dal (OMISSIS) e perciò era stato correttamente applicato il D.M. 12 luglio 1977, art. 4, comma 4, ultima parte, secondo cui “in assenza di tale certificazione, il gas metano consumato.. viene assoggettato ad imposta”, e la percentuale di riduzione era stata concordata con il Ministero delle Finanze, con rinuncia implicita a qualsiasi altra pretesa, in ogni caso prescritta ai sensi della L. n. 504 del 1995, art. 14, ovvero, in via subordinata, degli artt. 2947 e 2948 c.c.. Aggiungeva che la lettera del 9 maggio 1997 non costituiva messa in mora per la restituzione degli importi pagati e quindi rivalutazione ed interessi erano dovuti dalla domanda giudiziale.

Chiamato in causa nel luglio 1999, in garanzia, dalla Italgas il Ministero delle Finanze, precisava che le agevolazioni erano state istituite esclusivamente per le imprese esercitanti attività industriale e che a decorrere dalla L. n. 405 del 1990, anche i consumi industriali erano gravati da accisa nella misura ridotta di L. 20 al mc., ma, essenziale per l’agevolazione, era che l’utente fosse iscritto nei registri CCIAA (art. 15 legge 102/1977), requisito che il (OMISSIS) non aveva mai dimostrato di possedere, e tuttavia il Ministero gli aveva concesso l’agevolazione, ma limitatamente alle attività assimilabili a quella alberghiera e quindi industriali. La prescrizione per la legge speciale sulle accise era biennale. L’attrice replicava che la certificazione della CCIAA aveva rilievo meramente amministrativo e che la domanda di rimborso anche dell’addizionale regionale era implicita nella domanda introduttiva della causa perchè anche tali importi rientravano nelle imposte indebitamente percepite.

Con sentenza non definitiva del 19 dicembre 2001 il Tribunale di Venezia accertava che il gas metano erogato al (OMISSIS) era integralmente impiegato per uso industriale e che perciò la parte convenuta doveva restituire quanto percepito sul 45% dei consumi dal 12 maggio 1997 alla sentenza, nonchè sul 100% dall’11 maggio 1987 all’11 maggio 1997, oltre interessi legali dalla domanda giudiziale al saldo, e che il Ministero delle Finanze doveva rimborsare alla Italgas quanto questa era obbligata a rimborsare all’attrice quale indebita maggiorazione del gas metano dal 2 luglio 1997.

Con sentenza del 10 maggio 2004 la Corte di appello di Venezia respingeva l’appello principale dell’Italgas e quello incidentale del Ministero delle Finanze sulle seguenti considerazioni: 1) soggetto passivo dell’imposta sul gas nei confronti dell’amministrazione finanziaria è la società erogatrice di esso, sì che la sua posizione non può essere di indifferenza giuridica ed economica, pur se i costi vengono trasferiti sul consumatore finale; 2) il D.M. 12 luglio 1977, art. 4, comma 4, emanato per l’attuazione del D.L. n. 15 del 1977, art. 10, secondo cui per il quantitativo di gas per usi non soggetti ad imposta la ditta deve trasmettere, in allegato alla prima dichiarazione, l’elenco degli utenti i cui consumi di gas non sono stati assoggettati a tassazione con i certificati CCIIAA. che comprovano l’iscrizione di essi tra le imprese industriali e artigiane, altrimenti il gas consumato dalle stesse è assoggettato ad imposta, pone un onere a carico del soggetto passivo di imposta, a cui il consumatore finale è estraneo e l’esercizio del suo diritto alla ripetizione di indebito non può esser condizionato da requisiti procedurali di carattere amministrativo; 3) l’attività sanitaria e ricettizia del (OMISSIS) ha le caratteristiche dell’impresa industriale perchè improntata a criteri di economicità, nel senso di equilibrio tra costi e ricavi (pareggio di bilancio), ossia la corrispettività dei servizi erogati (art. 2195 c.c., n. 1), mentre il fine di lucro è irrilevante e dunque la finalità spirituale ed assistenziale del (OMISSIS) non ne escludeva la natura imprenditoriale; 4) la nota 4 al D.L. n. 331 del 1993, art. 17, e la nota 1 alla L. n. 504 del 1995, art. 26, che dispongono l’inclusione tra gli usi civili dell’impiego del gas da parte di imprese industriali o artigiane fuori dei locali in cui è svolta l’attività produttiva, invocata dall’Italgas per giustificare la percentuale di esenzione applicata in assenza di sicuro criterio per distinguere i diversi tipi di consumo, era stata arbitrariamente interpretata perchè le norme prevedono negli usi civili gli impieghi di gas effettuati da impresa industriale o artigiana fuori dai locali ove è svolta l’attività produttiva, fattispecie estranea a quella in esame; quanto alla circolare ministeriale 7131/1977 secondo cui in caso di promiscuità di consumi l’esenzione è applicabile soltanto se vi sono distinti mezzi di misurazione, è un atto amministrativo non vincolante e dunque l’attività di ospedale e casa di cura del (OMISSIS) è industriale; 5) l’accertamento in contraddittorio tra la Provincia Lombardo – Veneta e l’amministrazione finanziaria non può significare acquiescenza alla definizione del rapporto tributario e rinuncia ad ogni ulteriore pretesa; 6) l’assimilazione, per effetto della L. n. 488 del 1999, art. 12 comma 5, lett. c), dell’attività di ricezione e assistenza di disabili, orfani, anziani e indigenti all’attività industriale, e la conseguente C.M. 64/2000 non può valere ad escludere la natura industriale dell’attività assistenziale precedentemente esercitata sia perchè la nuova normativa non può interpretare la precedente, sia perchè solitamente la nuova disciplina recepisce ciò che nella prassi era pacifico, mentre la circolare, che rimette ad una parte l’accertamento della natura dell’attività esercitata, non è vincolante per il giudice; 7) l’Italgas è stata messa in condizioni, dalla documentazione prodotta in giudizio, di conoscere l’attività svolta dal (OMISSIS) anche prima del maggio 1997 e comunque la Veneziana Gas, a cui era subentrata l’Italgas, usando l’ordinaria diligenza avrebbe potuto conoscere tale attività atteso che nella città lagunare di ospedali ed istituti di assistenza sanitaria ve ne erano ben pochi e perciò imputet sibi se non ha correttamente applicato la L. n. 102 del 1977, art. 10; 8) il rapporto e gli oneri tra società erogatrice del gas e consumatore sono regolati dal contratto di somministrazione, ma non è ravvisabile una violazione del principio di buona fede del consumatore per non aver dichiarato (il (OMISSIS)) l’impiego del gas, spettando al soggetto passivo di imposta individuare il tributo da versare all’erario; in ogni caso qualsiasi onere a carico del consumatore non è ostativo al suo diritto di ripetizione di indebito, oltre a non essere logico che il predetto abbia voluto tacere l’esistenza dell’attività e l’uso del gas per pagare un costo superiore; 9) le somme pagate in più non sono da ricondurre all’inadempimento contrattuale, che si prescrive a norma dell’art. 2947 c.c., art. 2948 c.c., n. 4, bensì all’indebito oggettivo, il cui termine prescrizionale è decennale, mentre, per la domanda di manleva dell’Italgas – correttamente interpretata come domanda di rimborso, si che l’appello incidentale sul punto dell’amministrazione era da respingere – nei confronti di quest’ultima sussiste la decadenza di cui al D.L. n. 504 del 1995, art. 14, poiché il termine è biennale e quindi la restituzione è riconoscibile soltanto dal 2 luglio 1997 e tale diversa normativa del rapporto civilistico e tributario non è incostituzionale essendo rispettato il principio di uguaglianza sostanziale che giustifica un termine più breve a tutela dell’interesse pubblico in materia di esazione fiscale.

Ricorre per cassazione la s.p.a. Società Italiana per il gas cui resistono il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia delle Dogane e la Provincia Lombardo Veneta dell’ordine religioso dei Chierici regolari Ministri degli infermi. Quest’ultima e l’Italgas hanno altresì depositato memoria.

Motivi della decisione

1.- L’Italgas con il primo motivo di ricorso deduce: “Violazione e/o falsa applicazione del D.L. n. 15 del 1977, conv. in L. n. 102 del 1977, del regolamento di cui al D.M. 12 luglio 1977, e successive modificazioni in tema di applicazione dell’accisa sui consumi. Artt. 23 e 53 Cost.. Violazioni di legge ed erronea motivazione. Art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5″. Per effetto delle norme contenute nella L. n. 102 del 1977, artt. 1, 2, 10, e D.M. 12 luglio 1977, art. 4, u.c., l’imposta, indiretta, sul consumo del gas, al cui pagamento è obbligato il fornitore, titolare del depositato fiscale, grava sul consumatore finale divenendo un prezzo del servizio ed infatti detto D.M. dispone che nelle bollette deve esser indicato l’ammontare dell’imposta da addebitare sull’utente per diritto di rivalsa. Perciò il debitore di essa è terzo rispetto all’accisa che egli anticipa, ma che è traslata sul consumatore finale. Il Ministero non delega l’accertamento delle condizioni per le agevolazioni al fornitore, ma stabilisce, al D.M. 12 luglio 1977, art. 4, comma 4, che per fruire dell’esenzione di imposta la ditta deve trasmettere il relativo certificato della CC.II.AA. comprovante l’iscrizione degli utenti tra le imprese industriali o artigiane. In mancanza di tale prova il gas metano viene assoggettato ad imposta. E quindi il rapporto di somministrazione è subordinato a quello tributario e se il fornitore è obbligato all’imposta verso l’erario, non può non addebitarla al consumatore nel rapporto di somministrazione esercitando il suo diritto di rivalsa, e poichè il presupposto dell’imposta sul contribuente di fatto è la capacità contributiva, costui è assoggettato all’imposta in ragione del consumo che fa del gas, mentre la capacità contributiva dell’erogatore è indifferente, l’Italgas era perciò obbligata a sottoporre ad imposta il consumo del gas della Provincia Lombardo – Veneta che non ha trasmesso nessuna certificazione e non è iscritta nella CC.II.AA. e tale onere sulla stessa gravante non è un passaggio burocratico. La Corte di appello ha illegittimamente disapplicato tale normazione secondaria, momento finale del procedimento amministrativo di agevolazione dell’erogazione.

Il motivo è infondato.

Va infatti ribadito (Cass. 7312/1987, 4277/1988, 3994/2006) che, riguardo all’imposta di consumo sul gas metano, prevista dal D.L. 7 febbraio 1977, n. 15, art. 10, (convertito in L. 7 aprile 1977, n. 102) per impieghi diversi da quelli delle imprese industriali ed artigiane, soggetto passivo è il fornitore del prodotto, non il consumatore, il quale subisce la traslazione del relativo onere a titolo di maggiorazione del prezzo di vendita, con la conseguenza che se il consumatore agisce nei confronti del fornitore per far valere l’illegittimità della maggiorazione del prezzo non rileva l’indagine sulla legittimità della pretesa fiscale dell’amministrazione nei riguardi del fornitore, incombendo al fornitore stesso l’onere, nel distinto rapporto con l’amministrazione finanziaria, di individuare i consumi assoggettati ad imposta e di segnalare quelli che ne sono esclusi per non essere ricompresi nella fattispecie impositiva.

2.- Con il secondo motivo deduce: – Errata e falsa applicazione degli artt. 2082, 2195, 2201 c.c., in relazione al D.L. n. 15 del 1977, conv. in L. n. 102 del 1977, del regolamento di cui al D.M. 12 luglio 1977, e successive modificazioni in tema di applicazione dell’accisa sui consumi. Violazione di legge, errata e contraddittoria motivazione. Art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5″. Per decidere sulla domanda di riduzione di imposta il Ministero delle Finanze aveva accertato, nel giugno 1998, che l’Istituto gestiva una casa di riposo, un ricovero sanitario assistenziale ed un ospedale e per questo aveva concesso, a decorrere dalla domanda, l’agevolazione soltanto per la casa di riposo nella percentuale del 55% per le altre strutture necessarie alla prima, non potendo scindere i singoli consumi, mentre per il periodo anteriore non vi era stato accertamento alcuno. Erroneamente invece la Corte di merito ha ritenuto che tutta l’attività svolta dall’Istituto avesse natura industriale tanto da poter fruire dell’agevolazione fiscale per tutto il gas consumato, ma la motivazione, in assenza di prova sulla finalità di lucro, è apparente. Ed infatti non è chiaro se l’ente ha natura di associazione o fondazione, ma non ha fine di lucro (art. 2195 c.c., comma 2). Il suo statuto lo qualifica ente religioso il cui scopo è la glorificazione di Dio attraverso le opere di misericordia evangeliche mediante l’assistenza corporale e spirituale agli infermi, anche a rischio della vita, e ovunque essi si trovino, e perciò non è sufficiente l’obbiettiva economicità dell’attività esercitata per far assurgere alla qualifica di impresa industriale un ente che per sua natura non ha tale qualifica, che però è essenziale, per il D.L. n. 102 del 1977, art. 10, ai fini dell’agevolazione. La conclusione è confermata dall’art. 2201 c.c., che prescrive l’obbligo dell’iscrizione nel registro delle imprese soltanto degli enti pubblici che hanno per oggetto esclusivo o principale un’ attività commerciale e non accessoria.

Il motivo è infondato. Ed infatti da un lato questa Corte ha ripetutamente affermato (Cass. 5766/1994, 16435/2003, e 7725/2004) che la nozione di imprenditore, ai sensi dell’art. 2082 c.c., va intesa in senso oggettivo, dovendosi riconoscere il carattere imprenditoriale all’attività economica organizzata che sia ricollegabile ad un dato obiettivo inerente all’attitudine a conseguire la remunerazione dei fattori produttivi, rimanendo giuridicamente irrilevante lo scopo di lucro, che riguarda il movente soggettivo che induce lo imprenditore ad esercitare la sua attività con organizzazione degli elementi personali e materiali necessari per il funzionamento del servizio, e dovendo essere, invece, escluso il suddetto carattere imprenditoriale dell’attività nel caso in cui essa sia svolta in modo del tutto gratuito, dato che non può essere considerata imprenditoriale l’erogazione gratuita dei beni o servizi prodotti. Dall’altro, ai fini della qualificazione dell’industrialità dell’attività(art. 2195 c.c., comma 1), questa stessa Corte ha affermato che per integrare il fine di lucro è sufficiente l’idoneità, almeno tendenziale, dei ricavi a perseguire il pareggio di bilancio, nè ad escludere tale finalità è sufficiente la qualità di congregazione religiosa dell’ente (Cass. G.U. 3353/1994, Cass. 97/2001). Pertanto la qualificazione effettuata dai giudici di merito dell’atti-vità svolta dall’Istituto (OMISSIS) è esente da vizi logici e giuridici e la censura va respinta.

3.- Con il terzo motivo deduce: “Errata e falsa applicazione degli artt. 2082, 2195 c.c., in relazione al D.L. n. 15 del 1977, conv. in L. n. 102 del 1977, del regolamento di cui al D.M. 12 luglio 1977, D.L. n. 331 del 1993, art. 17, in L. n. 427 del 1993, e L. n. 504 del 1995, art. 36, e successive modificazioni in tema di applicazione dell’accisa sui consumi. Violazione di legge, errata e contraddittoria motivazione, art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5”. Ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 26, nota 1, e, prima di esso, del D.L. n. 331 del 1993, art. 17, nota 4, sono compresi negli usi civili e dunque senza agevolazione anche gli impieghi del gas metano.. nei locali delle imprese industriali… posti fuori dagli stabilimenti… dove non viene svolta attività produttiva… Con circolare del 1997 n. 7131 il Ministero aveva già disposto che per il caso di utilizzazione promiscua, l’esenzione o agevolazione poteva esser accordata soltanto in presenza di distinti elementi di misurazione e perciò era stata riconosciuta soltanto percentualmente. Al riguardo invece la Corte di merito ha ritenuto che gli impieghi di gas vanno considerati civili soltanto se effettuati fuori dai luoghi di produzione, rilevando la localizzazione dell’impiego, non la riconducibilità all’attività industriale. Tale interpretazione non è condivisibile perchè le varie attività svolte sono comunque esercitate in locali diversi ed, inoltre, la nozione di localizzazione non è conforme alla voluntas legis perchè i consumi di uffici situati all’interno dell’edificio ove è svolta l’attività industriale sarebbero esenti, mentre per uffici svolgenti la stessa attività, ma ubicati fuori, non vi sarebbe esenzione, invece la norma va interpretata nel senso che i consumi non direttamente utilizzati a fini produttivi sono assimilati agli usi civili a meno che siano distinguibili con appositi mezzi di misurazione, non essendo utilizzabile il criterio della prevalenza.

Il motivo è infondato. Ed infatti l’interpretazione della Corte di merito è conforme ai principi secondo i quali la disciplina dell’attività accessoria, complementare e strumentale rispetto all’attività tipica industriale, è la medesima di quest’ultima, in quanto priva di intrinseca autonomia funzionale, avendo come scopo tipico l’obiettiva agevolazione dell’attività principale a cui è correlata e complementare, talchè, ove venisse da essa separata, non avrebbe alcuna possibilità di utile applicazione. Quanto poi alla circolare ministeriale, da un lato è assolutamente pacifico che la dedotta violazione non può costituire motivo di ricorso per cassazione sotto il profilo della violazione di legge, non contenendo essa norme di diritto, ma essendo piuttosto qualificabile come atto unilaterale, in riferimento al quale può essere denunciata per cassazione soltanto la violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale, nella misura in cui essi sono applicabili anche agli atti unilaterali, ovvero i vizi di motivazione (Cass. 11114/2002). Dall’altro (Cass. 14619/2000) le circolari dell’amministrazione finanziaria, che non ha poteri discrezionali nella determinazione delle imposte dovute, non vincolano nè i contribuenti nè i giudici, nè costituiscono fonte di diritto e quindi anche sotto tale profilo a detti atti ministeriali non si estende il controllo di legittimità della Corte di Cassazione.

4. – Con il quarto motivo deduce: “Errata e falsa applicazione delle disposizioni in ordine all’interpretazione degli atti e negozi. Art. 1362 c.c. e segg., nonchè artt. 2730 e segg. 2735 c.c.. Violazione di legge, errata e contraddittoria motivazione art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5″. L’accertamento intervenuto tra l’amministrazione finanziaria e la Provincia Lombardo – Veneta è stato accettato dall’utente che lo ha sottoscritto per acquiescenza e questo prova che egli non è estraneo al rapporto tributario. L’interpretazione della Corte di merito, secondo la quale in esso non è ravvisabile una rinuncia è contraria a buona fede ed inconciliabile con una diversa interpretazione.

La censura è inammissibile. Ribadito che la volontà abdicativa ad un diritto deve desumersi da elementi certi, concludenti e non equivoci, e che nell’interpretazione di atti negoziali unilaterali non possono trovare applicazione nè il canone ermeneutico della comune intenzione delle parti, dovendosi invece accertare quale sia stato l’intento proprio del soggetto che ha posto in essere il negozio, nè il principio dell’interpretazione della clausola contrattuale contro l’autore della stessa, che a sua volta presuppone la bilateralità del negozio, rimanendo perciò irrilevante che il negozio abdicativo si sia perfezionato mediante sottoscrizione di un documento predisposto dal soggetto cui giova la rinuncia, poichè in ogni caso è atto dell’autonomia negoziale le censure per esser ammissibili devono esser articolate ai sensi dell’art. 1362 c.c. e segg., mentre, per l’ammissibilità del vizio di motivazione, è indispensabile la trascrizione dell’atto in relazione ad esso.

5.- Con il quinto motivo deduce: ” Errata e falsa applicazione L. n. 488 del 1989, art. 12, lett. C), in relazione al D.L. n. 15 del 1977, conv. in L. n. 102 del 1977, del regolamento di cui al D.M. 12 luglio 1977, e successive modificazioni in tema di applicazione dell’accisa sui consumi. Violazione di legge, errata e contraddittoria motivazione art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5″. Con istanza del 30 agosto 2000 la Provincia Lombardo – Veneta ha chiesto, per il medesimo impianto, l’applicazione dell’aliquota ridotta ai sensi della L. n. 504 del 1995, art. 26, come modificato dalla L. n. 488 del 1999, art. 12, comma 5, secondo le indicazioni della circolare del Ministero delle Finanze del 3 aprile 2000 n. 64/D. Quindi, se è con tale legge che l’utilizzo del gas non finalizzato a scopo di lucro dalle istituzioni che svolgono attività di ricezione e assistenza a disabili, orfani, anziani ed indigenti è equiparato agli usi industriali, ciò significa che la stessa attività non era a questa assimilabile precedentemente, e quindi la normativa di cui alle L. n. 102 del 1977, L. n. 331 del 1993, L. n. 504 del 1995, non includeva l’attività della Provincia. Al riguardo le argomentazioni della Corte di merito secondo cui non perciò era da negare la natura industriale dell’attività assistenziale svolta precedentemente non sono condivisibili perchè contraddittorie, in quanto la natura meramente interpretativa delle norme successive non è desumibile da nessun elemento obbiettivo. La censura è meramente reiterativa del corrispondente motivo di appello e perciò, non contenendo argomentazioni logico – giuridiche contrapposte alle ragioni riassunte al punto 6 della narrativa della sentenza impugnata, è inammissibile.

6.- Con il sesto motivo deduce: “Omessa motivazione su di un punto decisivo. Art. 360 c.p.c., n. 5, in relazione all’omessa verifica di circostanze fondamentali”. La sentenza impugnata ritiene che sia dimostrata dalla documentazione anteriore al 1997 l’attività industriale svolta dalla Provincia Lombardo- Veneta e dalla notorietà della stessa in un ambiente circoscritto della laguna veneta. Ma mancando la relativa prova la motivazione è apparente e gli indizi sono imprecisi. La censura, priva di gualsiasi contestazione sulla documentazione anteriore al 1997 ed attestante la “conformità tra l’attività svolta dal (OMISSIS) al momento dell’accertamento dell’U.T.I.F. e la situazione antecedente”, si risolve anch’ essa nella reiterazione della censura formulata in appello ed è quindi inammissibile.

7.- Con il settimo motivo deduce: “Errata e falsa interpretazione degli artt. 1559 e segg. 1175, 1375 c.c., in relazione alla L. n. 102 del 1977, e D.M. 1977 e succ. mod. – Violazioni di legge – Erronea e insufficiente motivazione art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5″. In base al contratto del 1986 il gas era somministrato “franco ospedale” per riscaldamento, acqua calda, cottura cibi, incenerimento rifiuti etc., senza nessuna ulteriore specificazione, nè il fornitore – debitore di imposta ha alcun potere ispettivo o di controllo che invece spetta all’Erario (D.M. 12 luglio 1977, art. 6, u.c., e D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 18) ed il Ministero, con l’accertamento accettato dall’utente Istituto, non ha riconosciuto la natura di impresa industriale alla struttura ospedaliera. Inoltre mancava anche il riscontro formale del certificato della CCIIAA in difetto del quale il gas metano delle imprese, anche industriali, deve esser sottoposto ad accisa, nè detto istituto prima del maggio 1997 ha comunicato alcunché. E tuttavia la Corte di merito, ritenendo erroneamente scisso il rapporto privatistico da quello tributario, ha affermato il diritto assoluto della Provincia Lombardo – Veneta all’applicazione dell’accisa agevolata. Invece dalla L. n. 102 del 1977, art. 10, si evince che le eccezioni concernono soltanto l’utilizzazione del gas da parte di imprese industriali per attività produttive e che le imprese erogatrici sono i soggetti passivi di imposta e devono presentare (art. 4) una dichiarazione con l’elenco degli utenti che beneficiano dell’agevolazione corredato del certificato della CCIIAA e a cui deve esser addebitata l’imposta in rivalsa. Dunque il rapporto tra società erogatrice del gas ed utente è regolato dal contratto di somministrazione e le parti sono obbligate ad agire in buona fede e il consumatore deve fornire le notizie necessarie all’utilizzo del gas e se il prezzo è superiore al dovuto per mancanza di adempimento all’obbligo di buona fede, deve assumersene la responsabilità, tanto più che l’Istituto appariva volto alla beneficenza piuttosto che all’impresa industriale, l’attività denunciata era diversa e l’utilizzo dichiarato del gas, generico. Inoltre la Corte di merito non ha considerato che quanto pagato dall’utente corrisponde a quanto versato dal somministrante all’Erario, da cui non può ripetere nulla.

Il motivo è infondato. La Corte di merito ha accertato, come evidenziato nell’esame del secondo motivo di ricorso, che l’istituto (OMISSIS) era dotato di una articolata organizzazione tecnica in cui svolgeva l’attività sanitaria di cura e di assistenza degli ammalati ed un’attività ricettizia, inerente alla degenza, simile a quella alberghiera predisponendo, attraverso l’organizzazione di capitale e di lavoro, i relativi servizi a terzi ed ha conseguentemente applicato i principi già affermati da questa Corte (e richiamati nell’esame del primo motivo) in considerazione del carattere autonomo e distinto del rapporto tributario – con conseguente onere del fornitore, debitore di imposta nei confronti dell’amministrazione finanziaria, di individuare i consumi assoggettati ad imposta e di segnalare, con apposita documentazione probatoria, quelli che ne sono esclusi o ne sono assoggettati a misura inferiore (Cass. 1384/1987, 4277/1988) – rispetto a quello contrattuale dedotto in giudizio. Quanto poi alla malafede dell’Istituto nell’aver pagato un prezzo del gas superiore al dovuto la conseguente illogicità di tale comportamento che ha indotto i giudici del merito ad escluderla, è priva di confutazione alcuna.

8. – Con l’ottavo motivo deduce: “Errata e falsa interpretazione degli artt. 2934 e segg., 2947, 2948 c.c., in relazione agli artt. 1219, 1559 e segg. e 2033 e segg. c.c.. Omessa pronuncia ed erronea motivazione – Art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5”. I giudici di merito hanno riconosciuto il diritto alla restituzione dell’imposta dal 1987 con gli interessi dalla domanda giudiziale, ma l’Italgas aveva eccepito la prescrizione dovendosi ritenere applicabile non la disciplina dell’indebito oggettivo, ma quella della responsabilità contrattuale, in relazione alla quale i termini prescrizionali sono stabiliti dall’art. 2947 c.c., art. 2948 c.c., n. 4; inoltre aveva eccepito che la prescrizione andrebbe calcolata dalla messa in mora anche per il capitale e cioè dalla domanda introduttiva del giudizio e non dalla richiesta del maggio 1997 e su tale domanda la Corte di merito non ha statuito.

Il motivo è infondato. La sentenza impugnata ha respinto la tesi della responsabilità contrattuale dell’Italgas e ha confermato la qualificazione della domanda restitutoria dallo stesso proposta come indebito oggettivo – “..la Provincia Lombardo – Veneta ha pagato… un prezzo superiore a quello a cui sarebbe stata tenuta… pertanto la domanda restitutoria.. è ricondotta alla disciplina dell’indebito oggettivo, con le relative conseguenze in materia di prescrizione.” – e conseguentemente ha confermato il termine prescrizionale ordinario di dieci anni. Tale qualificazione è giuridicamente corretta perchè (Cass. 3994/2006, cit.), l’indebito oggettivo sussiste non solo quando l’originaria causa di pagamento sia venuta meno, ma anche quando manchi fin dall’origine, come nel caso di specie, giacché l’utente ha pagato una quota di prezzo maggiore rispetto a quanto dovuto in base alle disposizioni legislative (L. n. 102 del 1977, art. 10), sì che per tale quota il pagamento senza causa è fatto costitutivo dell’obbligazione di restituire l’indebito – e pertanto la decisione è altresì corretta per la prescrizione applicata a detta domanda perchè, per il combinato disposto degli artt. 2033 e 2935 c.c., la prescrizione del diritto di restituzione dell’indebito oggettivo decorre dal giorno del pagamento e può dal titolare essere interrotta, secondo la disciplina generale (art. 2943 c.c.), anche mediante atti diversi dalla domanda giudiziale, quale è stata ritenuta dai giudici di merito la richiesta del maggio 1997. Quanto poi invece alla diversa decorrenza del diritto agli interessi sulla somma indebita – ossia dalla domanda giudiziale – la decisione è conforme alla consolidata giurisprudenza secondo cui essi decorrono dalla domanda giudiziale (domanda in senso tecnico – giuridico) e non già dalla data del pagamento della somma indebita, dovendosi avere riguardo all’elemento psicologico esistente alla data di riscossione della somma, a meno che il creditore non provi la mala fede dell'”accipiens”, atteso che all’indebito si applica la tutela prevista per il possessore in buona fede – in senso soggettivo – dall’art. 1148 c.c., a norma del quale questi è obbligato a restituire i frutti soltanto dalla domanda giudiziale (Cass. 4745/2005).

9. – Con il nono motivo di ricorso deduce: “Errata e falsa interpretazione della L. n. 504 del 1995, art. 14, in rapporto alla L. n. 102 del 1977, – D.M. 12 luglio 1977, e art. 2935 c.c. e segg., – Art. 3 Cost. – Omessa e contraddittoria motivazione – Art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5”. La Corte ha ritenuto infondata la questione di illegittimità costituzionale sollevata dalla Italgas in relazione ai diversi termini prescrizionali tra il rapporto privatistico e quello tributario, ma tale decisione è inconciliabile con la disparità di trattamento non giustificata da nessun interesse proprio o di autonomia o potere, essendosi il fornitore attenuto alle attestazioni dell’utente e avendo rispettato le disposizioni dell’ente impositore, pena l’esposizione a sanzioni e maggiore imposta (D.L. 18 marzo 1976, art. 6, e ora D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 40), mentre i relativi controlli sono demandati (art. 18, D.Lgs. cit.) all’amministrazione finanziaria, e per questo l’avvocatura dello stato aveva ritenuto che nei rapporti con il consumatore dovesse applicarsi la medesima prescrizione fiscale, con la conseguenza che, viceversa, per non incorrere nell’incostituzionalità, anche il fornitore dovrà beneficiare della stessa prescrizione del consumatore. Il rilievo, pur volendone ammettere la rilevanza atteso che la Corte di appello ha affermato che la documentazione prodotta dalla Provincia Lombardo – Veneta attesta come anche anteriormente al 1997 l’Italgas fosse stata in condizioni di assolvere all’onere sulla medesima incombente di individuare la natura industriale dell’attività esercitata dal (OMISSIS) ai fini di una corretta determinazione del prezzo della somministrazione, è manifestamente infondato. Ed infatti la natura esclusivamente privatistica del rapporto di somministrazione tra consumatore, del tutto estraneo al rapporto di imposta, e fornitore, esclude l’applicabilità della disciplina della decadenza dalla facoltà di richiedere il rimborso per l’imposta indebitamente versata, stabilita dal legislatore nel rapporto pubblicistico a tutela dell’interesse dello Stato, all’azione di ripetizione del maggior prezzo corrisposto contemplata dal diritto comune – inapplicabile nell’ordinamento tributario (Cass. 13860/2004) – perchè la obiettiva diversità e non equiparabilità dei rispettivi rapporti sostanziali e le finalità pubblicistiche perseguite dalla disciplina tributaria determinano la ragionevolezza della brevità del termine di decadenza da questa imposto, potendo d’altro canto il fornitore richiesto dall’amministrazione del pagamento di una maggiore imposta, nell’esercizio del suo diritto di traslazione di imposta sul consumatore, ripetere la conseguente maggiorazione del prezzo con fatturazione integrativa e relativa nota di variazione nell’ambito del rapporto di somministrazione.

10. – Concludendo il ricorso va respinto.

Si compensano le spese del giudizio di cassazione fra tutte le parti.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Compensa le spese del giudizio di cassazione tra tutte le parti.

Depositato in Cancelleria il 19 giugno 2008