Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 17 Luglio 2006

Sentenza 19 giugno 2006, n.3571

Consiglio di Stato. Sezione Sesta. Sentenza 19 giugno 2006, n. 3571: “IRC e sessione riservata di esami di abilitazione per l’insegnamento nelle scuole statali”.

(Omissis)

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello proposto da M. M. A., rappresentata e difesa dagli avv.ti Giorgio Colnago e Ernani d’Agostino, con domicilio eletto presso gli stessi in Roma, via Ugo De Carolis, n. 5;

contro

il Ministero dell’ Istruzione dell’ Università e della Ricerca – Ufficio Scolastico Regionale per il Piemonte e il Dirigente p.t. dei Servizi Amministrativi di Alessandria, costituitisi in giudizio, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio per legge presso la sede della stessa in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

per l’annullamento

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sez. III^ bis, n. 12940/2004;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’ Amministrazione intimata;

Vista la memoria prodotta dalla parte convenuta a sostegno della propria difesa;

Visti gli atti tutti della causa;

Nominato relatore per la pubblica udienza del 21 marzo 2006 il Consigliere Polito Bruno Rosario;

Uditi per le parti l’ avv.to Lofoco per delega dell’avv.to D’Agostino e l’ Avvocato dello Stato Tortora;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO

1). Con la sentenza di estremi indicati in epigrafe il T.A.R. per il Lazio, Sez. III^ bis, respingeva il ricorso proposto da M. M. A. avverso il provvedimento del competente Provveditore agli Studi di esclusione dalla sessione riservata di esami di abilitazione per l’insegnamento nelle scuole statali – indetta con O.M. n. 153 del 15.06.1999 in attuazione dell’art. 2 della legge 03.05.1999, n. 124 – nonché contro l’art. 2 dell’ ordinanza predetta nella parte in cui ha stabilito che “i servizi prestati nell’insegnamento della religione cattolica o delle attività alternativa alla religione cattolica non sono validi ai fini dell’ammissione alla sessione riservata in quanto né prestati su posti di ruolo, né relativi a classi di concorso”.

Avverso la decisione di rigetto l’appellante ha sviluppato motivi tesi a ribadire il completo inserimento degli insegnanti di religione nell’istituzione scolastica e la loro piena assimilazione ed omologazione ai restanti componenti del corpo docente con possibilità, quindi, di valutare il servizio reso ai fini dell’ammissione alla sessione di esami riservata; ciò anche in base al principio di non necessaria corrispondenza della precedente esperienza didattica con la classe di abilitazione per la quale si concorre.

Ha inoltre sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 2 della legge n. 124/1999 per contrasto con gli artt. 3, primo comma, e 97 della Costituzione.

2). L’appello è infondato e la sentenza impugnata merita conferma:

2.1). L’ art. 2 della legge n. 124/1999 stabilisce che il servizio di insegnamento utile all’ammissione alla sessione riservata di esami per il conseguimento dell’abilitazione ed in conseguente inserimento nella graduatorie permanenti che “deve essere stato prestato per insegnamenti corrispondenti a posti di ruolo e relativi a classi di concorso, con il possesso di specifico titolo di studio”.

E’ noto che l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole italiane non universitarie di ogni ordine e grado è impartito in adempimento dell’impegno assunto dallo Stato italiano con l’art. 36 del Concordato del 1929, che ha trovato conferma nell’art. 9, comma secondo, della legge n. 121/1985, di ratifica delle modifiche introdotte al Concordato medesimo.

Quanto ai soggetti abilitati ad impartire il predetto insegnamento l’art. 2, comma quinto, dell’intesa tra Autorità Scolastica Italiana e Conferenza Episcopale Italiana, resa esecutiva con d.P.R. 16.12.1985, n. 761, ha stabilito che “l’insegnamento della religione cattolica . . . è impartito da appositi docenti che siano sacerdoti o religiosi oppure laici riconosciuti idonei dall’ordinariato diocesano, nominati dall’autorità scolastica competente, d’intesa con l’ordinariato stesso”.

La giurisprudenza del Consiglio di Stato ha con orientamento costante ribadito la peculiarità della posizione di “status” del docente di religione in relazione ai differenziati profili di abilitazione professionale richiesti, alle distinte modalità di nomina e di accesso ai compiti didattici, alla specificità dell’oggetto dell’insegnamento, che non ne consentono l’omologazione agli insegnanti in posizione ordinaria (cfr. Cons. St., Sez. VI^, n. 4447/2004; n. 5153 del 28.09.2001; n. 530 del 27.04.1999; n. 756 del 12.05.1994).

Si tratta, quindi, di insegnamento che non ha corrispondenza nella dotazione di organico dei ruoli ordinari – essendo impartito, alla data di indizione della sessione riservata, con rapporto di lavoro a tempo determinato in virtù di incarichi annuali – e che non trova collegamento in una individuata classe di concorso, requisiti che devono entrambi caratterizzare, secondo quanto prescritto dall’art. 2 della legge n. 124/1999, l’anzianità didattica richiesta per l’ammissione alla sessione di abilitazione.

Quanto su esposto trova conferma nella “ratio” sottesa al sistema disciplinato dal menzionato art. 2 che al conseguimento dell’abilitazione fa seguire l’inserimento nelle graduatorie permanenti per il graduale assorbimento in ruolo, nella misura del 50 % prevista dall’art. 399 del t.u. n. 297/1994 e successive modificazioni, di posizioni di precariato che non si configurano omologhe a quelle dei docenti di religione, i quali beneficiano dello speciale regime stabilito dall’ art. 2 dell’intesa tra Autorità Scolastica Italiana e Conferenza Episcopale Italiana .

2.2). Non giova, inoltre, alle ragioni del ricorrente il richiamo al principio in base al quale il requisito di ammissione può essere maturato anche con servizio di insegnamento non corrispondente alla classe di concorso per la quale si chieda di conseguire l’ abilitazione o l’idoneità.

L’insegnamento nelle varie classi di concorso presenta, infatti, le medesime caratteristiche quanto alle procedure di nomina (in base a graduatorie di merito) ed ai compiti didattici riconducibili e posti della dotazione di organico, aspetti che, per quanto in precedenza esposto, non si riscontrano con riguardo all’insegnamento di religione (cfr. in fattispecie analoga Cons. St., Sez. II^, n. 1606 del 10.01.2001).

3). Quanto al richiamo a precedenti interventi normativi che hanno assunto a riferimento, ai fini dell’immissione in ruolo, servizi di insegnamento prestati indipendentemente dall’inserimento in apposite graduatorie approvate dall’ Amministrazione della pubblica istruzione (docenti dei corsi popolari CRACIS; esperti degli istituiti tecnici e professionali e sperimentali; docenti di attività pratiche, formative sperimentali), proprio la specialità della disciplina esclude che, dalla norma derogatoria, possa enuclearsi una regola di carattere generale valida per fattispecie non prese in considerazione dal Legislatore.

Il carattere di specialità della posizione degli insegnanti di religione trova del resto conferma nella successiva evoluzione normativa, ove si consideri che con legge 18.07.2003, n. 186, sono state dettate apposite norme sullo stato giuridico di detti docenti, prevedendo l’istituzione di dotazioni di organico a livello regionale ed uno speciale concorso riservato per titoli ed esami per la prima immissione in ruolo.

4). La questione di legittimità costituzionale dell’art. 2 della legge n. 124/1999 per contrasto con gli artt. 3, primo comma, e 97 della Costituzione, in quanto preclusivo dell’ammissione alle sessioni di abilitazione degli insegnanti di religione, si configura manifestamente infondata.

In ordine all’asserita disparità di trattamento che verrebbe riservata agli insegnanti di religione rispetto agli altri docenti, quanto in precedenza esposto circa la diversità di disciplina sui requisiti per l’accesso agli incarichi e sulle modalità di nomina evidenzia che non si versa a fronte di fattispecie fra loro identiche o quantomeno omogenee, di talché la norma contestata venga a porsi in contrasto con l’art. 3 della Costituzione.

Né risulta violato il principio di buona andamento dell’ Amministrazione, perché al meccanismo idoneativo previsto dalla disposizione censurata, cui segue l’inserimento nelle graduatorie permanenti, è collegato il graduale assorbimento di situazioni di precariato che – per scelta del Legislatore che non appare discostarsi da parametri di ragionevolezza – non si identificano nelle posizioni degli insegnanti di religione che hanno beneficiato della disciplina dettata dall’ art. 2 dell’intesa tra Autorità Scolastica Italiana e Conferenza Episcopale Italiana.

L’appello va, quindi, respinto.

Le spese del giudizio possono essere compensate fra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, respinge l’appello in epigrafe.

Spese compensate.

(Omissis)