Sentenza 18 maggio 2001, n.3931
Corte di Cassazione. Sezione tributaria. Sentenza 18 maggio 2001, n. 3931: "ONLUS, associazioni assistenziali e attività non commerciale a favore dei propri partecipanti".
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri magistrati:
Dott. Giovanni OLLA – Presidente –
Dott. Enrico PAPA – Consigliere –
Dott. Giovanni PAOLINI – Rel. Consigliere –
Dott. Enrico ALTIERI – Consigliere –
Dott. Vincenzo DI NUBILA – Consigliere –
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
MINISTERO DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;- ricorrente –
contro
ASS. NAZ. DIPENDENTI AUTOFERROTRANVIARIE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA ALESSANDRO FARNESE 7, presso lo studio dell'avvocato BERLIRI CLAUDIO, che la difende, giusta delega a margine;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 332197 della Commissione tributaria regionale di ROMA, depositata il 20-11-97;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18-05-01 dal Consigliere Dott. Giovanni PAOLINI;
udito per il resistente, l'Avvocato BERLIRI, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Raffaele PALMIERI che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
La ASSOCIAZIONE NAZIONALE DIPENDENTI DA SOCIETÀ AUTOFERROTRANVIARIE E INTERNAVIGAZIONE (A.N.D.A.I.), con istanza prodotta a mente dell'art. 38 d.p.r. 29.XI.1973 n. 602 il 23 ottobre 1991, chiese all'Intendenza di finanza di Roma il rimborso di irpeg ed ilor versate, a suo dire indebitamente, per l'anno 1989 in importi, rispettivamente, di L. 809.615.000 e di L. 880.396.000: sostenne, per suffragare la così proposta pretesa restitutoria, non essere dovuti i tributi in questione alla stregua del dettato dell'art. 111, comma 3, d.p.r. 22.XII.1986 n. 917 in quanto afferenti a somme corrispostele dai propri associati a titolo di interessi su mutui a tasso agevolato loro erogati da essa deducente in attuazione dei suoi scopi istituzionali.
L'associazione summenzionata, quindi, impugnò a termini degli artt. 15 e ss. d.p.r. 26.X.1972 n. 636 il silenzio – rifiuto opposto dalla p.a. dianzi indicata all'istanza cennata dinanzi alla Commissione tributaria di primo grado di Roma, all'epoca operante, e la Commissione tributaria provinciale di Roma, cui la controversia era stata attribuita a norma dell'art, 72 d.lgs 31.XII.1992 n. 546, con sentenza n. 122-36-97 del 20 febbraio 1997, accolse il suo reclamo e la domanda recuperatoria ad esso sottesa.
Sull'appello della Direzione regionale delle entrate per il Lazio, la Commissione tributaria regionale del Lazio, con sentenza del 20 novembre 1997, disatteso il gravame, confermò la pronuncia del primo giudice, essenzialmente, e per quanto qui ancora interessa, sul rilievo che, "ai fini dell'Irpeg, non compongono reddito di un'associazione assistenziale (quale è l'A.N.D.S.A.I.) le somme versate dagli associati a titolo di interessi su mutui a tassi agevolati loro erogati dall'associazione", in quanto "dette somme erogate dall'Ente per la realizzazione delle sue finalità istituzionali non sono riconducibili ad alcuna delle categorie di reddito che, ai sensi dell'art. 19 del d.p.r. n. 598-73, compongono il reddito imponibile complessivo degli enti non commerciali".
Il Ministero delle finanze ricorre, con un motivo, per la cassazione della sentenza di secondo grado surrichiamata, notificatagli il 10 dicembre 1997.
La ASSOCIAZIONE NAZIONALE DIPENDENTI SOCIETÀ AUTOFERROTRANVIARIE ED INTERNAVIGAZIONE (A.N.D.S.A.I.) resiste al ricorso, notificatole il 23 gennaio 1998, con controricorso del 10 febbraio 1998.
La controricorrente ha depositato memoria.
Diritto
Il Ministero delle finanze, con il motivo articolato per suffragare il ricorso, critica la sentenza nei sensi illustrati data sulla fattispecie dalla Commissione tributaria regionale del Lazio, denunciandola inficiata da "falsa applicazione dell'art. 20 del decreto 29.9.1973 n. 598, violazione degli artt. 41, 198 e 111 del testo unico 22.12.1986 n. 917, omessa motivazione su punti decisivi della controversia, violazione dei principi sull'onere della prova (art. 360 n. 3 e 5 c.p.c.).
La p.a. ricorrente, dopo aver fatto presente che la pronuncia contestata risulta basata sull'erroneo convincimento del giudice che l'ha resa circa la riducibilità della situazione controversa, afferente a ripetizione di versamenti diretti di tributi relativi all'anno 1989, nella sfera di operatività del d.p.r. 29.IX.1973 n.
598, quando, invece, ratione temporis, la situazione medesima deve essere ravvisata assoggettata alla disciplina di cui al d.p.r. 22.XII.1986 n. 917, prospetta che, a mente del combinato disposto degli artt. 108 e 111 di tale ultimo testo normativo, "le prestazioni di servizi agli associati eseguite dagli enti non commerciali, quale è l'odierna controricorrente, verso pagamento di corrispettivi specifici sono imponibili", "e che per tornare ad essere esenti da imposizione,…, occorre che le prestazioni di servizi, oltre che essere rese in conformità alle finalità dell'ente, non rientrino nelle attività previste dall'art. 2195 cod. civ., non vi sia una specifica organizzazione dell'ente, e i corrispettivi non eccedano i costi di diretta imputazione"; ribadisce, quindi, che, "per essere esclusi da ogni imposizione, tanto come redditi di capitale, quanto come redditi di impresa o come redditi diversi, i corrispettivi percepiti dagli enti non commerciali debbono possedere i particolari requisiti richiesti dal già citato art. 108…, e precisamente, oltre che essere (correlati a prestazioni) rese in conformità alle finalità istituzionali, debbono riguardare prestazioni di servizi non rientranti nell'art. 2195 cod. civ., debbono essere resi senza una specifica organizzazione e….. non debbono eccedere i costi di diretta imputazione"; assume, al riguardo, non avere la controparte nè dedotto, nè, tanto meno, dimostrato la riscontrabilità nel caso in argomento dei cennati requisiti di non imponibilità dei discussi corrispettivi, ed aver, pertanto, la commissione tributaria regionale erroneamente ed incongruamente ritenuto, e dichiarato, la non imponibilità ridetta.
La censura non è fondata.
La situazione in controversia, riferibile all'anno di imposta 1989, ratione temporis, deve essere ravvisata assoggettata alla disciplina di cui agli artt. 108 e 111 d.p.r. 22.XII.1986 n. 917, nel testo originario.
La prima delle norme in questione reca che "il reddito complessivo degli enti non commerciali, di cui alla lettera c) del comma primo dell'art. 87 – al novero dei quali incontestatamente appartiene l'associazione odierna controricorrente -, è formato dai redditi fondiari, di capitali, di impresa e diversi ovunque prodotti e quale ne sia la destinazione, ad esclusione di quelli esenti dall'imposta (irpeg) e di quelli soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o ad imposta sostitutiva. Per i medesimi enti non si considerano attività commerciali le prestazioni di servizi non rientranti nell'art. 2195 cod. civ. rese in conformità alle finalità istituzionali dell'ente senza specifica organizzazione e verso pagamento di corrispettivi che non eccedano i costi di diretta imputazione"; reca, altresì, che "il reddito complessivo è determinato secondo le disposizioni dell'art. 8".
La seconda delle norme citate, poi, per quanto qui può rilevare (commi 2 e 3), dopo aver stabilito che "si considerano tuttavia effettuate nell'esercizio di attività commerciali – e danno luogo, quindi, al conseguimento di reddito imponibile -, salvo il disposto del secondo periodo del comma 1 dell'art. 108, le cessioni di beni e le prestazioni di servizi associati o partecipanti verso pagamento di corrispettivi specifici, compresi i contributi e le quote supplementari determinati in funzione delle maggiori e diverse prestazioni alle quali danno diritto", e che "detti corrispettivi concorrono alla formazione del reddito complessivo come componenti di reddito d'impresa o come redditi diversi secondo che le relative operazioni abbiano carattere di abitualità o di occasionalità", recita che "per le associazioni assistenziali – quale pacificamente è l'ente controricorrente -…… non si considerano effettuate nell'esercizio di attività commerciali, in deroga al comma 2 – e non originano. perciò, reddito imponibile – le cessioni di beni e le prestazioni di servizi verso pagamento di corrispettivi specifici effettuate, in conformità alle finalità istituzionali, nei confronti degli associati e partecipanti, di altre associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento o statuto fanno parte di un'unica organizzazione locale o nazionale, dei rispettivi associati o partecipanti e dei tesserati delle rispettive organizzazioni nazionali, nonché le cessioni anche a terzi di proprie pubblicazioni cedute prevalentemente agli associati".
La verifica dell'attitudine del complesso dei discussi interessi pagati dagli associati all'ente ricorrente in relazione ai mutui a tasso agevolato ad essi dal medesimo concessi nell'espletamento dei suoi fini istituzionali a concorrere alla formazione del reddito tassabile dell'ente suddetto, dunque, va compiuta con riferimento alla normativa surriportata.
Al riguardo, va ribadito, innanzi tutto, che, giusta statuizione non contestate, e, perciò, irretrattabili, risultanti dalla sentenza impugnata, costituiscono dati incontrovertibili nel presente giudizio A) – il fatto che l'A.N.D.S.A.I. è un'associazione con finalità assistenziali nei confronti dei propri partecipanti, e, quindi, deve essere annoverata fra gli enti non commerciali di cui all'art. 87, comma 1 lett. c), d.p.r. n. 917 del 1986, cit., e B) – che l'erogazione agli associati dei mutui di cui trattasi, come detto, a tasso agevolato, rientra fra le finalità istituzionali della controricorrente.
Ciò posto, è da dire che la lettera dianzi riprodotta, dell'art. 111, comma 3, d.p.r. 22.XII.1986 n. 917 non lascia adito a margini di incertezza e di dubbio in ordine al fatto che le prestazioni di servizi (e le cessioni di beni) rese in favore dei propri partecipanti da una associazione assistenziale, sia pure "verso pagamento di corrispettivi specifici o di contributi supplementari, indipendentemente dalla loro natura oggettiva e dalle modalità della relativa esecuzione, non si considerano fatte nell'esercizio di attività commerciale all'unica condizione della conformità di esse alle finalità istituzionali dell'ente: e ciò in virtù di un dettato normativo inequivoco, specificamente inteso ad istituire, fra l'altro in favore degli enti del genere in argomento un trattamento agevolativo peculiare, correlato ai fini di rilevanza sociale dagli stessi perseguiti, ravvisati dal legislatore meritevoli di particolare tutela, e consistente nell'escludere dalla formazione del reddito complessivo degli enti medesimi i proventi delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi considerate, ritenute, iuris ed de iure, non effettuate nell'esercizio di attività commerciale.
La sentenza impugnata si rivela resa in puntale applicazione dei postulati testè enunciati, e, consequenzialmente, va ravvisata idonea a resistere alle critiche mossele con il ricorso e senz'altro meritevole di essere tenuta ferma, previa, per quanto di ragione, integrazione della relativa ratio decidendi a mente dell'art. 384, comma 2, cod. proc. civ..
Corrispettivamente, il ricorso, siccome sorretto da censure non condivisibili, deve essere rigettato.
Le spese vengono compensate fra le parti.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese fra le parti.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Tributaria della Corte Suprema di Cassazione.
Autore:
Corte di Cassazione - Civile, Sez. Trib.
Dossier:
Italia, CESEN
Nazione:
Italia
Parole chiave:
Onlus, Enti non commerciali, Finalità istituzionali, Attività commerciale, Tasse, Imposte, Tributi, Finalità assistenziali, Enti no profit, Associazione assistenziale
Natura:
Sentenza