Sentenza 17 maggio 1997, n.4412
Corte di Cassazione. Sezione Lavoro. Sentenza 17 maggio 1997, n. 4412: “Applicabilità agli enti ecclesiastici esercenti attività ospedaliera dell’art. 9, del D.P.R. n. 128 del 1969, relativo all’ordinamento dei servizi ospedalieri”.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Romano PANZARANI Presidente
Dott. Vincenzo TREZZA Consigliere
Dott. Ettore MERCURIO Consigliere
Dott. Fernando LUPI Consigliere
Dott. Ettore Raffaele GIANNANTONI Rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
P. A., elettivamente domiciliato in ROMA VIA FABIO MASSIMO 45, presso l’avvocato SERGIO RUSSO che lo rappresenta e difende,
giusta delega in atti;
ricorrente
contro
OSPEDALE DEL BAMBIN GESÙ, in persona del Presidente A.B., elettivamente domiciliato in ROMA VIA VALNERINA 40, presso l’avvocato MATTEO DELL’OLIO che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;
controricorrente
avverso la sentenza n. 4465-93 del Tribunale di ROMA, depositata il 18-03-93 R.G.N. 48845-91;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 04-10-96 dal Relatore Consigliere Dott. Ettore Raffaele GIANNANTONIO;
udito l’Avvocato RUSSO;
udito l’avvocato DELL’OLIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Ennio Attilio SEPE che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
Con ricorso depositato il 22 luglio 1986 A. P. conveniva in giudizio dinanzi al Pretore di Roma, quale giudice del lavoro, l’Ospedale del Bambin Gesù (OBG) in persona del Presidente pro tempore e chiedeva che fosse dichiarato: a) il suo diritto alla qualifica di aiuto pediatra a tempo definito dal primo gennaio 1979 o da altra data di giustizia; b) il suo diritto al trattamento economico corrispondente dal 1 luglio 1979 o da altra data di giustizia.
A sostegno della prima domanda deduceva che: a) esisteva una conciliazione amministrativa intervenuta con l’Enams, ente gestore dell’Ospedale sino al 31 dicembre 1978, conciliazione che l’istituto convenuto si era impegnato a rispettare con lettera del 16 gennaio 1979, all’atto del rilevamento della gestione b) tale conciliazione era comunque vincolante per l’istituto convenuto ex art. 2112 cod. civ.; c) egli aveva svolto di fatto, sin dal primo gennaio 1975, le mansioni superiori di aiuto pediatra.
A sostegno della seconda domanda deduceva l’applicabilità nei suoi confronti della legge n. 207 – 1985 che prevede, a sanatoria delle pregresse situazioni di fatto, il conferimento della qualifica superiore ai dipendenti che svolgevano mansioni superiori alla data del 30 giugno 1984 e in possesso dei requisiti previsti dal d.m. 30 gennaio 1982 del Ministro per la Sanità.
Costituitosi in giudizio, l’Ospedale eccepiva in linea preliminare il difetto di giurisdizione dell’autorità giudiziaria italiana nei confronti del vero soggetto legittimato, il Vicariato di Roma; nel merito contestava, in fatto e in diritto, la domanda.
Con sentenza non definitiva del 7 giugno 1988 il Pretore, ritenuta la propria giurisdizione e la legittimazione passiva dell’Ospedale convenuto, dichiarava il diritto del P. alla qualifica di aiuto a tempo definito dal luglio 1985, con diritto alle conseguenti differenze retributive per la cui determinazione disponeva la prosecuzione del processo.
Con successiva sentenza del 22 febbraio 1991, il Pretore rigettava la domanda relativa alle differenze retributive dal momento che, in base ai calcoli del c.t.u., era risultato che le retribuzioni percepite dal luglio 1985 dal P., quale assistente a tempo pieno, erano superiori alle retribuzioni di aiuto a tempo definito attribuite nella sentenza non definitiva.
Le decisioni del Pretore sono state entrambe riformate dal Tribunale di Roma che, con sentenza depositata il 18 marzo 1993, in parziale accoglimento dell’appello incidentale proposto dall’Ospedale, ha rigettato le domande del dott. P..
Avverso la decisione del Tribunale il dott. P. propone ricorso articolato in cinque motivi e illustrato con memoria. L’Ospedale resiste con controricorso, anch’esso illustrato con memoria e note di udienza.
Diritto
Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione delle norme relative alla interpretazione dei contratti (artt. 1362 e segg. cod. civ.; art. 2077 cod. civ.), nonché il vizio di omesso esame di un punto decisivo della controversia.
Lamenta che il Tribunale non abbia tenuto presente che la lettera in data 16 gennaio 1979, con la quale l’Ospedale del Bambin Gesù assumeva l’impegno nei confronti del P. di mantenergli la precedente qualifica e il trattamento economico come spettanti, non poteva essere valutata avulsa dal contesto in cui era stata emessa (trasferimento di azienda) e dagli impegni che, a livello collettivo e sindacale, l’Ospedale aveva assunto.
Il motivo è infondato.
La lettera dell’Enams del 16 gennaio 1979, dopo avere disposto la continuazione del rapporto di lavoro del P., (rapporto sino ad allora intercorrente con l’Enams, precedente gestore dei complesso ospedaliero) precisa che a partire dal 1 gennaio 1979, data dell’acquisizione dell’ospedale, “… in attesa del definitivo inquadramento, ai sensi ed agli effetti delle norme transitorie, alla S.V. è stata riconosciuta la qualifica ricoperta presso l’Enams al 31 dicembre 1978”.
La lettera aggiunge che “per quanto riguarda il trattamento economico, si conferma che, sempre in attesa del definitivo inquadramento, alla S.V. verrà corrisposto il trattamento economico attualmente in godimento…..” Il Tribunale ha ritenuto che la lettera “opera una attribuzione provvisoria della qualifica e del trattamento economico, entrambi in attesa di definizione a seguito dell’adozione e dell’entrata in vigore delle norme transitorie concernenti l’Ospedale”; che “qualunque qualifica spettasse al P. all’atto del passaggio, il trattamento economico e la qualifica riconosciuti dalla lettera del 16 gennaio 1979 erano solo quelli in atto al momento del passaggio stesso, con l’impegno di ridefinire entrambi in sede di applicazione delle norme transitorie interne”.
Di conseguenza il Tribunale ha escluso ogni rilevanza alla conciliazione giudiziale del 10 luglio 1978 con la quale l’Enams aveva riconosciuto al dott. P. la qualifica di aiuto a decorrere dal 1 luglio 1975 e sì è preoccupato di accertare solo se il P. avesse di fatto esercitato al momento della cessione dell’azienda le funzioni di aiuto.
A conferma della propria interpretazione il Tribunale pone in rilievo il testo della lettera (“trattamento economico attualmente in godimento” e non già quello eventualmente spettante) e il nesso indicato dalla lettera tra trattamento economico e inquadramento: nesso che conferma l’assenza di un impegno dell’ospedale di corrispondere un trattamento economico diverso da quello corrisposto al P. all’atto dell’acquisizione dell’ospedale, “salvo si intende gli effetti del successivo inquadramento ai fini del trattamento stesso e della qualifica”.
Il Tribunale, in sostanza, ha proceduto all’accertamento della volontà negoziale delle parti espressa nella lettera del 16 gennaio 1979 e di tale accertamento ha dato una motivazione adeguata a prova di evidenti errori logici o giuridici. E pertanto la valutazione del Tribunale non può essere oggetto di questo giudizio di legittimità.
D’altra parte il ricorrente, pur prospettando una diversa interpretazione della volontà negoziale, non indica in modo preciso la violazione dei criteri interpretativi che avrebbe compiuto il Tribunale, ma assume che l’interpretazione avrebbe dovuto tenere conto di dati extratestuali come il trasferimento di azienda e gli impegni che, a livello collettivo e sindacale, l’Ospedale aveva assunto.
Ora è vero che, in base al secondo comma dell’art. 1362 del codice civile”, per determinare la comune intenzione delle parti si deve valutare il loro comportamento complessivo anche posteriore alla conclusione del contratto”. Tuttavia anche la valutazione di tale comportamento rientra nei poteri discrezionali del giudice e non può essere sindacata in sede di legittimità qualora della interpretazione compiuta la sentenza abbia fornito adeguata motivazione.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione degli artt. 2112, 2558 e 2560 cod. civ.. Lamenta che il Tribunale non abbia tenuto presente che in base all’art. 2112 cod. civ. e alla luce della direttiva europea n. 77-187, recepita nel nostro ordinamento con l’art. 47 della legge n. 428-1990, in caso di trasferimento di azienda devono essere mantenuti ai lavoratori non solo i diritti derivanti dall’anzianità, ma anche i diritti alla qualifica, alla categoria e alle mansioni di provenienza.
Il motivo è infondato.
Come ha già affermato questa Corte, gli enti ecclesiastici esercenti attività ospedaliera hanno natura privatistica, anche quando i loro ospedali siano stati classificati tra quelli soggetti alla programmazione ospedaliera.
Ne consegue che ai rapporti di lavoro dei personale dipendente si applicano le norme di diritto privato e non quelle che caratterizzano la disciplina dei rapporti di lavoro dei dipendenti pubblici; in particolare si applica la disposizione di cui all’art. 2103 del cod. civ. in tema di promozione automatica dei dipendenti alla qualifica superiore per avvenuto esercizio di fatto delle correlative mansioni protratto per il periodo di tempo stabilito dalla legge (Cass. 28 gennaio 1993 n. 1038; Cass. 6 dicembre 1995 n. 12539).
Nel caso in esame il Tribunale, in conformità all’indirizzo di questa Corte, ha ritenuto applicabile l’art. 2103 del codice civile al rapporto di lavoro del dott. P.; ha tuttavia respinto la domanda di riconoscimento alla superiore qualifica e la domanda di condanna alle retribuzioni corrispondenti in quanto ha ritenuto che il dott. P. non avesse di fatto esercitato le vantate funzioni superiori.
In particolare, per quanto riguarda lo svolgimento di fatto delle mansioni superiori di aiuto, il Tribunale ha osservato che l’organizzazione sanitaria dell’ospedale si articola in divisioni, sezioni e servizi speciali; che le divisioni e i servizi speciali sono diretti da un primario, mentre le sezioni sono affidate alla responsabilità dell’aiuto, anche nel caso di sezione autonoma, purché si tratti di aiuto con idoneità a primario; che le mansioni di aiuto si riassumono nella preposizione a una sezione della divisione o di un servizio speciale con compiti di collaborazione e sostituzione del primario.
Inoltre il Tribunale ha osservato che, di fatto, in seno alla divisione pediatrica dell’Ospedale del Bambin Gesù, si era costituito un nucleo di 20 posti letto di diabetologia; che ad esso fu preposto, sino al 1981, il primario pediatra prof. Ungari che, dopo tale data, continuò ad occuparsene solo in occasione della propria venuta da Roma, una volta alla settimana, per controllare e controfirmare le cartelle cliniche dei pazienti; che il nucleo si conservò con caratteri di relativa unità sino al 1986, allorché fu suddiviso sino a perdere la propria fisionomia.
Il Tribunale ha quindi concluso osservando che il nucleo, indicato variamente dai testi come reparto o settore o sezione, in realtà non è mai stato formalizzato; che non sussiste alcuna prova in atti che sia stato eretto a sezione con provvedimento autorizzato dalla Regione in base alla legge n. 7-1975 della Regione Lazio e che sia stata approvata la relativa pianta organica; che di conseguenza le mansioni del P., anche se di fatto preposto al nucleo quale assistente più anziano e particolarmente competente in diabetologia, non possono configurarsi quali mansioni superiori di aiuto, sia pure al limitato fine del conseguimento del superiore trattamento economico.
Si tratta anche qui di una serie di accertamenti di fatto che il Tribunale ha correttamente motivato e che pertanto non possono essere oggetto di questo giudizio di legittimità.
Per quanto riguarda invece il diritto alle retribuzioni corrispondenti alla superiore qualifica il Tribunale ha osservato che esso non appare in alcun modo fondato. In particolare non risulta fondato in base all’art. 2103 cod. civ. in quanto, come si è detto, il P. non ha svolto di fatto le mansioni superiori di aiuto; non risulta fondato in base alla lettera dell’Enams in data 16 gennaio 1979 in quanto essa si riferisce al trattamento economico di fatto corrisposto, sia pure in via provvisoria, al P. al momento dell’acquisizione dell’ospedale da parte dell’Istituto convenuto e non a un trattamento economico diverso da quello inerente alla qualifica che gli spettava; che, infine, non risulta fondato in base all’art. 2112 cod. civ. che presuppone l’immutabilità del contenuto delle obbligazioni inerenti al rapporto di lavoro trasferito.
Con il terzo motivo il ricorrente denunzia la errata valutazione delle domande del P. in ordine al diritto alla qualifica e al trattamento economico spettante come aiuto; l’errata e la falsa applicazione degli artt. 1362 e segg. cod. civ. e dell’art. 112 c.p.c.; il vizio di omesso esame di un punto decisivo della controversia. Lamenta che il Tribunale abbia ritenuto che nel ricorso introduttivo ex art. 414 c.p.c. il P. abbia formulato la propria domanda alla superiore qualifica dal 1 gennaio 1979 in modo autonomo dalle precedenti rivendicazioni economiche.
Il motivo è infondato.
Il Tribunale ha rilevato che “nel ricorso introduttivo ex art. 414 c.p.c. il P. formula la propria domanda alla superiore qualifica dal 1 gennaio 1979 in modo autonomo dalle precedenti rivendicazioni economiche (punto15 del ricorso) e deduce, a fondamento di siffatto capo autonomo di domanda, la legge n. 207-1985 senza neppure rinviare alle ragioni addotte a sostegno del precedente e diverso capo di domanda relativo al trattamento economico.
“Ne deriva – aggiunge il Tribunale – che la sola causa petendi posta a fondamento del presente capo di domanda è la legge n. 207-1985 e non anche le altre pur indicate nell’atto di appello; queste (e cioè l’impegno assunto dall’Ospedale con la lettera del 16 gennaio 1969, l’art. 2112 cod. civ., l’art. 2103 cod. civ.) indipendentemente dalla loro fondatezza o meno, non possono trovare esame, siccome domande nuove ex art. 437 secondo comma c.p.c., in questo grado.” Il Tribunale ha dunque proceduto a una interpretazione delle domande del dott. P. e di tale interpretazione ha dato una adeguata motivazione; e pertanto anche questa valutazione del Tribunale non può essere oggetto di questo giudizio di legittimità.
D’altra parte il ricorrente non indica un preciso errore logico o giuridico che sarebbe stato compiuto dal Tribunale nel procedere all’interpretazione. Deduce soltanto che il Tribunale non avrebbe tenuto conto di una serie di circostanze che, se adeguatamente esaminate, avrebbe condotto ad un diverso risultato interpretativo.
Prospetta cioè una diversa interpretazione della domanda che non può essere presa in considerazione in questo giudizio di legittimità anche se si rivelasse corretta e fondata.
Con il quarto motivo il ricorrente denunzia la violazione e la falsa applicazione dell’art. 7 del d.p.r. 27 marzo 1969 n. 128; dell’art. 1, sesto comma, della legge n. 132-1968 della legge della Regione Lazio 24 gennaio 1975 n. 7; dell’art. 63 del d.p.r. 20 dicembre 1979 n. 761; e della legge 20 maggio 1985 n. 207. Denunzia, inoltre, il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia. Lamenta che il Tribunale abbia applicato al rapporto di lavoro tra l’Ospedale e il P. la normativa pubblicistica senza tenere conto che l’Ospedale è una persona giuridica privata o, comunque, costituisce casa di cura privata.
Il motivo è infondato.
Al riguardo occorre tenere presente che, come ha già affermato questa Corte, la ritenuta natura privata degli enti ecclesiastici esercenti attività ospedaliera e la conseguente applicabilità della norme di diritto privato, non esclude, per quanto riguarda l’organizzazione degli ospedali stessi, l’applicazione dell’ordinamento dei servizi ospedalieri (Cass. 3 settembre 1993 n. 9285).
È stato pertanto ritenuto che sia applicabile, anche nei confronti dell’Ospedale del Bambin Gesù, l’art. 9 del d.p.r. n. 128-1969 dell’ordinamento dei servizi ospedalieri che regola le sezioni autonome degli ospedali (Cass. 3 settembre 1993 n. 9285). E a tale indirizzo giurisprudenziale si è adeguata la sentenza del Tribunale che, anche sotto tale aspetto, non può essere oggetto di censura.
Con il quinto motivo il ricorrente denunzia il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine a un punto decisivo della controversia e il vizio di omesso esame di documenti e delle risultanze di prove testimoniali.
Lamenta che il Tribunale abbia pretermesso l’esame di quasi tutte le prove testimoniali circa le mansioni in concreto svolte dal P. e le caratteristiche organizzative della struttura di diabetologia pediatrica cui egli era preposto. Lamenta inoltre che il Tribunale abbia del tutto pretermesso l’esame di due documenti prodotti dal P. con i quali il dott. S. R., direttore sanitario della sezione di Palidoro dell’Ospedale, testimoniava l’ampia autonomia e il rilievo che nell’ambito della struttura ospedaliera venivano riconosciuti alla posizione del P..
Il motivo è infondato per le stesse ragioni esposte in relazione al secondo motivo.
Il ricorso deve pertanto essere rigettato.
Si ritiene equo dichiarare integralmente compensate tra le parti le spese di questo giudizio di legittimità.
P.Q.M
la Corte rigetta il ricorso e dichiara integralmente compensate tra le parti le spese di questo giudizio di legittimità.
Autore:
Corte di Cassazione - Civile, Sez. Lav.
Nazione:
Italia
Parole chiave:
Enti ecclesiastici, Chiesa cattolica, Rapporti di lavoro, Sanità, Religiosi, Attività ospedaliera
Natura:
Sentenza