Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 30 Settembre 2003

Sentenza 16 maggio 1995, n.495

TAR LOMBARDIA (BRESCIA). Sent. 16 MAGGIO 1995, N. 495 : “Associazione pubblica di assistenza Croce Rossa di Brescia c. Regione Lombardia”.

(Ingrassia; Zubelli)

Considerazioni in diritto

Conviene premettere alcuni brevi cenni sulla potestà di questo Tribunale in materia, come viene delineata dall’art. 6 quinto comma, della L. 11 agosto 1991 n. 266.
Si tratta evidentemente di una competenza esclusiva delimitata unicamente dall’oggetto; dal momento poi che quest’ultimo coinvolge necessariamente scelte discrezionali, essa va pertanto estesa, ad avviso di questo Collegio, anche al merito, in quanto la dizione usata non pone limiti alla cognizione del giudice amministrativo al riguardo.
La speciale procedura adottata prevede un rito speciale quanto ai termini e alle modalità (la decisione avviene in Camera di consiglio).
Stante la natura decisoria e conclusiva della prima fase processuale della pronuncia del T.A.R. (appellabile al Consiglio di Stato), ritiene peraltro questo Collegio che l’adozione della forma della sentenza sia la più consona al dato normativo. Inoltre, per la stessa ragione, necessita pronunciarsi sulle spese.
Ciò premesso la questione va esaminata nel merito.
Essa, di stretto diritto, riguarda la possibilità per una Istituzione pubblica di assistenza e beneficenza, quale l’Ipab ricorrente, di ottenere l’iscrizione nel registro regionale del volontariato, disciplinato dalla legge statale n. 266 del 1991 e dalla legge regionale lombarda n. 22 del 1993.
Ritiene questo Collegio che la risposta alla questione non possa che essere positiva. Invero, la legge n. 266 del 1991 pone, all’art. 3 i requisiti sostanziali per ottenere il riconoscimento – tramite cioè l’iscrizione all’albo regionale -, tra cui preminenti risultano l’attività prestata in modo gratuito, spontaneo e personale, senza fine di lucro e esclusivamente per ragioni di solidarietà. L’associazione che aspira al riconoscimento deve pertanto avvalersi in modo determinante e prevalente delle prestazioni volontarie, personali e gratuite degli aderenti.
L’art. 3 precisa, poi, al terzo comma, che i contenuti dell’attività devono risultare dallo Statuto dell’associazione, ovvero dall’atto costitutivo.
Nessuna norma limita la forma dell’associazione, anzi proprio l’art. 3, al secondo comma, prevede la massima libertà della forma giuridica.
Indubbiamente la situazione delle Ipab si presenta come un’anomalia rispetto alle previsioni della legge n. 266 del 1991, la cui ottica è quella delle associazioni di struttura privatistica (basti leggere gli artt. 1 e 3).
D’altro canto, ciò di per sé non appare sufficiente ad escludere la ricorrente dall’iscrizione in parola, infatti, pur non essendo espressamente contemplata dal legislatore, la circostanza che una struttura sia pubblica, come le Ipab, non collide con le finalità della legge, in presenza di un espresso principio sulle libertà delle forme associative ed a condizione che i requisiti sostanziali previsti dalla legge stessa siano rispettati. Insomma la legge sul volontariato è impostata sugli aspetti contenutistici delle associazioni che aspirano a goderne i benefici e non su dati meramente formali.
Appare infatti a questo Collegio fuorviante concentrarsi, come fa la Regione, su alcuni aspetti terminologici della legge, (la quale, ripetesi, non aveva certo contemplato le Ipab ma non le aveva nemmeno escluse), pretermettendo i contenuti della legge stessa, la quale chiaramente intende privilegiare gli aspetti sostanziali rispetto a quelli formali. Del resto non appare inconsueto nel mondo giuridico che una legge, nella sua applicazione, estenda la sua portata anche ad ipotesi non presenti alla cosiddetta volontà del legislatore, purché ovviamente non la contrasti.
Quanto detto viene rafforzato dalla natura del tutto peculiare delle Ipab, Enti pubblici di forma e disciplina speciale, tant’è che spesso finalità assistenziali, struttura privatistica e riconoscimento pubblico convivono nella medesima struttura.
Naturalmente si richiede da parte della Regione un esame caso per caso delle richieste di iscrizione, per verificare appunto la sussistenza dei requisiti sostanziali posti dalla legge.
In altri termini, un’interpretazione logico-sistematica della fondamentale legge sul volontariato 11 agosto 1991 n. 266 porta a concludere che a nessuna associazione possa essere negato il riconoscimento solo per la sua forma giuridica, ma unicamente per un’eventuale carenza dei requisiti sostanziali.
Venendo alla fattispecie in esame, dallo Statuto della associazione ricorrente e dalla documentazione versata in atti risulta il possesso da parte sua dei requisiti solidaristici richiesti dalla norma. Del resto la Regione, nell’impugnato diniego, argomenta unicamente dalla natura giuridica dell’interessata, ma non analizza affatto il suo Statuto o la relazione sulla sua attività, palesando in tal modo di aver privilegiato il dato formale ed astratto rispetto a quello sostanziale.
Per le ragioni suddette il ricorso in epigrafe merita accoglimento ed il diniego impugnato va conseguentemente annullato.
In virtù poi della competenza di questo Tribunale in materia, va acclarato altresì il diritto della ricorrente all’iscrizione nel registro regionale del volontariato.
Stante la parziale novità delle questioni trattate, sussistono validi motivi per compensare tra le parti le spese di giudizio.