Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 5 Marzo 2004

Sentenza 16 giugno 2001, n.24691

Cassazione. Prima Sezione Penale. Sentenza 16 giugno 2001, n. 24691.

(omissis)

Osserva in fatto e in diritto

I. Con ordinanza del. 4. luglio. 2000 il tribunale di sorveglianza di: Venezia ammetteva Mari Alessandro alla.. misura alternativa della detenzione domiciliare, mentre rigettava la richiesta di affidamento in prova al servizio sociale in base alla considerazione che “il Mari, in quanto convinto appartenente alla fede dei testimoni di Geova, è prevedibile che non si asterrà in futuro dal tenere. comportamenti in contrasto con le norme penali, ma in linea con i. dettami, religiosi. Allo stato, infatti non è rilevabile nessuna revisione critica del comportamento criminoso”.

2. Ha. proposto ricorso per cassazione il Mari per mezzo del difensore, avv. Roberto Lorenzini, denunziando la violazione dell’art 47, legge 26 luglio .1975, n. 354 in quanto la richiesta della misura alternativa dell’affidamento in prova sarebbe stata respinta in base ad una aprioristica previsione di ricaduta nello stesso reato di rifiuto del servizio militare in considerazione dei suo comportamento “in linea con i dettami religiosi”.

Ha eccepito, in subordine, la illegittimità costituzionale “dell’art. 47, comma 3, legge 354/75 solo o in relazione o in combinazione con l’art. 14, nn. 2 e 3, legge 230/98 qualora la revisione critica della propria condotta fosse interpretata come abbandono del credo religioso, “per contrasto con gli artt. 2, 3, 13, comma 1 e 2, 19, 21, comma 1, e 27, comma 3, Cost.

Ha eccepito, altresì la illegittimità costituzionale dell’art. 666, comma 6, c.p.p. nella parte in cui non prevede alcuna sanzione per l’omessa notifica dell’ordinanza prima della sua esecuzione in quanto, specialmente nel caso di pene brevi e del mancato accoglimento della richiesta di sospensione della esecuzione, renderebbe impossibile il diritto di difesa.

3. Il ricorso è fondato nei limiti di seguito precisati.

Questa corte, con riferimento al diverso istituto della sospensione condizionale della esecuzione della pena, ha affermato il principio che “la persona condannata per rifiuto del servizio militare di leva al di fuori dei casi di ammissione al servizio sostitutivo può fruire del beneficio della sospensione condizionale della pena anche quando la fermezza dalla stessa dimostrata nel sostenere le proprie convinzioni religiose faccia apparire probabile, al momento della condanna, la reiterazione degli atti di rifiuto del servizio militare o, di quello sostitutivo. Ciò sempre che, naturalmente, concorrano in concreto elementi tali (giovane età, incensuratezza, e così via) da consentire al giudice di formulare una prognosi favorevole sul suo futuro comportamento, anche con riferimento all’adempimento degli obblighi militari. La sospensione condizionale della pena, infatti ha anche la funzione di incoraggiare i propositi di ravvedimento del reo, ragione per cui essa può pure servire a distogliere il condannato dal reiterare gli atti di rifiuto nell’ipotesi di ulteriore chiamata alle armi.”

Non vi sono motivi per non applicare tale principio anche alla misure alternative, tanto è vero che il ricorrente è stato ammesso alla misura alternativa della detenzione domiciliare di cui all’art.47ter, comma 1bis, legge 26 luglio 1975, n. 354 di cui uno dei presupposti è costituito appunto dalla idoneità della misura “ad evitare che il condannato commetta altri reati”.

Va rilevato, d’altra parte, che ai fini dell’affidamento in prova al servizio sociale, non è richiesto che il condannato sia completamente rieducato, in quanto questo è lo scopo che la misura si prefigge di raggiungere, ma è sufficiente che abbia tenuto comportamenti tali da farlo ritenere persona sicuramente consapevole, dell’importanza del rispetto delle leggi dello Stato e della necessità di osservarle e che la misura, allontanandolo dal carcere, possa contribuire al rafforzamento di tale convinzione, ed alla prevenzione dal pericolo che egli commetta altri reati in modo certamente più efficace della esecuzione della pena in un istituto penitenziario.

L’ordinanza pertanto, che sembra avere rigettato l’istanza soltanto in base alla considerazione che il ricorrente fosse un convinto appartenente di un credo religioso senza alcun concreto esame della personalità del richiedente e, peraltro, in evidente contrasto con la decisione poi adottata (ammissione. alla detenzione domiciliare ai sensi dell’art. 47ter, comma 1bis, legge 354175) deve essere annullata con rinvio per nuovo esame al tribunale di sorveglianza di Venezia, fermo restando, peraltro, la considerazione che la Corte Costituzionale, con sentenza 10 febbraio 1997; n. 43, nel dichiarare costituzionalmente illegittimo “l’art. 8, commi 2 e 3, L. 15 dicembre 1972 n. 772 (Norme per il riconoscimento dell’obiezione di coscienza), nella parte in cui esclude la possibilità di più di una condanna per il reato di chi al di fuori dei casi di ammissione ai benefici previsti dalla legge suddetta, rifiuta, in tempo di pace, prima di assumerlo, il servizio militare di leva, adducendo i motivi di cui all’art. 1 della medesima legge”, ha affermato che “nella ipotesi in cui (come nella disciplina impugnata) il legislatore, secondo valutazioni rientranti nell’ambito della sua discrezionalità, ritenga che l’ordinato vivere sociale non consenta di riconoscere ai singoli il diritto di sottrarsi unilateralmente ed incondizionatamente all’adempimento dei doveri di solidarietà, e tuttavia dia rilievo alle determinazioni di coscienza – siffatta rilevanza dei principio di protezione dei c.d. diritti della coscienza, se risulta compatibile con la previsione di una prima ed unica sanzione, compatibile a sua volta con il riconoscimento della signoria individuale sulla propria coscienza, la quale può non essere disgiunta dal pagamento di un prezzo previsto dall’ordinamento”.

Quanto alle questioni di legittimità costituzionali deve osservarsi che le stesse non rilevano ai fini della decisione in esame, avendo lo stesso ricorrente dichiarato di avere investito della questione concernente la esecuzione dell’ordinanza il competente tribunale di Venezia.

p.q.m.

annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al tribunale di sorveglianza di Venezia.

Roma 4 maggio 2001

IL PRESIDENTE estensore

Il CANCELLIERE

Rosanna Pani

DEP0SITATA IN CANCELLERIA 16 GlU. 2001