Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 21 Maggio 2008

Sentenza 15 maggio 2008, n.937

Tribunale di Bari sezione I , sentenza 15 aprile 2008 n. 937: “Matrimonio concordatario e giudicato divorzile”.

Il Tribunale di Bari, prima sezione civile, composto dai signori magistrati:
1) dott. Vito Savino Presidente
2) dott. Saverio U. De Simone Giudice
3) dott. Giuseppe Rana Giudice rel. ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile iscritta nel ruolo generale affari contenziosi sotto il numero d’ordine 8267 dell’anno 2002

TRA
B. G. RICORRENTE
CONTRO
Z. N. E. RESISTENTE
CON L’INTERVENTO DEL PM

All’udienza del 15.11.2007, la causa era rimessa al collegio per la decisione sulle conclusioni prese dalle parti come da verbale d’udienza e riportate in narrativa.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato il 28.11.2002, B. G. esponeva che in data 16.10.1993 aveva contratto matrimonio in Monopoli con Z. N. E.; che il suddetto atto era stato ritualmente trascritto; che il matrimonio, dopo un tempestoso fidanzamento, era stato celebrato per le pressioni della resistente, che era in attesa dì un figlio; che dal matrimonio era nata una figlia nel 1994; che l’unione si era rivelata presto un fallimento a causa del disordine di vita e della instabilità caratteriale ed emotiva della moglie; che, con provvedimento del 5.10.1999, questo tribunale aveva omologato la separazione consensuale tra le parti; che in tal sede la figlia minore era stata affidata congiuntamente ad entrambi i genitori, mentre il padre si era obbligato al pagamento di un assegno in favore della moglie e della figlia, pari a € 1.112,69 al momento del ricorso divorzile; che il ricorrente aveva altresì acquistato, nell’economia della separazione, una prestigiosa casa per la moglie, cui aveva assegnato l’usufrutto vitalizio, e la figlia; che, con atto del 16.5.2000, il ricorrente aveva introdotto giudizio di nullità ecclesiastica del matrimonio; che in data 9.3.2001 la odierna resistente aveva promosso ricorso ex art. 710 c.p.c. per l’aumento della contribuzione economica del marito e per la modifica del regime di affidamento della figlia; che era ormai decorso il termine triennale previsto dall’art. 3 legge 1.12.1970, come modificato dalla legge 6.3.1987 n. 74; che non vi era motivo per modificare il regime di affidamento della figlia; che le condizioni economiche del ricorrente erano peggiorate, atteso che egli era commercialista consulente della SGA s.p.a, con sede in Napoli, la quale era in via di scioglimento; che egli stava cercando di riavviare pertanto un’attività libero professionale in Bari, restringendo così la sua presenza in Napoli ed i relativi introiti; che nel frattempo doveva far fronte all’assegno per la moglie e la figlia, alle spese straordinarie per quest’ultima, alla rata di mutuo per la casa acquistata in favore delle medesime, pari ad € 642,10 mensili ed alle spese professionali; che la resistente, per età, conoscenza della lingua tedesca e titoli di studio, poteva benissimo trovare lavoro, ad esempio come lettrice alla locale università; tutto ciò premesso, ricorreva a questo tribunale per sentir dichiarare la cessazione degli effetti civili del matrimonio; affidarsi congiuntamente la minore ai genitori, stabilendo a carico del ricorrente una contribuzione non superiore € 520 mensili; escludere qualsiasi assegno divorzile o stabilirlo in misura ridotta; dichiararsi l’invalidità della clausola di separazione (e del conseguente atto pubblico di vendita), con la quale era stato assegnato alla resistente l’usufrutto vitalizio della casa acquistata per l’occasione dal ricorrente; il tutto con vittoria di spese di giudizio in caso di resistenza. Con comparsa del 21.3.2003, si costituiva la resistente, la quale non contestava la domanda dì scioglimento ma eccepiva che non vi erano motivi per confermare l’affidamento congiunto, atteso che questo tribunale, con decreto ex art. 710 c.p.c. del 27.11.2002, aveva affidato la minore alla madre; che non era stato dimostrato alcun peggioramento della condizione economica del B., mentre era pacifico che la resistente e la figlia avevano diritto a conservare l’elevato tenore di vita goduto in precedenza; che anzi lo stesso ricorrente ammetteva una serie di spese voluttuarie; che la resistente, nonostante affannose ricerche, non era riuscita a trovare lavoro; che inammissibile era la domanda relativa alla clausola di assegnazione dell’usufrutto della casa; che in ogni caso la responsabilità del fallimento dell’unione andava ascritta al B.; tutto ciò premesso, chiedeva confermarsi le statuizioni emesse dal collegio ex art. 710 c.p.c. con riguardo all’affidamento ed al diritto di visita; aumentarsi ad € 774,69 mensili l’assegno per concorso nel mantenimento della figlia minore; fissarsi un assegno divorzile di € 607,00 mensili per la resistente.
Il presidente del Tribunale, alla presenza delle parti, confermava le statuizioni vigenti in punto di affidamento e diritto di visita; fissava un assegno provvisorio per il mantenimento della resistente pari ad € 450,00 mensili; confermava l’assegno in favore della figlia minore e rimetteva le parti innanzi a questo G.I..
Le parti instavano per una modifica dei provvedimenti presidenziali sia in punto di diritto di visita sia in punto di statuizioni economiche. Instavano inoltre per lo scioglimento immediato del rapporto.
Il G.I. modificava il regime del diritto di visita secondo le indicazioni delle parti e invitava le stesse a precisare le conclusioni in vista di una sentenza non definitiva sullo scioglimento del rapporto, riservando ogni altra decisione.
Precisate le conclusioni in modo conforme, la causa veniva rinviata al collegio per la decisione.
Nelle note conclusive il ricorrente asseriva che era stata emessa, ma non ancora pubblicata, dal tribunale ecclesiastico la richiesta sentenza di nullità del matrimonio. Chiedeva pertanto soprassedersi alla decisione.
Il collegio, con sentenza non definitiva del 2.3.2004, dichiarava la cessazione degli effetti civili del matrimonio.
Con ordinanza del 13.10.2004 erano ammessi i mezzi istruttori.
Iniziata l’istruttoria orale, il B. produceva sentenza di delibazione della decisione ecclesiastica di nullità del matrimonio.
Precisate le conclusioni in modo conforme (il B. chiedeva cessarsi la materia del contendere e revocarsi ogni contributo in favore della resistente), la causa era definitivamente rimessa al collegio per la decisione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Si ribadisce che il passaggio in giudicato della sentenza dichiarativa della efficacia, nell’ordinamento dello Stato, della pronuncia ecclesiastica di nullità del matrimonio concordatario, determinando il venir meno del vincolo coniugale, travolge ogni ulteriore controversia trovante nell’esistenza e nella validità del matrimonio il proprio presupposto, e quindi comporta la cessazione della materia del contendere nel processo di divorzio che sia stato instaurato successivamente alla introduzione del procedimento diretto al riconoscimento della sentenza ecclesiastica (Cassazione civile, sez. I, 25 giugno 2003, n. 10055, Contini c. La Paglia, in Giust. civ. Mass. 2003, f. 6).
Diverso è il caso in cui il giudizio di divorzio si sia concluso vuoi in punto di cessazione degli effetti civili vuoi in punto di assegno dívorzile. Infatti, la S.C. ha ritenuto che una volta che si sia formato il giudicato divorzile, la relativa statuizione sì rende intangibìle aì sensi dell’art. 2909 c.c. anche nel caso in cui successivamente ad essa sopravvenga la delibazione di una sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio (Sez.I, 23/03/2001, n.4202). Invero gli impegni assunti dallo Stato italiano con l’accordo del 18 febbraio 1984, si sostanziano, nella materia de qua, secondo la lettera e la ratio dell’art. 8, nell’obbligo per lo Stato di dichiarare efficaci “le sentenze di nullità di matrimonio pronunciate dai Tribunali ecclesiastici”, mentre resta rimessa alla competenza sostanziale dello Stato italiano la disciplina dei rapporti patrimoniali fra i coniugi derivanti dai conseguiti effetti civili dei matrimoni concordatari, come sì evince dal disposto dell’art. 8, comma 1, che essenzialmente rimanda in proposito alle disposizioni del codice civile. Ne deriva che nessun principio concordatario, a proposito della sopravvenienza – rispetto alla attribuzione con sentenza passata in giudicato di un assegno di divorzio – della delibazione di una sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio, osta alla piena operatività dell’art. 2909 cod. civ. in forza del quale, una volta accertata in un giudizio fra le parti la spettanza di un determinato diritto, con sentenza passata in giudicato, tale spettanza non può essere rimessa in discussione – al di fuori degli eccezionali e tassativi casi di revocazione previsti dall’art. 395 c.p.c. fra le stesse parti.
Può però accadere che la pronuncia ecclesiastica diviene esecutiva quando già è stato dichiarato il divorzio dal giudice civile ma sono pendenti solo le decisioni relative ai figli ed alle questioni economiche tra le parti, compreso l’assegno divorzile. In questo caso, alla luce dei princìpi sopra enunciati, non sembrano esservi dubbi sul fatto che resta intangibile la pronuncia di divorzio già emessa, vanno decise le questioni relative all’affidamento dei figli e le questioni economiche conseguenti ma cessa la materia del contendere in relazione all’assegno divorzile.
In tal caso, infatti, con la dichiarazione di esecutività della sentenza di nullità ecclesiastica (non impugnata da alcuno), è venuto meno il presupposto rappresentato dalla valida costituzione di un vincolo matrimoniale: presupposto che, come si è visto, condiziona la pronuncia di divorzio sebbene questa incida, di per sé, sul matrimonio-rapporto. Ne consegue che, se il divorzio, con le conseguenti statuizioni, dovesse essere pronunciato oggi, a ciò osterebbe la sentenza ecclesiastica di nullità.
Solo ove, nelle more della esecutività della sentenza ecclesiastica, si fosse già formato il giudicato sull’assegno divorzile, lo stesso sarebbe intangibile in forza della prevalenza dell’art. 2909 c.c. rispetto alla sopravvenuta pronuncia di nullità del matrimonio.
Dichiarata dunque cessata la materia del contendere in relazione all’assegno divorzile, resta da statuire in ordine alla figlia minore.
Nella specie, nulla osta, sul piano dell’interesse della minore, a che venga disposto l’affidamento condiviso ai sensi della l. 54 del 2006.
Va confermato il collocamento presso la madre e il conseguente regime di incontri come il padre come attualmente vigente, atteso che non vi è contrasto sul punto e che tale assetto ha dato fino a questo momento buona prova.
Non vi è contrasto neppure sulla determinazione dell’assegno per concorso nel mantenimento della minore (del resto conforme a quanto disposto dall’art. 155 c.c. vigente) né sull’assegnazione della casa coniugale, del resto di proprietà della resistente.
Nessuna altra pronuncia spetta a questo collegio.
L’assegno di mantenimento provvisorio resta dovuto solo fino alla data di dichiarazione di esecutività della pronuncia di nullità.
Le spese di lite restano compensate, attesi l’intervento della pronuncia di nullità matrimoniale ed il conseguente superamento delle questioni sull’assegno divorzile.

P.Q.M.

Il Tribunale di Bari, prima sezione civile, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta, con ricorso depositato il 28.11.2002, da B. G. nei confronti di Z. N. E., con l’intervento del P.M., cosi provvede:
1) dichiara cessata la materia del contendere sull’assegno divorzile;
2) affida la figlia minore ad entrambi i genitori, con collocamento presso la madre; dispone che il padre potrà tenere con sé la minore secondo le modalità attualmente in vigore; dispone che la potestà venga esercitata disgiuntamente dai coniugi per le questioni di ordinaria amministrazione, mentre le decisioni di maggiore interesse per la figlia relative all’istruzione, all’educazione ed alla salute saranno assunte di comune accordo;
3) conferma l’assegno per concorso nel mantenimento della minore oggi in vigore e l’assegnazione della casa coniugale alla madre;
4) dichiara compensate le spese di lite.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio della prima sezione civile del Tribunale, il 8.4.2008

dott. Vino Savino – Presidente
dott. Giuseppe Rana – Estensore

Depositata in cancelleria il 15.4.2008