Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 17 Settembre 2003

Sentenza 14 febbraio 1973, n.14

Corte costituzionale. Sentenza 14 febbraio 1973, n. 14: “Bestemmia (art. 724 c.p.)”.

(Chiarelli; Verzì)

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: prof. Giuseppe CHIARELLI;

Giudici: dott. Giuseppe VERZÌ, dott. Giovanni Battista BENEDETTI, prof. Francesco Paolo BONIFACIO, dott. Luigi OGGIONI, dott. Angelo DE MARCO, avv. Ercole ROCCHETTI, prof. Enzo CAPALOZZA, prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI, prof. Vezio CRISAFULLI, dott. Nicola REALE, prof. Paolo ROSSI, avv. Leonetto AMADEI, prof. Giulio GIONFRIDA, prof. Edoardo VOLTERRA,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell’art. 724 del codice penale, promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 20 marzo 1970 dal pretore di Frosinone nel procedimento penale a carico di Vinciguerra Antonino, iscritta al n. 179 del registro ordinanze 1970 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 150 del 17 giugno 1970;

2) ordinanza emessa il 5 marzo 1971 dal pretore di Sapri nel procedimento penale a carico di Eboli Aulo, iscritta al n. 156 del registro ordinanze 1971 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 140 del 3 giugno 1971.

Visto l’atto d’intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 24 gennaio 1973 il Giudice relatore Giuseppe Verzì;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Renato Carafa, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

(omissis)

Considerato in diritto:

1.- Le due ordinanze di rimessione sollevano la stessa questione di legittimità costituzionale, onde i giudizi possono essere riuniti e definiti con unica sentenza.

2.- L’art. 724 del codice penale violerebbe, secondo il pretore di Frosinone, l’art. 3 della Costituzione, il quale, garantendo la assoluta uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, senza alcuna possibilità di discriminazione in riferimento al tipo di religione professata, non consentirebbe che si tuteli soltanto il sentimento religioso del cattolico e non anche quello di altri cittadini professanti religione diversa; e violerebbe altresì – secondo il pretore di Sapri – anche gli artt. 8 e 19 (diretta e specifica applicazione, quest’ultimo, in materia religiosa del più generale principio sancito dall’art. 21 Cost.), in quanto l’eguale libertà importerebbe eguale protezione e tutela penale.

3.—La Costituzione, col riconoscere i diritti inviolabili dell’uomo (art. 2) e, tra essi, la libertà di religione (artt. 8 e 19), tutela il sentimento religioso e giustifica la sanzione penale delle offese ad esso recate.

L’incriminazione della bestemmia, sancita dall’art. 724 c.p., non è pertanto in contrasto con le norme costituzionali, ma anzi trova in esse fondamento.

D’altra parte, la limitazione della previsione legislativa alle offese contro la religione cattolica corrisponde alla valutazione fatta dal legislatore dell’ampiezza delle reazioni sociali determinate dalle offese contro il sentimento religioso della maggior parte della popolazione italiana. La norma impugnata, che è compresa nel titolo delle ” contravvenzioni concernenti la polizia dei costumi “, non può quindi essere considerata irrazionale e illegittima, indipendentemente dalla posizione attribuita alla Chiesa cattolica negli artt. 7 e 8 Cost.; né il giudizio della Corte può estendersi a sindacare, in base a rilievi quantitativi e statistici o a considerazioni di fatto, l’esattezza di quella valutazione.

Tuttavia la Corte ritiene che, per una piena attuazione del principio costituzionale della libertà di religione, il legislatore debba provvedere a una revisione della norma, nel senso di estendere la tutela penale contro le offese del sentimento religioso di individui appartenenti a confessioni diverse da quella cattolica.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata, ai sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 724 del codice penale, sollevata in riferimento agli artt. 3, 8, 19 e 21 della Costituzione, dalle ordinanze indicate in epigrafe dei pretori di Frosinone e di Sapri.

(omissis)