Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 4 Aprile 2014

Sentenza 13 marzo 2014, n.641

Corte di Appello di Venezia. Sez. IV Civile. Sentenza 13 marzo 2014, n. 641: "Tutela del sentimento religioso e laicità dello Stato".

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE D'APPELLO DI VENEZIA – Sezione Quarta Civile
 
Riunita in camera di consiglio in persona di:
Dott. ssa Carla ZANELLATO Presidente relatore
Dott. Giovanni CALLEGARIN Consigliere
Dott.ssa Marina CICOGNANI Consigliere
 
Ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA
 
Nella causa promossa in appello con citazione depositata il 07/10/2010
 
da:
CACCIAVILLANI IVONE – (c.f.: CCC VNI32C22 L899M)
In proprio, per autodifesa ex art. 86 c.p.c. essendo iscritto all'Ordine degli Avvocati di Venezia,con domicilio eletto presso il proprio studio- residenza professionale in Stra (VE)
appellante
 
contro:
 
FONDAZIONE LA BIENNALE DI VENEZIA – (P. Iva: 00330320276)
col proc. dom. in Venezia presso l'Avvocatura della "Fondazione La Biennale di Venezia"dall'Avv. Rossi Deborae col patrocinio dell'Avv. Risani Mario del foro di Roma e dell'Avv. Gandolfi Fusani Cristinadel foro di Milanogiusta procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta del primo grado
appellata
 
Oggetto: riforma della sentenza n. 1763/2010 del Tribunale di VeneziaIn punto: Diritti della personalità (anche della persona giuridica) (es.: identità personale,
nome, immagine, onore e reputazione, riservatezza)
 
Causa decisa il 10.07.2013
 
CONCLUSIONI:
 
Il Procuratore dell'Appellante ha così concluso:
1. Accertarsi (a) – previa ammissione delle prove orali proposte ed ingiustamente non ammesse – se la partecipazione al Festival della danza del 2007 del balletto Messiah game sia avvenuta su invito della Biennale o in accoglimento dell'istanza del relativo autore/produttore;
(b) che il balletto Messiah game, rappresentato nel corso del detto Festival, è gravemente offensivo, secondo il comune sentire medio, del sentimento religioso del cittadino cristiano;
2. dichiararsi che la programmazione dello spettacolo offensivo del sentimento religioso del cittadino medio e comunque del sottoscritto costituisce violazione del dovere di imparzialità dell'Amministrazione e del diritto del cittadino alla libertà religiosa garantito dall'art. 19 Cost.;
3. condannarsi la Biennale al risarcimento del danno secondo i principi affermati dalle Ss.Uu. della Corte di Cassazione n. 26972 del 2008, da determinarsi con valutazione equitativa;
3.1 – disporsi che la somma determinala sia integralmente assegnata in beneficenza a favore dell'Associazione di volontariato che sarà indicata in sede di precisazione delle conclusioni definitive, disponendo che la relativa quietanza sia pienamente liberatoria per l'Amministrazione solvente;
3.2 – in via di risarcimento in forma specifica, ordinarsi che la sentenza sia pubblicata per almeno tre giorni e con caratteri doppi del normale su almeno quattro Giornali di diffusione nazionale, oltre che per risarcimento, anche come affermazione del dovere generale anche della Biennale al rispetto del sentimento religioso del cittadino; a tutte spese dell'Ente convenuto ed entro venti giorni dal deposito della sentenza, autorizzando in difetto l'attore a provvedervi anticipandone le spese e disponendo che la relativa quietanza costituisca titolo esecutivo contro l'Ente convenuto;
4. con condanna della convenuta alla rifusione delle spese di autopatrocinio di ambedue i gradi di giudizio – ed in ogni caso, in riforma del capo di condanna dall'attore alla loro rifusione a favore della convenuta, con totale compensazione anche di quelle di primo grado -; spese che a loro volta saranno devolute in beneficenza secondo le indicazioni di cui al punto
3.1. *** Indica come Ente beneficiario del danno libellato e delle spese di soccombenza del doppio grado l'Associazione ambientalistica "La Specola", con sede a Stra, in persona le legale rappresentante giusta rispettivo statuto.***
 
II Procuratore dell'Appellata ha così concluso:
Voglia l’Ill.ma Corte d'Appello adita, contrariìs reiectis:
– In via preliminare; accertare e dichiarare la carenza di legitìmatio ad causam dell'Appellante con riferimento alla prima delle domande prospettate.
– In via principale; respingere le domande tutte proposte dall'Appellante in quanto infondate in fatto ed in diritto e, comunque, per i motivi tutti illustrati nella narrativa che precede, confermando integralmente la sentenza impugnata.
– in via istruttoria; ci si oppone alle istanze istruttorie tutte formulate dall'Appellante in quanto irrilevanti ai fini del decidere e, in ogni caso, inammissibili.
– in ogni caso: con vittoria di spese, diritti ed onorari di lite.
 
Svolgimento del processo
Con atto di citazione ritualmente notificato l'avv. Ivone Cacciavillani, in proprio, conveniva in giudizio avanti il Tribunale di Venezia la Biennale dì Venezia affinchè fosse accertato a) se la partecipazione al Festival della Danza 2007 del balletto Messiah Game fosse avvenuta su invito ovvero su istanza del relativo autore/produttore, b) che tale spettacolo era gravemente offensivo del comune sentire medio del cittadino cattolico, c) che tale programmazione costituiva violazione del diritto garantito dall'art. 19 della Costituzione (libertà religiosa), d) che il medesimo spettacolo violava anche il diritto dell'attore, quale cittadino cattolico, al rispetto del suo sentimento religioso; conseguentemente, chiedeva che la convenuta fosse condannata al risarcimento dei danni non patrimoniali (morale, all'immagine ed esistenziale), con devoluzione della somma all'associazione che sarebbe stata indicata in sede di precisazione delle conclusioni, e, in via di risarcimento in forma specifica, che la sentenza fosse pubblicata per tre giorni su almeno quattro giornali di diffusione nazionale.
La Biennale di Venezia si costituiva eccependo in via preliminare la carenza di legitimatìo ad causam dell'attore con riferimento alle domande sub b) e c); in via principale, contestava la fondatezza delle pretese, invocando in particolare che la rappresentazione era avvenuta nell'esercizio della libertà di espressione e sostenendo che il diritto del quale l'attore chiedeva il risarcimento non aveva protezione giuridica.
Con sentenza n. 1763 in data 8.9.2010 il Tribunale di Venezia rigettava le domande dell'attore condannando il medesimo alla rifusione delle spese processuali.
Avverso detta sentenza l'avv. Ivone Cacciavillani proponeva appello avanti questa Corte con atto di citazione ritualmente notificato.
L'appellata si costituiva ritualmente resistendo all'impugnazione di cui chiedeva il rigetto.
All'udienza del 27.3.2013 le parti precisavano le rispettive conclusioni e la Corte tratteneva la causa in decisione assegnando i termini per lo scambio di comparse conclusionali e memorie dì replica ai sensi dell'art. 190 c.p.c.
 
Motivi della decisione
Con il proprio articolato motivo d'impugnazione, l'appellante censura la sentenza di primo grado sul rilievo che il Tribunale, che pure aveva ritenuto il carattere gravemente offensivo del nome cristiano ad opera della rappresentazione per cui è causa, aveva travisato la causa petendi ritenendo si fondasse sui limiti alla libertà di espressione artistica altrui derivanti dalla di lui fede religiosa mentre si fondava sul fatto che lo spettacolo in questione fosse stato programmato e finanziato da un'istituzione pubblica che doveva esercitare le proprie funzioni nei rispetto dei diritti del cittadino, senza ledere, attraverso la sua attività istituzionale, il sentimento cristiano medio;
sottolineava che nell'esercizio delle sue funzioni lo Stato non poteva comprimere i diritti inviolabili del cittadino tra cui il rispetto del suo sentimento religioso. Affermava ancora che del tutto irrilevante, al contrario di quanto sostenuto dal Tribunale, era la circostanza che l'appellante fosse stato o meno presente allo spettacolo e che il pubblico era libero di decidere se assistervi o meno, ribadendo che la domanda aveva ad oggetto il risarcimento del danno subito non perché lo spettacolo era stato tenuto, ma perché lo spettacolo era stato dato da una istituzione pubblica nell'esercizio di una funzione pubblica.
La censura appare infondata.
E' indubbio, a parere della Corte, che la Costituzione italiana, tutelando la libertà religiosa e i diritti della personalità, tuteli anche il sentimento religioso; la carta costituzionale afferma peraltro anche la laicità dello Stato il che esclude il diritto di un singolo cittadino di pretendere che lo Stato impedisca manifestazioni di pensiero contrarie ai principi della religione cristiana (ovviamente purché non si pongano problemi di ordine pubblico o fatti di rilevanza penale);
deve pertanto concordarsi con il Tribunale escludendo che al singolo cittadino possa riconoscersi un potere di censura fondato sulla propria sensibilità religiosa, sentimento necessariamente soggettivo.
Nel caso di specie, peraltro, va altresì posto in rilievo che la mancata partecipazione dell'appellante allo spettacolo, lungi dall'essere irrilevante, rende impossibile accertare e quantificare un eventuale danno risarcibile: colui che non ha assistito allo spettacolo non può neppure aver subito sentimenti di sgomento, indignazione o sofferenza a causa di atteggiamenti non visti non potendosi ritenere sufficienti le polemiche riportate dalla stampa;
affinchè sia risarcibile il danno deve essere concretamente subito e provato anche in ipotesi di danni non patrimoniali.
Infine, non va trascurato che, come ha rilevato l'appellata, la stessa è stata trasformata in Fondazione ex art. 12 c.c., ovvero in soggetto giuridico di diritto privato che non può quindi ritenersi emanazione dello Stato, e che lo stesso appellante ha affermato di essere consapevole che la propria domanda non avrebbe potuto essere formulata nei confronti di soggetto privato.
Quanto alle spese processuali, deve rigettarsi la censura relativa alla condanna alla rifusione a carico dell'appellante; la relativa pronuncia è conforme alla norma di cui all'art, 91 c.p.c. secondo la quale la spese processuali vanno poste a carico della parte risultata soccombente.
Per la medesima ragione vanno poste a carico dell'appellante anche le spese del presente grado, che si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.
La Corte, definitivamente pronunciando nella causa d'appello n. 2253/10 R.G. promossa da Ivone Cacciavillani nei confronti di Fondazione La Biennale di Venezia:
rigetta l'appello e conferma l'impugnata sentenza;
condanna parte appellante alla rifusione delle spese processuali che liquida in complessivi € 4.000,00 oltre a € 200,00 per spese.

Cosi deciso in Venezia, il giorno 10.7.2013
Il Presidente est.

Depositata in Cancelleria il 13 marzo 2014.