Sentenza 11 maggio 1967
Corte di Cassazione. Sezione III penale. Sentenza 11 maggio 1967: “Interruzione del sacerdote durante lo svolgimento della predica rituale”
(omissis)
FATTO
Con rapporto 16 dicembre 1963, il comandante la stazione carabinieri di Melegnano denunciava V. G. il quale alle ore 18 del giorno prima, introdottosi ubriaco nella chiesa San Giovanni di Melegnano, aveva inveito contro il sacerdote durante la predica, interrompendolo e mettendolo in difficoltà. I1 V. ammetteva di avere interrotto il sacerdote celebrante esortandolo a non trattare argomenti sindacali.
I1 parroco monsignor C. dichiarava che, essendosi riferito nel corso della predica anche al comportamento degli operai era stato interrotto dal V., il quale aveva esclamato che una frase del celebrante non era giuste e in quanto il parroco non doveva interessarsi di argomenti sindacali.
Il Pretore di Lodi con sentenza 20 gennaio 1965 assolveva il V. dal delitto di turbamento di funzioni religiose del culto cattolico (art. 405, I comma, cod. pen.) perché il fatto non costituisce reato e dalla contravvenzione di ubriachezza (art. 688 cod. pen.) per insufficienza di prove.
Il Tribunale di Lodi, con sentenza 18 maggio 1965, in parziale riforma delle sentenza di primo grado appellata dal p.m., assolveva il V. dal delitto allo stesso ascritto per insufficienza di prove.
Ricorre per cassazione il p. m. deducendo l’erronea interpretazione o la violazione dell’art. 405 cod. pen. perché ricorrono nella fattispecie tutti gli elementi soggettivi ed oggettivi del detto delitto.
DIRITTO
Il ricorso è fondato.
Sostanzialmente il tribunale riconosce che la predicazione in chiesa è una funzione religiose, essendo diretta alla divulgazione e all’insegnamento della dottrina cristiana, ma sostiene che la religiosità viene meno quando il sacerdote tratta argomenti di natura politica o sindacale, cosicché la pubblica reazione di qualche ascoltatore, che si estrinseca in interruzioni, non può cadere sotto le sanzioni dell’art. 405. Dubita, poi, dell’effettivo turbamento della funzione a causa della scorretta interruzione attuata dall’imputato e dubita, infine, che l’imputato abbia agito, con la coscienza di turbare la funzione religiosa la quale, “a suo giudizio, aveva potuto, in quel momento, aver perduto il carattere di religiosità per i non necessari sconfinamenti attuati dal sacerdote”.
I principi affermati, fondati su supposizioni e non sulle risultanze processuali, violano l’art. 405 cod. pen. e costituiscono una arbitraria ed erronea interpretazione di detta norma che tutela la religione cattolica mediante la repressione di fatti che impediscono o solamente turbano l’esercizio delle funzioni religiose.
La predicazione nel corso della celebrazione della Messa è la più tipica e la più saliente delle manifestazioni con le quali si esercita il magistero sacerdotale e nelle quali il culto si estrinseca.
La legge non contempla alcuna discriminante per colui che turba le funzioni quando il sacerdote durante la predica esorbiti dalle proprie competenze e si discosti dall’insegnamento della dottrina cristiana, trattando argomenti di natura politica o sindacale. Una discriminante del genere postula poi, in ogni caso la prova della sua esistenza obiettiva e l’onere di fornirla incombe a colui che invoca il dato di fatto esimente.
La possibilità che l’imputato abbia potuto ritenere che le funzioni, al momento dell’interruzione, avessero perduto il carattere di religiosità è, infine, irrilevante, in quanto per la configurazione di una discriminante putativa occorre la prove della certezza soggettiva dell’agente di agire per cause che esimono dalla responsabilità penale.
Nel caso in esame non è affatto provato che il sacerdote celebrante siasi discostato dall’ambito dell’insegnamento della dottrina cristiana, solo per, essersi occupato del comportamento tenuto dagli operai in occasione di scioperi la corso o appena conclusi in loco.
Nel movimentato ritmo della moderna vita sociale la dottrina cristiana non può disinteressarsi delle lotte sindacali, dell’odio di classe, delle violenze che si verificano in occasione di scioperi o di serrate, del turbamento dell’ordine pubblico, dei danni che possono subire le famiglie e la società.
La riprovazione degli odi, delle violenze, dei turbamenti sociali derivanti dal comportamento degli scioperanti, perché contrari all’insegnamento del Vangelo che predica la fratellanza, il perdono, la carità cristiana, la pace e l’armonia tra le classi sociali e il reciproco aiuto, rientra nelle materie d’insegnamento della dottrina cristiana e il predicatore che si occupa del comportamento degli scioperanti non esorbita dalle proprie competenze sol perché gli scioperi vengono organizzati dai sindacati e diretti dai sindacalisti.
Nel fatto commesso dal giudicabile si ravvisano tutti quanti gli elementi oggettivi e soggettivi del delitto previsto dall’art. 403.
L’elemento materiale si concreta nella turbativa del normale funzionamento della funzione religiosa in luogo destinato al culto e durante la celebrazione della Messa e il turbamento si determina anche con il semplice distogliere l’attenzione dei fedeli con il denigrare la figura del sacerdote.
L’elemento psicologico è dato dalla coscienza e volontà di compiere atti produttivi di turbamento e non è necessaria la consapevolezza di recare offesa al sentimento religioso perché tale offesa inest in rei ipsae.
Dovrebbe in conseguenza annullarsi la sentenza con rinvio ad altro giudice per nuovo esame.
Ma poiché il reato rientra nell’amnistia concessa con decreto pres. 4 giugno 1966 n. 332 e non ricorrono ragioni ostative, l’annullamento va pronunciato senza rinvio essendo estinto il reato.
Per questi motivi, ecc.
Autore:
Corte di Cassazione - Penale
Dossier:
Italia, Tutela penale
Nazione:
Italia
Parole chiave:
Turbamento di funzioni religiose, Culto cattolico, Insussistenza, Libertà dei culti, Discriminante
Natura:
Sentenza