Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

Olir

Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 8 Dicembre 2008

Sentenza 11 giugno 2008, n.8887

TAR Lazio. Sentenza 11 giugno 2008, n. 8887: “Insegnanti di religione cattolica: assenza dal servizio per malattia e pagamento della retribuzione estiva”.

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DEL LAZIO – SEZIONE TERZA QUATER

composto dai signori Magistrati:
Consigliere Mario DI GIUSEPPE – Presidente
Consigliere Antonio AMICUZZI – Componente, relatore
Consigliere Carlo TAGLIENTI – Componente

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n. 934 del 1995 proposto da […], rappresentata e difesa dall’avv. Renato Piero Iannocca, unitamente al quale è elettivamente domiciliata in Roma, alla Piazza Irnerio n. 67 A/2, presso lo studio dell’avv. Sergio Innocenti;

CONTRO

il MINISTERO della PUBBLICA ISTRUZIONE, in persona del Ministro in carica;

il PROVVEDITORATO agli STUDI di ROMA, in persona del titolare dell’ufficio pro tempore, rappresentati e difesi dalla Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, alla Via dei Portoghesi n. 12, sono domiciliati per legge;

per l’annullamento del provvedimento prot. n. 96031 del 28.10.1994, del Provveditorato agli Studi di Roma, di espressione del parere che non spettava alla deducente la retribuzione dei mesi estivi di luglio e agosto 1994;
degli atti presupposti, connessi e conseguenti; nonché per la declaratoria del diritto alla retribuzione estiva in favore della ricorrente ai sensi di legge e della contrattazione collettiva di cui al D.P.R. n. 399 del 23.8.1988, ovvero ex art. 5 del D.L.P.C.S. n. 167 del 31.12.1947 ed art. 3 del D.P.R. n. 399 1988; infine per la condanna della Amministrazione alla corresponsione degli stipendi maturati nei mesi di luglio ed agosto 1994, oltre a rivalutazione monetaria ed ad interessi legali dalla data di maturazione del credito;

Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Pubblica Istruzione;
Visti gli atti tutti della causa;
Udito, alla pubblica udienza dell’11.6.2008, con designazione del Consigliere Antonio Amicuzzi relatore della causa, il procuratore della parte resistente comparso come da verbale d’udienza;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

FATTO

Con ricorso notificato il 5.1.1995, depositato il 27.1.1995, la deducente, docente incaricata annuale di Religione Cattolica, confermata per l’anno scolastico 1993-1994, premesso di aver assunto servizio l’1.9.1993, assentandosi per malattia il 13.12.1993, dall’8.3.11994 al 10.3.1994 e dal 26.4.1994 al 9.6.1994 e non partecipando agli scrutini finali, ha impugnato il provvedimento in epigrafe indicato, di conferma della mancata retribuzione per i mesi estivi, ed ha chiesto la declaratoria e la condanna in epigrafe indicati, deducendo i seguenti motivi:

1.- Violazione, erronea e falsa applicazione dell’art. 5 del D.L.C.P.S. 31 dicembre 1947 n. 1687 e dell’art. 3 del D.P.R. 23 agosto 1988, n. 399.

2.- Eccesso di potere per travisamento dei presupposti, inesistenza e carenza in radice del potere, cattivo esercizio di esso, illogicità, contraddittorietà, ingiustizia manifesta e difetto di motivazione.

Con atto depositato il 4.2.1995 si sono costituiti in giudizio il Ministero della Pubblica Istruzione ed il Provveditorato agli Studi di Roma.

Alla pubblica udienza dell’11.6.2008 il ricorso è stato trattenuto in decisione alla presenza dell’avvocato della parte resistente, come da verbale di causa agli atti del giudizio.

DIRITTO

1.- Con il ricorso in esame la docente in epigrafe indicata, incaricata annuale di Religione Cattolica, confermata per l’anno scolastico 1993-1994, ha premesso di aver assunto servizio l’1.9.1993, assentandosi per malattia il 13.12.1993, dall’8.3.11994 al 10.3.1994 e dal 26.4.1994 al 9.6.1994 e non partecipando agli scrutini finali.

Non essendo stata corrisposta la retribuzione per i mesi estivi di luglio e agosto 1994 a detta docente, questa ha impugnato il provvedimento prot. n. 96031 del 28.10.1994, del Provveditorato agli Studi di Roma, di espressione del parere che non spettava alla deducente essa retribuzione perché, essendo assoggettabili gli insegnanti di religione alle norme previste per i docenti con nomina di durata annuale, doveva ritenersi che non avesse raggiunto il periodo minimo per ottenere detta retribuzione, non essendo utili i periodi di assenza durante i quali era stata corrisposta retribuzione al 50% (mentre, ex C.M. n. 176 del 28.5.1971 è da considerarsi utile il periodo di assenza con diritto all’intera retribuzione). Inoltre ha chiesto la declaratoria del diritto alla retribuzione estiva in proprio favore, ai sensi di legge e della contrattazione collettiva di cui al D.P.R. n. 399 del 23.8.1988, ovvero ex art. 5 del D.L.P.C.S. n. 167 del 31.12.1947 ed art. 3 del D.P.R. n. 399 1988, nonché la condanna della Amministrazione alla corresponsione degli stipendi maturati nei mesi di luglio ed agosto 1994, oltre a rivalutazione monetaria ed ad interessi legali dalla data di maturazione del credito.

2.- Con il primo motivo di ricorso è stata dedotta violazione, erronea e falsa applicazione dell’art. 5 del D.L.C.P.S. 31 dicembre 1947 n. 1687 e dell’art. 3 del D.P.R. 23 agosto 1988, n. 399.

Con il secondo motivo di gravame è stato prospettato il vizio di eccesso di potere per travisamento dei presupposti, inesistenza e carenza in radice del potere, cattivo esercizio di esso, illogicità, contraddittorietà, ingiustizia manifesta e difetto di motivazione.

Deduce parte ricorrente che, in base al II c. dell’art. 309 del D. Lgs. n. 297 del 16.4.1994, gli insegnanti di Religione Cattolica sono considerati insegnanti annuali, che, ai sensi della C.M. n. 71 del 110.3.1987, sono soggetti a conferma automatica in presenza di continuità del possesso dei requisiti prescritti, con, ex C.M. del Tesoro n. 82 del 9.3.1984, rapporto di impiego di carattere continuativo a tempo indeterminato (anche perché, ex C.M. n. 192 dell’1.7.1991, essi insegnanti cessano dall’incarico solo se revoca dell’idoneità all’insegnamento e per raggiungimento dei limiti di età).

Sarebbe quindi applicabile agli insegnanti in questione la C.M. n. 195 del 21.7.1977, che esclude l’applicazione agli insegnanti a tempo indeterminato dell’art. 5 del D.L.C.P.S. n. 1687 del 1947, sicché deve ritenersi modificata in tal senso la C.M. n. 176 del 1971, richiamata nel provvedimento impugnato (che consentiva, male interpretando detto art. 5, il pagamento della retribuzione estiva a condizione che l’insegnante conservasse per il periodo corrispondente alle operazioni di scrutinio il diritto all’intera retribuzione).

Sussisterebbero comunque i requisiti di cui all’art. 5 del D.L.C.P.S. n. 1687 del 1947 per conservare il diritto alla retribuzione de qua, avendo maturato la ricorrente 180 gg. di servizio alla data di inizio delle operazioni di scrutinio ed essendo in servizio durante le stesse per non essere cessato ancora il suo incarico annuale, come consentito dall’art. 3 del D.P.R. n. 399 del 1988, anche se con retribuzione ridotta dopo il primo mese di assenza dal servizio per gravi motivi.

Osserva in proposito il Collegio che in virtù della disciplina sul rapporto d’impiego del personale docente si delinea una sostanziale equiparazione giuridica – anche dal punto di vista del trattamento economico e della progressione in carriera – degli insegnanti di religione con incarico annuale ai docenti assunti con contratto di lavoro a tempo indeterminato (cfr., Consiglio Stato, sez. II, 16 ottobre 1996, n. 1931).

L’assimilazione dello “status” giuridico dei docenti di Religione con incarico annuale agli insegnanti assunti con contratto di lavoro a tempo indeterminato trova invero conferma nella mancata istituzione di un ruolo separato e speciale per i primi (cfr., Consiglio Stato, sez. II, 16 ottobre 1996, n. 1931).

Deve quindi ritenersi applicabile agli insegnanti di religione la C.M. n. 195 del 21.7.1977, che esclude l’applicazione agli insegnanti a tempo indeterminato dell’art. 5 del D.L.C.P.S. n. 1687 del 1947, con inapplicabilità della C.M. n. 176 del 1971, richiamata nel provvedimento impugnato, che consente il pagamento della retribuzione estiva a condizione che l’insegnante conservi per il periodo corrispondente alle operazioni di scrutinio il diritto all’intera retribuzione.

In tal senso si era già espressa a suo tempo la giurisprudenza (cfr., Consiglio Stato, sez. I, 14 dicembre 1979, n. 2284), che aveva ritenuto che le norme dell’art. 5 d.l. 31 dicembre 1947 n. 1687, le quali disciplinano il trattamento economico degli incaricati e supplenti e condizionano la retribuzione nei mesi estivi alla prestazione di almeno sette mesi di servizio, non sono applicabili agli insegnanti a tempo indeterminato .

Al riconoscimento agli insegnanti di religione dello “status” giuridico di docenti incaricati a tempo indeterminato consegue quindi il diritto ad avere corrisposta la retribuzione anche durante le vacanze estive (cfr., T.A.R. Liguria, sez. I, 21 maggio 1991, n. 368).

Aggiungasi che, secondo autorevole giurisprudenza (cfr., Consiglio Stato, sez. VI, 10 novembre 1993, n. 809), nel contesto della peculiare disciplina del rapporto d’impiego precario degli insegnanti della religione cattolica nelle scuole di istruzione secondaria, ai sensi della fondamentale L. 5 giugno 1930 n. 824, all’insegnante di religione nominato per l’intero anno scolastico spetta la retribuzione anche per i mesi estivi, sebbene si sia verificata assenza dal servizio, per malattia accertata dall’amministrazione, conservandosi il diritto al trattamento economico, in applicazione dell’art. 9 della L. 19 marzo 1955 n. 160 e non già del R.D. 1 giugno 1946 n. 539.

Il ricorso è quindi da valutare fondato, con conseguente annullamento del provvedimento impugnato.

Conseguentemente va riconosciuto il diritto della ricorrente al pagamento della somma spettantele a titolo di retribuzione estiva per i mesi di luglio ed agosto 1994.

3.- Ciò posto, premette il Collegio che, in tema di retribuzione stipendiale, la rivalutazione monetaria e gli interessi legali sono dovuti ai dipendenti pubblici dalla data di effettiva maturazione del credito e tale maturazione (quando il diritto non consegua direttamente da una fonte normativa ma da un provvedimento dell’amministrazione, anche se astrattamente configurato da una norma) si verifica solo dalla data in cui tale provvedimento è stato adottato (cfr., T.A.R. Puglia Bari, sez. II, 23 luglio 2007 , n. 1836).

Peraltro, nel caso in cui esso provvedimento promani direttamente dalla legge, come nella fattispecie, ovvero da altro atto generale a contenuto normativo, il “dies a quo” degli interessi e della rivalutazione monetaria sui relativi emolumenti tardivamente corrisposti decorre dalla data di entrata in vigore della disposizione normativa attributiva del diritto o dalla diversa data di decorrenza del diritto fissata dalla norma.

Le somme dovute per la mancata retribuzione dei mesi estivi nel caso di specie, trattandosi di crediti di lavoro, vanno quindi maggiorate di interessi e rivalutazione dalla maturazione di ciascun rateo, nei termini prima individuati, fino alla data del pagamento della sorte capitale, ai sensi dell’art. 429 c.p.c., e gli interessi legali e la rivalutazione monetaria per gli emolumenti corrisposti tardivamente vanno calcolati separatamente sull’importo nominale del credito, sicché sulla somma dovuta quale rivalutazione non vanno calcolati gli interessi, che vanno invece calcolati solo dalla data di costituzione in mora (che coincide con la notifica del ricorso introduttivo del giudizio) fino all’effettivo soddisfo (cfr., Consiglio Stato, sez. VI, 19 ottobre 200, n. 5459) né la rivalutazione ulteriore; sulla somma dovuta a titolo di interessi non vanno computati ancora interessi e rivalutazione (cfr., T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 06 luglio 2007, n. 6104).

In relazione al computo degli interessi e della rivalutazione monetaria, vanno infatti osservati i principi dettati dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con la decisione n. 3 del 15 giugno 1998, con ammissibilità del cumulo delle somme dovute a titolo di interessi legali e di rivalutazione monetaria solo per gli emolumenti retributivi maturati, come nel caso che occupa, entro il 31 dicembre 1994 – essendo stato introdotto il divieto di cumulo per i crediti di lavoro con decorrenza 1 gennaio 1995, dall’art. 22, comma XXXVI, della L. 23 dicembre 1994 n. 724 – e conteggio separato degli uni e dell’altra, a decorrere dalla maturazione dei singoli crediti, sulla sorte capitale al netto delle ritenute fiscali e previdenziali (cfr., T.A.R. Campania Napoli, sez. IV, 09 giugno 2008 , n. 5668).

Il divieto di cumulo fra interessi e rivalutazione monetaria, sancito dall’ art. 22, comma XXXVI, della L. n. 724 del 1994, non opera invero nel caso di specie, in cui la somma capitale dovuta al pubblico dipendente con decorrenza anteriore al 31 dicembre 1994 verrà materialmente corrisposta in data successiva (cfr., Consiglio Stato, sez. V, 20 marzo 2008 , n. 1221).

4.- Il ricorso deve essere, pertanto accolto ed il provvedimento impugnato annullato nei termini sopra indicati, restando assorbiti gli ulteriori motivi di ricorso. La ricorrente ha, pertanto, diritto a conseguire i trattamenti stipendiali relativi ai mesi di luglio ed agosto dell’anno 1994, per cui è causa e va condannata, conseguentemente, l’Amministrazione intimata a corrisponderle gli stessi, oltre agli interessi legali e rivalutazione monetaria sul dovuto, nonché ai relativi oneri previdenziali, nei termini e nei limiti di cui in motivazione.

5.- Le spese del giudizio, stante la particolarità della fattispecie, possono essere compensate tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio – Sezione terza quater – accoglie il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato nei termini indicati in motivazione. Riconosce conseguentemente il diritto della ricorrente a conseguire i trattamenti stipendiali relativi ai mesi di luglio ed agosto dell’anno 1994, per cui è causa, e condanna il Ministero intimato al pagamento delle somme che risulteranno spettanti alla suddetta, oltre agli interessi legali ed alla rivalutazione monetaria, nonché ai relativi oneri previdenziali, secondo i criteri indicati in motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dalla pubblica amministrazione.

Così deciso in Roma, dal Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio – Sezione III quater -, nella camera di consiglio dell’11.6.2008, con l’intervento dei signori Magistrati elencati in epigrafe.

Consigliere Mario DI GIUSEPPE
Presidente

Consigliere Antonio AMICUZZI
Estensore