Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 23 Agosto 2008

Sentenza 11 giugno 2008, n.15562

Corte di Cassazione. Sezione Prima Civile. Sentenza 11 giugno 2008, n. 15562: “Passaggio in giudicato della sentenza dichiarativa di nullità matrimoniale e cessazione degli effetti del matrimonio putativo”.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. Maria Gabriella LUCCIOLI – Presidente –
Dott. Mario Rosario MORELLI – Rel. Consigliere –
Dott. Maria Cristina GIANCOLA – Consigliere –
Dott. Onofrio FITTIPALDI – Consigliere –
Dott. Stefano PETITTI – Consigliere –

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

XXX elettivamente domiciliato in ROMA VIA SESTO RUFO 23, presso l’avvocato MOSCARINI LUCIO VALERIO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato PICCONE PAOLA, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente —

contro

XXX elettivamente domiciliata in ROMA VIA POLESINE 20, presso l’avvocato PATERNOSTER MARIA TERESA, rappresentata e difesa dagli avvocati FERNANDO IEZZI, SANDRO ORLETTI, giusta procura a margine delcontroricorso
– controricorrente –

avverso il decreto della Corte d’Appello di L’AQUILA, depositato il 10/10/06;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 29/04/2008 dal Consigliere Dott. Mario Rosario MORELLI;
udito, per il ricorrente, l’Avvocato MOSCARINI LUCIO VALERIO che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito, per la resistente, l’Avvocato ORLETTI SANDRO che ha chiesto il rigetto del ricorso; udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Antonio MARTONE, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto e diritto

1. Con ricorso illustrato anche con memoria, XXX impugna il decreto in data 10 ottobre 2006, con il quale la Corte de l’Aquila ha revocato, su reclamo dell’ex coniuge XXX, il precedente decreto con cui il Tribunale di Chieti, su ricorso di esso XXX aveva invece dichiarato cessato il di lui obbligo di corresponsione alla XXX dell’assegno fissato con sentenza divorzile n. 177/02 passata in giudicato, per effetto di poi intervenuta sentenza (n. 983/05) del Tribunale, dichiarativa della nullità del matrimonio a suo tempo contratto tra le parti.
Resiste la XXX con controricorso.

2. Preliminarmente, osserva il Collegio che l’avere la Corte territoriale fatto anche riferimento alla mancata prova ed allegazione, da parte del XXX, dell’eventuale sopravvenienza di circostanze modificative, delle condizioni economiche dei coniugi poste a base dell’attribuzione alla XXX dell’assegno divorzile, non costituisce una [seconda ed] autonoma ratio decidendi — la cui mancata impugnazione possa risolversi, come eccepito dalla resistente, in ragione di inammissibilità del ricorso – non altro, infatti, rappresentando quel rilievo che un mero obiter dictum, comunque estraneo al thema decidendum, che si esaurisce, in questo giudizio, nello stabilire se sia, o non, direttamente ricollegabile alla sentenza (di primo grado, non ancora consolidata nel giudicato), che dichiari la nullità del matrimonio, un effetto ex se terminativo dell’obbligo del coniuge onerato, con precedente sentenza divorzile, di corresponsione di assegno all’altro coniuge.
Mentre il diverso e pregiudiziale quesito – se possa una siffatta questione, di esegesi dell’art. 128 c.c., essere introdotta (come nella specie) con il ricorso ex. art 91. n. 898/1970 – è già stato risolto in senso affermativo dalla Corte di merito, con statuizione che non ha formato a sua volta oggetto di impugnazione per cui si è consolidata nel giudicato interno.

3. Con il primo dei tre motivi di cui si compone l’odierna impugnazione, il ricorrente, denunciando violazione del citato art. 128 in combinato contesto con l’art. 282 c.p.c., sostiene appunto che abbia errato la Corte de l’Aquila, nel ritenere che la “sentenza” dichiarativa della nullità del vincolo, cui la norma codicistica ricollega il termine finale di produzione degli effetti del matrimonio putativo, sia la sentenza “passata in giudicato”, per cui, in pendenza del gravame avverso la pronunzia di primo grado, quegli effetti restino fermi. Una tal soluzione non sarebbe, invero, più sostenibile, in tesi del XXX per incompatibilità con il dettato del novellato art. 282 del codice di procedura.

3 bis. La censura così formulata non può, però, trovare accoglimento. E’ bensì vero, infatti, che la riscrittura dell’art. 282 c.p.c. (ex. art. 33 l.n. 353 del 1990) ha sancito la “provvisoria esecutività della sentenza di primo grado tra le parti” [in precedenza subordinata ad apposita clausola, la cui concessione era in facoltà del giudice].
Ma vero è altresì che la così generalizzata anticipazione dell’efficacia delle sentenze, rispetto al correlativo passaggio in giudicato, riguarda appunto il profilo e il momento della “esecutività”, quello cioè della anticipata e provvisoria esecuzione. La quale, se è logicamente correllabile ad una statuizione di condanna, non lo è, invece, ad una pronuncia, quale quella ex art. 128 c.c., che incida, recidendolo in radice, sullo status di coniuge.
Del quale dovrebbe altrimenti ammettersi la possibile intermittenza (nel senso della sua cancellazione con la sentenza di nullità di primo grado e del suo eventuale ripristino nel caso di successiva riforma di quella decisione): e ciò in evidente contrasto con il principio di certezza sullo stato delle persone.
Per cui corretta è, invece, l’interpretazione che alla norma codicistica di riferimento ha dato la Corte di appello (in conformità anche all’esegesi condivisa dalla più autorevole dottrina) nel senso, appunto, che il matrimonio nullo produce gli effetti di un matrimonio valido fino a quando la sentenza che ha pronunziato la nullità non sia passata in giudicato (cfr. anche, p.q.r., Cass. nn. 10055/03; 21367/04; 19447, 19526/05).

4. Risulta di conseguenza infondato anche il successivo secondo motivo del ricorso, con il quale – sulla premessa per quanto detto errata, che gli effetti del matrimonio cessino con la sentenza di primo grado – pretende (a torto quindi) il XXX di fare da tale data decorrere il (non superabile) triennio per il quale è prevista la corresponsione dell’assegno di cui all’art. 129 c.c.

5. Inammissibile è, infine, il terzo ed ultimo motivo della impugnazione, poiché i rilievi di “ingiustizia sostanziale” in esso rivolti alla normativa in applicazione in quanto rivolti al merito di scelte legislative – che lo stesso Giudice delle leggi non si ritiene legittimato a sindacare – a maggior ragione non sono suscettibili di esame in questa sede di cassazione.

6. Il ricorso va integralmente, pertanto, respinto.

7. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte respinge il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, che liquida in complessivi € 2.200,00 di cui € 2.000,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori di legge.

In Roma, 29 aprile 2008.

L’estensore M.R. Morelli II Presidente Gabriella Luccioli

depositato in cancelleria 11 giugno 2008