Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 20 Marzo 2006

Sentenza 10 marzo 2006, n.8475

Corte di Cassazione. Sezione Quinta Penale. Sentenza 10 marzo 2006, n. 8475: “Provocazione e reato di ingiuria aggravato dalla finalità di discriminazione”.

(Omissis)

RILEVATO IN FATTO

Che con l’impugnata sentenza il Gip del Tribunale di Firenze, a fronte di richiesta di emissione di decreto penale nei confronti di R.S. per il reato di ingiurie, aggravato dalla presenza di più persone e dalla finalità di discriminazione razziale, commesso nei confronti di S. M. L., cui sarebbe stata rivolta dalla R. l’espressione “negro di merda”, pronunciò sentenza di proscioglimento ex articolo 129 Cpp ritenendo, previa esclusione della contestata aggravante della finalità di discriminazione, che fossero presenti entrambe le condizioni previste rispettivamente dai commi 1 e 2 dell’articolo 599 cp essendovi stata reciprocità di offese ed avendo altresì la R. agito in stato d’ira;

ciò sulla base di quanto risultante dalla ricostruzione della vicenda, secondo cui, essendo la R. ed il S. colleghi di lavoro ed essendosi, il secondo, presentato (come peraltro da lui preannunciato) in ritardo, ne era nata “una certa confusione”, per cui il S. si era ad un certo punto rivolto alla R. dicendole “sei cattiva, ce l’hai con me” ed augurandole del male per la sua famiglia; al che la R. aveva ribattuto con l’espressione incriminata, preceduta, secondo uno dei testi, dalle parole “il mio figliolo tu lo lasci stare”;

che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la locale procura della Repubblica, denunciando:

1) erronea applicazione dell’articolo 3 del Dl 122/93 convertito con modificazioni in legge 205/93, per essere stata indebitamente esclusa la contestata aggravante della finalità di discriminazione razziale, resa invece evidente, ad avviso del ricorrente, dal testuale tenore dell’espressione attribuita all’imputata;

2) manifesta illogicità della motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza della ritorsione e della provocazione, sull’assunto, in sintesi, che, in primo luogo, le parole pronunciate dal L. nei confronti della R. non sarebbero state da considerare offensive, in quanto costituenti, per la prima parte, una “mera doglianza” e, per altra, uno “sgradevole anatema”, in secondo luogo, ed in relazione all’ipotizzata provocazione, dette parole non sarebbero state tali da costituire fatto ingiusto, “in quanto pronunciate a seguito dei rilievi per il ritardo, verosimilmente apprezzati come vessatori”, e l’espressione discriminatoria pronunciata di rimando dalla R. sarebbe stata da considerare comunque “sproporzionata per eccesso di offensività e di afflizione”

CONSIDERATO IN DIRITTO

Che va preliminarmente esclusa ogni rilevanza della questione circa la configurabilità o meno della contestata aggravante della finalità di discriminazione razziale, non presentando essa, nella specie, concreta incidenza sulle effettive ragioni del proscioglimento, da individuarsi, alla stregua del dispositivo dell’impugnata sentenza (nonostante che il giudice di merito abbia ritenuto di pronunciarsi anche su detta aggravante), soltanto nella ritenuta sussistenza delle condizioni di cui all’articolo 599 commi 1 e 2, Cp, la cui operatività, in assenza di specifiche previsioni limitatrici, è del tutto indipendente dalla eventuale presenza di circostanze aggravanti o attenuanti;

che, ciò premesso, e dovendosi quindi limitare l’esame del ricorso solo al secondo dei motivi che ne sono posti a sostegno, lo stesso non appare meritevole di accoglimento, in quanto:

a) con riguardo alla causa di non punibilità costituita dalla reciprocità delle ingiurie, appare del tutto incensurabile la ritenuta offensività delle espressioni proferite dal L. nei confronti della R., alle quali costei ebbe a reagire con le altre indicate nel capo di imputazione, non potendosi dubitare che costituisca lesione dell’onore e del decoro di taluno l’attribuirgli connotazioni di “cattiveria” tali da meritargli disgrazie familiari ed apparendo, per converso, qualificabile come mera e soggettiva opinione del ricorrente Ufficio quella secondo cui le suddette espressioni costituirebbero, invece, soltanto una “mera doglianza” ed uno “sgradevole anatema”;

b) quanto alla ulteriore causa di non punibilità cui ha fatto riferimento la sentenza di merito, costituita dalla provocazione (a prescindere dalla sua superfluità, una volta riconosciuta l’operatività della prima), costituisce parimenti opinione del tutto soggettiva quella del ricorrente Ufficio secondo cui, diversamente da quanto ritenuto, non certo con “manifesta illogicità”, dal giudice di merito, sarebbe stata da escludere la connotazione dell’ “ingiustizia” nelle parole rivolte alla R. dal L. sol perché dettate dal convincimento, peraltro soltanto ipotizzato, di costui circa il carattere “vessatorio” dei rilievi formulati dall’imputata (che, per quanto risulta, era solo una sua collega di lavoro e non sua superiore) a proposito del ritardo con il quale egli si era presentato al lavoro; così come del tutto soggettiva appare l’opinione secondo cui la reazione verbale della donna sarebbe stata da considerare sproporzionata per eccesso rispetto alla provocazione subita.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.