Sentenza 10 maggio 1995, n.211
Tribunale civile dell’Aquila. Sentenza 10 Maggio 1995, n. 211.
Motivi della decisione
1. La domanda proposta dal P.M. è fondata e va accolta.
Va peraltro preliminarmente precisato che la norma invocata a sostegno della domanda – art. 12 n. 2 L. 847/1929 – è stata abrogata dall’art. 13 dell’Accordo 18/2/1984 tra la Repubblica Italiana e la Santa Sede, rettificato e reso esecutivo con la L. 25/3/1985 n. 121, secondo il quale “le disposizioni del Concordato (del 1929) non riprodotte nel presente testo sono abrogate”; e l’art. 12 del Concordato, appunto, non è riprodotto nel testo dell’Accordo. In questo, invece, esiste un art. 8 che prevede bensì la trascrizione nei registri dello stato civile del matrimonio religioso, ai fini degli effetti civili, ma regola in modo diverso dall’art. 12 Concordato i casi di divieto della trascrizione. Va subito aggiunto, però, che l’art. 4 del Protocollo Addizionale annesso al suddetto Accordo – e pur esso ratificato con la indicata legge -, recita che “ai fini dell’applicazione del nº 1 lettera 8 dell’art. 8 dell’Accordo (che impedisce la trascrizione del matrimonio religioso “quando sussiste tra gli sposi un impedimento che la legge civile considera inderogabile”) si intendono come impedimenti inderogabili della legge civile; (omissis) 2: la sussistenza tra gli sposi di altro matrimonio valido agli effetti civili”.
E poiché non è controverso in questa causa – e, comunque, risulta dimostrato dalla copia autentica dell’atto di matrimonio celebrato dinanzi all’Ufficiale dello Stato Civile di Roma in data 27 dicembre 1990 nº 1582, parte I – che alla data del matrimonio religioso contratto dinanzi al Parroco di Camarda il 7 aprile 1991 i signori Gallo e Wardzynska erano già vincolati da “altro matrimonio valido agli effetti civili”, la conseguenza è che le nozze officiate dal Sacerdote non potevano essere trascritte nei registri dello Stato Civile.
2. La eccezione di illegittimità costituzionale dell’art. 12 L. 847/1929, sollevata dal convenuto Gallo, deve essere dichiarata manifestamente inammissibile per il fatto che la disposizione di legge sospettata di contrasto con i principi di cui agli artt. 3,8 e 19 della Carta, come si è detto, non esiste piú nell’ordinamento, essendo stata abrogata.
Ciò esime del considerare che, ove fosse possibile interpretare la denuncia come rivolta alle disposizioni contenute negli artt. 8 cpv, 1º lett. b) dell’Accordo e 4 p.p. nº 2 del Protocollo, ratificati con la L. 121/1985, il Tribunale non potrebbe che dichiarare l’eccezione manifestamente infondata ai sensi dell’art. 24 L. 87/1953.
É infatti di palmare evidenza che le norme in vigore non contrastano sotto alcun profilo né con il principio generale della eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge né con quello (art. 8 Cost.), della “par condicio” garantita a tutte le confessioni religiose, e neppure con quello (art. 19) che riconosce a tutti i cittadini il diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, e di esercitarne il culto in forma pubblica o privata. L’ordinamento statale anzi, con le norme del nuovo “concordato” sottolinea ancora una volta il rispetto per la confessione religiosa professata dal cittadino, quando gli consente di scegliere la forma di matrimonio che preferisce, e, cioè, quella semplicemente religiosa (nel caso del cattolico, l’accesso al sacramento del matrimonio), o quella disciplinata dalla legge civile, o quella cosiddetta concordataria cui vengono riconosciuti effetti anche civili – a determinate condizioni – alle nozze celebrate secondo il codice di diritto canonico.
In altri termini, non si comprende perché mai il divieto di trascrivere nei registri dello stato civile un matrimonio religioso contratto da persone già legate tra di loro da matrimonio civile menomi o conculchi il loro diritto costituzionale di libertà religiosa: tali persone, infatti, scegliendo il matrimonio civile, già conseguirono effetti rilevanti nell’ordinamento statuale. E se poi ritennero di acquisire anche quelli che nell’ordinamento cattolico vengono definiti i “bona matrimoni”, non perciò sarebbe giustificata quella trascrizione delle nozze-sacramento nei registri dello Stato ove già si trovava registrato un matrimonio che dispiegava pienamente le sue giuridiche conseguenze.
3.
(omissis)
Come già evidenziato, il matrimonio celebrato dinanzi al ministro del culto cattolico intanto assume rilevanza nell’ordinamento giuridico dello Stato in quanto non solo siano state osservate tutte le prescrizioni dettate dalle norme concordatarie ma, soprattutto, quando sia validamente trascritto nei registri dello stato civile, come espressamente recita l’art. 8 comma I dell’Accordo del 1984. Sicché è conseguenziale che il ministro del culto officiante in tanto possa essere considerato pubblico ufficiale, e l’atto da lui rogato atto pubblico (artt. 2699 e 2700 c.c.), solo in quanto l’atto di matrimonio stesso risulti validamente trascritto.
Una trascrizione eseguita contro il divieto imposto dalla legge e della quale venga quindi dichiarata la nullità, ricolloca l’atto nella circoscritta sfera dell’ordinamento in cui ha rilevanza, quello canonico. E poiché la declatoria di nullità non può non avere efficacia “ex tunc”, e la trascrizione deve ritenersi come mai avvenuta, l’atto invalidamente trascritto deve ritenersi non avere mai avuto alcuna rilevanza per l’ordinamento giuridico italiano: ovviamente, né per quanto concerne il suo oggetto, né per quanto riguarda i soggetti che a qualunque titolo a quell’atto fossero intervenuti.
Ciò, coerentemente, esclude che la dichiarazione resa dai contraenti il matrimonio religioso del 7 aprile 1991, ed avente ad oggetto la modificazione del regime patrimoniale tra i coniugi, abbia mai potuto acquistare rilevanza ai sensi e per gli effetti di cui combinato disposto degli artt. 162 e 163 del Codice Civile.
Peraltro le considerazioni ora svolte non rendono necessaria una apposita, separata statuizione, essendo, appunto, conseguenza automatica della pronunzia di nullità della trascrizione la nullità della dichiarazione di mutamento del regime patrimoniale che si legge nell’atto di matrimonio canonico invalicamente trascritto.
(omissis)
Autore:
Tribunale Civile
Nazione:
Italia
Parole chiave:
Libertà di scelta, Impedimento, Nullità, Principio di eguaglianza, Regime patrimoniale, Precedente matrimonio, Intrascrivibilità, Forma del matrimonio, Libertà di stato, Inosservanza
Natura:
Sentenza