Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 27 Luglio 2005

Sentenza 09 luglio 2001, n.36590

Corte di Cassazione. Sezione V penale. Sentenza 9 luglio 2001, n. 36590: “Interruzione di gravidanza: responsabilità per delitto colposo del sanitario”.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

V SEZIONE PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.:

Dott. Bruno Foscarini – Presidente –
1. Dott. Nunzio Cicchetti – Consigliere –
2. ” Giuseppe Sica ”
3. ” Alfonso Amato ”
4. ” Aniello Nappi ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da nato a Tagliacozzo l’11.02.1949.
avverso la sentenza Corte d’appello di Torino del 29.3.2000.
Visti gli atti, la sentenza denunziata ed il ricorso,
Udita in pubblica udienza la relazione fatta dal Consigliere dott. Nunzio Cicchetti.
Udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. F.M. Iacoviello che ha concluso per annullamento limitatamente al diniego attenuante del risarcimento danni. Rigetto nel resto.
Udito il difensore avv. G.P. Zancan.

FattoDiritto

L’impugnata sentenza, in parziale riforma di quella del Pretore di Torino 20.4.1998, sostituiva la pena detentiva di mesi 2 di reclusione inflitta a – per il reato di interruzione colposa della gravidanza a – con la corrispondente pena pecuniaria di L. 4.500.000 di multa.
Riteneva la sentenza impugnata sussistente la condotta colposa del ginecologo che nella scelta tra due diversi metodi diagnostici avesse scelto quella più agevole, ma poco sicuro, invece dell’altro più accurato e meno rischioso per la salute del nascituro.
Confermava, inoltre, il nesso di causalità fondato sul collegamento dell’evento (morte endouterina del feto) all’omissione colposa – da parte dell’agente in posizione di garanzia – per mancata adozione di un diverso comportamento tecnico – assistenziale (ricovero della madre con appropriato monitoraggio per consentire un pronto intervento).
Negava, poi, la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento dell’attenuante ex art. 62 n. 6 c.p.
Il ricorrente allegava i seguenti motivi.
1) Mancanza – illogicità di motivazione in relazione ai profili di colpa per imperizia e imprudenza.
2) Analogo vizio di motivazione in relazione al nesso di causalità.
3) Mancanza di motivazione quanto al diniego dell’attenuante di risarcimento danno.
Chiedeva l’annullamento della sentenza impugnata. I
Il ricorso deve essere accolto per quanto di ragione.
I primi due motivi, attinenti alla responsabilità del ricorrente, sono infondati.
Sotto il profilo della carenza di condotta colposa, rileva il ricorrente la mancata “considerazione” (e conseguente vizio argomentativo circa la ritenuta imprudenza – imperizia) di un elemento “rassicurante” in ordine alla valutazione dello stato di salute del feto (il movimento) e dunque la conformità a prudenza della decisione di rinviare a 24 ore il controllo (invece di disporre il ricovero con monitoraggio).

Ritiene questa Corte che l’impugnata sentenza abbia correttamente impostato il profilo logico – giuridico della trama argomentativa.
L’imprudenza (o anche l’imperizia) viene individuata nel fatto che – nella scelta tra due possibili decisioni (il rinvio di un controllo alle 24 ore o l’immediato ricovero con monitoraggio) in presenza di un esame cardiotocografico indicativo di una probabile sofferenza fetale – l’imputato, garante della salute di partoriente e feto, abbia preferito la soluzione più rischiosa.
Nella specie non si tratta del caso eccezionale in cui sia imposta la soluzione di problemi tecnici particolarmente difficili, per la presenza di un quadro patologico complesso, sicché l’errore eventuale del medico – spinto ad agire dall’urgenza – debba essere valutato sulla base dei criteri meno rigorosi del dolo o della colpa grave dettati dall’art. 2236 c.c.
Risultano, al contrario, violati i comuni canoni di perizia ed imprudenza che imponevano di evitare comunque (nonostante la comprensenza di un elemento positivo, quale il movimento del feto) il rischio rappresentato dall’anomalo dato strumentale.
Va riaffermato il principio secondo cui il medico, che si pone nella:posizione di garante, è tenuto sempre ad adottare la soluzione di un procedimento diagnostico più rigoroso alfine di evitare ogni rischio alla salute del paziente.
Quanto al secondo motivo; la denunziata carenza motivazionale si risolve essenzialmente in una valutazione alternativa delle risultanze processuali, volta ad escludere la probalità di una sofferenza fetale al momento dell’esame cardiotocografico ed addirittura dell’idoneità della condotta omessa (immediato ricovero) ad evitare l’evento.
Si tende, in sostanza, ad escludere il rapporto causale in ordine al quale l’impugnata sentenza appresta una struttura argomentativa completa e conforme ai principi giuridici elaborati da questa Corte in tema di causalità nel reato omissivo improprio, anche con riferimento alla legittimità dell’adozione di un criterio probalistico nel giudizio ipotetico sul nesso tra condotta omessa ed esclusione dell’evento letale.
Anche tale motivo va, pertanto, disatteso.
Deve, invece, essere accolto il terzo motivo.
La corte di merito non ha spiegato le ragioni della ritenuta insussistenza dei “presupposti” per il riconoscimento dell’attenuante.
Rimane, pertanto, ingiustificata la mancata considerazione della quietanza rilasciata dai coniugi i quali avevano rinunziato alla costituzione di p.c. già dal dibattimento di primo grado.
La sentenza va annullata, con rinvio ad altra sezione corte d’appello di Torino sul punto.

P.Q.M.

Annulla l’impugnata sentenza limitatamente al diniego dell’attenuante di cui all’art. 62 n. 6 c.p., con rinvio sul punto ad altra sezione della corte d’appello di Torino. Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso in Roma.