Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 28 Febbraio 2007

Sentenza 09 febbraio 2007, n.113

TAR Lazio. Sentenza 9 febbraio 2007, n. 113: “Espropriazione di immobili parrocchiali”.

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO – Sezione staccata di LATINA

nelle persone di:

Franco BIANCHI Presidente
Davide SORICELLI Componente
Giuseppe ROTONDO Componente Relatore

ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A

– Sul ricorso n. 1028/2006 proposto da Ente Parrocchia …., in persona del suo legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Giuliano Risi ed elettivamente domiciliata in Latina, presso la Segreteria del Tar Lazio;

contro

– Comune di …, in persona del suo legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Massimo Cocco ed elettivamente domiciliato in Latina alla via Monte Santo n. 46 (studio avv. Pietrantonio Rizzo);

per l’annullamento:

della deliberazione di G.C. n. 39 del 3 febbraio 2006;
della deliberazione di G.C. n. 197 del 21 giugno 2005;
della deliberazione di G.C., n. 169 del 4 maggio 2004;
della deliberazione di G.C. n. 371 del 23 settembre 2003;
della comunicazione n. 2377, del 7 febbraio 2006.

Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti tutti della causa;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di …;
Relatore il magistrato Giuseppe Rotondo;
Per le parti come da verbale d’udienza;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto:

Svolgimento del processo

Con atto notificato il 9 novembre 2006 e depositato il successivo giorno 11, l’Ente Parrocchia di … ha impugnato gli atti relativi alla approvazione del progetto dei lavori di urbanizzazione del centro urbano della città di ….
Espone in fatto che:
-la Parrocchia è proprietaria della chiesa dedicata alla Madonna di S. Maria …. con annessa casa canonica, locali ricreativi ed ufficio parrocchiale, nonché del circostante terreno fortilizio (in catasto fabbricati foglio 35, mappale 574);
-in data 7 febbraio 2006 ha ricevuto dal Comune di … la comunicazione n. 2377 con la quale l’amministrazione le rendeva nota la sua intenzione di procedere ai lavori di completamento delle opere di urbanizzazione del centro urbano acquisendo le aree interessate tramite procedura espropriativa, previa dichiarazione di pubblica utilità (tra cui, i terreni di proprietà della parrocchia mappale 735 per la superficie di mq 310);
-in data 10 febbraio 2006 l’ente ricorrente ha formulato le proprie osservazioni sottolineando che il parcheggio da realizzare poteva essere posizionato più utilmente nello spazio contiguo alla proprietà della parrocchia ove vi è un ampio terreno privo di costruzioni, anche perché l’area oggetto di esproprio è adibita ad attività sportive dei minori nonché a funzioni religiose;
-il Comune di …, con nota del 22 febbraio 2006, prot. 3490, ha informato l’ente che l’area di esproprio sarebbe stata ridotta dai 310 mq a 200 mq;
-in data 11 ottobre 2006 l’amministrazione comunale ha inviato una ulteriore comunicazione avente ad oggetto: “Efficacia provvedimento di approvazione del progetto definitivo/esecutivo dei lavori di completamento delle opere di urbanizzazione del centro urbano. Invito a fornire elementi per la determinazione del valore da attribuire all’area da espropriare”;
-come segue il contenuto della comunicazione: “con deliberazione G.M. n. 39 del 3/2/2006 è divenuto efficace l’atto di approvazione del progetto esecutivo dei lavori in oggetto e pertanto la SV ha facoltà di prendere visione della relativa documentazione. La SV può fornire ogni utile elemento per determinare il valore da attribuire all’area ai fini della liquidazione dell’indennità di esproprio”;
-dall’esame della delibera di G.M. n. 39/2006 la ricorrente ha potuto apprendere che otto mesi prima dell’invio della precedente comunicazione datata 7/2/2006 il Comune, con provvedimento di G.C. n. 197 del 21 giugno 2005, aveva approvato il progetto definitivo dei lavori di completamento in esame, comportante dichiarazione di pubblica utilità dell’opera ai sensi dell’art. 14, c. 13°, L. 109/1994 e degli artt. 12 e 17, DPR 327/2001, senza averne mai informato il proprietario né prima né con la successiva comunicazione;
-l’area oggetto di esproprio è stabilmente utilizzata dalla Parrocchia per le opere pastorali;
-l’espropriazione è preordinata alla realizzazione di un parcheggio per circa 15 posti auto sulla cui necessità si potrebbe seriamente opinare considerato che nello spazio antistante la chiesa v’è un esteso appezzamento di terreno, attualmente sterrato, già di proprietà del Comune, ove potrebbe essere utilmente allocata l’infrastruttura, nel rispetto del vigente PRG e senza che occorra alcuna variante di Piano;
-l’area oggetto di espropriazione è destinata dal vigente PRG a zona VPR ovvero a zona a verde privato sportivo;
-il parcheggio che si andrà a realizzare non è assolutamente conforme alle previsioni dello strumento urbanistico con il quale è stato costituito il vincolo preordinato all’esproprio;
-nel piano parcellare d’esproprio l’area interessata viene identificata al foglio 35 part. 735 che non è più esistente.
Questi i motivi del gravame:
1)violazione, falsa ed errata applicazione dell’art. 16, c. 4, DPR 327/2001, in combinato disposto con gli artt. 7 e segg. della L. n. 241 del 1990 – violazione dei principi del giusto procedimento e di proporzionalità dell’azione amministrativa:
1.1)il Comune di … ha violato le norme volte a garantire la partecipazione procedimentale; né potrebbe valere una partecipazione differita successiva alla dichiarazione di pubblica utilità ed all’occupazione d’urgenza;
1.2)la comunicazione del 7 febbraio 2006 è totalmente inesatta e fuorviante per il destinatario poiché tace sulla circostanza che nel frattempo erano stati già approvati sia il progetto definitivo, sia la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera che il progetto esecutivo;
2)violazione ed errata applicazione dell’art. 4, c. 4, DPR 327/2001 in relazione all’art. 5 della L. n. 121 del 1985 – violazione del principio di proporzionalità – eccesso di potere:
2.1)l’art. 4, c. 4, del DPR 327/2001 dispone che “gli edifici aperti al culto non possono essere espropriati se non per gravi ragioni previo accordo con la competente autorità ecclesiastica, se aperti al culto cattolico”: la zona all’aperto, attigua al Santuario, è in rapporto di strumentalità con l’edificio destinato al culto; essa, pertanto, costituisce luogo pertinenziale dell’edificio sacro ai sensi dell’art. 817 c.c. e ne segue tutti gli effetti; nel caso di specie sono insussistenti gravi ragioni ed è mancato il previo accordo;
2.2)l’autorità civile ha volutamente ignorare le civili ma corali rimostranze delle centinaia di fedeli che hanno manifestato la loro contrarietà al progetto della costruzione di un parcheggio su terreno destinato ad iniziative e scopi che tutta la comunità sente di condividere;
3)violazione ed errata applicazione degli artt. 7, 8, 9 e 10 del DPR 327/2001 – eccesso di potere – illegittimità in via derivata:
3.1)il PRG cui si vorrebbe ricondurre il vincolo preordinato all’esproprio ha previsto una destinazione VPR (verde privato sportivo) sull’area di proprietà della Parrocchia, non già una destinazione a servizi generali o ad infrastrutture con la duplice invalidante conseguenza che il parcheggio che si intende realizzare: a) è palesemente non conforme alle vigenti previsioni urbanistiche; b)difetta il vincolo di programmazione preordinato all’esproprio;
4)eccesso di potere sotto altri profili – violazione dei principi di bon andamento e di proporzionalità:
4.1)si denuncia l’illogicità manifesta, il travisamento dei fatti, il difetto di istruttoria in relazione: a) alla scelta dell’area in questione anziché quella limitrofa sterrata, la cui destinazione è conforme rispetto alla realizzando infrastruttura; b)alla totale carenza di motivazione circa l’ineludibilità di una soluzione così marcatamente irragionevole e non condivisa dalla nutrita collettività dei fedeli.
S’è costituito in giudizio il Comune di … resistendo, con argomentate confutazioni, alle censure attoree.
All’udienza del 26 gennaio 2007 il ricorso è stato spedito in decisione.

Motivi della decisione

Con il ricorso in esame, l’Ente Parrocchia di … impugna gli atti relativi alla approvazione del progetto dei lavori di urbanizzazione del centro urbano della città di ….
Il Comune ha avviato il procedimento per la realizzazione di un parcheggio pubblico su area adiacente alla chiesa. A tal fine, l’amministrazione ha approvato il progetto definitivo ed esecutivo dichiarando, contestualmente, la pubblica utilità dell’opera.
Giova una breve riepilogazione dei fatti. Nell’anno 2004 veniva approvato il progetto preliminare dell’opera a realizzarsi; il 21 giugno 2005 quello definitivo; il 3 febbraio 2006 quello esecutivo; il 7 febbraio 2006 veniva inviata la comunicazione di avvio del procedimento; il successivo giorno 9 il parroco forniva le proprie osservazioni, nella circostanza segnalando la mancata valutazione da parte del Comune della possibilità di realizzare il parcheggio nella contigua area vuota, inutilizzata di proprietà comunale. Il responsabile ufficio espropri riscontrava le osservazioni in data 22 febbraio comunicando al parroco che l’area da occupare sarebbe stata ridotta dai 310 mq previsti a 200 mq. Nessun chiarimento, invece, veniva fornito in ordine al palesato, assertivamente eccessivo sacrificio imposto all’ente ecclesiastico rispetto alla possibilità alternativa di utilizzare la dismessa area adiacente alla parrocchia, di proprietà comunale e conforme urbanisticamente al tipo di infrastruttura programmata.
Il ricorso è fondato nei sensi che seguono.
Dirimente, in punto di fatto, è la circostanza che il progetto definitivo ed esecutivo dei lavori nonché la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera sono stati approvati in spregio alla garanzie partecipative. Precisamente: il progetto definitivo è stato approvato con deliberazione di G.C. n. 197 del 21 giugno 2005; il progetto esecutivo è stato approvato con deliberazione di G.C. n. 39 del 3 febbraio 2006; la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera è stata resa con deliberazione di G.C. n. 197 del 21 giugno 2005. Soltanto in data 7 febbraio 2006 il Comune di … ha comunicato per la prima volta all’ente parrocchia la propria intenzione di procedere ai lavori di completamento delle opere di urbanizzazione del centro urbano mediante acquisizione coattiva delle aree coinvolte. Sennonché, nella circostanza l’amministrazione comunale s’è ben guardata dall’informare il destinatario sulla circostanza che i progetti, comportanti altresì la dichiarazione di pubblica utilità, erano già stati approvati. Tale informazione è stata partecipata, invero, soltanto il successivo 11 ottobre 2006 in una scarna comunicazione con la quale si informava il ricorrente della efficacia degli atti deliberativi approvati a sua insaputa, in assenza di qualsivoglia forma di contraddittorio procedimentale. Fuorviante ed incompleta, quindi, la comunicazione del 7 febbraio 2006. Tardiva ed inutile quella dell’ 11 ottobre successivo. Ma v’è di più. Il parroco, nel riscontrare la nota del 7 febbraio, ha rappresentato al Comune la possibilità di soluzioni allocative alternative che l’amministrazione comunale non ha affatto preso in considerazione. E’ vero che nella nota datata 22 febbraio 2006 il responsabile dell’ufficio espropri ha comunicato all’ente parrocchia che “si accolgono parzialmente le osservazioni proposte, nel senso che rilevato l’attuale utilizzo si ridurrà l’area da occupare dai previsti mq 310 a mq 200 …”. Sennonché, tale comunicazione è irrituale ed ininfluente vuoi perché tardiva vuoi in quanto proveniente dal funzionario comunale e non dall’organo collegiale che aveva a suo tempo approvato i progetti e dichiarata la pubblica utilità dell’opera. Ed infatti, come confermato anche nella memoria conclusiva della difesa comunale, il progetto era stato approvato formalmente il 3 febbraio 2006; orbene, come può essersi tenuto conto delle osservazioni formulate della parrocchia (datate 10 febbraio 2006 e riscontrate nei sensi sopra detti con nota del 22 febbraio successivo) se il progetto esecutivo era già stato approvato il precedente 3 febbraio? Pare evidente che tutta la (recuperata, solo parzialmente) fase partecipativa (postuma alla approvazione del progetto) ha costituito un mero simulacro di cui l’amministrazione solo apparentemente ha tenuto conto promettendo, sì, la riduzione della superficie da espropriare (della quale, peraltro, non compare traccia in atti formali) ma obliando del tutto le osservazioni di parte ricorrente in punto di scelta alternativa del sito cui allocare il parcheggio. Nessuna motivazione è stata spesa sulla possibilità di optare per una soluzione diversa, a confutazione di quanto rappresentato nelle sue osservazioni dalla parrocchia. Patente, pertanto, il vizio di eccesso di potere per violazione del principio di proporzionalità; vizio irrecuperabile, alla stregua delle rappresentazioni fattuali di parte ricorrente, anche volendo fare applicazione dell’art. 21 octies della L. n. 241 del 1990.
Merita accoglimento, pertanto, il primo motivo di ricorso.
In punto di diritto, osserva altresì il Collegio che l’art. 58 D.P.R. n. 327 del 2001 ha abrogato, tra gli altri, l’art. 1, l. n. 1 del 1978. Orbene, con l’entrata in vigore del nuovo Testo Unico sull’Espropriazione l’avvio del procedimento finalizzato all’approvazione del progetto definitivo dell’opera pubblica e all’adozione della conseguente dichiarazione di pubblica utilità deve essere comunicato al proprietario delle aree interessate, come prescritto dall’art. 16 comma 4, D.P.R. n. 327 del 2001; ai sensi dell’art. 17, comma 2, D.P.R. n. 327 del 2001 l’ente locale, a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento, deve poi rendere edotto l’interessato della data in cui è divenuto efficace il provvedimento che ha approvato il progetto definitivo dell’opera pubblica e della facoltà di prendere visione dei relativi atti. Si tratta di adempimenti distinti e separati, che assolvono ad esigenze teleologicamente diverse. Erra, pertanto, l’amministrazione comunale nel ritenere che la comunicazione effettuata ai sensi dell’art. 17 decreto citato assorba anche quella di cui al precedente art. 16. Le due formalità non sono affatto equipollenti e nell’ambito del procedimento espropriativo, in ragione delle (costituzionalmente rilevanti) situazioni giuridiche intercettate, le forme diventano sostanza. L’avviso di cui all’art. 16 comma 4, D.P.R. n. 327 del 2001 realizza, infatti, una garanzia partecipativa non meramente formale rappresentando un necessario passaggio cognitivo-dialettico funzionale sia per la parte, che può opporre fatti e/o circostanze non considerati, sia per l’amministrazione che quelle osservazioni deve esaminare e valutare prima di approvare il progetto definitivo dell’opera; per cui, da tale omissione procedurale discende l’illegittimità degli atti approvativi del progetto e della dichiarazione di pubblica utilità ed in via derivata di quello occupativo ed espropriativo neppure essendo possibile fare ricorso all’art. 21 octies comma 2, l. n. 241 del 1990, sia per la natura non vincolata del provvedimento, sia perché, alla luce delle allegazioni di ricorso, e per quanto sopra esposto, non è dato riscontrare, nella fattispecie, come « palese » che il contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.
In ordine alle restante doglianze, queste le considerazioni del Collegio.
Parte ricorrente sostiene che l’area in questione non poteva formare oggetto di esproprio se non per gravi ragioni e previo accordo con la competente autorità ecclesiastica.
La censura non ha pregio. L’art. 4, del T.U. regola le ipotesi di limitazione o di esclusione dell’espropriabilità di alcuni, particolari beni. Tra questi, sono indicati gli edifici aperti al culto. La preclusione deriva dall’art. 5 della L. 25 marzo 1985, n. 121 che ha modificato i patti concordatari.
La Sezione ritiene che il divieto previsto dall’art. 5, legge citata (ratifica ed esecuzione dell’accordo di modifica al concordato lateranense 11 febbraio 1929) di procedere a requisizione, occupazione, espropriazione o demolizione degli edifici aperti al culto, se non per gravi ragioni e previo accordo con la competente autorità ecclesiastica, sia di stretta interpretazione poiché costituisce norma eccezionale rispetto agli ordinari poteri dell’autorità amministrativa italiana, ed indirettamente della giurisdizione. Ne deriva, che essa va applicata – conformemente al dato testuale – unicamente agli “edifici”, dovendosi escludere qualunque forma di interpretazione estensiva ed a fortiori analogica della norma che ne consenta la sua applicazione con riguardo alla generalità dei beni delle autorità ecclesiastiche i quali, di regola, se non altrimenti vincolati, soggiacciono alle normali regole.
Tra l’altro, a mente del canone 1208 del codice di diritto canonico, promulgato il 25 gennaio 1983, la “deputatio ad cultum publicum” – che fa rientrare il bene nella disciplina derogatoria speciale di cui al comma 1 dell’art. 5 del nuovo Concordato lateranense ratificato con la legge 25 marzo 1985 n. 121, – deve risultare da atto scritto del vescovo o ordinario diocesano, il cui originale è depositato presso la curia e la copia conservata nell’archivio della chiesa interessata. Si tratta di una formalità che non ammette equipollenti. Nel caso di specie, è stata omessa ogni prova documentale da parte dell’ente ecclesiastico in ordine alla destinazione dell’area in questione al pubblico culto; da cui, l’irrilevanza della asserita natura pertinenziale dell’area e del richiamo operato all’art. 817 Cod. civ..
L’ente ecclesiastico sostiene, altresì, la non conformità dell’opera alle previsioni dello strumento urbanistico.
Anche questa censura non merita accoglimento. Il Comune ha allegato la circostanza che la destinazione urbanistica dell’area di cui si controverte ricade per il 90% in viabilità di destinazione – penetrazione esistente e per il restante 10% in zona VPR – Verde privato sportivo. Orbene, l’art. 27 delle NTA del PRG comunale dispone che “In questa zona è consentita la costruzione di impianti ed attrezzature private di interesse collettivo da destinare allo sport, al tempo libero, alle attività ricreative ed agli impianti sportivi con gli stessi parametri di utilizzazione fissati precedentemente per la zona VP. Il precedente art. 26 (Zona VP – Verde pubblico attrezzato) fissa, per le costruzioni in tali zone, il parametro di indicizzazione inerente la realizzazione di parcheggi di urbanizzazione primaria (0,2 per mq di superficie). Ne consegue, che l’opera è compatibile con le previsioni di piano in quanto, per la maggior parte, essa è coerente con la destinazione di PRG e per la residua superficie ricade in un’area in cui è prevista la realizzazione di parcheggi. L’adozione del progetto contenente la dichiarazione di pubblica utilità avrebbe potuto comportare, pertanto, la variante urbanistica senza necessità di sottoposizione dell’atto alla previa approvazione regionale.
Con l’ultima delle censure, parte ricorrente si duole del fatto che l’amministrazione comunale ha pretermesso, in sede di valutazione degli interessi pubblici, le aspettative della nutrita collettività di fedeli.
La censura ha pregio nei sensi che seguono.
L’area oggetto della infrastruttura è destinata ad oratorio della chiesa.
La Regione Lazio, con legge 13 Giugno 2001, n. 13
ha riconosciuto la funzione sociale ed educativa degli oratori
In particolare, detta legge regionale conferisce pieno riconoscimento agli istituti denominati “Oratori” che svolgono attività di educazione e formazione rivolte ad adolescenti e giovani.
Le attività sono finalizzate a “favorire lo sviluppo, la realizzazione individuale e la socializzazione dei minori, degli adolescenti e dei giovani di qualsiasi nazionalità residenti nel territorio regionale”.
Esse sono volte, in particolare, a promuovere la realizzazione di programmi, azioni e interventi, finalizzati alla diffusione dello sport e della solidarietà, alla promozione sociale e di iniziative culturali del tempo libero e al contrasto della emarginazione sociale e della discriminazione razziale, del disagio e della devianza minorile.
Orbene, la Sezione è dell’avviso che proprio la finalità socio-educativa degli Oratori, valorizzata dal Legislatore regionale, obbligava il Comune ad una più attenta e ponderata valutazione degli interessi in gioco mediante una motivazione puntuale e congrua del sacrificio imposto alla collettività con la sottrazione ad essa di un’area destinata allo svolgimento di attività di educazione e formazione giovanile. L’obliata considerazione di tale interesse primario rende illegittimi, anche per tal via, gli atti impugnati.
In conclusione, il ricorso va accolto nei sensi di cui sopra. Per l’effetto, vanno annullate le deliberazioni di Giunta comunale n. 39 del 30/9/2006 e n. 197 del 21 giugno 2005; non altrettanto meritevoli di caducazione sono, invece, le deliberazioni di G.C. n. 169/2004 (approvazione progetto preliminare) e n. 371/2003 (incarico progettazione), siccome non oggetto di specifiche, autonome censure; così dicasi, sotto altro profilo, per la nota del 7 febbraio 2006 in quanto atto endoprocedimentale privo di lesività.
Le spese di giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – Sezione staccata di Latina – accoglie, nei sensi in motivazione, il ricorso n. 1028/2006 meglio in epigrafe specificato.
Condanna il Comune di …. alla refusione delle spese di giudizio che si liquidano in € 2.000,00.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Così deciso in Latina nella Camera di Consiglio del 26 gennaio 2007.

Il Presidente Il Giudice Estensore
Franco BIANCHI Giuseppe ROTONDO