Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 5 Dicembre 2007

Sentenza 08 maggio 2007, n.727

TAR Toscana. Sentenza 8 maggio 2007, n. 727: “Accertamento della natura pubblica o privata delle istituzioni assistenziali regionali ed infraregionali”.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la toscana – I^ Sez.

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sui ricorsi nn. 2782/1999, 903/2000 e 2091/2002 proposti

quanto al ricorso n. 2782/1999 da

CONGREGAZIONE (…),

e dai Signori

(…), nella loro qualità di componenti del Consiglio di amministrazione in carica e Confratelli della Congregazione (…), tutti rappresentati e difesi dagli Avv.ti Vittorio D. Gesmundo e Giovanni Calugi ed elettivamente domiciliati presso il loro studio in Firenze, Via Gino Capponi n. 26;

contro

– il Sindaco di Firenze, non costituitosi in giudizio;

– il Comune di Firenze, in persona del Sindaco p.t., costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dall’Avv. Claudio Visciola ed elettivamente domiciliato presso l’Ufficio legale dell’Ente in Firenze, Piazza della Signoria (Palazzo Vecchio);

– l’Assessore alla Sicurezza Sociale del Comune di Firenze, non costituitosi in giudizio;

– la Congregazione di S. Francesco per l’insegnamento della dottrina cristiana, detta “dei Vanchetoni”, in persona del Commissario straordinario, Rag. Ezio Barbieri, non costituitasi in giudizio;

– il Rag. (…), nella sua qualità di Commissario straordinario della Congregazione (…), non costituitosi in giudizio;

quanto al ricorso n. 903/2000, nonché ai primi, secondi e terzi motivi aggiunti al medesimo ricorso, da

(…), in persona del (…),

e dai Signori

(…), nella loro qualità di componenti del Consiglio e Confratelli della Congregazione (…),
tutti rappresentati e difesi dagli Avv.ti Vittorio D. Gesmundo e Giovanni Calugi ed elettivamente domiciliati presso il loro studio in Firenze, Via Gino Capponi n. 26;

contro

– il Sindaco di Firenze, non costituitosi in giudizio;

– il Comune di Firenze, in persona del Sindaco p.t., costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Claudio Visciola e Sergio Peruzzi ed elettivamente domiciliato presso l’Ufficio legale dell’Ente in Firenze, Piazza della Signoria (Palazzo Vecchio);

– la Regione Toscana, in persona del Presidente della Giunta Regionale p.t. in carica, costituitasi in giudizio, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Lucia Bora e Vanna Console ed elettivamente domiciliata presso l’Avvocatura della Regione Toscana in Firenze, Via Cavour n. 18;

– la Congregazione di S. Francesco per l’insegnamento della dottrina cristiana, detta “dei Vanchetoni”, in persona del Commissario straordinario, Rag. Ezio Barbieri, non costituitasi in giudizio;

– il Rag. (…), nella sua qualità di Commissario straordinario della Congregazione (…), non costituitosi in giudizio;

e n. c. di

quanto ai terzi motivi aggiunti al ricorso n. 903/2000

– Istituzione Pubblica di Assistenza e Beneficenza (…), non costituitasi in giudizio;

quanto al ricorso n. 2091/2002 da

(…), in persona (…),

e dai Signori

(…), nella loro qualità di componenti del Consiglio e Confratelli della Congregazione (…),

tutti rappresentati e difesi dagli Avv.ti Vittorio D. Gesmundo e Giovanni Calugi ed elettivamente domiciliati presso il loro studio in Firenze, Via Gino Capponi n. 26;

contro

– il Sindaco di Firenze, non costituitosi in giudizio;

– il Comune di Firenze, in persona del Sindaco p.t., costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Claudio Visciola e Sergio Peruzzi ed elettivamente domiciliato presso l’Ufficio legale dell’Ente in Firenze, Piazza della Signoria (Palazzo Vecchio);

– la Regione Toscana, in persona del Presidente della Giunta Regionale p.t. in carica, costituitasi in giudizio, rappresentata e difesa dall’Avv. Lucia Bora ed elettivamente domiciliata presso l’Avvocatura della Regione Toscana in Firenze, Via Cavour n. 18;

– la Congregazione di (…), in persona del Commissario straordinario, Rag. (…), non costituitasi in giudizio;

– il Rag. (…), nella sua qualità di Commissario straordinario della Congregazione (…), non costituitosi in giudizio;

e n. c. di

– Istituzione Pubblica di Assistenza e Beneficenza (…), non costituitasi in giudizio;

PER L’ANNULLAMENTO

quanto al ricorso n. 2782/1999

– dell’ordinanza n. 4848 del 13 luglio 1999 del Sindaco di Firenze, nella parte in cui il Sindaco ha ordinato “di sciogliere il Consiglio di amministrazione della IPAB …; di nominare il rag. … commissario straordinario dell’IPAB Congregazione di …, per un periodo di quattro mesi dalla data di effettivo insediamento, con il compito di esaminare la situazione complessiva dell’ente, ed in particolare, con la massima celerità quella relativa alla attribuzione e gestione del patrimonio immobiliare abitativo al fine di ricercare un possibile sostegno alla drammatica fase che la situazione abitativa sta vivendo in città. Dovrà essere anche presentata una o più proposte per il futuro dell’ente, da scegliersi tra quelle che la legge prevede, capace di coniugare la trasparenza e la redditività nella gestione dell’attività”;

– di ogni altro atto presupposto, conseguente o altrimenti connesso al precedente e, in particolare della ordinanza n. 5535 del 12 agosto 1999, nella parte in cui il Sindaco ha ordinato che “l’incarico al rag. … di cui all’ordinanza n. 4848/99 concerne in particolare l’esame della situazione relativa alla attribuzione e gestione del patrimonio immobiliare abitativo dell’IPAB in premessa e l’invio delle risultanze di detto esame all’Amministrazione comunale, assessorato politiche sociali”;

quanto al ricorso n. 903/2000

– dell’ordinanza n. 942 dell’11 febbraio 2000 del Sindaco del Comune di Firenze, notificata ai ricorrenti il giorno 21 febbraio 2000, con cui si è ordinato, tra l’altro, “di rinnovare al Rag. … l’incarico di Commissario Straordinario dell’IPAB Congregazione … con il compito di attendere all’amministrazione ordinaria dell’ente e a tutti gli adempimenti amministrativi previsti dalla vigente normativa in materia di IPAB”;

– e di ogni altro atto presupposto, conseguente o altrimenti connesso al precedente, anche sconosciuto ai ricorrenti, e, per quanto occorrer possa:

– della relazione finale redatta dal Commissario Straordinario …;

– dei criteri della Commissione consiliare “servizi socio-sanitari” in materia di indirizzi di riorganizzazione delle IPAB, approvati l’11 luglio 1997, richiamati nella motivazione del provvedimento impugnato;

quanto ai primi motivi aggiunti al ricorso n. 903/2000

– del provvedimento con il quale il Sindaco di Firenze ha prorogato – dopo la scadenza, intervenuta l’11 agosto 2000, di una proroga precedente – la durata dell’incarico del Commissario straordinario della …, nominato con ordinanza n. 4848/99 del Sindaco di Firenze e successivamente prorogato con ordinanza n. 942/00 del Sindaco di Firenze;

quanto ai secondi motivi aggiunti al ricorso n. 903/2000

– del provvedimento con il quale il Sindaco di Firenze ha prorogato – dopo la scadenza intervenuta il 12 febbraio 2001 di una precedente proroga – la durata dell’incarico del Commissario straordinario della …, nominato con ordinanza n. 4848/99 del Sindaco di Firenze e successivamente prorogato con ordinanze n. 942/00 e n. 5682/00 del Sindaco di Firenze;

quanto ai terzi motivi aggiunti al ricorso n. 903/2000

– delle ordinanze n. 5682/2000, n. 1001/2001 e n. 5515/2002 con cui il Sindaco del Comune di Firenze ha rinnovato al rag. …. l’incarico di Commissario straordinario …;

– dell’ordinanza n. 1289 del 26 febbraio 2002, con cui il Sindaco di Firenze ha rinnovato al rag. … di Commissario della Congregazione fino alla decisione del consiglio regionale in ordine alla estinzione della Congregazione stessa;

– della deliberazione n. 303/28 del 22 aprile 2002, con cui il Consiglio comunale di Firenze ha proposto alla Regione Toscana l’estinzione della Congregazione di …;

– del parere favorevole del Commissario straordinario della Congregazione espresso in merito alla proposta di estinzione con la deliberazione n. 1 del 30 gennaio 2002;

– della deliberazione n. 123 del 24 luglio 2002, pubblicata sul Bollettino ufficiale della Regione Toscana n 33 del 14 agosto 2002, con cui il Consiglio regionale ha dichiarato estinta la Congregazione … ed ha trasferito …. i beni dell’ente estinto; – di ogni altro provvedimento ad essi presupposto, consequenziale o comunque connesso, ancorché incognito;

quanto al ricorso n. 2091/2002

– di tutti gli atti già impugnati con i terzi motivi aggiunti al ricorso n. 903/2000;

Visti i ricorsi con i relativi allegati;

Visti i motivi aggiunti al ricorso n. 903/2000 proposti ai sensi della legge n. 205/2000, depositati il 30 ottobre 2000, il 21 marzo 2001 e il 24 ottobre 2002;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Firenze e della Regione Toscana;

Visti gli atti tutti delle cause;

Uditi alla pubblica udienza del 7 febbraio 2007 – relatore il Consigliere Eleonora Di Santo – i difensori delle parti costituite;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO E DIRITTO

1. La presente controversia ha ad oggetto i provvedimenti con cui il Sindaco del Comune di Firenze ha sciolto il Consiglio di amministrazione della Congregazione di … – “tenuto conto sia del mancato perseguimento dei fini statutari che della necessità di verifica della legittimità dello stesso Consiglio di Amministrazione in ordine alla sua elezione e alla sua composizione”, sull’assunto che dall’esame degli atti dell’IPAB risulta: “- che l’insegnamento della dottrina cristiana ai fanciulli della città non è effettuato, in quanto prevalentemente svolto dalle Parrocchie; – che le opere di beneficenza vengono assicurate in modo irrilevante e che la stessa gestione del patrimonio immobiliare dell’IPAB non sembra tenere conto della realtà cittadina in merito all’emergenza degli alloggi, e quindi non consente di ravvisare un concetto di concreta e attiva partecipazione ad una vicenda che costituisce una priorità sociale ineludibile” – e ha commissariato (dal 1999 al 2002) tale Congregazione; la deliberazione con cui il Consiglio Comunale di Firenze ha proposto alla Regione Toscana l’estinzione della detta Congregazione – ai sensi dell’art. 70 della legge n. 6972/1890 e dell’art. 1 della L.R. n. 96/1982 – “in quanto ricorrano più di una delle condizioni previste dalla normativa per poter procedere all’estinzione di un’IPAB stante il venir meno del fine come dimostra il fatto che essa da tempo non svolge alcuna attività, e l’essere divenuta superflua perché al fine dell’insegnamento della Dottrina cristiana provvedono pienamente e stabilmente le Parrocchie”; il parere favorevole espresso dal Commissario straordinario della Congregazione sulla proposta di estinzione ed infine la deliberazione n. 123 del 24 luglio 2002 con cui il Consiglio regionale ha dichiarato estinta la Congregazione … – “in quanto l’IPAB ha cessato da più anni di svolgere le proprie attività e, conseguentemente, sono venute meno le finalità statutarie” – ed ha trasferito all’… i beni dell’ente estinto.

Negli atti introduttivi dei giudizi, i ricorrenti (sia in nome proprio che come legale rappresentante della Congregazione, …., e quali membri del Consiglio di Amministrazione dell’Ente, gli altri) hanno contestato la legittimità dei provvedimenti impugnati, sostenendo, in primo luogo, la natura privata della Congregazione e, di conseguenza, l’assoluta carenza del presupposto essenziale per l’esercizio dei poteri di vigilanza, controllo ed estinzione delle IPAB, previsti dalla legge n. 6972/1890 (c.d. legge Crispi) e dalla legislazione regionale in materia.

I ricorrenti hanno altresì contestato (nella denegata ipotesi che si ritenesse che la Congregazione abbia natura pubblica) la violazione delle norme in materia di IPAB.

2. Va innanzi tutto disposta la riunione dei ricorsi in epigrafe indicati, per evidenti ragioni di connessione oggettiva e soggettiva, affinché vengano decisi con un’unica sentenza.

3. In via preliminare occorre rilevare che le Amministrazioni resistenti hanno eccepito l’inammissibilità dei gravami sulla base dei seguenti argomenti:

a) il Guardiano-Presidente della Congregazione non sarebbe stato autorizzato dal Consiglio di Amministrazione; il Consiglio sarebbe stato “sfiduciato dall’Assemblea generale del 26.11.96”; il Guardiano non avrebbe “più la rappresentanza processuale della Congregazione a far data dalla sostituzione degli organi dell’Ente con il Commissario Straordinario” (cfr. pagg. 14 e 15 della memoria 10 novembre 2006 del Comune);

b) l’incapacità processuale e il difetto di legittimazione ad agire dei ricorrenti sarebbero conseguenza dell’asserita illegittimità dell’elezione degli organi della Congregazione, imputabile, tra l’altro, anche alla mancanza della necessaria qualifica di “fratello effettivo” in capo al Presidente e a tre dei Consiglieri; inoltre il Consiglio è stato sciolto con l’ordinanza n. 4848/1999 che è esecutiva ancorché sia stata impugnata con uno dei ricorsi in esame (n. 2782/1999);

c) infine, i ricorrenti non avrebbero interesse alla decisione dei gravami, “quando è ormai pacifico che l’Ente non solo ha abbandonato le proprie finalità istituzionali, ma ha condotto una gestione patrimoniale talmente inefficiente da impedirgli perfino l’attività di ordinaria manutenzione dei beni immobili” (cfr. pag. 30 della memoria 10 novembre 2006 del Comune).

A riguardo va precisato quanto segue.

E’, in fatto, incontestato che i ricorrenti siano membri del Consiglio di Amministrazione della Congregazione: in quanto tali sono senz’altro legittimati a proporre i ricorsi in esame, in quanto non fanno valere un interesse dell’Ente, ma agiscono anche a difesa di un interesse proprio, e cioè a tutela del proprio (personale) interesse all’eliminazione degli atti che hanno portato alla loro sostituzione quali amministratori dell’Associazione e alla estinzione di quest’ultima.

E’, infatti, pacifico in giurisprudenza che nell’ipotesi di scioglimento e di commissariamento di enti i componenti gli organi disciolti siano legittimati a ricorrere avverso gli atti di scioglimento dell’organo, in quanto tali atti sono lesivi della loro posizione di soggetti titolari dello jus ad officium, nonché di soggetti incardinati in un munus pubblico (cfr., ex multis, TAR Abruzzo, n. 882/02; Cons. St., sez. IV, 28 maggio 1997 n. 582, e 11 febbraio 1998 n. 263).

Né vale opporre che il difetto di legittimazione ad agire dei ricorrenti sarebbe conseguenza dell’asserita illegittimità dell’elezione degli organi della Congregazione.

Infatti, in mancanza di un’espressa impugnazione degli atti della Congregazione relativi all’elezione degli organi per farne constatare l’illegittimità, la qualifica di Consiglieri dei ricorrenti deve essere ritenuta allo stato incontestabile.

Quanto, poi, all’eccepito difetto di interesse, in quanto sarebbe “ormai pacifico che l’Ente non solo ha abbandonato le proprie finalità istituzionali, ma ha condotto una gestione patrimoniale talmente inefficiente da impedirgli perfino l’attività di ordinaria manutenzione dei beni immobili”, è sufficiente rilevare che l’asserito abbandono delle finalità istituzionali da parte della Congregazione non è affatto “pacifico”, essendo contestato dai ricorrenti e costituendo il merito della presente controversia; non può come tale essere confuso con la verifica della sussistenza dei presupposti processuali.

I ricorsi in esame proposti dai ricorrenti nella loro qualità di componenti del Consiglio di Amministrazione sono pertanto senz’altro ammissibili.

Ciò esime il Collegio dal prendere in esame le ulteriori eccezioni di inammissibilità dei ricorsi sollevati dalle Amministrazioni resistenti e indicate in apertura del presente paragrafo.

4. Tutti i provvedimenti amministrativi impugnati hanno come presupposto la natura pubblica della Congregazione: sia l’Amministrazione comunale che la Regione hanno, infatti, espressamente (ed esclusivamente) esercitato i poteri loro attribuiti dalla legge Crispi e dalle leggi regionali (31 dicembre 1982 n. 96 e 3 ottobre 1997 n. 72) in materia di istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza.

Dall’accertamento (anche incidentale) della natura privata della Congregazione consegue il venir meno di questo presupposto essenziale e, quindi, l’illegittimità di tutti gli atti impugnati, in quanto adottati nell’esercizio di poteri attribuiti all’Amministrazione in relazione a soggetti diversi dalla Congregazione.

Ciò premesso, va riconosciuta la possibilità per il Giudice Amministrativo di accertare in via incidentale (ancorché, come nel caso di specie, sulla questione sia pendente giudizio dinanzi al Giudice Ordinario – cfr. Cons. St., sez. V, 1° ottobre 1986 n. 485 – instaurato dinanzi al Tribunale di Firenze dagli odierni ricorrenti con atto di citazione notificato il 27 settembre 1999) la natura privata di una ex IPAB, in quanto incontrovertibilmente l’art. 8, secondo comma, della legge n. 1034/1971, riserva in via esclusiva al Giudice Ordinario soltanto la cognizione delle questioni concernenti lo stato e la capacità dei privati individui, mentre le analoghe controversie riguardanti le persone giuridiche (pubbliche o private che siano) ben possono essere in via incidentale conosciute dai Giudici Amministrativi (cfr., Cons. St., sez. IV, n. 249/2002; Corte Cost. 16 ottobre 1990 n. 466; TAR Abruzzo, Pescara, 27 settembre 2002 n. 882; TAR Marche n. 738/2001; TAR Toscana, sez. II, 29 aprile 1995 n. 219).

E la possibilità che il Giudice Amministrativo possa decidere incidenter tantum e senza valore extraprocessuale siffatte questioni, ai limitati fini della soluzione della controversia demandata in via principale, esclude che si verta in una ipotesi di sospensione necessaria ex art. 295 c.p.c..

A ciò va aggiunto che la giurisprudenza ha già chiarito che a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 396 del 1988, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della pubblicizzazione coattiva degli Enti di assistenza previsti dalla c.d. legge Crispi e cioè dell’art. 1 della legge 17 luglio 1890 n. 6972, nella parte in cui non prevede che le IPAB regionali e infraregionali già esistenti possano continuare a sussistere assumendo la personalità giuridica di diritto privato, l’accertamento della natura pubblica o privata di una delle predette istituzioni va effettuato anche direttamente dal Giudice sulla base dei criteri indicati dal D.P.C.M. 16 febbraio 1990 (peraltro ricognitivi dei vigenti principi generali dell’ordinamento, emergenti, in materia di IPAB regionali ed infraregionali, a seguito della predetta sentenza della Corte Costituzionale) che ha stabilito gli specifici presupposti cui avere riguardo (così Cass. pen. 5 marzo 1999 n. 3035, e SS.UU. 6 giugno 1995 n. 6342; TAR Abruzzo, Pescara, 27 settembre 2002 n. 882).

Ed è stato, inoltre, ripetutamente precisato (cfr., ex multis, Cass., SS.UU., 29 marzo 1989 n. 1545) che tale accertamento va effettuato dal Giudice sulla base dei seguenti indici di riconoscimento, fra loro alternativi:

– la costituzione dell’Ente da parte di soggetti privati o religiosi;

– un patrimonio composto, anche in parte, da fondi di provenienza privata;

– la nomina (anche solo in parte) privata dei membri degli organi direttivi dell’Ente;

– l’irrilevanza della denominazione assunta dagli Enti e della stessa volontà dei loro organi direttivi (cfr., Cass., SS.UU., 7 maggio 1998 n. 4631; 3 dicembre 1990 n. 11564).

Ed è incontestato tra le parti, come rilevato dai ricorrenti:

– che la Congregazione …. è stata costituita ad iniziativa di privati (il Beato Ippolito Galantini, come emerge dalle tavole della fondazione della Congregazione e dall’art. 1 dello statuto);

– che gli organi dell’Ente sono composti dagli associati (assemblea generale), o di esclusiva nomina del corpo sociale (il Guardiano ed il Consiglio), oppure sono nominati dall’organo amministrativo (il Provveditore, il Camarlingo-tesoriere, il Segretario ed il Sacrestano che è nominato dal Guardiano). E’ di nomina esterna soltanto il Correttore che, ai sensi dell’art. 26 dello statuto, è un sacerdote “nominato dalla Autorità Ecclesiastica”;

– che ai sensi del secondo comma dell’art. 1 dello Statuto, “pel raggiungimento dei suoi fini la Congregazione, si vale delle sue rendite del patrimonio e delle offerte dei fratelli e di altri benefattori”. Non è previsto alcun intervento pubblico nel finanziamento dell’Associazione;

– che l’Associazione ha principalmente finalità religiose, ovvero “il perfezionamento cristiano dei fratelli ascritti, e l’insegnamento della dottrina cristiana ai fanciulli della città, congiuntamente ad opere di beneficenza” (primo comma dell’art. 1 dello Statuto);

– che l’Associazione è fortemente legata alla Chiesa Cattolica: è stata fondata dal Beato Ippolito Galantini, è stata istituita per il perseguimento dei fini sopra indicati, il suo Statuto prevede che i Confratelli conformino la loro vita ai principi cristiani (art. 3) e che l’Autorità Ecclesiastica nomini un sacerdote con la funzione di Correttore (art. 26).

E’ pacifico, inoltre, che l’accertamento della natura privata di un Ente “deve essere compiuto alla stregua dello Statuto” (cfr., ex multis, Cass., SS.UU., 6 giugno 1995 n. 6342 e TAR Toscana n. 219/95) e che debba esser riconosciuta natura privata ad un Ente che “trae origine da un atto privato di liberalità, è strutturato in modo da attribuire rilevanza per gli atti più importanti alla volontà dei soci – benefattori e trae i mezzi per svolgere i propri compiti di istituto da fonti private di finanziamento”. E’ irrilevante, invece, che l’Ente continui (o meno) a perseguire finalità di assistenza e di beneficenza (cfr., Cass., SS.UU. 15 marzo 1999 n. 139 e n. 6342/1995).

La Congregazione … risulta, pertanto, avere indubbiamente natura privata essendo in possesso di tutti i requisiti individuati dalla giurisprudenza (e ribaditi dal D.P.C.M. 16 febbraio 1990), ai fini dell’accertamento della natura privata di un Ente.

Né si frappone a tale conclusione il richiamo fatto dalla difesa dell’Amministrazone comunale ad una certificazione dell’11 gennaio 1966 della Prefettura di Firenze, ad una comunicazione del 9 dicembre 1987 del Presidente della Congregazione ed ad una deliberazione della Giunta Regionale del 29 dicembre 1987, in cui l’Ente viene qualificato come pubblico.

Infatti, come rilevato dai ricorrenti, senza considerare la circostanza che questi tre documenti sono tutti anteriori alla sentenza della Corte Costituzionale n. 396/1988 (prima della quale le IPAB erano inevitabilmente pubbliche), occorre ricordare che – per pacifica giurisprudenza (della Corte Costituzionale, della Cassazione e dei Giudici Amministrativi) – gli Enti hanno un vero e proprio diritto al riconoscimento della loro “originaria natura” che nessun provvedimento amministrativo può eliminare.

Dalla natura privata della Congregazione, accertata in via incidentale in questo giudizio, consegue la fondatezza delle censure proposte con i tre ricorsi indicati in epigrafe in ordine alla assoluta carenza di presupposti per l’esercizio dei poteri in virtù dei quali le Amministrazioni hanno prima commissariato e poi estinto la Congregazione. Stante, infatti, la natura privata della Congregazione, le Amministrazioni resistenti non erano titolari di alcuno dei poteri previsti dalla c.d. legge Crispi e dalle altre norme in materia di IPAB e, quindi, tutti provvedimenti impugnati sono illegittimi per carenza dei presupposti.

Né può in contrario fondatamente sostenersi che le Amministrazioni potrebbero esercitare i poteri che la legge conferisce loro nei confronti delle IPAB finchè la natura privata dell’Ente non sia stata accertata.

L’accertamento della natura privata di un’ex IPAB effettuato in questa sede (seppure incidentalmente) ha infatti valore meramente dichiarativo e non costitutivo dello status del soggetto interessato e, pertanto, la Congregazione … deve essere considerata privata non dal momento del presente accertamento ma fin dalle sue origini (cfr., ex multis, Cassaz. Civile, sez. lav., 19 maggio 2003 n. 7843; TAR Toscana, sez. II, 29 aprile 1995 n. 219).

Conseguentemente ben poteva impugnare i provvedimenti adottati dalle Amministrazioni comunali e regionali sulla base della c.d. legge Crispi e delle leggi regionali citate, sostenendone l’illegittimità in considerazione dalla propria natura privata, che la sottrae all’esercizio di tali poteri.

Inoltre, il valore meramente dichiarativo e non costitutivo dell’accertamento della natura privata di un’ex IPAB, da effettuare, come si è detto, sulla base dei criteri elaborati dalla giurisprudenza (e recepiti nel D.P.C.M. 16 febbraio 1990), rende del tutto irrilevante – si ribadisce – che l’Ente continui (o meno) a perseguire finalità di assistenza e beneficenza.

Lo svolgimento dell’attività di assistenza e beneficenza, quale requisito richiesto dal D.P.C.M. 16 febbraio 1990 per il riconoscimento della natura giuridica privata delle IPAB, rileva ai soli fini dell’accertamento in via amministrativa della natura privata dell’Ente, in quanto se viene meno lo svolgimento di tale attività cade il presupposto dell’intervento della Regione ai sensi del citato D.P.C.M., che contiene indicazioni alle Regioni affinché possano accertare, nell’esercizio delle funzioni loro attribuite in materia di assistenza e beneficenza e previa presentazione di specifica istanza da parte dell’Ente, la natura privata dell’IPAB.

Né, ugualmente, può fondatamente sostenersi da parte dell’Amministrazione regionale che l’accertata natura privata della Congregazione sarebbe irrilevante ai fini del decidere in quanto l’impugnato provvedimento di estinzione sarebbe stato adottato nell’esercizio dei poteri tutori della Regione “sulle istituzioni a carattere assistenziale, anche se in possesso dei requisiti per la privatizzazione” confermati dall’art. 16 del D. Lgs. 4 maggio 2001 n. 2007.

Il richiamo del D. Lgs. n. 2007/2001 nei termini suindicati è inconferente e, comunque, non giova alla tesi delle Amministrazioni resistenti.

La normativa in questione impone la trasformazione di tutte le IPAB esistenti o in aziende di servizio alla persona o in persone giuridiche di diritto privato prescindendo dalla presentazione di specifiche istanze di depubblicizzazione, ma solo previo accertamento (da effettuarsi d’ufficio) del possesso di quei requisiti richiesti dal predetto D.P.C.M. del 16 febbraio 1990. Invero, sia l’art. 15 che l’art. 16 del D. Lgs. n. 207/2001 escludono dalla trasformazione in aziende di servizio alla persona le istituzioni nei confronti delle quali siano accertate le caratteristiche di cui al D.P.C.M. 16 febbraio 1990; e tale accertamento va effettuato al momento della trasformazione, che può essere disposta o a domanda o d’ufficio al termine del periodo transitorio, e cioè decorsi due anni dall’entrata in vigore del D. Lgs. n. 2007/2001 (cfr., TAR Abruzzo, Pescara, 27 settembre 2002 n. 882).

Va, inoltre, precisato che la disciplina relativa alle IPAB contenuta nella legge n. 6972/1890 è stata abrogata dall’art. 30 della legge 8 novembre 2000 n. 328, e dall’art. 21 del D. Lgs. 4 maggio 2001 n. 207; quest’ultimo articolo ha, però, testualmente previsto che nel periodo transitorio di tali istituzioni (e cioè, come si è detto, nei due anni dall’entrata in vigore del D. Lgs. in questione) seguitano ad applicarsi le disposizioni previgenti, in quanto non contrastanti “con i principi della libertà dell’assistenza, con i principi della legge e con le disposizioni del presente decreto legislativo”.

Ciò comporta che, non essendo alla data del provvedimento di estinzione adottato dalla Regione nel 2002 ancora scaduto il periodo transitorio previsto dal D. Lgs. n. 2007/2001, anche ove alla vicenda in questione fosse astrattamente applicabile la vecchia legge del 1890, con esclusione delle disposizioni contrastanti oltre che con le disposizioni introdotte dalla nuova normativa, anche solo con il principio della libertà dell’assistenza, tale applicabilità sarebbe comunque subordinata agli esiti del preventivo accertamento sul possesso o meno da parte della Congregazione delle caratteristiche di cui al predetto D.P.C.M., in quanto solo nella denegata ipotesi in cui non emergesse la natura privata dell’istituzione in parola che condurrebbe necessariamente alla successiva depubblicizzazione della stessa, la normativa in questione sarebbe – per le ragioni innanzi indicate – applicabile.

E’, inoltre, irrilevante il richiamo effettuato dalla difesa della Regione (senza peraltro citare norme) ai poteri di cui l’Amministrazione regionale sarebbe titolare in ordine alle persone giuridiche private, in quanto l’esercizio dei poteri di vigilanza e di controllo attribuiti all’Autorità governativa dagli artt. 25 e 27 del codice civile è subordinato all’esistenza di presupposti diversi da quelli richiamati nei provvedimenti impugnati, e tali presupposti avrebbero dovuto essere verificati nell’ambito di un procedimento strutturato in maniera radicalmente diversa ex art. 6 del D.P.R. 10 febbraio 2000 n. 361.

A ciò si aggiunga che l’art. 7 del richiamato D.P.R. riconosce alle Regioni i poteri in ordine alle “persone giuridiche private che operano nelle materie attribuite alla competenza delle regioni dall’art. 14 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977 n. 616”.

Ai sensi dell’art. 14 del D.P.R. n. 616/1977, “è delegato alle regioni l’esercizio delle funzioni amministrative di organi centrali e periferici dello Stato concernenti le persone giuridiche di cui all’art. 12 del codice civile che operano esclusivamente nelle materie di cui al presente decreto e le cui finalità statutarie si esauriscono nell’ambito di una sola Regione”.

Poiché il “perfezionamento cristiano” e “l’insegnamento della Dottrina Cristiana ai fanciulli della città” esulano dalle materie delegate dallo Stato alle Regioni con il D.P.R. n. 616/1977, la Regione – dopo aver ritenuto che la Congregazione non perseguiva più scopi di assistenza e beneficenza – non aveva nei suoi confronti – come ulteriormente dedotto dai ricorrenti – neppure il generale potere di vigilanza e controllo previsto per le persone giuridiche private operanti nelle materie di cui all’art. 14 del D.P.R. n. 616/1977.

In ogni caso – e l’argomento è dirimente – dal tenore dei provvedimenti impugnati emerge chiaramente che né il Comune né la Regione hanno inteso esercitare poteri pubblici diversi da quelli che la legge attribuisce loro in relazione ad Enti che operino in materia di assistenza e beneficenza e che abbiano natura pubblica. Gli atti impugnati risultano, infatti, emessi nell’esercizio di poteri e secondo procedure previste dalla legge n. 6972/1890 e dalle leggi regionali 31 dicembre 1982 n. 96 e 3 ottobre 1997 n. 72, sul dichiarato presupposto della pubblicità dell’Ente cui tali atti erano diretti.

Tutti i provvedimenti impugnati sono, pertanto, illegittimi per carenza dei presupposti.

Il motivo esaminato è assorbente di ogni altro e la sua fondatezza determina l’accoglimento dei ricorsi nn. 2782/99 e 903/00, con annullamento dei provvedimenti con gli stessi impugnati, e l’improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse del ricorso n. 2091/02 con cui sono stati impugnati gli atti già impugnati con i terzi motivi aggiunti al ricorso n. 903/00.

5. Quanto alle spese di giudizio, sussistono tuttavia equi motivi per disporne la compensazione tra le parti.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale della Toscana – Sezione I, dopo aver previamente riunito i ricorsi indicati in epigrafe, così decide:

– accoglie i ricorsi nn. 2782/99 e 903/00 e, per l’effetto, annulla i provvedimenti con gli stessi impugnati;

– dichiara il ricorso n. 2091/02 improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.

Ordina che la presente sentenza venga eseguita dalle Autorità Amministrative.

Spese compensate.

Così deciso in Firenze, in data 7 febbraio 2007 dal Tribunale amministrativo regionale della Toscana in Camera di consiglio, con l’intervento dei signori:

Giovanni Vacirca Presidente

Saverio Romano Consigliere

Eleonora Di Santo Consigliere rel. est.

F.to Giovanni Vacirca F.to Eleonora Di Santo

F.to Mario Uffreduzzi – Direttore della Segreteria

DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 8 MAGGIO 2007