Sentenza 08 luglio 2016, n.13970
Corte di Cassazione, sentenza 8 luglio 2016, n.13970: "Svolgimento di attività ricettizie presso immobili di proprietà di enti religiosi: accertamento in concreto dell'esercizio delle stesse con finalità commerciali ai fini dell'applicazione dell'ICI".
(omissis)
Svolgimento del processo
La controversia concerne l'impugnazione di un avviso di accertamento ICI per l'anno 2006 relativamente a due immobili di proprietà dell'ente religioso siti in Roma via (…) per i quali l'ente reclamava il diritto all'esenzione prevista dall'art. 7, comma 1, lettera i), d.lgs. n. 504 del 1992.
La Commissione adita accoglieva il ricorso e la decisione era confermata in appello con la sentenza in epigrafe ad avviso della quale l'ente aveva provato la sussistenza tanto del requisito soggettivo, quanto del requisito oggettivo per il diritto all'esenzione pretesa.
Avverso tale sentenza Roma Capitale (già Comune di Roma), propone ricorso per cassazione con unico motivo.
L'ente religioso resiste con controricorso, illustrato anche con memoria.
Motivazione
1. Con l'unico motivo di ricorso, l'ente locale denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 7, comma 1, lettera i), d.lgs. n. 504 del 1992 per aver il giudice di merito affermato che il requisito oggettivo sussisteva per due delle tre unità immobiliari oggetto dell'accertamento, perché destinate ad abitazione delle suore, e per la terza, presso la quale era svolta attività ricettiva, perché il diritto all'esenzione «non si perde in ragione del parziale utilizzo a fini commerciali».
2. Premesso che avendo la parte ricorrente fatto oggetto specifico di impugnazione esclusivamente la porzione immobiliare adibita ad attività ricettiva, con la conseguente formazione del giudicato in ordine alla intassabilità delle porzioni immobiliari destinate ad abitazione delle suore, il motivo in esame è fondato sulla base del costante orientamento di questa Corte sul punto.
2.1. «In tema d'imposta comunale sugli immobili, deve essere escluso dall'esenzione un fabbricato nel quale un ente religioso svolga un'attività a dimensione imprenditoriale anche se non prevalente essendo la predetta esenzione prevista in via generale solo per gli immobili destinati direttamente ed in via esclusiva allo svolgimento di determinate attività tra le quali quelle dirette all'esercizio del culto ed alla cura delle anime, alla formazione del clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla catechesi e all'educazione cristiana mentre per gli immobili in cui si svolgono attività diverse dalla religione e dal culto è necessario verificare se tali attività, ancorché esercitate da enti religiosi siano svolte per lo scopo istituzionale protetto ai sensi del d.lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i) nella formulazione anteriore alle modificazioni introdotte dalla legge n. 248 del 2005. (Nella fattispecie l'esenzione è stata esclusa per un fabbricato gestito da un ente religioso destinato a "casa religiosa di ospitalità")» (Cass. n. 16728 del 2010; nello stesso senso v. anche Cass. n. 23584 del 2011 e Cass. n. 5041 del 2015).
2.2. In buona sostanza, secondo la Corte, «in tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), l'esenzione dall'imposta prevista dall'art. 7, comma 1, lett. i), del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, è subordinata alla compresenza di un requisito soggettivo, costituito dallo svolgimento di tali attività da parte di un ente che non abbia come oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali (art. 87, comma primo, lett. c), del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, cui il citato art. 7 rinvia), e di un requisito oggettivo, rappresentato dallo svolgimento esclusivo nell'immobile di attività di assistenza o di altre attività equiparate, il cui accertamento deve essere operato in concreto, verificando che l'attività cui l'immobile è destinato, pur rientrando tra quelle esenti, non sia svolta con le modalità di un'attività commerciale» (Cass. n. 14226 del 2015).
2.3. Si tratta, quindi, di un accertamento di fatto da parte del giudice circa l'esercizio con modalità "non commerciali" di una determinata attività che secondo la norma potrebbe astrattamente considerarsi esente; questa Corte non ha mancato di evidenziare che «la sussistenza del requisito oggettivo – che in base ai principi generali è onere del contribuente dimostrare – non può essere desunta esclusivamente sulla base di documenti che attestino "a priori" il tipo di attività cui l'immobile è destinato, occorrendo invece verificare che tale attività, pur rientrante tra quelle esenti, non sia svolta, in concreto, con le modalità di un'attività commerciale» (Cass. n. 5485 del 2008).
3. Nel caso di specie la sentenza impugnata ha affermato il diritto all'esenzione degli immobili destinati ad attività ricettiva in ragione della ritenuta sussistenza "in astratto" del requisito oggettivo, mentre avrebbe dovuto accertare se le predette attività fossero in concreto esercitate con modalità commerciali: il giudice di merito, cioè, avrebbe dovuto accertare con criteri di rigorosità, seguendo le indicazioni tracciate dalla circolare ministeriale n. 2/DF del 2009, l'esistenza di determinate caratteristiche della "clientela" ospitata nella struttura ricettiva, la durata dell'apertura della struttura durante l'anno solare e, soprattutto, il fatto, definito "determinante", che le cosiddette "rette" fossero di importo significativamente ridotto rispetto ai "prezzi di mercato" (con il chiaro richiamo alla necessità che l'attività in questione non alteri il regime di libera concorrenza, per evitare che l'esenzione tramuti in "aiuto di stato").
4. Quest'ultima circostanza – la prospettiva reale dell'apertura di una procedura d'infrazione per sospetti "aiuti di stato" – sta alla base della repentina modifica legislativa della norma di cui all'art. 7, comma 2 bis, d.l. n. 203 del 2005 (norma alla quale l'Istituto fa appello per suffragare le proprie ragioni), con il d.l. n. 222 del 4 luglio 2006.
4.1. La possibile apertura di una procedura di infrazione da parte della Commissione europea è testimoniata dai solleciti di chiarimenti inviati da quest'ultima ai Governo italiano: a) prima il 5 novembre 2007 con lettera avente ad oggetto, tra l'altro, «CP71/2006 – Italia: Esenzione ICI a favore di enti religiosi …» e poi b) il 12 ottobre 2010 con lettera avente ad oggetto: «Aiuto di Stato C 26/2010 (ex NN 43/2010 (ex CP 71/2006) – Italia, Regime riguardante l'esenzione dall'ICI per gli immobili utilizzati da enti non commerciali per fini specifici».
4.2. Siffatta situazione deve portare a ritenere che la disposizione di cui all'art. 7, comma 2 bis, d.l. n. 203 del 2005 non fosse comunitariamente conforme. Questa norma, peraltro, essendo rimasta vigente per un tempo breve rispetto all'annualità d'imposta non è idonea a determinare il preteso regime di esenzione.
5. Pertanto il ricorso deve essere accolto nei sensi e nei limiti di cui in motivazione e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio della causa alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio in diversa composizione, che provvederà anche in ordine alle spese della presente fase del giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio in diversa composizione.
Autore:
Corte di Cassazione - Civile
Dossier:
_Chiesa cattolica_, Confessioni religiose, Enti religiosi, Italia, Turismo religioso
Nazione:
Italia
Parole chiave:
Ente religioso, Porzione immobiliare, Attività di dimensione imprenditoriale, Requisito oggettivo, del d.lgs. n. 504 del 1992, lett. i), comma 1, Esenzione ex art. 7, Attività ricettiva, Accertamento in concreto, Suore, Tributi, Ici
Natura:
Sentenza