Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 19 Giugno 2006

Sentenza 08 febbraio 2006, n.2757

Corte di Cassazione. Sezione Lavoro. Sentenza 8 febbraio 2006, n. 2757: “Perdita dello status clericale e ricongiunzione presso un’unica gestione dei periodi di contribuzione obbligatoria versati al Fondo di previdenza per il clero”.

LA SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE – SEZIONE LAVORO

composta dai seguenti Magistrati:
I. Dott. Erminio Ravagnani – Presidente
2. ” Alberto Spanò – Consigliere
3. ” Donato Figurelli – Consigliere
4. ” Attilio Celentano – Consigliere
5. ” Alessandro De Renzis – Rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

C. C., elettivamente domiciliato in Roma, Via F. Paulucci de’ Calboli 9, presso lo studio dell’Avv. Piero Sandulli, che lo rappresenta e difende per procura in calce al ricorso
Ricorrente

CONTRO

ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE – INPS, in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, Via della Frezza 17, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Antonino Sgroi e Fabio Fonzo per procura in atti
Costituito con procura

per la cassazione della sentenza n. 114/02 della Corte di Appello di Roma del 30.10.2001/17.1.2002 nella causa iscritta al R.G. n. 6612 dell’anno 2000.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 23.11.2005 dal Cons. Dott. Alessandro De Renzis;
Udito l’Avv. Piero Sandulli per il ricorrente;
Sentito il P.M., in persona del Sost. Proc. Gen. Dott. Pietro Abbritti, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso, ritualmente depositato, C. C., esponeva di essere dipendente della Camera dei Deputati e di essere stato iscritto quale sacerdote secolare allo speciale Fondo di previdenza per il clero, nel quale erano stati versati i contributi previdenziali obbligatori ai sensi delle leggi n. 579 del 1961 e n. 903 del 1973, per il periodo dal 1°.6.1965 al 31.12.1973.
Ciò premesso, chiedeva la ricongiunzione dei suddetti periodi assicurativi ai sensi dell’art. 2 della legge n. 29 del 1979 per accentrare presso un’unica gestione previdenziale le diverse forme di contribuzione al fine di conseguire una unica pensione.
Si costituiva l’INPS contestando la fondatezza del ricorso e chiedendone il rigetto.
All’esito il Giudice del Lavoro del Tribunale di Roma con sentenza n. 28144 del 16.10.2000 accoglieva il ricorso dichiarando il diritto del ricorrente alla richiesta ricongiunzione.
Tale decisione, a seguito di appello proposto dall’INPS, veniva riformata dalla Corte di Appello di Roma con sentenza n. 114 del 2002, che respingeva l’originaria domanda del ricorrente in considerazione della genericità dei riferimenti alla specifica situazione nella quale si trovava il C. e al titolo in base al quale erano stati accreditati i contributi nel Fondo per il Clero, sicché mancava la prova del presupposto cui la legge n. 29 del 1979 condiziona la possibilità di ricongiunzione.
Contro tale sentenza ricorre per cassazione il C. con due motivi, illustrati con memoria ex art. 378 C.P.C.
L’INPS si è costituito con procura.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 2 della legge n. 29 del 1979, nonché dell’art. 5 comma I e 6 della legge n. 903 del 1971 (art. 360 n. 3 C.P.C.).
Il C. sostiene che il giudice di appello non ha fatto corretta applicazione delle richiamate norme, ritenendo che tra i destinatari del beneficio, di cui alla legge n. 29 del 1979, riguardante la possibilità di ricongiunzione presso una unica gestione di tutti i periodi di contribuzione obbligatoria, non rientrassero i sacerdoti ovvero i sacerdoti ridotti allo stato laicale.
A conforto di tale assunto il ricorrente rileva che la compatibilità dell’iscrizione al fondo del clero secolare, prevista dall’art. 5 della legge istituiva dello stesso fondo, con altre forme di iscrizione obbligatoria, consente ai sacerdoti di ottenere detto beneficio. Invoca sul punto alcuni precedenti giurisprudenziali di questa Corte.
Con il secondo motivo il ricorrente lamenta vizio di motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 n. 5 C.P.C.)
Al riguardo il C. deduce contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata, laddove la Corte territoriale, da un lato, afferma che normalmente l’attività dei sacerdoti non è assimilabile a quella resa dai lavoratori dipendenti, salvo che il sacerdote abbia instaurato un rapporto di lavoro subordinato; dall’altra, viceversa, sostiene che, nel caso in esame, manchi la prova dei presupposto su cui la legge n. 29 del 1979 condiziona la possibilità di ricongiunzione.
Aggiunge che stabilire se il sacerdote abbia o meno prestato attività all’interno dell’ordinamento canonico, contrariamente a quanto affermato apoditticamente dalla Corte di Appello, non rileva, in quanto il C. aveva provveduto a versare i contributi all’assicurazione generale obbligatoria, in qualità di dipendente della Camera dei Deputati, non come sacerdote che prestasse attività all’esterno dell’ordinamento canonico.
Tale circostanza, ad avviso del ricorrente, completamente ignorata dalla Corte di Appello, ove esaminata, avrebbe certamente portato al riconoscimento a favore del C. del diritto alla ricongiunzione, ai sensi dell’art. 2 della legge n. 29 del 1979, presso l’INPS, del periodo di iscrizione del medesimo al Fondo di Previdenza per il Clero.

2. I motivi, che possono essere esaminati congiuntamente per la loro intima connessione, sono fondati alla stregua delle considerazioni che seguono.
Ai fini della soluzione del caso di specie possono trarsi utili argomenti dalla giurisprudenza di questa Corte, che, nel trattare la questione dell’operatività della maggiorazione di cui all’art. 6 della legge n. 140 del 1985 a favore degli appartenenti alle categorie di cui alla legge n. 336 del 1970 (e successive modificazioni), ha espresso due indirizzi.
Un primo indirizzo sostiene che il beneficio anzidetto non trova applicazione per i soggetti che fruiscono delle provvidenze di cui alla legge n. 903 del 1973, istitutiva del fondo di assicurazione obbligatoria per il clero, che disciplina in modo compiuto ed autonomo il trattamento previdenziale dei ministri di culto, rinviando (art. 17) all’A.G.O., soltanto per le modalità di erogazione (Cass. sentenza n. 11167 del 1992).
Un secondo indirizzo, di carattere maggioritario, afferma che il detto beneficio è applicabile alle pensioni erogate ai sacerdoti e ai ministri di culto dal Fondo di previdenza per il clero secolare e per i ministri di culto delle religioni diverse dalla cattolica, tenuto conto del rinvio (formale e non ricettizio), operato dall’art. 27, 1° comma- della legge n. 903 del 1973, e atteso che l’iscrizione a tale Fondo (pur compatibile, ai sensi dell’art. 5, 5° comma- della legge n. 903 del 1973, con l’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e superstiti e con altre forme di previdenza sostitutive di quest’ultima fiche ne comportino l’esonero) rientra fra le “iscrizioni assicurative obbligatorie di lavoratori dipendenti e autonomi o esercenti libere professioni” considerate, ai fini dell’operatività del beneficio, dal comma 4 dell’art. 6 della legge n. 140 del 1985 (Cass. sentenza n. 11577 del 1995; sentenza n. 4906 del 1995; sentenza n. 3846 del 1997).
Quest’ultimo orientamento va ribadito in questa sede e può essere ritenuto applicabile anche alla fattispecie in esame, in ordine alla quale si discute, come già detto, del diverso beneficio della ricongiungibilità, ex art. 2 della legge n. 29 del 1979, presso una unica gestione di tutti i periodi di contribuzione obbligatoria versati dai sacerdoti ovvero dai i sacerdoti ridotti allo stato laicale.
Quest’ultimo indirizzo, diversamente dal primo, che trae argomenti esclusivamente dalla disposizione di cui aIl’art. 17 della legge n. 903 del 1973, interpretata nel senso che l’erogazione di tali pensioni è analoga nelle modalità di corresponsione a quelle liquidate nel sistema dell’assicurazione generale obbligatoria, ma non che il loro regime giuridico è analogo a quello dell’A.G.O, è fondato sull’interpretazione globale e non frammentaria della normativa di cui alla legge n. 903 del 1973. Tale legge, come già detto, disciplina il Fondo di previdenza del clero e dei ministri di culto delle religioni diverse da quella cattolica, al quale sono iscritti obbligatoriamente i sacerdoti secolari, che non siano titolari di un beneficio ecclesiastico, ed i ministri di culto delle altre confessioni religiose, che siano cittadini italiani e risiedano nel territorio della Repubblica.
La soluzione adottata dà opportuno rilievo alla disposizione di cui all’art. 27 della legge, nella parte in cui rinvia relativamente alle prestazioni previste dal Fondo ai benefici e ai privilegi stabiliti dalle leggi che regolano l’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, rinvio che va considerato di natura formale e non ricettizia.
Alla stregua di tale ricostruzione l’anzidetto rinvio formale non impedisce che la normativa successiva, come quella in esame di cui alla legge n. 29 del 1979, istituendo un beneficio per i trattamenti pensionistici dell’assicurazione obbligatoria, possa prevedere per il medesimo beneficio un ambito tale da escluderne il trattamento previdenziale di cui alla stessa legge n. 903 del 1973. Tuttavia ciò non può affermarsi con riguardo all’art. 2 della legge n. 29 del 1979, che riconosce al lavoratore, il quale possa far valere periodi di iscrizione nell’A.G.O. ovvero in forme che abbiano dato luogo all’esclusione o all’esonero di detta assicurazione, la possibilità di chiedere in qualsiasi momento, ai fini del diritto e della misura di un’unica pensione, la ricongiunzione in cui risulti iscritto all’atto della domanda, di tutti i periodi di contribuzione obbligatoria, volontaria o figurativa.
Tale norma, in mancanza di un’espressa esclusione del sistema previdenziale di cui alla legge n. 903 del 1973, non è interpretabile in senso restrittivo, in modo da ritenere che i sacerdoti secolari e i ministri di culto non cattolici non siano ricompresi tra i destinatari del beneficio della ricongiunzione dei periodi relativi al versamento di contributi al Fondo di previdenza per il clero, e in considerazione del carattere obbligatorio – ai sensi dell’art. 5-1° comma – della legge n. 903 del 1973 – dell’iscrizione al Fondo e, nonostante la specificità della loro attività, della riconducibilità dei sacerdoti e dei ministri di culto predetti nella ampia categoria “dei lavoratori dipendenti e autonomi o esercenti libere professioni” (in questo senso Cass. sentenza n. 4906 del 1995 e n. 11577 del 1995 sia pure con riferimento alla disciplina di cui all’art. 6-4° comma – della legge n. 140 del 1985, i cui principi possono considerarsi validi, come già detto, anche in relazione al beneficio della ricongiunzione contributiva).
Né assume decisivo rilievo, ai fini dell’esclusione del beneficio in questione, la circostanza che l’iscrizione – prevista dall’art. 5-5° comma – della legge n. 903 del 1973- risulti compatibile con altra iscrizione presso l’A.G.O. o con altre forme sostitutive di quest’ultima o che ne comportino l’esclusione o l’esonero.
Neppure, agli anzidetti fini del non riconoscimento dello stesso beneficio, possono trarsi argomenti dal 6° comma dello stesso art. 5, che esclude dall’A.G.O. i sacerdoti che prestino attività all’interno dell’ordinamento canonico.
L’interpretazione non restrittiva dell’art. 2 della legge n. 29 del 1979, in relazione alla legge n. 903 del 1973, è da condividere, anche per il fatto che l’opposta opzione interpretativa comporterebbe dubbi di legittimità costituzionale di dette norme in relazione all’art. 3 della Costituzione. Costituisce invero principio incontestabile, da ribadire anche in questa sede, che qualora una norma sia suscettibile di più interpretazioni, di cui una con significato costituzionalmente illegittimo, il dubbio è soltanto apparente e va superato e risolto con una lettura della stessa norma in senso conforme alla Costituzione (c.d. intepretazione adeguatrice affermata più volte da questa Corte: ex plurimis Cass. S.U. n. 674 del 1971; Cass. n. 4906 del 1995; Cass. n. 3846 del 1997.)
Alla stregua delle esposte considerazioni può dirsi che l’impugnata sentenza non ha fatto corretta applicazione della richiamata normativa, anche in relazione alla circostanza relativa allo svolgimento o meno e alle relative modalità da parte del C. di attività lavorativa all’interno dell’ordinamento canonico, non essendo tale presupposto richiesto dalla stessa normativa ai fini della ricongiunzione dei contributi versati al Fondo clero con altro trattamento di previdenza rientrante nell’assicurazione generale obbligatoria per invalidità, vecchiaia e superstiti.

3. In conclusione il ricorso va accolto e per l’effetto l’impugnata sentenza va cassata, con rinvio della causa alla Corte di Appello di Roma in diversa composizione, che procederà a nuovo esame tenendo conto di quanto statuito in precedenza e dando, poi, corretta e completa motivazione della decisione.
Il giudice di rinvio provvederà anche sulle spese del presente giudizio di cassazione ai sensi dell’art. 385 ultimo comma C.P.C.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa e rinvia, anche per le spese, alla Corte di Appello di Roma in diversa composizione.

Così deciso in Roma addì 23 novembre 2005

II Presidente
Il Consigliere relatore estensore