Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 16 Settembre 2006

Sentenza 08 agosto 2006, n.4783

Consiglio di Stato. Sezione IV. Sentenza 8 agosto 2006, n. 4783: “Cappellani militari: collocamento in congedo in seguito a giudizio di inidoneità dell’Ordinario Militare”.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente

D E C I S I O N E

sul ricorso in appello iscritto al NRG. 6240 dell’anno 2005 proposto da D. G., rappresentato e difeso dall’avvocato Vincenzo Cocuzza, con il quale è elettivamente domiciliato in Roma, viale Angelico n. 38 (presso l’avvocato Luigi Napoletano);

contro

MINISTERO DELLA DIFESA, in persona del ministro in carica, e BRIGATA BERSAGLIERI […], in persona del legale rappresentante in carica, entrambi rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici sono domiciliati ope legis in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

per l’annullamento:
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sez. VI, n. 849 del 7 febbraio 2005;
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa – Comando Brigata Bersaglieri […];
Vista la memoria difensive dell’appellante;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla pubblica udienza del 27 gennaio 2006 il consigliere Carlo Saltelli;
Uditi, altresì, per le parti l’avvocato Cocozza per l’appellante e l’avvocato dello Stato Sclafani;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

F A T T O

Con nota in data 21 agosto 2002, notificata il successivo 1° ottobre 2002, il Cappellano Militare Addetto sacerdote G. D., in servizio presso la Brigata Bersaglieri […] di […], veniva collocato in congedo a decorrere dal 31 agosto 2002, a seguito della revoca del nulla – osta da parte del Superiore Provinciale della Provincia Romana, giusta dispaccio n. LEV604091 del 9 agosto 2002.
L’interessato, con ricorso giurisdizionale notificato tra il 22 novembre 2002, chiedeva al Tribunale amministrativo regionale per la Campania l’annullamento del predetto provvedimento, deducendo: 1) “violazione di legge per mancanza ed illogicità della motivazione”, in quanto il provvedimento impugnato era fondato sulla richiesta del suo rientro nella famiglia religiosa avanzata dal suo superiore, senza tener conto del successivo ritiro di tale richiesta (ritiro non sindacabile né dall’autorità militare, né da alcuna autorità italiana, provenendo da autorità ecclesiastica ed essendo stata adottata conformemente al diritto canonico); 2) “violazione di legge relativamente al complesso iter procedimentale”, in quanto l’amministrazione aveva approntato la documentazione necessaria al suo collocamento in congedo, omettendo di fornirgli le dovute spiegazioni, tant’è che egli veniva reso edotto delle motivazioni del collocamento in congedo solo con la notifica del relativo provvedimento; 3) “violazione di legge per difetto di comunicazione circa l’autorità cui ricorrere”, in quanto il provvedimento impugnato mancava delle necessarie indicazioni circa il nominativo del responsabile del procedimento, nonché dei termini e dell’autorità cui ricorrere; 4) “eccesso di potere”, atteso che non spettava al Comando Brigata […] di provvedere sul suo collocamento in congedo, ma soltanto al Ministero della difesa.
Con ordinanza n. 769 del 12 febbraio 2003 l’adito Tribunale (sez. IV), accogliendo la domanda cautelare, ordinava il riesame del provvedimento impugnato sulla scorta delle censure sollevate con il ricorso introduttivo del giudizio.
Con D.D. n. 1104/02 del 12 dicembre 2002 il Ministero della Difesa, su proposta dell’Ordinario Militare di cui alla nota 3589 del 23 settembre 2002, revocato il precedente decreto n. 600/02 dell’8 agosto 2002, disponeva ugualmente la cessazione dal servizio del sacerdote G. D. ed il suo collocamento in congedo illimitato, sempre con decorrenza 31 agosto 2002.
Avverso tale ulteriore provvedimento l’interessato proponeva ricorso per motivi aggiunti notificato il 23 settembre 2003, lamentando: 1) “violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della L. 241/90 – Eccesso di potere per violazione del divieto di integrazione successiva della motivazione – Illegittimità derivata – Manifesta ingiustizia”, in quanto il nuovo provvedimento costituiva una inammissibile integrazione postuma della motivazione dell’originario provvedimento di collocamento in congedo, essendo la proposta dell’Ordinario Militare, finalizzato esclusivamente a supportare il predetto precedente provvedimento del tutto completo (ma appunto viziato per difetto di motivazione); 2) “violazione e falsa applicazione dell’art. 69, comma 4, del D. L.vo 490/97 – violazione e falsa applicazione dell’art. 26 e dell’art. 65 della l. 512/91 – Illogicità – Manifesta ingiustizia – Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della L. 241/90 – Motivazione carente, lacunosa e contraddittoria – Carenza assoluta di istruttoria – Contraddittorietà tra atti dello stesso organo e con atti dell’Amministrazione – Sviamento – Violazione del principio di ragionevolezza e buon andamento della P.A. – Violazione e falsa applicazione dell’art. 97 della Costituzione”, atteso che il nuovo provvedimento impugnato si fondava su di una determinazione dell’Ordinario Militare di mancato conseguimento da parte del sacerdote G. D. del giudizio di “ottimo” nel secondo anno di servizio nel ruolo di complemento, laddove tale illogica ed immotivata determinazione era smentita in fatto dagli unanimi giudizi, estremamente lusinghieri e favorevoli dei suoi superiori militari; ciò senza contare che appariva del tutto illogico e irrazionale l’abbassamento del giudizio dell’Ordinario Diocesano rispetto alla valutazione dell’anno precedente in presenza delle pregevoli note di qualifica redatte dalle autorità militari.
L’adito tribunale, nella resistenza dell’intimata amministrazione statale, con la sentenza segnata in epigrafe, dopo aver dichiarato la sopravvenuta carenza di interesse in relazione ai motivi formulati con il ricorso introduttivo di giudizio (stante la espressa revoca dell’originario), respingeva il ricorso per motivi aggiunti proposto avverso il nuovo provvedimento di collocamento in congedo (D.D. n. 1104/02 del 12 dicembre 2002), ritenendolo del tutto legittimo.
Con atto di appello notificato il 20 luglio 2005 il predetto sac. G. D. ha chiesto la riforma della prefata statuizione, predicandone l’assoluta erroneità, a suo avviso, frutto di un approssimativo, superficiale e parziale esame del materiale probatorio in atti e di un falso apprezzamento dei fatti di causa.
In particolare, secondo l’appellante, oltre a non corrispondere al vero la circostanza, affermata dai primi giudici, secondo cui le argomentazioni dell’Ordinario Militare non erano state oggetto di apposita contestazione, la proposta dell’Ordinario Militare, posta a fondamento del provvedimento impugnato, era stata artificiosamente costruita dopo la precisa contestazione del primo provvedimento di collocamento in congedo, al solo fine di “giustificare” detto provvedimento, con un complessivo atteggiamento privo di trasparenza e di correttezza; tant’è che addirittura il giudizio negativo (mediocre), pur redatto in data 31 gennaio 2002 (e riguardava perciò il periodo 1/1/2001 – 31/12/2001), si riferiva alle sue attitudini nella nuova destinazione di servizio, cui era stato trasferito solo in data 8 febbraio 2002; d’altra parte il giudizio negativo dell’Ordinario Militare non aveva tenuto in alcun modo conto dei giudizi favorevoli espressi dalle autorità militari.
Le amministrazioni statali appellate hanno resistito all’avverso gravame, depositando la documentazione già prodotta in primo grado, senza svolgere alcuna ulteriore difesa.

DIRITTO

I. Come emerge dall’esposizione in fatto, la controversia rimessa all’esame della Sezione concerne esclusivamente la legittimità del decreto del Ministero della Difesa n. 1104/02 in data 12 dicembre 2002, con il quale il cappellano militare addetto di complemento, Padre G. D., è stato collocato in congedo illimitato a decorre dal 31 agosto 2002 sulla scorta della proposta dell’Ordinario Militare (di cui alla lettera n. 3589 del 23 settembre 2002): ciò in quanto il precedente provvedimento di collocamento in congedo (D.D. n. 600/02 dell’8 agosto 2002) è stato espressamente revocato con il predetto provvedimento in data 12 dicembre 2002 (art. 1), tant’è che i giudici di prime cure hanno correttamente dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse la relativa impugnazione.
L’appellante sostiene che detto (nuovo) provvedimento di collocamento in congedo, fondato sulla proposta dell’Ordinario Militare, sarebbe inficiato dai numerosi e gravi vizi che affliggerebbero la proposta stessa, frutto di una preordinata volontà dell’autorità ecclesiastica di non consentirgli di diventare cappellano militare in servizio permanente: ciò troverebbe conferma nelle gravi lacune istruttorie e nell’evidente contraddittorietà della proposta dell’Ordinariato Militare, sia rispetto ai giudizi, sempre lusinghieri, delle autorità militari, e addirittura erronea sul piano cronologico, laddove l’Ordinario Militare avrebbe attestato in data 31 gennaio 2002 un rendimento non ottimale (anzi mediocre) riferito ad un periodo successivo.
Di tali gravi vizi i primi giudici non avrebbero tenuto conto, pervenendo erroneamente ad uno scrutinio di conferma della legittimità del provvedimento impugnato.
II. L’appello è infondato e deve essere respinto.
II.1. Giova preliminarmente rilevare che la legge 1° giugno 1961, n. 512, recante norme in materia di “Stato giuridico, avanzamento e trattamento economico del personale dell’assistenza spirituale alle Forze Armate dello Stato”, all’articolo 1 stabilisce che “il servizio dell’assistenza spirituale alle Forze armate dello Stato, istituito per integrare, secondo i principi della religione cattolica, la formazione spirituale delle Forze armate stesse, è disimpegnato da sacerdoti cattolici in qualità di cappellani militari” e all’articolo 2 aggiunge che l’alta direzione del predetto servizio di assistenza spirituale è devoluto all’Ordinario militare per l’Italia, coadiuvato dal Vicario generale militare e da tre ispettori che fanno parte della sua Curia.
Quanto ai cappellani militari, l’articolo 16, stabilisce che il loro stato giuridico “è costituito dal loro stato di sacerdoti cattolici e dal complesso dei doveri e diritti inerenti al grado di cappellano militare, secondo le disposizioni della presente legge”; l’articolo 26, poi, prevede che l’autorità dalla quale il cappellano militare direttamente dipende redige alla fine di ogni anno un rapporto informativo nei riguardi del cappellano militare stesso (comma 1) e che l’Ordinario militare o, per sua delega, il Vicario generale militare, sulla base del rapporto informativo e di ogni altro elemento a disposizione, compila, entro il mese di gennaio dell’anno successivo, le note caratteristiche per ciascun cappellano militare integrate da un giudizio complessivo espresso per le qualifiche di ottimo, buono, mediocre, insufficiente.
L’articolo 28, poi, per quanto qui interessa, stabilisce al primo comma che “la nomina a cappellano militare addetto in servizio permanente è conferita, nei limiti dell’organico e secondo le norme dell’articolo 17, ai cappellani militari addetti di complemento che ne facciano domanda, abbiano prestato almeno due anni di servizio continuativo riportando la qualifica di ottimo e non abbiano superato il 50° anno di età”; infine, l’articolo 65, al secondo comma (aggiunto dall’articolo 69 del D. Lgs. 30 dicembre 1997, n. 490) dispone che “i cappellani militari addetti di complemento che, dopo aver prestato due anni di servizio continuativo, abbiano inoltrato domanda di transito nel servizio permanente ai sensi dell’articolo 28, qualora non siano riconosciuti idonei a giudizio dell’Ordinario Militare, cessano definitivamente dal servizio”.
La predetta normativa è evidentemente ispirata, nel rispetto del resto del principio dell’indipendenza e della sovranità reciproca dello Stato e della Chiesa, di cui all’articolo 8 della Costituzione, ad una netta separazione tra l’attività riferibile direttamente all’ordinamento giuridico italiano (quale l’ordinamento gerarchico dei cappellani, il loro trattamento giuridico ed economico, la loro carriera, etc.) e quella attinente al servizio spirituale in senso proprio, costituente espressione dell’ordinamento della Chiesa Cattolica, cui appartengono i sacerdoti (quali la designazione dell’Ordinario Militare, il relativo nulla osta e la sua revoca per inidoneità, nonché il giudizio per il passaggio al servizio permanente e tutte le eventuali altre questioni che attengono alla direzione del servizio di assistenza spirituale).
A ciò consegue che, come puntualmente rilevato dai primi giudici, l’esame della legittimità dell’atto impugnato non può che essere limitato ai suoi aspetti estrinseci del procedimento di formazione e manifestazione della volontà provvedimentale, oltre che del rispetto dei requisiti di forma e di sostanza previsti dalla normativa italiana, ma non può impingere nel merito delle valutazioni o di quei giudizi che, attenendo alla sfera dell’assistenza spirituale e alla idoneità pastorale dei sacerdoti a cui la stessa è demandata, sotto l’alta direzione dell’Ordinario Militare, sfuggono alla stessa giurisdizione italiana, rientrando nella giurisdizione ecclesiastica, qual’è, per quanto qui interessa, la valutazione da parte dell’Ordinario Militare circa l’idoneità o meno del cappellano militare appellante a continuare a svolgere il suo servizio (e quindi a poter essere nominato nel servizio permanente).
II.2. Ciò premesso la Sezione osserva che la proposta su cui si fonda il provvedimento impugnato non è affetta da eccesso di potere per sviamento o di travisamento di fatti, così come sostenuto dall’appellante.
Detta proposta risulta essere, invero, il frutto di una valutazione non solo discrezionale (elemento che già di per sé la sottrarrebbe, secondo il notorio indirizzo giurisprudenziale, al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, non sussistendo al riguardo alcune evidente elemento di irrazionalità, irragionevolezza o arbitrarietà), ma per quanto inerente ad un giudizio sul cappellano militare circa la sua attitudine allo svolgimento del servizio di assistenza spirituale alle Forze armate (art. 1 della ricordata legge 1° giugno 1961, n. 512), che non può che rientrare nel munus proprio dell’autorità ecclesiastica e pertanto è sottratta alla giurisdizione italiana.
Come già segnalato, infatti, pur potendosi ammettere il sindacato giurisdizionale sul provvedimento di collocamento in congedo, detto sindacato è necessariamente limitato alla sua legittimità estrinseca ovvero al controllo circa del rispetto del procedimento fissato dalla legge italiana per l’adozione dell’atto e alla verifica che nella valutazione rimessa all’autorità ecclesiastica non si sia verificato un evidente travisamento dei fatti, ma non può riguardare il merito del giudizio di inidoneità dell’Ordinario Militare che sfugge invece a qualsiasi sindacato.
Nel caso che ci occupa il giudizio di mediocre, attribuito all’appellante dall’Ordinario Militare nelle note caratteristiche per l’anno 2001 redatte in data 31 gennaio 2002, risulta – peraltro – ampiamente motivato con riguardo a “…caratteristiche della personalità che lo rendono poco adatto per la vita militare e al rapporto col mondo operativo dei soldati” e che, tra l’altro “…hanno reso difficile la convivenza in caserma”; né tale giudizio può essere considerato contraddittorio e/o in contrasto con i lusinghieri giudizi espressi sul suo conto dell’appellante dalle autorità militare: è sufficiente rilevare al riguardo che tali ultimi giudizi si riferiscono esclusivamente all’aspetto della attività e della vita del cappellano militare come ufficiale e non come sacerdote (profilo la cui valutazione spetta, come si è detto, esclusivamente all’autorità ecclesiastica).
Pertanto nessun contrasto o contraddittorietà sussiste tra la valutazione dell’Ordinario Militare ed i giudizi delle autorità militari, non potendosi, peraltro, non evidenziare che è la stessa ricordata normativa (comma secondo, dell’articolo 26) ad assegnare in materia una evidente preminenza alla valutazione dell’Ordinario militare, il quale è tenuto a redigere annualmente le note caratteristiche del cappellano sulla base non solo dei rapporti informativi (delle autorità militari, che costituiscono soltanto elementi necessari, non decisivi, nè esclusivi) ma anche di ogni altro elemento a disposizione, attribuendo anche un giudizio complessivo espresso in qualifiche.
Al riguardo non può non evidenziarsi che dalla documentazione versata in atti (ed in particolare dallo scambio di lettere tra l’Ordinario Militare ed il Superiore della Provincia Romana, famiglia religiosa di appartenenza dell’appellante) emerge l’esistenza effettiva di comportamenti non adeguati dell’appellante stesso che del tutto ragionevolmente hanno potuto giustificare il giudizio di non idoneità.
Né sussiste, nel caso di specie, diversamente da quanto pure prospettato dall’appellante, un travisamento dei fatti che vizierebbe radicalmente la proposta dell’Ordinario Militare ed il suo giudizio negativo, essendo quest’ultimo stato redatto in data 31 gennaio 2002 e riferito alla “nuova destinazione”, ove egli avrebbe preso servizio solo nel mese di febbraio 2002.
E’ sufficiente, al riguardo, rilevare che il sacerdote G. D. ha preso servizio, quale cappellano militare addetto dal 3 maggio 2000, così che il rapporto informativo redatto il 31 gennaio 2002, riferendosi al periodo 1° gennaio 2001/31 dicembre 2001, riguarda effettivamente solo il secondo anno di servizio e non già la seconda sede di servizio, quest’ultimo raggiunta l’8 febbraio 2002, con la evidente conseguenza che non sussiste alcuna contraddittorietà o travisamento dei fatti e delle valutazioni dell’Ordinario Militare rispetto all’effettivo svolgimento cronologico del servizio dell’appellante.
Per completezza, infine, occorre rilevare che ’interessato non ha mai sollevato alcuna censura relativa all’omessa comunicazione di avvio del procedimento o alla mancata partecipazione allo stesso, così che, indipendentemente da quanto emerge dalla documentazione versata in atti sin dal primo grado di giudizio dall’amministrazione della difesa ed in particolare dalla relazione prot. n. 4955 del 19 dicembre 2002 dell’Ordinario Militare per l’Italia – giammai contestata dall’appellante – da cui risulta che il sacerdote risulta è stato convocato dall’Ordinario Militare evidentemente allo scopo di informarlo della sua intenzione di allontanarlo dal servizio, in ragione dei comportamenti da questi tenuti proprio in relazione alla sua specifica attività pastorale, ogni questione di correttezza procedimentale, timidamente (ma inammissibilmente) prospettata in relazione ai canoni di trasparenza, non può essere suscettibile di favorevole apprezzamento.
III. In conclusione, l’appello deve essere respinto, non meritando la sentenza impugnata le critiche che le sono state rivolte. In ragione della peculiarità della controversia, può disporsi la compensazione delle spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione IV), definitivamente pronunciando sull’appello proposto dal G. D. avverso la sentenza n. 849 del 7 febbraio 2005 del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sez. VI, lo respinge. Dichiara interamente compensate le spese del presente grado di giudizio. Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

(omissis)