Sentenza 07 ottobre 1998
Corte d’Appello di Messina. Sentenza 7 ottobre 1998: “Pignoramento di edifici di culto”.
(Omissis)
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo gli appellanti ripropongono l’eccezione, già sollevata in 1° grado, secondo cui l’edificiò di culto e le sue pertinenze non sarebbero sottoponibili alla procedura di espropriazione forzata.
Rilevano che di fronte ad interpretazioni dottrinarie contrastanti in merito alla possibilità di sottoporre i beni suddetti a procedura esecutiva, i primi giudici avrebbero dovuto seguire quella che ritiene inapplicabile tale procedura, per il rilievo che, stante la permanenza del vincolo di destinazione, si verificherebbe comunque una incommerciabilità di fatto degli immobili in parola per carenze di interesse di eventuali acquirenti.
Rileva la Corte che questa argomentazione, cosi come quella relativa al fatto che i nuovi patti concordatari escludono non solo, – come prima faceva il vecchio concordato, – la possibilità da parte dello Stato di requisizione, occupazione e demolizione degli edifici aperti al culto, ma aggiunge, a queste fattispecie, la menzione espressa dall’«espropriazione» puramente e semplicemente intesa, sancendo che e vietata, salvo non sussistono «gravi ragioni e previo accordo con la competente autorità ecclesiastica», non possono condurre all’esclusione della assoggettabilità dei beni ad espropriazione forzata.
Ed invero, come correttamente evidenziato dai primi giudici, se la disciplina codicistica ammette espressamente la titolarità di detti beni in capo a privati, e ne tollera l’alienazione senza sancirne l’incommerciabilità, non si vede come possa escludersi anche l’assoggettabilità alla procedura esecutiva, fermo restando il vincolo di destinazione al culto, che e quello che si a voluto tutelare con il concordato e con la norma dell’art. 831 c.c.
Il divieto sancito dall’art. 9 del concordato del 1929 e dal primo comma dell’art. 5 del nuovo concordato del 18.2.1984, trova la sua giustificazione nell’ambito del suddetto vincolo, perchè le ipotesi previste implicano automaticamente la sottrazione di quei beni al culto, per necessita pubbliche, e quindi a stato stabilito che ciò potesse avvenire solo in presenza di gravi ragioni giustificative e previo accordo con la competente autorità ecclesiastica.
Con il secondo motivo si censura la sentenza di 1° grado nella parte in cui non a stata ritenuta l’inopponibilità all’Istituto Diocesano per il sostentamento del Clero del titolo esecutivo in esame, sulla base di un’erronea applicazione delle norme che regolano i rapporti tra la Parrocchia di Militello Rosmarino e l’Istituto Diocesano per il sostentamento del clero della Diocesi di Patti.
La doglianza è fondata.
Infatti l’art. 29 della legge 20.5.85 n. 222, contenente disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia prevede che «con provvedimento dell’autorità ecclesiastica competente vengano determinate entro il 30.9.86 la sede e la denominazione delle diocesi e delle parrocchie costituite nell’ordinamento canonico. Tali enti acquistano la personalità giuridica civile dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto che conferisce alle singole diocesi e parrocchie la qualifica di ente ecclesiastico civilmente riconosciuto».
Il successivo art. 30 continua dicendo che «con l’acquisto da parte della parrocchia della personalità giuridica a norma dell’art. 29 si estingue, ove esistente, la personalità giuridica della chiesa parrocchiale e il suo patrimonio a trasferito di diritto alla parrocchia che succede all’ente estinto in tutti i rapporti attivi e passivi».
Con decreto del Ministro dell’Interno del 15.1.87, in attuazione di tale legge, a stata conferita la qualifica di ente ecclesiastico civilmente riconosciuto alla Parrocchia di Militello Rosmarino e contestualmente ha perduto la personalità giuridica civile la chiesa parrocchiale di Militello Rosmarino. Rimane così documentalmente provato che la chiesa parrocchiale di Militello Rosmarino, cui a succeduto l’ente parrocchiale, aveva autonoma personalità giuridica distinta da quella del beneficiò parrocchiale di Maria SS. Assunta e S. Maria Assunta di Militello Rosmarino, alla cui estinzione e succeduto l’Istituto Diocesano di sostentamento per il clero. Erroneamente quindi i primi giudici hanno richiamato nella specie l’ipotesi del «beneficium indistinctum» che ricorreva, prima della riforma degli enti ecclesiastici, allorquando la chiesa parrocchiale fosse sfornita di personalità giuridica per cui i relativi rapporti facevano capo all’annesso beneficiò. Ancor più erroneamente poi è stato ritenuto che, pur in ipotesi di autonoma capacita giuridica in capo alla chiesa «Maria SS. Assunta di Militello Rosmarino, la
qualifica da soggetto passivo dalla pretesa del Santoro, e quindi la portata precettiva della statuizione di condanna, andasse comunque estesa al beneficiò, posto che l’attività del Santoro aveva investito vari aspetti della vita parrocchiale.
E ciò per il rilievo che, a parte la circostanza che le rivendicazioni del Santoro sono state accolte limitatamente alla sua attivita di sacrista a favore esclusivo della parrocchia, sarebbe contro ogni regola processuale estendere gli effetti del giudicato nei confronti di un soggetto che non a stato evocato in causa e non ha mai partecipato al giudizio.
Deve pertanto ritenersi fondata l’opposizione di terzo instaurata dall’Istituto Diocesano per il sostentamento del clero e dichiarata la nullità del pignoramento eseguito sui beni di sua proprietà.
Ricorrono giusti motivi, in considerazione della complessità dei rapporti oggetto della controversia, per compensare tra le parti le spese di entrambi i gradi del giudizio con ciò rigettandosi l’appello incidentale proposto da Schepis Filippo e Santoro Rosario.
P.Q.M.
La Corte, definitivamente pronunziando sull’appello proposto dall’Istituto Diocesano per il sostentamento per il clero e la Parrocchia SS. Assunta di Militelo Rosmarino e sull’appello incidentale proposto dall’avv. Filippo Schepis in proprio e da Santoro Rosalia quale erede di Santoro Rosario, avverso la sentenza del Tribunale di Patti 19.12.94/26.1.95, dichiara la contumacia di Santoro Gaetano, Santoro Angela, Santoro Salvatore, e Santoro Antonino eredi di Santoro Rosario: in parziale riforma della sentenza impugnata, accoglie l’opposizione proposta dall’Istituto per il sostentamento del clero della Diocesi di Patti e, per l’effetto dichiara la nullità del pignoramento sugli immobili siti in Militello Rosmarino, con ingresso dalla via Cimitero 4 e 6, piano terra, primo piano con tre vani, secondo piano con cinque vani e servizi, catastato in ditta beneficiò Parrocchiale Militello Rosmarino, partita 51, foglio 7, particella 150 sub 1 e sub 2.
Dichiara interamente compensate tra le parti le spese di entrambi i gradi del giudizio.
(Omissis)
Autore:
Corte d'Appello - Civile
Nazione:
Italia
Parole chiave:
Personalità giuridica, Chiesa cattolica, Parrocchia, Culto, Pignoramento immobiliare
Natura:
Sentenza