Sentenza 07 giugno 2005, n.11793
Corte di Cassazione. Prima Sezione Civile. Sentenza 7 giugno 2005, n. 11793: “Matrimonio concordatario: assegno divorzile e sopravvenuta sentenza ecclesiatica dichiarativa di nullità”.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – Presidente
Dott. ADAMO Mario – rel. Consigliere
Dott. BONOMO Massimo – Consigliere
Dott. GIULIANI Paolo – Consigliere
Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
[…] elettivamente domiciliato in Roma, (missis), presso lo studio dell’avv. […], che lo rappresenta e difende congiuntamente e disgiuntamente all’avv.[…], come da procura a margine del ricorso;
ricorrente
contro
[…]
intimata
avverso la sentenza della Corte d’appello di Napoli n. 2882/02 depositata in data 3.10.2002.
Udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 07.03.2005 dal Relatore Cons. Dott. Mario Adamo;
Uditi gli avv.ti N. Bartone e L. D’Andrea;
Udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MACCARONE Vincenzo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo
Il Tribunale di Napoli con sentenza in data 2.4.1993 pronunziava la cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario celebrato fra […] e […] stabilendo a carico del […] l’onere di corrispondere alla ex moglie la somma mensile di L. 1.000.000, di cui L. 500.000 a titolo di contributo al mantenimento della minore […] nata in costanza di matrimonio.
In data 11.6.1999 la Corte d’appello di Napoli, su istanza del […] dichiarava efficace in Italia la sentenza ecclesiasticache aveva dichiarato la nullità del matrimonio celebrato fra i coniugi.
Successivamente il 12.2.2000 […] notifica va all’ex marito precetto per il pagamento della somma di L. 2.819.155, di cui L. 2.339.000 a titolo di capitale e il resto per spese diritti ed onorari.
Proponeva opposizione all’esecuzione ed agli atti esecutivi […] deducendo la nullità e l’inefficacia dell’intimazione di pagamento, sia per l’assoluta genericità ed indeterminatezza dell’indicazione del preteso inadempimento, sia per la sopravvenuta estinzione del diritto, indicato nel precetto, a seguito del passaggio in giudicato della sentenza della Corte d’appello, pronunziata il giorno 11.6.1999.
Il Tribunale di Napoli con sentenza in data 27.12.00 respingeva l’opposizione sul presupposto che la sentenza ecclesiastica opera su un piano diverso da quello riservato ai giudici nazionali, in ordine alla declaratoria di cessazione degli effetti civili del matrimonio, sicchè la pronunzia del giudice nazionale, in punto di accertamento del diritto al mantenimento, conserva la sua ragion d’essere e attualità anche quando sia dichiarato nullo il vincolo matrimoniale.
Proponeva appello […] e la Corte d’appello di Napoli respingeva il gravame, facendo sostanziale riferimento al punto di diritto contenuto nella sentenza della Corte di Cassazione del 23.3.2001 n. 4202, nella quale si afferma che, formatosi il giudicato sul diritto alla percezione dell’assegno divorzile previsto dalla sentenza di cessazione degli effetti civili del matrimonio, ininfluente deve ritenersi la successiva delibazione di sentenza ecclesiastica che abbia dichiarato la nullità del medesimo matrimonio. Per la cassazione della sentenza della Corte d’appellopropone ricorso, fondato su tre motivi articolati in diverse censure, […] Non svolge attività difensiva […]
Motivi della decisione
In ordine logico va per prima esaminata l’istanza di assegnazione della causa alle SS.UU. della Corte di Cassazione, contenuta nel ricorso. Al riguardo si rileva che tale istanza è stata già disattesa, con provvedimento antecedente all’odierna udienza, che può essere confermato, considerato che non ricorrono motivi che giustifichino la rimessione della causa al Presidente della Corte di Cassazione per l’eventuale assegnazione alle SS.UU. della Corte stessa, come risulterà evidente nel prosieguo della motivazione.
Ciò premesso, si osserva che con il primo motivo di ricorso il ricorrente censura la statuizione contenuta nell’impugnata sentenza in ordine all’intangibilità del giudicato con particolare riferimento all’impossibilità di modificare le disposizioni di carattere patrimoniale contenute in una sentenza dichiarativa di cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario, passata in giudicato, a seguito di pronunzia di sentenza ecclesiastica di nullità di quel matrimonio, regolarmente dichiarata efficace in Italia, con sentenza anch’essa passata in giudicato.
Osserva la difesa del ricorrente che non appare condivisibile l’assunto in base al quale il disposto dell’art. 9 L. n. 898/70 non si applicherebbe nell’ipotesi indicata, restando confinata la sua applicazione alla sola ricorrenza di circostanze che abbiano alterato l’assetto economico delle parti o le relazioni delle stesse con i figli.
Nello stabilire, tale principio la corte territoriale non ha considerato che la sentenza di divorzio non si pronuncia nè può pronunziarsi, neanche implicitamente, sulla validità del vincolo matrimoniale, il cui accertamento resta affidato al giudice ecclesiastico.
Pertanto, poichè l’assegno di divorzio presuppone lo “status” di divorziato mentre la pronunzia di nullità del matrimonio conferisce “ex tunc” lo stato di persona libera, la sentenza di divorzio non può avere effetto di giudicato in ordine alla validità del matrimonio ed alle disposizioni economiche nella stessa eventualmente contenute. Ogni disputa in dottrina e in giurisprudenza sul punto deve peraltro ritenersi ormai composta a seguito della pronunzia della corte costituzionale che, con la sentenza n. 329/2001, ha precisato che le due fattispecie della nullità del matrimonio e del divorzio presentano elementi di diversità non meramente formali, ma sostanziali, posto che l’una postula un difetto originario dell’attoe l’altro l’accertamento del giudice in ordine all’impossibilità di mantenere la comunanza di vita materiale e spirituale fra i coniugi.
Alla luce delle esposte considerazioni eloquente è la contraddittorietà insita nella impugnata sentenza nella parte in cui ritiene che il diritto alla percezione dell’assegno di divorzio ed al mantenimento dei figli abbia la sua fonte nel matrimonio; senza considerare al tempo stesso che è proprio il matrimonio che è stato cancellato “ab origine” dalla pronunzia del Tribunale ecclesiastico.
Rileva altresì il ricorrente che l’interpretazione data dalla Corte d’appello agli artt. 2909 c.c. e 9 L. 898/70 si appalesa in contrasto con le pronunzie della Corte costituzionale nn 421/93 e 329/01, sicchè sul punto solleva eccezione di incostituzionalità delle norme indicate per contrasto con gli artt. 3, 7, 29 comma 1, 70, 111 comma 1 e 134 della Costituzione.
La difesa del ricorrente deduce inoltre l’erroneità e la contrarietà alla legge del nucleo centrale della statuizione contenuta nell’impugnata sentenza secondo il quale non possono essere modificate le decisioni di ordine economico contenute nella sentenza di divorzio, perchè tale modifica verrebbe ad incidere sul giudicato. La Corte di merito non ha tenuto conto che non è possibile disgiungere il giudicato dalla sua fonte, per cui, una volta eliminata la fonte, il giudicato diventa inoperante in base al fondamentale principio “quod nullum est nullum producit effectum”.
Con il secondo motivo il ricorrente deduce che erroneamente la Corte territoriale ha pronunziato l’inammissibilità dell’opposizione proposta ai sensi degli artt. 617 e 480 c.p.c. e fondata sulle irregolarità formali del precetto, rilevabili “ictu oculi”.
L’atto di precetto infatti è privo della indicazione della data di notificazione del titolo esecutivo e non risulta allegata al precetto stesso copia della sentenza, secondo l’assunto del ricorrente neppure notificata; nè può valere come sanatoria di tali irregolarità l’avere il […] proposto opposizione, costituendo questa l’unica via possibile per far valere l’eccezione di nullità.
L’inammissibilità del precetto doveva peraltro essere pronunziata anche per l’assoluta genericità e indeterminatezza del pretesoinadempimento. Nell’atto di precetto infatti, benchè si faccia riferimento all’obbligo di corrispondere la somma di L. 1.000.000 mensili, si omette poi di indicare per quante e quali mensilità sia stato omesso il pagamento e se in parte o per l’intero. La Corte territoriale, nel respingere totalmente l’opposizione, ha omesso di valutare che esso ricorrente aveva pagato per intero la parte di somma dovuta per il mantenimento della figlia e in parte l’assegno di divorzio, fino al passaggio in giudicato della sentenza che ha dichiarato efficace in Italia la sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio celebrato fra le parti.
Con il terzo mezzo di Cassazione il ricorrente propone istanza di sospensione dell’impugnata sentenza, per l’ipotesi in cui il Collegio ritenesse di accogliere la proposta eccezione di incostituzionalità. Il ricorso è infondato.
Invero si osserva, in relazione al primo motivo di ricorso, che il presente giudizio è stato dal ricorrente proposto come giudizio di opposizione al precetto, mezzo con il quale il debitore, prima dell’inizio dell’esecuzione, può contestare il diritto della parte istante a procedere ad esecuzione forzata, opposizione che può essere proposta per vari motivi, ma che nella specie è stata proposta per inesistenza del diritto azionato, caducato, secondo la tesi del ricorrente, dalla pronunzia di nullità del matrimonio. Il nucleo centrale del gravame va pertanto individuato nella idoneità della sentenza ecclesiastica, ad incidere sulle condizioni esistenti al momento della declaratoria di cessazione degli effetti civili del matrimonio celebrato fra le parti, circostanza che il giudice di merito avrebbe dovuto, in tesi, valutare al fine di accertare il venire meno dell’obbligo di esso ricorrente di corrispondere alla ex moglie l’assegno di divorzio.
La sopravvenienza di fatti nuovi, successivi alla sentenza di divorzio, non è però di per sè idonea ad incidere direttamente sulle statuizioni di ordine economico contenute nella sentenza di divorzio, determinandone automaticamente la modifica, essendo al contrario necessario che i “giustificati motivi” sopravvenuti siano esaminati, ai sensi dell’art. 9 L. n 898/70, dal giudice dall’articolo stesso previsto, che, valutati detti fatti, rimodelli, in relazione alla nuova situazione, ricorrendone le condizioni di legge, le precedenti statuizioni, tenuto conto che, in relazione alle statuizioni di carattere patrimoniale; la sentenza di divorzio non può mai assumere valore di giudicato immodificabile, ai sensi dell’art. 2909 c.c., stante il principio del “rebus sic stantibus” vigente nella soggetta materia.
Nè può poi fondatamente ritenersi che il giudice dell’esecuzione avrebbe dovuto rimettere la causa al giudice competente ex art. 9 L. n 898/1970 per la sua valutazione, posto che l’art. 616 c.p.c. limita la remissione della causa ad altro giudice alla sola ipotesi di incompetenza per valore, non ricorrente nella specie. Il primo motivo va pertanto respinto. Riguardo al secondo motivo si osserva che la Corte territoriale ha dichiarato inammissibile il gravame proposto avverso i vizi del titolo costituiti dall’omessa indicazione della data di notifica del titolo esecutivo e dall’omessa notifica del titolo stesso posto che avverso la statuizione del giudice di primo grado sulla opposizione agli atti esecutivi doveva, ai sensi dell’art. 618 3^ comma c.p.c. essere proposto ricorso per Cassazione ex art. 111 della Costituzione.
Tale statuizione non è stata impugnata sicchè non può ora il ricorrente riproporre le censure già sottoposte all’esame del giudice d’appello e da questo dichiarate inammissibili.
Parimenti inammissibili sono poi le censure attinenti all’omessa specificazione nel precetto delle mensilità cui si riferisce l’ingiunzione di pagamento posto che la Corte territoriale ha precisato che le mensilità rimaste senza pagamento potevano essere agevolmente individuate nelle mensilità ricomprese fra il novembre 1999 e la data di notifica del precetto.
Statuizione anche questa non censurata dal ricorrente.
Il secondo motivo va quindi dichiarato interamente inammissibile.
Inammissibile deve poi ritenersi anche il terzo motivo dato che l’istanza di sospensione dell’esecuzione dell’impugnata sentenza va proposta avanti al giudice di merito che ha pronunziato la sentenza posta in esecuzione e che nella specie nessuna questione di illegittimità costituzionale di norme di legge è stata rimessa al giudizio della Corte costituzionale. Nessun provvedimento va adottato in ordine alle spese processuali non avendo l’intimata svolto attività difensiva.
P.Q.M.
respinge il ricorso.
Autore:
Corte di Cassazione - Civile
Nazione:
Italia
Parole chiave:
Divorzio, Delibazione, Famiglia, Coniugi, Nullità matrimoniale, Assegno divorzile, Statuizioni patrimoniali, Sentenza passata in giudicato, Disposizioni di carattere economico
Natura:
Sentenza