Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 2 Marzo 2011

Sentenza 07 gennaio 2011

Trib. Milano Sez. I, sentenza 7 gennaio 2011: "Reato di diffamazione a mezzo stampa e diritto di critica".

Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato in data 12.12.2005, Da.Mo., in proprio e quale Presidente dell'UCOII, ha convenuto in giudizio davanti a questo Tribunale la Ar. S.p.A. e Ma.Al., rispettivamente società editrice ed autore del libro "(…)", per sentirli condannare al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali derivanti dalla citata pubblicazione, in quanto ritenuta gravemente lesiva del proprio diritto all'onore, decoro e reputazione.

L'attore ha esposto che nel libro scritto da Ma.Al. erano contenuti continui e reiterati riferimenti negativi al Da.Mo. ed all'associazione da lui presieduta, tra cui l'accusa esplicita di essere il mandante italiano della "fatwa" di morte pronunciata nei confronti di Ma.Al., e l'accusa di presunta collusione con formazioni terroristiche.

Tra le parti del libro ritenute maggiormente offensive, venivano citate le seguenti:

1) il passo contenuto nel capitolo IV, intitolato "(…)", in cui l'autore del libro ha riferito di essere costretto a vivere sotto scorta da circa due anni per le minacce ricevute da gruppi terroristici e di nazionalisti arabi e di avere appreso, nella primavera dell'anno 2003, di essere oggetto di minacce anche da parte della dirigenza di Ha., il movimento terroristico islamico – palestinese. L'autore al riguardo ha ipotizzato che l'interesse suscitato dai suoi scritti in capo alla organizzazione di Ha. fosse stato innescato da qualcuno residente in Italia, ovvero una fonte che doveva avere un rapporto privilegiato con la dirigenza di Ha. e dotata di uno status di credibilità ed autorevolezza tale da convincerla dirigenza di Ha. ad ascoltarla e ad assumere una decisione rilevante sul piano politico e della sicurezza. Secondo il Ma.Al., era probabile che tale fonte fosse interna alla dirigenza dell'UCOII;

2) il passo a pag. 58 e ss. dello stesso capitolo, in cui l'autore ha narrato l'episodio avvenuto nel corso del convegno nazionale dei Gi.Mu. in Italia in data 25.3.2005, nel corso di un confronto tra Ha.Ro., segretario nazionale dell'UCOII, e Kh.Ch., ex presidente dei GMI, moderato dal sociologo francese Ma., nel corso del quale il Pi. aveva pronunciato di la frase "Ma.Al. è nemico dell'Islam". Secondo l'autore si trattava di un'accusa che, nell'ambito della giurisprudenza islamica, ortodossa, integralista, o estremista si traduce in una condanna a morte; inoltre tale condanna non era il semplice sfogo personale del Pi. in quanto la stessa condanna era stata pronunciata dal Mo.No. all'inizio del 2003 in occasione di una puntata di "(…)", quando, al momento del saluto, gli aveva detto in arabo che loro avevano deciso di non avere niente a che fare con lui perché si era schierato contro la comunità islamica e per loro era un nemico dell'Islam. Il convenuto ha poi commentato l'accaduto evidenziando come tale episodio fosse rivelatore della doppiezza dei Fr.Mu., che sono spietati e violenti quando parlano in arabo ai propri correligionari e mansueti e legalitari quando parlano in lingue straniere al resto del mondo, e ribadendo le sue conclusioni in ordine al significato del giudizio espresso dal Da. come una vera e propria fatwa emessa dall'UCOII e dai Fr.Mu. che comporta la condanna a morte del nemico dell'Islam, ipotizzando altresì che nei loro conclavi e nelle moschee essi si spingano ancora oltre nella campagna di istigazione all'odio ed alla violenza;

3) il passo a pag. 71 e ss. dello stesso capitolo, in cui si cita l'episodio relativo alla diffusione via mail da parte di Me.An., uno dei responsabili della moschea di Bologna e membro dell'UCOII, di un duro commento ad un articolo scritto da Ma.Al. e pubblicato sul Co. sui soldi delle moschee, accompagnato da una nota personale in cui l'autore viene definito un "munafiq", ovvero un ipocrita e sedicente musulmano; anche in tal caso l'autore sottolinea che il munafiq è un subdolo nemico interno che si ostina ad apparire come musulmano fino a quando i veri detentori della fede, in tal caso gli integralisti dell'UCOII e gli altri estremisti islamici non riescono a scoprirlo, denunciarlo pubblicamente e a condannarlo a morte quale nemico dell'islam;

4) il brano contenuto nel capitolo V, intitolato "L'Occidente che mi fa paura", in cui l'autore fa delle affermazioni sulla cultura della morte diffusa in Italia da chi gestisce le moschee e le organizzazioni islamiche e sostiene che il musulmano praticante, indottrinato dalla lettura del Corano nella edizione a cura di Pi. e dell'UCOII ed alla frequentazione delle moschee dell'UCOII, possa sviluppare una ideologia ostile agli ebrei ed ai cristiani. Nello stesso capitolo l'autore critica il commento al Corano di Pi., ritenendo che esso esprima un ideologismo aberrante e raccapricciante nella parte in cui considera quali oppressori gli orientalisti, le autorità di religioni, i giornalisti e tutti coloro che contribuiscono alla campagna di disinformazione a proposito dell'islam dei musulmani. Inoltre l'autore si interroga sulle ragioni della diffusione nelle moschee e nella società italiana di una immagine oscurantista, intollerante, misogina ed aggressiva dell'Islam. Infine, viene manifestato dall'autore sgomento per il contenuto del comunicato dell'UCOII del 5.1.2004, in cui vengono riportati i messaggi di saluto ed apprezzamento espressi dai più importanti rappresentanti delle istituzioni italiane, e sono oggetto di critica i giudizi espressi dai responsabili della sicurezza e dalla classe politica in ordine alla necessità di considerare l'UCOII un interlocutore privilegiato, nonché le posizioni di alcuni giornalisti che vedono l'UCOII come fonte di informazione di prim'ordine e che fa opinione, giornalisti che secondo l'autore sono quelli che sanno poco e niente sulla materia e non hanno voglia di confrontarsi con la realtà.

Secondo la prospettazione attorea, nella citata pubblicazione il convenuto ha falsamente attribuito all'UCOII, che è associazione liberale e moderata, rapporti con Ha. ed organizzazioni terroristiche e ad organizzazione integraliste come in Fr.Mu., ed ha indicato il Da. quale strumento nel territorio nazionale per la realizzazione dei progetti di morte di Ha. e di altre organizzazioni antioccidentaliste e antiliberali, il tutto attraverso l'uso di espressioni gravissime, spesso esplicite, ed a volte insinuanti, ambigue e suggestionanti, tali da predisporre il lettore a considerare veri i fatti narrati. L'attore, a conferma della falsità delle accuse mosse da Ma.Al., ha citato tutti gli attestati di stima rivolti al Da. dalla Presidenza della Repubblica Os.Sc., dal Presidente del Consiglio Si.Be., dai vari Ministri degli Esteri, dalle autorità diplomatiche e da quelle religiose, oltre a numerosi articoli e pubblicazioni in cui è stata messa in luce l'attività di volontariato svolta dall'UCOII in favore dei rifugiati provenienti dal territorio dei Balcani e l'opera del Da. volta al fattivo avvicinamento della religione musulmana a quella cristiana. A ciò si è aggiunta la produzione d una rassegna stampa di vari comunicati dell'associazione dimostranti l'impegno, con spirito collaborativo, del Da. nella vita politica, religiosa, culturale e sociale italiana degli ultimi anni.

Inoltre l'attore ha evidenziato come lo stesso convenuto, nel libro Islam Italia, avesse affermato che l'UCOII non poteva essere ritenuta la longa manus dell'organizzazione integralista islamica i Fr.Mu.. Infine il Da. ha rilevato l'insussistenza dei presupposti per l'applicabilità dell'esimente del diritto di cronaca e di critica, in difetto del requisito della verità oggettiva dei fatti narrati, tenuto conto della non veridicità degli episodi relativi agli incontri in cui il Ma.Al. sarebbe stato definito nemico dell'Islam e del travisamento da parte dell'autore dei fatti, dell'omissione di verità storiche ed incontestabili, nonché del requisito della continenza formale e sostanziale, per l'uso di espressioni offensive e gratuitamente lesive della dignità della persona, eccedenti lo scopo informativo da perseguire, oltre che ambiguo e colme di supposizioni ed insinuazioni.

L'attore ha quindi chiesto accertarsi la responsabilità dei convenuti per l'illecito di diffamazione a mezzo stampa e la conseguente condanna degli stessi al risarcimento dei danni, quantificati per il Da. nella somma di Euro 50.000,00 o nella maggiore o minore somma ritenuta di garanzia, e per l'UCOII nella somma di 100.000,00, maggiorate di interessi legali e rivalutazione dalla data del fatto al saldo, con vittoria di spese del giudizio.

Si sono costituiti i convenuti i quali hanno contestato la fondatezza della domanda.

Sul punto i convenuti hanno, in primo luogo, evidenziato come Ma.Al., a causa della sua attività giornalistica e del contenuto dei suoi articoli sull'islam, sia stato fatto oggetto di minacce da parte della dirigenza di Ha., nell'aprile del 2003, a seguito delle quali era stato messo sotto scorta. Da tale accadimento hanno preso spunto le riflessioni contenute nel capitolo "L'Islam che mi fa paura" e nel paragrafo "(…)" sulle probabili ragioni delle minacce di morte ricevute e sui probabili autori.

In base alla constatazione della lontananza dell'organizzazione Ha. rispetto al territorio italiano e al racconto degli episodi specifici citati nel libro, due dei quali riferibili all'UCOII, l'autore ha espresso la propria personale opinione in ordine alla provenienza della fonte che lo ha segnalato alla dirigenza di Ha. dall'interno della dirigenza dell'UCOII.

Secondariamente, a sostegno della veridicità dei due episodi riferibili all'UCOII, ovvero quelli in cui Ma.Al. sarebbe stato apostrofato come nemico dell'Islam, i convenuti hanno prodotto le denunce sporte dal giornalista aventi ad oggetto gli stessi fatti narrati nel libro de quo.

Inoltre i convenuti hanno allegato l'esistenza di numerose prove documentali a sostegno dell'esistenza di collegamenti tra l'UCOII, i Fr.Mu. e Ha., producendo sin dalla costituzione un documento in lingua araba del 1.9.2003, in cui si è attribuita la responsabilità della strage di Najaf in Iraq alle forze di occupazione firmato da 222 personalità islamiche, facenti capo ai Fr.Mu., tra cui l'attore. In base a tali rilievi i convenuti hanno sostenuto la configurabilità dell'esimente del diritto di cronaca, sussistendo gli estremi della verità dei fatti esposti e, per le parti contenenti opinioni e valutazioni, l'esimente del diritto di critica, tenuto conto dell'esposizione pacata e prudente, attraverso l'uso di termini quali "ipotesi" e "probabilità".

I convenuti hanno chiesto, pertanto, il rigetto della domanda attorea con vittoria di spese. La causa, istruita mediante la produzione di documenti e l'escussione di testi, veniva rinviata per la precisazione delle conclusioni all'udienza indicata in epigrafe.
Motivi della decisione

Nell'atto di citazione gli attori Da.Mo. e l'associazione UCOII hanno riportato vari brani del libro "(…)" scritto da Ma.Al. ed edito dalla Ar. S.p.A. assumendo il carattere gravemente diffamatorio dei fatti e dei giudizi ivi contenuti sia sulla persona del dott. Da. che sull'associazione da lui presieduta.

Le doglianze degli attori vertono principalmente sul parallelismo effettuato dall'autore del libro tra l'UCOII e una organizzazione terroristica quale Ha., nonché un movimento integralista quale i Fr.Mu., parallelismo ritenuto inveritiero e lesivo della reputazione di una associazione moderata e legalitaria quale per l'appunto è l'UCOII, e sull'opinione espressa dal Ma.Al. in ordine alla individuazione del Da. e dell'UCOII quali fonti ispiratrici delle minacce di morte indirizzate al giornalista da parte di Ha.

A tale ultimo riguardo, gli attori hanno affermato la falsità del racconto del convenuto in ordine ai due episodi nei quali rispettivamente il Da. ed il Pi., quest'ultimo vice presidente dell'UCOII, avrebbero apostrofato il Ma.Al. con l'appellativo di "nemico dell'islam".

I convenuti hanno al contrario dedotto la liceità del proprio operato, invocando la esimente dell'esercizio del diritto di cronaca, stante la veridicità dei fatti narrati, e quella del diritto di critica in relazione alle opinioni ed i giudizi espressi sulle probabili ragioni e cause delle minacce provenienti da Ha.

Ciò premesso, è evidente che i fatti ed i giudizi espressi dal convenuto sul conto dell'UCOII e dei suoi vertici siano suscettibili di ledere la reputazione degli attori in quanto volti a mettere in dubbio il carattere moderato, conciliante ed aperto di tale associazione e del suo presidente.

Occorre quindi valutare se, come affermato dai convenuti, l'illecito venga ad essere escluso per la ricorrenza delle scriminanti del legittimo esercizio del diritto di cronaca e di critica.

In via generale, la configurabilità della scriminante del diritto di cronaca richiede l'esistenza dei seguenti presupposti: la verità oggettiva o anche solo putativa dei fatti riferiti, purché frutto di un serio e diligente lavoro di ricerca, tenuto conto della gravita della notizia pubblicata; l'interesse pubblico alla conoscenza del fatto (cosiddetta pertinenza); la correttezza formale dell'esposizione (cosiddetta continenza), da valutarsi tenendo conto di un insieme di elementi, quali il lessico impiegato, il tono complessivo del brano, le modalità di presentazione e di intitolazione della notizia (Cass. civ. sez. III, 13 febbraio 2002 n. 2006 e Cass. pen., sez. V, 26 maggio 2000 n. 8622). In particolare, tale ultimo limite viene travalicato nel caso in cui le espressioni utilizzate, l'uso strumentale delle informazioni, e la sostanza o la forma dei giudizi che le accompagnano trasmodino in un attacco personale e gratuito al soggetto cui si riferiscono, così ledendo il bene giuridico tutelato del diritto alla reputazione non per la offensività in sé della notizia ma per il modo stesso in cui la cronaca viene attuata (Cass. pen., sez. V, 21 dicembre 2000 n. 6925).

Laddove accanto alla narrazione di determinati fatti vengano espresse le opinioni dell'autore dello scritto. Rientra invece nel legittimo esercizio del diritto di critica la espressione da parte dell'autore dello scritto di opinioni e giudizi anche in termini graffianti e con un linguaggio colorito e pungente, purché vi sia pertinenza della critica di cui si tratta all'interesse pubblico, cioè nell'interesse dell'opinione pubblica alla conoscenza non del fatto oggetto di critica ma dell'interpretazione di quel fatto (Cass. civ., sez. III, 16 maggio 2008 n. 12420, Cass. civ., sez. III, 22 gennaio 1996 n. 485).

Nel caso in esame, indiscutibile è la rilevanza sociale dell'argomento trattato nel libro oggetto di causa, tenuto conto della importanza ed attualità della tematica affrontata – che è quella dell'indagine, attraverso la narrazione della vita personale dell'autore, dei complessi rapporti tra mondo occidentale e mondo islamico e delle diverse manifestazioni e sfaccettature presenti all'interno di tale mondo, da quelle più moderate a quelle più estreme che sono terreno fertile per il proliferare di organizzazioni terroristiche – della notorietà in Italia sia dell'autore del libro sia dell'associazione UCOII, nonché del progressivo aumento della presenza di organizzazione e persone di fede islamica nel territorio italiano, il che rende palese l'esistenza di un concreto interesse dell'opinione pubblica ad avere elementi di conoscenza e giudizio su tali argomenti.

Sotto l'aspetto della verità dei fatti, nell'ambito dei brani censurati dagli attori, gli aspetti che si prestano a tale giudizio sono quelli relativi ai rapporti tra UCOII e Ha. e Fr.Mu. e quelli relativi ai due episodi acceduti in occasione del convegno del 25.3.2005 e della trasmissione "(…)" del novembre 2003.

Con riferimento al tema dei rapporti tra i vertici dell'UCOII e l'organizzazione dei Fr.Mu., la documentazione prodotta dal convenuto evidenzia, da un lato, che Ma.Al. aveva espresso tale opinione in vari scritti precedenti e concomitanti alla pubblicazione del libro – scritti peraltro oggetto di denuncia penale da parte del Da. e della associazione – e, dall'altro lato, che tale connvinzione viene fondata su un serie di dati che, per l'autore, sono significativi della vicinanza dell'UCOII a tale movimento.

Sotto il primo profilo si richiamano gli articoli pubblicati sul quotidiano il Co. il 25, 26, 27, e 28 luglio 2005 che hanno portato all'iscrizione del procedimento penale n. 38507/05 a carico di Ma.Al. nel quale il Pubblico Ministero presso la Procura della Repubblica di Milano ha chiesto l'archiviazione (doc. 50); l'articolo apparso il 26.10.2003 sul Co. che ha portato all'apertura del procedimento penale n. 28684/04, a carico di Ma.Al., conclusosi con ordinanza di archiviazione in data 4.4.2007 (doc. 51 e 52); l'articolo apparso il 23.8.2005 sul quotidiano "(…)" che ha portato all'apertura del procedimento penale n. 40827/05, a carico di Ma.Al., conclusosi con ordinanza di archiviazione in data 24.3.2007 (doc. 46).

In tutti i predetti articoli Ma.Al. ha espresso giudizi critici nei confronti dell'UCOII per la sua vicinanza ai Fr.Mu., individuando l'UCOII come la filiazione italiana dei Fr.Mu., (cfr. intervista del 23.8.2005 di cui al doc. 6), considerandola affiliata "alla Centrale dei Fr.Mu." (cfr. sintesi articolo del 26.10.2003 contenuta nel citato provvedimento di archiviazione), e rappresentando la sussistenza di stretti legami tra i due movimenti (cfr. riferimenti agli articoli del luglio 2005 di cui alla richiesta di archiviazione del PM).

Analogamente alle difese svolte nei vari procedimenti penali, il Ma.Al. in questa sede ha indicato e documentato le fonti del suo convincimento e segnatamente: 1) la lettera del segretario nazionale Ha.Pi. indirizzato al Ministro dell'Interno on. Pi., nella quale si fa riferimento all'influenza del pensiero espresso dai Fr.Mu. su gran parte dei musulmani presenti nel mondo ed in Italia; 2) il documento redatto in lingua araba in data 1.9.2003 – e di cui è stata prodotta anche la traduzione giurata in lingua italiana – redatto il giorno successivo alla strage della moschea di Na. in Iraq, firmato dal 222 personalità del mondo islamico, tutte facenti riferimento ai Fr.Mu. tra cui il Da. e lo sceicco Ya., noto leader di Ha. (cfr. doc. 5 fascicolo convenuti); 3) la presenza di collegamenti tra il sito gestito dall'UCOII, quello della FIOE (Federacion of Islamic Oganisations in Europe), ovvero il gruppo di associazioni islamiche europee che si riconoscono nei Fr.Mu., e quello di Yo.Qa., leader spirituale dei Fr.Mu. (doc. 10, 11, 12); 4) l'esistenza di rapporti personali tra i vertici dell'UCOII ed esponenti dei Fr.Mu., dimostrata dalla partecipazione a convegni, quale ad esempio il convegno nazionale di Bellaria del 5.1.2004 (doc. 29); 5) le affermazioni del Pi. nella già richiamata intervista del 22.9.2005 pubblicata sul settimanale Pa., il quale, alla domanda se l'UCOII è legata ai Fr.Mu., risponde che non c'è alcun legame organico ma conferma che alcuni dirigenti dell'UCOII manifestano una simpatia ideologica per tale movimento; 6) il sostegno espresso alle idee di tale movimento ed a quelle di Ha. in alcune interviste rese da Pi. all'epoca in cui era segretario dell'UCOII (cfr. la citata intervista del 22.9.2005, l'agenzia di stampa fatta circolare in data 27.1.2006 di rallegramento per la vittoria di Ha. alle elezioni legislative palestinesi e la posizione espressa nella trasmissione Controcorrente del 28.9.2005 di cui ai doc. 31 e 32); 7) l'esecuzione di perquisizioni nelle abitazioni del Da. e di Pi. su ordine della Procura di Roma nel luglio 2005 (cfr. rassegna stampa di cui al doc. 44).

In questo quadro i riferimenti contenuti nel libro sul fatto che al movimento internazionale dei Fr.Mu. fanno riferimento Ha. e i Fr.Mu. si reputano rispettosi del canone della verità, quanto meno putativa, dei fatti, alla luce delle plurime fonti di conoscenza utilizzate dall'autore per formare il proprio convincimento.

Quanto all'episodio relativo alla presentazione del libro "Sa." in data 25.3.2005, i testi escussi hanno confermato che il Pi. in tale occasione aveva pronunciato la frase "(…)". Al riguardo sia Kh.Gh. che Ma.Ca. hanno affermato di aver sentito chiaramente il Pi. proferire tali parole. Inoltre il Kh.Gh. ha riferito che tale espressione nel linguaggio islamico ha una valenza diversa da quella comune nella lingua italiana ed ha un significato minaccioso molto grave, pur precisando che nel caso di specie egli l'aveva interpretata come una modalità di polemica violenta e non come una diretta minaccia all'incolumità del giornalista.

In relazione all'episodio occorso a Po. nel novembre 2003, non sono state espletate prove orali sul punto dell'accaduto posto che, secondo il racconto del convenuto, il Da. aveva parlato in arabo, sicché gli altri partecipanti alla trasmissione presumibilmente non hanno potuto intendere il significato delle parole proferite dall'attore. Neppure si reputa rilevante l'acquisizione delle riprese audiovisive della trasmissione Po., in quanto, in base a quanto narrato dall'autore a pag. 60 del libro, la conversazione tra le parti si è svolta in una saletta diversa dallo studio di registrazione prima dell'inizio della trasmissione, il che porta ad escludere l'effettuazione di riprese in tale ambiente.

Tuttavia, ciò che fa ritenere plausibile il racconto del Ma.Al., non è tanto il fatto che questi abbia sporto querela anche in relazione a tale episodio, quanto la circostanza del manifestarsi, già in precedenza, di forti contrasti di opinione e di una reciproca avversione tra le parti, testimoniata dalla pubblicazione, già il 26.10.2003, di un articolo scritto dal Magdi Allam avente contenuto fortemente critico nei confronti dell'UCOII e dei suoi vertici, cui aveva fatto seguito la presentazione della querela da parte del Da. Appare quindi verosimile che il Da., al momento dell'incontro con il Ma.Al., alla luce delle pregresse vicende, possa avere stigmatizzato negativamente la condotta del giornalista e le critiche dallo stesso mosse all'UCOII, palesando la volontà della comunità musulmana di non avere niente a che fare con lo stesso e chiamandolo provocatoriamente nemico dell'Islam (pensiero, come si è visto, pienamente condiviso da un altro membro importante dell'UCOII quale il Pi.).

Occorre poi rilevare che, diversamente da quanto prospettato dagli attori a pag. 4 dell'atto di citazione, il convenuto non ha mai affermato nel libro in contestazione di essere stato costretto a vivere sotto scorta a causa della condotta tenuta dai vertici dell'UCOII nei due episodi sopra narrati, risultando al contrario dalla lettera del capitolo IV che l'attore è stato informato delle minacce di Ha. e messo sotto tutela dall'aprile del 2003, ovvero sei mesi prima dell'incontro tra il Da. e lo stesso convenuto.

Ciò posto, tutti gli altri brani del libro riportati nell'atto di citazione, sono costituite da opinioni dell'autore sulla valenza dei fatti sopra esposti e da giudizi di valore sui comportamenti e sulle ideologie espresse dai vertici dell'UCOII.

Invero, cominciando dalla parte contenuta nel capitolo IV a pag. 58, l'autore, dopo aver premesso di vivere sotto scorta dall'aprile 2003 e di essere stato oggetto di minacce da parte della dirigenza di Ha., si interroga sulla genesi e sui motivi che hanno portato tale organizzazione a rivolgere la propria attenzione su di lui. Partendo dal presupposto generale che ciò che scrive un giornalista di origine egiziana ed italiano sui giornali italiani non dovrebbe interessare ed avere eco nell'ambito di un'organizzazione operante nel territorio di Gaza, il convenuto ha ipotizzato che tale interesse sia stato creato da qualcuno che risiede in Italia, che parla bene l'italiano e conosce bene i mass media italiani e che possa aver valutato le opinioni espresse da Ma.Al., proprio in virtù delle sue origini e della sua fede islamica, come fonte di danno per l'immagine degli integralisti islamici in Italia, e dotato di uno status di autorevolezza e prestigio tali da poter essere ascoltato dalla dirigenza di Ha. In base a tale ragionamento l'autore ha formulato la conclusione che "è probabile che questa fonte sia interna alla dirigenza dell'UCOII".

Nelle pagine successive si spiegano le ragioni di tale convincimento proprio attraverso il racconto dei due episodi accaduti nel novembre 2003 e nel marzo 2005. In particolare, il Ma.Al. ha evidenziato come la frase nemico dell'Islam si traduca nell'ambito della giurisprudenza islamica, ortodossa ed integralista in una sentenza giuridica islamica, ovvero una fatwa, che comporta la pena di morte ed obbliga i fedeli musulmani ad applicarla.

Si tratta quindi di dichiarate supposizioni ed ipotesi formulate dall'autore del libro che prendono spunto dai fatti riferiti e li interpretano in base alla propria conoscenza e visione del mondo islamico. La narrazione di tali episodi da poi modo al convenuto di esprimere alcuni giudizi critici nei confronti dei due protagonisti e dell'UCOII.

Anzitutto il fatto che il Da., pur avendo pronunciato la frase in un colloquio privato con il giornalista, abbia usato il pluralis maiestatis, sottintende secondo l'autore che si tratta di una decisone assunta collegialmente dai dirigenti di un'organizzazione che si ritiene rappresentativa dei musulmani in Italia e che al contempo obbedisce alle direttive del movimento internazionale dei Fr.Mu. Secondariamente la circostanza che il Da., nel corso della trasmissione, si fosse comportato come un musulmano moderato, criticando l'operato di Ad.Sm. e mostrandosi favorevole al mantenimento del crocifisso nelle scuole, è visto dall'autore come manifestazione della "doppiezza dei Fr.Mu., spietati e violenti quando parlano in arabo ai propri correligionari che intendono sottomettere al loro potere, e mansueti e legalitari quando parlano in lingue straniere al resto del mondo perché sono consapevoli che solo così potranno conseguire i loro obiettivi di lungo periodo".

Quanto all'episodio che riguarda il Pi., secondo l'autore il fatto che questi lo avesse indicato pubblicamente come nemico dell'Islam "fa supporre ragionevolmente che dietro le quinte nei loro conclavi privati ed all'interno delle moschee che gestiscono, si spingano ancora oltre nella loro campagna di istigazione all'odio ed alla violenza".

Va poi detto che a sostegno delle sue tesi, l'autore ha allegato nella pagine 62 e ss. una serie di episodi: 1) il fatto che in occasione della festa di compleanno della figlia dell'Im. della moschea di Perugia in data 24.2.2005, uno dei fondatori dell'UCOII, Ab.Sh. abbia definito il giornalista un miscredente "kafir" in relazione all'articolo apparso il 23.2.2005 sul Co. dal titolo "Così i cattivi maestri del Corano insegnano ad odiare ebrei e cristiani"; 2) il fatto che l'UCOII si sia pubblicamente schierato a difesa dell'imam Ab. – Sa., con il comunicato del 14.6.2003, motivato, secondo l'autore, dalla condivisione della sua predicazione, in ordine alla legittimità della jihad ed all'essere legittimi combattenti i kamikaze che hanno massacrato gli ebrei, gli americani e gli italiani in Iraq (cfr. pag. 63 e 64 in cui si riporta il comunicato dell'UCOII emesso all'indomani della strage di Nassiriya); 3) il contenuto di un commento di Mosca Gi., fatto circolare via mail da Ab.Ra., membro dell'UCOII, in cui il Ma.Al. viene in sostanza definito come un "munafiq", ovvero uno che si atteggia a musulmano pur essendo un apostata, il che confermerebbe, secondo l'autore, la condivisione da parte dell'UCOII della sua definizione come nemico interno che deve essere scoperto, denunciato e condannato a morte quale nemico dell'islam. Tali ultimi episodi – la cui veridicità non è stata espressamente contestata dagli attori – sono stati qui richiamati a dimostrazione del fatto che l'autore ha indicato nel dettaglio in base a quali elementi è pervenuto alla conclusione della provenienza dall'interno dell'UCOII della fonte che lo avrebbe indicato ad Ha. come nemico dell'Islam.

Orbene, tutte le opinioni ed i giudizi sopra esposti, pur se espressi con toni pungenti e di aspra disapprovazione, non trasmodano nella offesa gratuita e distruttiva della reputazione del Da. e dell'UCOII, ma costituiscono la manifestazione di un dissenso ragionato rispetto al pensiero ed ai comportamenti ascritti ai vertici dell'UCOII.

In particolare, si rileva che le tesi sostenute dal convenuto vengono ad essere fondate su argomenti logici esplicitati dall'autore e sono esposte in modo corretto, ovvero come frutto di una propria convinzione personale e non in termini di verità assolute e/o condivise da una pluralità di persone, nonché in modo prudente, attraverso un linguaggio che palesa il carattere ipotetico e probabilistico delle conclusioni tratte e che lascia aperta la possibilità per i lettori di dubitare e valutare criticamente quanto espresso dall'autore.

Pertanto non è travalicato il limite della continenza, tenuto conto dei contenuti espressivi con i quali la critica è stata esercitata e del rispetto del parametro della proporzione tra le modalità di esposizione dei giudizi e la rilevanza sociale e culturale dei temi trattati nel libro e del conseguente interesse dell'opinione pubblica alla conoscenza del pensiero dell'autore sulle vicende narrate.

Alle stesse conclusioni si perviene in relazione al contenuto del capitolo V "(…)".

Qui vengono espressi giudizi fortemente critici sul tipo di cultura diffusa in Italia da chi gestisce le moschee e le organizzazioni islamiche e si prospetta che il musulmano praticante, indottrinato dal commento al Corano redatto dal Pi. e dalla frequentazione delle moschee dell'UCOII, "possa finire per forgiare una ideologia ostile agli ebrei ed ai cristiani". Inoltre, dopo l'esposizione del messaggio racchiuso nel citato commento al Corano il Ma.Al. si interroga sul perché nelle moschee e nella società italiana si sia diffusa una immagine oscurantista, intollerante, misogina ed aggressiva del Corano e dell'Islam e manifesta forti perplessità nei confronti delle posizioni assunte dalle istituzioni italiane, dalla chiesa e dalla stampa in ordine all'individuazione dell'UCOII come un interlocutore credibile, moderato, sostenitore di un Islam fautore di dialogo e non di contrapposizione con altre manifestazioni culturali e religiose.

Anche in tal caso, non si ravvisa alcun superamento del limite della pertinenza e della continenza espositiva.

Invero, sotto il primo profilo, si rileva che i giudizi espressi sono strettamente correlati e logicamente conseguenti alla ricostruzione del pensiero ed ideologia dei vertici dell'UCOII così come effettuata dall'autore sia in base al contenuto del commento del Corano redatto dal Pi., sia alla luce degli atteggiamenti tenuti dai vertici dell'associazione oggetto di narrazione nei capitoli precedenti.

Sotto il secondo profilo, il ricorso dell'autore ad un linguaggio particolarmente pungente ed incisivo non si traduce in un'offesa gratuita e lesiva dell'integrità morale degli attori, avuto riguardo sia alla natura delle espressioni utilizzate – che non sono né volgari né denigratorie – sia al fatto che le opinioni non sono espresse in modo apodittico ed assiomatico, ma pur sempre in termini di una personale interpretazione di quei fatti e comportamenti raccontati nel libro.

Peraltro, in tale capitolo il convenuto da conto della diversa visione che hanno dell'UCOII gran parte dei rappresentati del Governo e dei partiti politici e degli organi di stampa, secondo cui tale associazione è un movimento legalitario e moderato, oltre che un interlocutore privilegiato dello Stato e della Chiesa, ben distinto dalle frange più estremiste e da coloro che mettono le bombe.

Sul punto, l'autore riporta letteralmente il comunicato stampa redatto dall'UCOII – che cita tutti i messaggi di saluto ricevuti dalle istituzioni italiane – e il testo del messaggio di apprezzamento redatto dal segretario della CGIL Gu.Ep.

Se è vero che tali precisazioni sono funzionali alla manifestazione da parte dell'autore di una dura critica nei confronti di dette posizioni – in quanto ritenute frutto di ignoranza e di superficialità – è pur vero che nel contempo ciò costituisce indice ulteriore del rispetto del requisito della correttezza formale e sostanziale dell'esposizione, in quanto consente ai lettori di essere informati delle differenti valutazioni espresse in argomento e di poter condividere o meno le ragioni del dissenso espresso dall'autore rispetto a giudizi provenienti da fonti autorevoli.

Alla luce dei formulati rilievi, la domanda svolta dagli attori merita rigetto, essendo la condotta dei convenuti scriminata dall'esercizio del diritto di cronaca e di critica.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Giudice Istruttore in funzione di Giudice Unico, definitivamente pronunciando, così provvede:

– rigetta la domanda formulata da Da.Mo. e dall'UCOII nei confronti di Ar. S.p.A. e Ma.Al.;
– condanna gli attori, in solido, alla rifusione in favore dei convenuti delle spese di lite che si liquidano in Euro 2.932,00 per diritti e Euro 4.200,00 per onorari, oltre spese generali, Iva e Cpa come per legge.

Così deciso in Milano il 30 dicembre 2010.

Depositata in Cancelleria il 7 gennaio 2011.