Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 2 Dicembre 2003

Sentenza 07 febbraio 1995, n.1401

Cassazione. Prima Sezione Civile. Sentenza 7 febbraio 1995, n. 1401.

(Corda; Rovelli)

Motivi della decisione

Con il primo motivo, la ricorrente, denunciando il vizio di motivazione su punto decisivo della controversia, lamenta che, contraddittoriamente, la Corte Veneziana, dopo aver riconosciuto che il piccolo Federico Mancin ha manifestato il bisogno di entrambi i genitori, ha deciso l’affidamento ai nonni paterni, sull’erroneo presupposto che costoro siano di sicura fede cattolica. Si duole, ancora che, erroneamente la Corte di merito ha ritenuto che i testimoni di Geova propongano un’interpretazione letterale della Bibbia, perché, al contrario essi ne offrono una traduzione non fedele e arbitraria.

Con il secondo motivo si censura l’impugnata sentenza per violazione dell’art. 155 C.C., sotto il profilo che la Corte veneta avrebbe affidato il figlio minore a persone diverse dai genitori, senza che ricorrano i gravi motivi richiesti dall’art. 155 c.c., e senza una previa valutazione di idoneità degli affidatari. Si rileva ancora che l’affidamento di Federico Mancin ai nonni paterni consente al padre convivente di influire negativamente sulla educazione del figlio, con la sua totalizzante fede religiosa.

(omissis)

La Corte di merito, inoltre, non avrebbe comunque potuto pronunciare sull’affidamento del minore in pendenza di un procedimento davanti al Tribunale per i minorenni.

Tali motivi non appaiono fondati, alla stregua delle osservazioni che seguono, e devono pertanto essere respinti.

Va, in primo luogo, rilevato che non sussiste la denunciata contraddittorietà fra l’affermazione relativa al “bisogno” che il piccolo Federico manifesta della presenza di entrambi i genitori, e l’affidamento del minore ai nonni paterni. La sentenza, infatti – che, per sua natura, è emessa “rebus sic stantibus” ed è suscettibile di revisione al mutare delle circostanze – attraverso una accurata e complessiva analisi delle vicende che hanno interessato il rapporto coniugale, anche alla luce delle valutazioni espresse nelle consulenze tecniche esperite in due gradi di giudizio, ha bensì riconosciuto il bisogno che il piccolo Federico manifesta della assistenza di entrambi i genitori; ma ha anche identificato i gravi motivi per i quali si rende inopportuno l’affidamento all’uno e all’altro dei genitori; e quelli (non sindacati in questa sede) per cui non è giuridicamente possibile (in difetto di accordo dei coniugi in tal senso) l’affidamento congiunto. Ha così specificato le ragioni (tra cui la relazione della Boldrin con altro uomo di cui non è stata possibile l’audizione, ed il forte risentimento che la donna manifesta, scaricando sul figlio le tensioni conseguenti al fallimento del rapporto matrimoniale) che sconsigliano l’affidamento alla madre, o quelle, speculari (la “connotazione problematica”, per l’educazione del figlio, dello stato d’animo connotato da sentimenti di punitività verso l’altro coniuge, considerato responsabile del naufragio familiare e aggravato, dopo l’adesione alla nuova fede religiosa, per una sorta di malintesa rigidità moralistica) che si oppongono all’affidamento al padre. In presenza di tali gravi motivi ostativi di affidamento del figlio ad uno dei due genitori, alla luce di un apprezzamento globale della personalità degli stessi e della loro capacità affettiva ed educativa, in relazione alle esigenze materiali, morali e psicologiche nel minore; e dopo aver preso in esame (e motivatamente scartato) la stessa ipotesi di collocamento del piccolo Federico in istituto o comunità (ex art. 155 VI comma C.C.), la Corte di merito ha espressamente proceduto ad una valutazione di idoneità all’affidamento dei nonni paterni. Devesi, pertanto, escludere il vizio di violazione dell’art. 155 C.C., in quanto il giudizio della Corte veneziana si è appuntato sulla ricorrenza dei gravi motivi che ostano all’affidamento del figlio ad uno dei genitori, alla ricerca dell’interesse del minore, e all’individuazione dello stesso nell’affidamento ai nonni paterni siccome riconosciuti (i più) idonei a tale compito.

A tal fine, sulla base delle valutazioni peritali, si è attribuito fondamentale valore all’osservazione che “positivi e significativi affettivamente sono i rapporti fra i nonni paterni e Federico: nonni …. la cui presenza è un consistente contributo materiale e morale per il ragazzo e al tempo stesso elemento di mediazione fra i due coniugi”. Soltanto come argomento sussidiario, si è aggiunto che “l’affidamento a persone di sicura fede cattolica …. può attenuare la rilevanza del fattore religione”.

Trattasi di accertamento di fatto (che appare fondato sulla espressa affermazione in tal senso resa dai nonni paterni delle cui veridicità non era stato motivo di dubitare) non censurabile in questa sede di legittimità.

Quanto alla denunziata mancata considerazione, da parte della Corte di merito, del danno che, con l’affidamento di Federico ai nonni paterni può derivare allo stesso, per l’influenza negativa che può esercitare il padre convivente con la sua “totalizzante fede religiosa”, devesi rilevare che, al contrario, la Corte di merito ha tenuto conto della rilevanza del c.d. fattore religioso. Ma, in assenza di addebiti specifici da muovere sul piano del comportamento, la rilevanza negativa del mutamento di fede religiosa da parte del Mancin, è stata individuata – non in quanto causa del conflitto coniugale, ma come punto di emersione di una conflittualità già in atto – per quanto essa aggrava la tensione fra i coniugi (ed entro questi limiti, è stata attribuita capacità sdrammatizzante nell’essere i nonni affidatari “di sicura fede cattolica”). In effetti, come più volte affermato da questa Corte (Cass. n. 4892/1988; n. 4498/1985), il comportamento di un coniuge consistente nel mutamento di fede religiosa – da quella cattolica a quella dei testimoni di Geova – nella partecipazione alle pratiche del nuovo culto, si ricollega all’esercizio dei diritti garantiti dall’art. 19 della Costituzione, nonché dei poteri-doveri inerenti alla potestà genitoriale, e non può avere rilevanza come motivo di addebito, o come ragione incidente nell’affidamento dei figli se ed in quanto non superi i limiti di compatibilità con i concorrenti doveri di coniuge o di genitore, per le forme di comportamento adottate. Ovviamente, peraltro, vige il principio, statuito dall’art. 155 (richiamato dall’art. 317), per cui le decisioni di massima importanza (tra cui l’educazione religiosa dei figli) devono essere adottate da parte di entrambi i genitori, salvo il ricorso al giudice, a norma dell’art. 316 cod. civ., per risolvere un eventuale contrasto fra i coniugi.

(omissis)