Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 12 Febbraio 2006

Sentenza 07 dicembre 2005, n.27078

Corte di Cassazione. Sezione I Civile. Sentenza 7 dicembre 2005, n. 27078: “Matrimonio concordatario: opposizione alla delibazione della sentenza ecclesiastica dichiarativa della nullità del vincolo per simulazione unilaterale del consenso”.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg,ri Magistrati:
Dott. Rosario DE MUSIS
Presidente
Dott.Giammarco CAPPUCCIO
Consigliere
Dott. Ugo Riccardo PANEBIANCO
Consigliere
Dott. Aldo CECCHERINI
Consigliere
Dott. Luciano PANZANI

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

D. M., elettivamente domiciliato in Roma, via Carlo
Mirabello 26, presso l’avv. Fabio Jacobelli, che lo rappresenta e difende con l’avv. Dante Fanì del foro di Pescara, giusta delega in atti;
ricorrente

contro

M.D. elettivamente domiciliata in Roma, via Viale Gorizía 14, presso l’avv. Franco Sabatini, che la rappresenta e difende giusta delega in atti;
controricorrente

avverso la sentenza della Corte d’appello dell’Aquila n. 472/01 dell’11 dicembre 2001.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 24/10/05 dal Relatore Cons. Luciano Panzani;
Udito il. P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Aurelio Golia, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

D.M.,conveniva in giudizio con citazione notificata il 3.6.1999 D.M. avanti alla Corte d’appello dell’Aquila per sentir dichiarare efficace nella Repubblica Italiana la sentenza del Tribunale ecclesiastico regionale abruzzese del 10.5.1995, ratificata dal Tribunale ecclesiastico interdiocesano di appello beneventano, dichiarata esecutiva con decreto 20.11.1995 del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, con cui era stata dichiarata la nullità del matrimonio contratto dall’attore con la convenuta il 10.6.1989.
Instauratosi il contraddittorio, la convenuta concluse rimettendosi alla Corte d’appello in ordine alla delibazione della sentenza ecclesiastica, deducendo peraltro di aver contratto il matrimonio ignorando la volontà del coniuge di escludere l’indissolubilità del vincolo, motivo che aveva determinato la declaratoria di nullità da parte del Tribunale ecclesiastico. Chiese, in caso di delibazione, che venissero confermati i provvedimenti di carattere patrimoniale pronunciati dal Tribunale di Pescara in sede di separazione personale.
La Corte d’appello di Pescara con sentenza 11 dicembre 2001 ha rigettato la domanda, osservando che la declaratoria di esecutività della sentenza del tribunale ecclesiastico che abbia pronunciato la nullità del matrimonio concordatario per esclusione di uno dei. “bona matrimonii”, vale a dire per divergenza unilaterale tra volontà e dichiarazione, postula che tale divergenza sia stata manifestata all’altro coniuge,ovvero che sia stata da questi effettivamente conosciuta o che non gli sia stata nota soltanto per sua negligenza. Al di fuori di tali ipotesi, ha proseguito la Corte di merito, la delibazione della sentenza trova ostacolo nella contrarietà all’ordine pubblico italiano nel cui ambito va compreso il principio della tutela della buona fede e dell’affidamento incolpevole. La Corte ha rilevato, sulla base della pronuncia delibanda e degli atti del processo canonico acquisiti al giudizio, che la convenuta aveva escluso di essere a conoscenza della volontà dissimulata dell’attore e che dagli atti del processo canonico non é emersa la prova di tale consapevolezza. In: particolare dalla circostanza che il D. fosse di idee politiche di sinistra, idee che la convenuta condivideva, non poteva ricavarsi, che la riserva mentale dell’attore al momento della celebrazione del matrimonio in ordine all’indissolubilità dello stesso fosse conoscibile con l’ordinaria diligenza da parte della convenuta.
Ha proposto ricorso per cassazione D. M. formulando due motivi di ricorso. Resiste con controricorso M.D. Entrambe le parti hanno depositato memoria. All’udienza del 10.1.2005 la Corte, rilevato che il ricorso non era stato notificato al Procuratore Generale presso la Corte d’appello dell’Aquila, ha disposto l’integrazione del contraddittorio nei suoi confronti, cui il ricorrente ha provveduto nei termini.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con il primo motivo di ricorso il ricorrente deduce violazione dell’art. 5 della legge 25 marzo 1985, n. 121, e dell’art. 112 c.p.c. Osserva che secondo la giurisprudenza di questa Corte l’eventuale ignoranza del coniuge in buona fede in ordine alla riserva mentale espressa dall’altro coniuge relativamente all’esclusione dell’indissolubilità del vincolo, non impedisce la delibazione della sentenza ecclesiastica dichiarativa della nullità del matrimonio, quando l’altro coniuge non si sia opposto alla domanda. Nel caso di specie, ad avviso del ricorrente, la M.D. non si sarebbe opposta alla delibazione, perché, nel giudizio vertito avanti alla Corte d’appello dell’Aquila, pur adombrando un ostacolo alla delibazione, poi fatto proprio dalla sentenza impugnata, non ha assunto formali conclusioni di rigetto della domanda, rimettendosi alla giusta decisione della Corte.
Con il secondo motivo il ricorrente deduce difetto, illogicità e contraddittorietà della motivazione su un punto decisivo della controversia. L’affermazione della sentenza impugnata che dalle dichiarazioni dei testi escussi nel processo canonico e dalla circostanza che il D. fosse di idee politiche di sinistra non si potesse ricavare la prova della conoscibilità della riserva mentale in ordine all’indissolubilità del vincolo all’atto del matrimonio sarebbe contraddetta dalle risultanze delle prove stesse, chela sentenza ha disatteso limitandosi ad affermarne la non attendibilità, senza alcun sforzo argomentativo. E per altroverso D.M. non avrebbe mai potuto pensare che il D. che essa conosceva per ateo, antireligioso ed attivamente divorzista, potesse volere per sé un matrimonio indissolubile. Il vizio logico della sentenza impugnata starebbe nell’aver riferito la riserva mentale alla volontà di divorzio del D. , che ovviamente non sussisteva al momento della celebrazione del matrimonio, anziché all’indissolubilità del vincolo matrimoniale.

2. Il primo motivo di ricorso non è fondato.
Questa Corte ha affermato in numerose decisioni che la delibazione della sentenza ecclesiastica dichiarativa della nullità del matrimonio concordatario per esclusione da parte di uno soltanto dei coniugi di uno dei “bona matrimonii” non può trovare ostacolo nell’ordine pubblico, nel caso in cui detta esclusione sia rimasta nella sfera psichica del suo autore, perchè non manifestata, né comunque conosciuta o conoscibile dall’altro coniuge, alla stregua dell’inderogabile principio della tutela della buona fede e dell’affidamento incolpevole. Tale principio, peraltro, ancorché inderogabile si ricollega ad un valore individuale che appartiene alla sfera di disponibilità dei soggetto, ed è quindi rivolto a tutelare detto valore contro gli ingiusti attacchi esterni, non contro la volontà del suo titolare, al quale deve essere riconosciuto il diritto di optare per la non conservazione di un rapporto viziato per fatto dall’altra parte. Ne deriva che l’indicato ostacolo alla delibazione non può essere ravvisato quando il coniuge (che ignorava, o non poteva conoscere, il vizio del consenso dell’altro coniuge) chieda la declaratoria di esecutività, della sentenza ecclesiastica da parte della corte d’appello, ovvero non si opponga a tale declaratoria (Sez. 1, 19/05/1995, n.5548; Sez.I, 22/10/1999, n.11863; Cass. civ., Sez. I, 02/03/2001, n.3056).
Tale fattispecie non ricorre nel caso in esame. Risulta infatti dalle sentenza impugnata che la controricorrente si è rimessa alla decisione della Corte d’appello in ordine alla delibazione della sentenza ecclesiastica, chiedendo che venisse dichiarata la permanente efficacia delle statuizioni patrimoniali della sentenza di separazione pronunciata tra le parti dal Tribunale di Pescara. Nel contempo peraltro essa ha dedotto di aver contratto il matrimonio ignorando la volontà del coniuge di escludere l’indissolubilità del vincolo, motivo che aveva determinato la declaratoria di nullità del matrimonio da parte del Tribunale ecclesiastico. Ha cioè eccepito che la riserva mentale del coniuge non le era opponibile, perché non conosciuta e non conoscibile usando dell’ordinaria diligenza, assumendo quindi un comportamento processuale incompatibile con la volontà di abdicare alla tutela dell’affidamento incolpevole prestata dall’ordinamento giuridico dello Stato italiano.
Come già ha osservato questa Corte nella sentenza 3056/2001 è la stessa buona fede del destinatario della dichiarazione affidabile che, tutelata a sua domanda, impedisce l’efficacia della sentenza ecclesiastica quando egli si oppone alla stessa. La tutela dell’affidamento non vieta che colui che ha creduto nella validità del matrimonio al momento in cui lo contraeva, possa dare rilievo alla situazione oggettiva di nullità del vincolo secondo l’ordinamento scelto anche da lui per il matrimonio. La disponibilità non attiene allo scioglimento del matrimonio, che nell’ordinamento della celebrazione è nullo, ma al principio di tutela dell’affidamento, che non può operare contro la volontà di colui a favore del quale essa è predisposta.
Nel caso di specie non può individuarsi nella condotta della controricorrente una condotta diretta ad accettare la delibazione della sentenza ecclesiastica di nullità, perché costei, pur non formulando espressamente conclusioni contrarie alla delibazione, ha eccepito nella comparsa di risposta il difetto delle condizioni che avrebbero consentito di far valere nel nostro ordinamento il vizio connesso alla riserva mentale. E d’altra parte è principio consolidato che la domanda della parte, cosi come le eccezioni, vanno individuate e valutate dal giudice non soltanto alla luce del tenore letterale delle conclusioni assunte, ma delle difese complessivamente svolte, ove non si siano formate preclusioni, ipotesi questa che nel caso di specie non risulta sussistere. 3. Anche il secondo motivo di ricorso non è fondato.
La Corte ha escluso che dagli atti del processo canonico emergesse la prova della consapevolezza da parte della Manzo della riserva mentale del D., sottolineando che tale circostanza era stata affermata soltanto da alcuni testi addotti dal D. ritenuti non attendibili. Ha aggiunto che poiché dalla sentenza del Tribunale ecclesiastico emergeva che il matrimonio era stato contratto “con amore” ed in pompa magna, era legittimo attendersi dalla M. sincerità d’impegno da parte del D. sì che la sposa non avrebbe potuto, usando l’ordinaria diligenza, rendersi conto della riserva mentale del D. per il semplice fatto che questi fosse di idee politiche di sinistra.
Il ricorrente afferma che la Corte d’appello avrebbe ingiustificatamente disatteso le dichiarazioni testimoniali raccolte nel giudizio ecclesiastico da cui risultava che il D. si era pubblicamente espresso a favore dell’indissolubilità del vincolo matrimoniale sia in generale sia con riferimento al proprio matrimonio. Ma la Corte ha ritenuto tali deposizioni inattendibili con corretta motivazione, sottolineando che per le circostanze in cui il matrimonio era stato contratto, vale a dire con amore ed in pompa magna, era logico attendersi sincerità d’impegno da parte dello sposo.
Nell’affermare che da tali deposizioni emergerebbe invece la prova della riserva mentale al momento del matrimonio il ricorrente propone una valutazione delle risultanze processuali diversa da quella cui é pervenuta la Corte, e dunque una censura di merito inammissibile in questa sede. Obietta ancora il ricorrente che l’argomento addotto dalla Corte sarebbe illogico perché altro sarebbe sposarsi con amore, sottolineato dall’aver contratto il matrimonio “in pompa magna”, ed altro la riserva mentale sull’indissolubilità del vincolo. Il D. poteva essersi sposato con amore, senza intenzione in concreto in quel momento di domandare successivamente il divorzio, mantenendo però in generale le

P.Q.M

La corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese che liquida in euro 2.100, di cui euro 2.000 per onorari, oltre spese generali ed accessorie come per legge.